Aprire gli occhi

geniodirazza
2 months ago

Aprire gli occhi

Sin da quando frequentavo le elementari, il tormentone in famiglia era che Erminia avrebbe un giorno preso il posto di suo padre come titolare dello studio legale al quale lui aveva dato un enorme prestigio; non lo delusi e fu quasi giocoforza applicarmi con impegno sicché; quando lui decise, ancora abbastanza giovane, di mollare il lavoro lasciandomi sulle spalle il peso del prestigio che si era conquistato, io non avevo che venticinque anni; non si pentì mai di averlo fatto.

Sul piano dei rapporti interpersonali, la mia vita era stata altrettanto felice; dopo i filarini adolescenziali e qualche innocente flirt, per lo più estivo; nel cuore delle più accese tempeste ormonali comparve Gaspare, a sconvolgermi l’esistenza e a trascinarmi in un gorgo di passione che mi sconvolse; ero nel momento di massimo sforzo per rispettare il piano di studi della facoltà e per laurearmi giovanissima; lui mi travolse con la sua passione smodata e a stento riuscii a rispettare gli impegni.

Di pochi anni più grande di me, aveva deciso, subito dopo la maturità, di rinunciare all’Università; allettato dalla proposta di lavorare in banca, si era costruito in breve una solida base per una vita piccolo borghese garantita dallo stipendio e segnata da abitudini quasi rigide, in cui la presenza di una bella mogliettina risultava il cammeo più prezioso; ma si era davvero innamorato di me e il fatto che fossi una delle più belle ragazze del giro era solo una felice coincidenza.

Io invece persi proprio la testa, per quel ragazzo bello d’aspetto, piacevole nella conversazione, elegante nei modi e decisamente appetibile per qualunque donna, al di là delle prospettive matrimoniali che lui offriva con decisione; con lui imparai a conoscere il sesso in tutte le sfaccettature possibili e gli concessi tutto quello che mi chiese, talvolta contro i miei modelli di educazione; mi feci violare davanti e dietro, imparai masturbazione e fellazione; insomma mi abbandonai a lui senza riserve.

Quando decidemmo il matrimonio, non ancora mi ero laureata, anche se mi mancava un niente e riuscii a concludere subito dopo; mio padre mi prese a tirocinio nel suo studio e in breve ero avvocato a pieno diritto; naturalmente, mi corrispondeva l’equivalente di un ‘ragazzo di bottega’; ma non mi preoccupavo, anche perché ero certa di farmi valere presto; mio marito, invece, vide nella mia debolezza economica un motivo per imporre immediatamente il suo ruolo di ‘individuo alfa’.

Per un motivo mai chiarito, Gaspare propose, all’atto del matrimonio, di stabilire un regime di separazione dei beni; mio padre, che non lo aveva mai accettato fino in fondo, fu felice di farmi firmare l’atto e, subito dopo, mi regalò un appartamento in centro città, sul quale sapeva che lui non avrebbe mai potuto avanzare pretese; non modificò il mio status di ‘dipendente’ anche perché sapevamo che in qualunque occasione, e senza dover giustificare niente, erano pronti ad aprire i cordoni della borsa.

Per i primi cinque anni il nostro matrimonio filò liscio su binari sicuri; ciascuno dei due svolgeva serenamente l’attività a cui si era dedicato; tutto il tempo libero era in pratica utile per fare l’amore; i momenti migliori erano naturalmente quelli del week end, quando, liberi ambedue da impegni di lavoro, passavamo intere giornate a letto, lasciando sbrigliare la fantasia nei giochi sessuali più arditi e spesso perversi, nei limiti che ci consentivano l’educazione e le abitudini.

Accogliere Gaspare tra le braccia, subito dopo cena, era per me motivo di gioia intensa e profonda; quando poi mi guidava a letto con dolce violenza, partecipavo con grande lussuria ai suoi giochi d’amore; in genere, mi faceva sentire la grande forza che l’eccitazione consentiva al suo corpo vigoroso ed amava le penetrazioni animalesche e decise a cui mi ero abituata; sentirmi violentare il ventre dalla sua mazza robusta era diventata un’abitudine quasi irrinunciabile che si ripeteva spesso in una serata.

Se avevamo molto tempo davanti, sabato e domenica in genere, mi prendeva da tutte le parti e mi sfondava con violenza utero e sfintere con penetrazioni improvvise, profonde e spesso lunghe; avrei gradito, tante volte, anche una maggiore delicatezza, qualche atteggiamento più tenero e ‘romantico’ come lui diceva spesso con ironia; ma lui era un autentico ariete e il piacere maggiore lo provava quando poteva piegarmi a pecorina, infilarmi da dietro in vagina e possedermi con foga.

In cinque anni non obiettai mai, mentre mi copulava in bocca, preferendo la forzatura della gola ad una fellazione delicata e lenta che avrei voluto proporre; la convinzione che fosse giusto, essendo sua moglie, assecondare i suoi desideri, mi spingeva ad accettare con gioia i suoi assalti, prendendoci molto gusto e facendoli diventare anche miei nella libidine e nel godimento; qualche volta, quando era esausto, riuscivo ad inventarmi momenti di tenerezza da me più graditi.

Quando mio padre decise di ritirarsi dal lavoro e mi affidò in toto la responsabilità dello studio, anche sul piano legale e formale, la mia vita subì uno strattone, perché mi trovai d’un tratto piena di impegni che non avevo mai avuto; il lavoro mi assorbì ancora più di quanto fosse stato fino a quel momento; anche i rapporti interpersonali cambiarono e ne risentirono finanche i momenti di intimità che tendevano a ridursi; ma non per il nuovo carico di lavoro.

La sensazione era che Gaspare si sentisse, in qualche modo, privato di quelli che riteneva suoi diritti; per non gravare sul conto dello studio, aprii un mio conto in banca sul quale facevano aggio le nostre carte di credito, finché lui chiuse il suo conto ed usò il mio anche per le sue attività; credo che questo fatto, in apparenza semplice e logico, fosse il dato che più lo colpì e gli diede il senso di un ribaltamento indesiderato e per lui inaccettabile.

In pratica, avere il controllo dell’economia gli aveva dato forza, fino a quel momento; perderlo, lo esponeva ad un chiaro indebolimento nella funzione di ‘individuo alfa’ che lui riteneva gli spettasse di diritto in forza del matrimonio; io non avevo mai fatto caso a questi particolari per i quali nutrivo un’autentica idiosincrasia; per me, la base del rapporto era stata e doveva rimanere l’amore, la passione reciproca che ci aveva sostenuto.

Non ci facevo certamente attenzione adesso che tutto gravava sulle mie spalle; mi limitai a registrare un improvviso abbassamento della passione per cui mio marito non mi cercava più quotidianamente e, soprattutto, nei week end che furono frequentemente usati per partecipare a feste e incontri amicali più formali che sostanziali; attribuii il calo all’avanzare dell’età, alibi assurdo che mi ponevo, visto che io ero lontana dai trenta e lui ci era appena arrivato.

Gaspare si andava inventando sempre più spesso occasioni per frequentare gli amici, anziché trattenersi con me a casa; non poche volte lo vidi arrivare a notte fonda, talvolta ubriaco e strapazzato, come se fosse reduce da una battaglia piuttosto che da una bicchierata con gli amici; il sospetto che avesse una storia parallela mi assalì spesso; ma ogni volta lo ricacciai affidandomi a quanto ci eravamo sempre detto, che tra noi ci sarebbe stata sempre chiarezza ed onestà a qualunque costo.

Di fatto, non vedevo o non volevo vedere l’abisso che lentamente si stava scavando tra di noi, perché io mi andavo sempre più affermando come degna erede di mio padre, avvocato assai bravo nel mestiere, affidabile e meritorio, con i conseguenti successi anche economici, oltre che professionali; lui, invece, rimaneva ancorato al ruolo di bancario, impiegato semplice con poca o nessuna voglia di fare carriera, per non piegarsi a piaggerie, diceva lui; per pigrizia e comodità di vita, pensavo io.

Una sorta di pigrizia simile e parallela mi induceva a sottovalutare i segnali che di questo allontanamento progressivo emergevano chiaramente ogni giorno e che mi ostinavo a ricondurre nell’ambito della razionale concatenazione di fatti; paradossalmente, accoglievo con disinvoltura la serie metodica di pernottamenti fuori casa, sempre di mercoledì, che mio marito si inventava, in pratica per dormire lontano da me una volta alla settimana.

Non diedi ormai nessun peso alle serate in cui lui rientrava a notte fonda, stanco e spesso sbronzo; alle macchie di rossetto che sempre più spesso trovavo sui suoi vestiti, anche sull’intimo, e sul corpo, quando tornava all’alba dalle sue baldorie; l’amore tra noi era ormai solo un bel ricordo di tempi passati; ed io non riuscivo o non volevo riuscire ad inventarmi qualcosa per fare chiarezza tra noi, anche a costo di rompere il matrimonio.

Rinaldo aveva frequentato il nostro stesso Liceo; della stessa età di Gaspare, si erano diplomati due anni prima di me; ambedue avevano scelto di non frequentare l’Università ed avevano accettato di andare a lavorare in banca, in filiali di istituti di credito diversi; a differenza di mio marito, che si era distinto per la sua indolenza e, come avrei appreso dopo, per la frenetica ricerca di donne da concupire per un incontro veloce o per una storia di sesso, aveva fatto una rapida e brillante carriera.

Dirigeva una piccola agenzia di una grande banca e godeva di molto prestigio e credito, avendo raggiunto ancora giovanissimo un livello notevole di importanza sociale; ma, soprattutto, diventato mio amico per il cameratismo con mio marito, si era trasformato in breve in assidua presenza di cui avevo frequentemente bisogno anche per la mia attività professionale che prevedeva talvolta accertamenti bancari in cui mi era utilissimo.

Mi aveva confessato candidamente di essere stato da sempre innamorato di me, ma di non avere mai osato dichiararsi per amicizia a mio marito; lo disse una sera che, a casa di amici, avevamo tutti bevuto un poco; ma non lo ritirò quando ne parlammo giorni dopo, lucidi e razionali; alla mie rimostranze, mi assicurò che aveva sublimato e messo sotto un tappeto il suo sentimento e che amava soprattutto essermi vicino e, nel caso, consigliarmi; lo ringraziai e tenni da conto la sua disponibilità.

Quando i sospetti sull’infedeltà di mio marito si fecero ineludibili, mi apparve chiaro che solo a lui potevo rivolgermi per parlarne; mi rendevo conto che sarebbe stato accostare il fuoco alla paglia, specialmente se fossimo arrivati a decisioni estreme; ma capii anche, all’improvviso, che Rinaldo mi era poi assai meno indifferente di quello che affermavo; comunque, un amico come lui era il riferimento fondamentale; lo incontrai per un aperitivo e gli parlai.

Scherzando sul luogo comune che i cornuti sono gli ultimi a sapere di esserlo, mi confessò che sapeva da tempo e che aveva cercato di avvertirmi, ma non poteva essere chiaro per rispetto all’amicizia, non all’amico; che però io mi ero rifiutata di credere a tutto quello che sentivo e vedevo; quasi per una deformazione professionale, mi fece osservare che dal rendiconto articolato si poteva dedurre quali somme fossero state spese a mia insaputa; da lì era facile ricavare i movimenti di Gaspare.

Detto fatto, chiesi il rendiconto e risultò che mio marito aveva speso cifre notevoli in una gioielleria di cui non sapevo niente; accanto a somme versate ad alberghi e motel, mi colpì una notevole cifra per abbonamento ad un locale che Rinaldo conosceva come punto di incontro per sesso libero e clandestino, a metà tra il privè e la casa di appuntamenti; Gaspare risultava che avesse pagato settimanalmente per l’ingresso, ogni mercoledì; si spiegava così che da due anni passava fuori le notti tra mercoledì e giovedì.

Ero letteralmente distrutta dalla sorpresa, dal disinganno e, in parte, dal dolore di vedere in frantumi una storia che avevo sempre considerato meravigliosa; Rinaldo mi offrì la spalla per piangere; ne avevo bisogno; poi mi incitò e mi aiutò a tirarmi su per affrontare con forza la nuova situazione; non fece un gesto per tentare di approfittare della mia prostrazione, per proporsi in alternativa al mio infedele e squallido marito; lo apprezzai molto e lo carezzai dolcemente sul viso.

Poiché erano state poste in vendita azioni della società che gestiva quel locale, mi suggerì di investire in quella iniziativa, che lui riteneva sicura e valida, oltre al fatto che mi avrebbe consentito di fare domande ed approfondire la questione; guidata da lui, lo feci e mi trovai ad essere in grado di poter indagare sulle attività adulterine di Gaspare; concordai con Rinaldo che il mercoledì successivo, quando mio marito fosse andato per la visita settimanale, sarei andata anch’io ed avrei constatato di persona.

La professione mi fu molto utile; quando, il mercoledì successivo, Gaspare uscì dopo cena, telefonai a Rinaldo che passò a prendermi e mi accompagnò al locale; fu facile incontrare il direttore, qualificarmi come socia e chiedere di osservare l’ambiente dal circuito interno che lo controllava; quando una telecamera colse Gaspare che limonava con una visitatrice, in cui Rinaldo riconobbe un’impiegata di banca collega di mio marito, dovetti frenarmi per non agire troppo imprudentemente.

Fino a quel momento, poteva giustificarsi con la scusa di una serata innocente con un’amica condiscendente senza conseguenze; attesi allora che si muovessero dalla sala comune e prendessero un privè, per avere la prova della copula extramatrimoniale; ma i due la fecero più grossa e si accodarono ad un gruppo che, in una sala ampia, si lanciava in rapporti di sesso sfrenato e senza limiti; assistetti così, quasi da guardona, alle loro acrobazie.

Sapevo bene, dopo dieci anni di matrimonio, che mio marito era dotato di un fallo di notevoli dimensioni e che, a parte l’istinto ad usarlo come un caprone o un ariete in calore, era comunque in grado di dare piacere con grande sapienza; non mi meravigliai quindi, quando vidi la foga con cui sbatteva sul grande letto rotondo la sua partner e la infilava violentemente in vagina; un poco mi sorpresi quando vidi che a lei si accostava un altro cliente che le poneva in bocca una sberla notevole.

La donna copulò con i due, contemporaneamente, con grande goduria, come attestavano i gemiti che di tanto in tanto lanciava e le contorsioni del corpo per effetto degli orgasmi che raggiungeva in rapida successione; neppure mi meravigliai, quando Gaspare la fece ruotare e la penetrò analmente, senza preparazione, quasi con ferocia; la donna si limitò a riassestarsi per poter più comodamente succhiare l’uccello dell’altro intervenuto.

Un insolito desiderio mi colse all’improvviso e mi sentii agitare il ventre; la scena, al di là delle mie intenzioni, mi intrigava decisamente; afferrai la mano di Rinaldo e la strinsi con appassionato desiderio, non per cercare solidarietà; anche se ne ebbe chiara coscienza, si limitò a stringere la mia mano e a carezzare dolcemente, con l’altra, le mie spalle; in quel momento sapevo che gli avrei dato volentieri tutto quello che mi avesse chiesto; ma era lui a non volere e si limitò alla carezza.

“Erminia, se devi farti male, andiamo via piuttosto.”

Il tono era accorato; ma non ero donna che si perdesse facilmente.

“Ce la faccio, per ora; cerca di darmi tutta l’amicizia che puoi e un poco di quell’amore che mi hai lasciato trapelare … “

Mi strinse leggermente spalla contro spalla; forse ebbi addirittura un orgasmo, ma non ne ero certa.

“Quando sarai serena, se ti va parleremo anche d’amore; ora non è il momento.”

Mio marito intanto aveva stranamente abbandonato la compagna ma si era rivolto ad un’altra donna che si era stesa sul letto, accanto alla prima; vidi che la copulava in bocca con la violenza che conoscevo; ma insistette in gola finché quella non diede segni di soffocamento e di conati di vomito; le montò addosso e si piantò con la mazza tra i seni; l’altra accostò i globi e diede il via ad una enorme spagnola; mio marito di solito crollava a quella copula; ma resistette.

Intanto la sala si andava riempiendo e alcune ragazze, attratte dallo spettacolo, andarono ad unirsi al gruppo che copulava; mio marito le passò tutte, senza saltare nessuna, e le penetrò in vagina e nell’ano, instancabile e feroce come sempre; ritenni di averne abbastanza; mi feci guidare da uno degli addetti ed andai alla sala della copula; Rinaldo preferì attendermi in direzione, per non essere presente all’inevitabile scontro; toccai su una spalla mio marito che si girò.

“Erminia!!! Che ci fai qui?”

“Sono venuta a dirti che stasera non puoi e non devi tornare a casa; ci rivedremo in tribunale per il divorzio.”

Restò allibito, a bocca spalancata, in un turbino di corpi nudi tra i quali apparivo persino surreale; uscii alla svelta, tornai in direzione e chiesi a Rinaldo di andare via; per consentirmi di piangere, fermò l’auto su un’area di rifornimento chiusa; mi asciugò le lacrime ma non azzardò nessun movimento; gli presi le mani e le strinsi tra le mie; avrei voluto chiedergli di fermarsi con me e fare l’amore; mi anticipò determinato.

“Erminia, non è il tuo dolore che mi serve, e neppure la tua vendetta; se e quando sarai convinta di poter accettarmi, anche se non te la sentissi di amarmi, sappi che ti amo da sempre; che ti sono vicino adesso e che sono pronto ad esserlo per sempre; ma devi prima fare chiarezza con te stessa. Ti porto a casa, prendi un tranquillante e ci dormi su. Domani ci sentiamo e, se vuoi, ci vediamo.”

Mi baciò delicatamente su una guancia; lo abbracciai con affetto; dovevo essere certa di volerlo con me, prima di decidere di fare l’amore; mi accompagnò a casa, fino al portone; solo al momento di separarci, mi abbracciò voluttuosamente; per istinto, ma non casualmente, lo strinsi nel bacio più sensuale che avessi mai dato; vorticai la mia lingua nella sua bocca quasi per rubarne tutto il sapore e portarlo con me; sentii il suo desiderio gonfiarsi contro il mio pube; mi staccai e scappai via.

Chiusi la porta a più mandate e lasciai dentro la chiave affinché mio marito non potesse inserire la sua dall’esterno; misi anche la catena e andai a letto; un sonnifero mi consentì di piombare nel sonno dei giusti; al risveglio, ero determinata; passai dall’ufficio di Rinaldo, gli chiesi di aprire un conto per me nella sua banca; non aveva bisogno di chiarimenti; andai nella banca dove avevo il conto e dove Gaspare lavorava; feci trasferire tutti i miei risparmi e tutte le attività sul conto che avevo aperto.

Consegnai le carte di credito ed avvertii il cassiere di ritirare quelle di mio marito, appoggiate sul conto ora vuoto e chiuso; Gaspare comparve insieme al direttore, che chiedeva il perché; mi limitai a lanciare uno sguardo lungo ed eloquente alla ragazza del privè; il direttore non poté che tornare nel suo ufficio; mio marito cercò di avviare un dialogo; lo fulminai con uno sguardo di disprezzo; telefonai alla mia segretaria e le chiesi di preparare la domanda per il mio divorzio rapido; Gaspare taceva impietrito.

Feci una seconda telefonata, a Rinaldo, e gli chiesi se aveva tempo per pranzare con me; mi disse che poteva liberarsi anche tutto il pomeriggio se volevo; impiegò una decina di minuti, per raggiungermi davanti alla banca; schivai mio marito che ancora insisteva a chiedere di parlare; non avevo niente da dire o da ascoltare; montai in auto e chiesi.

“Dove mi porti a mangiare?”

“Conosco un posticino fuori mano, che mi sembra giusto … “

“ … giusto per due persone innamorate?”

“Certo! Io sono innamorato di te; quindi, scelgo un posto da innamorati; so che tu non lo sei di me; ma spero che non ti dispiaccia se scelgo un posto dove ho vissuto momenti d’amore... “

“Dimmi, conquistatore, quante ne hai portate in quel posto?”

“Senti, non sono un monaco trappista, quelli di clausura; sono un maschio sano e normale; ho avuto alcune storie durature, ho anche frequenti incontri occasionali; sono molte le donne insoddisfatte in cerca di un rapporto alternativo o anche di un solo incontro; non tutte arrivano in fretta al divorzio; ho fatto spesso da valvola di scarico a repressioni e bisogni d’affetto … “

“Sei stato spesso innamorato?”

“Una sola volta … e per sempre … “

“Quando è stato?”

“Sei un investigatore o solo un avvocato abile? Mi sono innamorato una sola volta, una quindicina di anni fa, quando offrii ad una ragazza un gelato che era il suo preferito; lei lo rifiutò; da allora, vivo con quel tarlo fisso nella testa; se ti va il gossip, proprio nel posto dove andiamo la donna con cui ho avuto la storia più lunga, dopo l’amore si vestì e mi lasciò nudo sul letto, perché al momento dell’orgasmo l’avevo chiamata col nome della mia passione segreta, di cui lei era a conoscenza, anzi la conosceva … “

“Posso chiederti chi era questa tua amante?”

“Puoi chiedere, ma io non posso risponderti perché nessuno ha mai saputo di noi, la storia è finita e lei sta cercando di ricucire con suo marito, anche se mi risulta che mi ha rimpiazzato … “

“Era Erminia il nome che pronunciasti?”

“Hai dimenticato l’episodio del gelato alla festa patronale, quando andavi in prima liceo?

“No; ce l’ho nitido davanti agli occhi; oggi mi dispiace e mi pento … “

Eravamo arrivati; parcheggiò e mi guidò alla sala da pranzo; chiesi se sopra c’erano le camere; mi avvertì che, se avessi deciso di stare con lui anche senza amore, non saremmo saliti; piuttosto, saremmo andati a fare l’amore in un campo, in auto o insomma dove vanno due ragazzini innamorati, sempre che me la sentissi di farlo.

“La vuoi smettere? Se non ero innamorata di te fino a ieri sera, ora comincio a sentirmi attratta. Ti basta? Mi porti a casa tua?“

“Un po’ scomodo, anche se sarebbe il nido d’amore ideale, sala unica con letto divano tavolo e angolo cottura ….“

“E se fosse casa mia, Rino; posso chiamarti Rino? E’ più breve, più diretto, più intimo … “

“Se ti innamori di me posso chiamarti Minnie, come quella di Topolino? Mi piace molto … “

“DEVI chiamarmi Minnie, perché ancora non ho sentito il colpo di fulmine incenerirmi, ma mi sto innamorando di te; hai una qualità, tra le altre, che mi affascina; sei sincero, leale e diretto; mi stai già confidando le tue storie; io non ho una contropartita; solo mio marito, ma di noi sai praticamente tutto, anzi forse più di me … “

“Possiamo cominciare a parlare da persone che vogliono amarsi o la schermaglia deve durare?”

“Questa non è una schermaglia; ti sto conoscendo perché ti voglio dentro di me e, stavolta, voglio un uomo che conosco, di cui mi fido e a cui mi affido. Ti è chiaro mio dolce cicisbeo?”

“E’ vero; stiamo conoscendoci; ‘e si conobbero’ è scritto nel vangelo quando si parla di accoppiamenti; anche io voglio conoscerti in senso biblico e anch’io voglio sapere di te tutto, anche i pensieri reconditi e mai confessati … Se non ti fosse ancora chiaro, ti amo da anni e sempre profondamente.“

“Quando saprò di amarti, non ci sarà bisogno di parole … Adesso mangiamo.”

Non era solo mangiare, il nostro; era accarezzarsi continuamente, provare mille brividi ogni volta che una mano andava a sfiorare quella dell’altro, scambiarsi i bocconi con la sensazione di darci un bacio lussurioso, andare a cercare il sapore dell’altro bevendo dal suo bicchiere; sentivo il suo amore in ogni piccolo gesto e scoprivo il mio esplodere ogni volta che mi sfiorava o che ero io a cercare un contatto con il suo corpo; ci guardavano come un’immagine di Peynet, fidanzatini persi nel nulla; usciti dal ristorante, ci guardammo a lungo; non sapeva cosa dire, lui che era sempre così vivace e pronto alla battuta.

“Andiamo a casa mia; se funziona, voglio che diventi nostra, mia e tua; e dammi amore da non averne più per nessuno.”

Andò a parcheggiare davanti ad un supermercato, lontano da tutti, si girò e mi catturò nel bacio più tenero che avessi mai scambiato; le sue mani scivolarono sul mio corpo e andarono a toccare il seno e le anche, quasi stesse verificando che ero viva, che poteva accarezzarmi, trasmettermi la sua passione.

“Devo dirti che ti amo o ti basta sapere che mi fai salire in cielo solo con pochi leggeri tocchi?”

“Tu sei cattolica; ti risulta che la confessione possa essere tacita? O per valere deve essere esplicita e udibile dal confessore?”

“Confessarti amore! Bellissima immagine. Ti amo; anzi, scusami, sento che comincio ad amarti davvero; ti turba detta così?”

“No; sei onesta; ed è quello che ci servirà, se vogliamo vivere una storia lunga … “

“Rino, sono molto esigente; sono stata fedele e leale per dieci anni con l’uomo sbagliato, anche quando sapevo che tradiva la nostra intesa di lealtà; mi sto innamorando di te, con tutta me stessa; ti amerò lealmente sempre; la sola cosa che ti chiedo è di essere chiaro e onesto con me, a costo di farmi soffrire per verità difficili; ma, se ci riesce, voglio una storia eterna con te, con difficoltà e rinunce, forse, ma duratura nella sua solidità. Amarti, per me, è anche sognare una vita insieme, fino alla fine; adesso andiamo a casa nostra.”

Sorrise, spinse la mia testa verso la sua spalla e avviò l’auto; non era agevole guidare mentre mi accoccolavo a lui e gli trasmettevo la mia emozione crescente, ma Rinaldo aveva un buon autocontrollo e riuscì persino a carezzarmi i capelli provocandomi un brivido lungo di desiderio; nell’eccitazione, per caso toccai da sopra i vestiti il sesso e lo trovai duro e forte; non avevo riferimenti possibili se non quello aggressivo e violento di mio marito, ma ebbi la sensazione di un fallo capace di far provare sensazioni meravigliose.

Parcheggiò davanti al portone, scendemmo e dovetti trattenermi per non baciarlo in pubblico; finora, lui mi aveva confessato e dimostrato tutto il profondo sentimento che lo animava e di cui non avevo motivo di dubitare; ma adesso ero io a sentirmi sconvolgere cuore, mente e corpo; io che lo desideravo e volevo sentirlo addosso a me, dentro di me; oltretutto, a parte il fatto che per dieci anni ero stata una bambola di gomma per il sesso di mio marito, ora davvero sentivo la dolcezza pervadermi.

Aprii il portone e sentii la sua mano scivolare dolcemente su un fianco; lo guardai con occhio di falso rimprovero e sfiorai la guancia con un bacio leggero; nell’ascensore, mi abbracciò in vita e mi strinse a se; lo spostai un poco perché potevano vederci; non feci in tempo a chiudere la porta della mia casa dietro le spalle che me lo trovai avvinto come un rampicante mentre mani, ventre, viso, tutto il suo corpo mi perlustrava le parti corrispondenti.

Mi sfilai le scarpe calciandole lontano mentre gli prendevo il viso e lo baciavo con una passione che quasi non mi conoscevo; sentivo l’amore esplodermi dappertutto e il corpo sciogliersi nella libidine; mi sollevò quasi in braccio e mi portò di peso in camera, mi depositò sul letto e si stese sopra di me; sentivo tutte le parti del suo corpo appoggiarsi e coincidere, arto per arto, desiderio per desiderio; mi accesi di libidine e lo baciai dappertutto.

Senza nemmeno spogliarci, mi avvolse in un abbraccio che espresse tutto il desiderio represso; allungai una mano, gli aprii il pantalone e presi il fallo fremente e duro come un ramo; mi spostò la gonna fin sulle anche, sfilò lo slip e adagiò il sesso sul monte di venere; lo guidai alla vagina e registrai con goduria continua e crescente la penetrazione; quando avvertì la cervice dell’utero, si fermò e cominciò a baciarmi con furia tutto il viso, dalla fronte al mento.

Gli presi la bocca nella mia e succhiai furiosamente la lingua; ci amammo così, leccandoci tutto il viso per trarre dalla pelle il piacere che si trasmetteva al sesso; quando passò a succhiarmi i capezzoli, spostando solo il reggiseno, sentii i fulmini scoppiarmi nel cervello; afferrai tra i denti i suoi capezzoli e lo sentii fremere a lungo; non si muoveva col corpo ma la sua mazza sembrava ingigantirsi dentro di me; ed avevo la sensazione che la vagina lo succhiasse e lo catturasse.

“Com’è che non ti muovi a cavalcarmi ed io godo?”

“Perché è l’amore che spinge il cuore a palpitare e pompare sangue ai corpi cavernosi; perché i tuoi muscoli vaginali dominano il mio fallo e lo spremono perché vogliono il succo del mio amore … ”

“Vuoi dire che sono io a possederti, non tu a montarmi come dovrebbe fare un maschio?”

“Trovi che sia poco maschio il mio amplesso?”

“No, sei meraviglioso, mi sento piena di te dappertutto; solo che non mi era mai capitato di essere io a montare lui … “

“Io voglio fare le cose CON te, non SU DI te; se mi accetti, sarà sempre così, in tutto, ti voglio con me non sotto di me … “

“Puoi garantirmi che sarai sempre così, compagno, complice, amico, socio, innamorato alla pari?”

“Posso assicurarti che farò di tutto; posso garantirti che qualunque cosa sarà decisa insieme e che ti dirò tutto quello che mi passa per la testa anche quello che potrebbe turbarti; non tradirò mai la tua fiducia .. “

“Se ti chiedessi la fedeltà totale, di essere mio, anche se dovessi trovarti a fare sesso con un’altra, me ne parleresti come alla tua amica più cara, ad una tua confidente?”

“Io ce l’ho nel DNA, l’onestà e la chiarezza, tu puoi garantirmi la stessa cosa o farai come nella professione, difenderai i tuoi segreti?”

“Rino, se, dopo aver fatto tanto di questo tuo meraviglioso amore, ci alzeremo da questo letto con la certezza di essere la coppia più vicina alla perfezione come sento di essere, noi faremo insieme il percorso più lungo, spero fino alla morte; mi darai un figlio, appena possibile, per essere una vera famiglia e perché mi resti qualcosa di mio, e di te, se te ne dovessi andare; io ti amerò sempre, con tutta me stessa; se lo farai anche tu, possiamo anche pensare di sposarci un giorno; ma, quello che è certo, è che ti amo profondamente, come non era prima, quando credevo di averlo già fatto e solo ora invece scopro che è totalmente nuovo.”

“Minnie, per cominciare, possiamo spogliarci? Posso guardare tutta intera la bellezza del tuo corpo che da ora è anche un po’ mio?”

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