Franco ed io

geniodirazza
6 days ago

Franco ed io

Sin dall’adolescenza, avevo scoperto la libertà di sesso e mi ero lasciata andare a pratiche spericolate per soddisfare il mio bisogno di esibizionismo, facendo sesso con tutti i miei amici e lasciandomi talvolta andare anche con sconosciuti capitai per caso nel nostro paesello arroccato sull’Appennino; quando la situazione si fece evidentemente pesante, decisi con Franco, un caro amico con cui avevo spesso scopato, di tentare l’avventura della grande città.

Per una fortunata coincidenza, ci trovammo a sfruttare una serie di assunzioni che facevano nelle fabbriche del territorio e riuscimmo a conquistare ambedue un posto in fabbrica; ne approfittammo e ci trovammo a vivere insieme, poco più che maggiorenni, in un appartamento abbastanza piacevole ed ampio che risultava affittato da me; con la disponibilità di mezzi che derivava dal doppio salario non avevamo molti problemi a vivere dignitosamente con qualche piccola concessione ai miei capricci, perfino troppo frequenti per le disponibilità di noi due.

Scivolarono senza intoppi lunghissimi anni di convivenza, durante i quali feci tutto quello che era necessario per soddisfare segretamente le mie voglie, muovendomi sotto traccia per incontrare gli amanti dove mi fosse possibile; di solito, li ‘consumavo’ rapidamente e, dopo qualche mese di sollazzi, li mandavo al diavolo; talvolta, per soddisfare un mio bisogno di variazione continua, ricorrevo al car sex con soggetti semisconosciuti e usati solo per quella occasione o poco più.

Ad un certo punto della mia vita, decisi di scegliere un amante fisso con cui mi incontravo in un alberghetto discreto dietro la stazione; una naturale tendenza all’inganno e mille attenzioni poste nei movimenti mi consentirono di tenere mio marito all’oscuro delle corna che gli feci disinvoltamente per quasi vent’anni.

Massimo, così si chiamava quel mio amante fisso, scambiava con me poche frasi su messaggini per stabilire ora e punto di incontro; anche lui aveva una moglie non tanto morbida e doveva ritagliarsi le ore da trascorrere in piacevoli scopate; ci recavamo indipendentemente all’albergo e, dopo le prime inevitabili incertezze, fummo in grado di evitare ogni controllo; ci indicavano la camera e vi ci recavamo.

Aveva un cazzo decisamente notevole e sin dal primo incontro ebbi la certezza che corrispondeva esattamente al mio bisogno di sesso possente e violento; la sua aggressività mi procurava spesso qualche livido; ma bluffare con Franco non era un problema per me, abituata da sempre a scopare senza limiti e a dover rispondere ad una famiglia ossessiva e pronta a stigmatizzare ogni mio movimento; anzi, era quasi un gioco perverso fargli attendere che passasse il grosso del livido o impedirgli di vederlo.

Sin da quel primo incontro, appena fummo in camera, non gli diedi scampo e lo avvolsi in un bacio di estrema sensualità; mi aprì il vestito e fece emergere il seno pieno e maturo, una terza taglia abbondante, i fianchi arrotondati e ben delineati da una vita ‘da vespa’, il ventre piatto e le gambe statuarie.

Nell’abbraccio, spinsi il pube sul ventre e sentii la mazza ergersi prepotente contro la vulva già grondante per l’emozione della novità; intuii un bastone non indifferente, forse di stazza minore di quello a cui ero abituata quotidianamente, ma certamente degno di attenzione; restava solo da verificare la capacità dell’amante occasionale di utilizzare la sua dotazione per darmi il piacere che mi aspettavo da quella trasgressione.

Lo strinsi contro la parete e gli sfilai dalla testa la maglia, mettendo in luce un torace solido e armonico; il maschio era ben tonico, forse abituato a tenersi in forma con un poco di palestra; mi abbassai a leccare e mordicchiare il torace e i capezzoli, che trovai particolarmente ricettivi; aprii la cintura e sbottonai i pantaloni; fatta scorrere la cerniera, potei abbassarli con un gesto deciso fin sotto le ginocchia; il fallo mi apparve sorprendendomi.

Come previsto, era di poco più piccolo di quello di Franco, ma era circonciso e con la cappella che si apriva superba a coprire l’asta; notai sulla punta un accenno di preorgasmo, segno che era particolarmente eccitato; mi augurai che non soffrisse di eiaculazione precoce; lo presi con la destra e accennai a masturbarlo dolcemente; con la sinistra, raccolsi i testicoli grossi come prugne e godetti intimamente a sentirli teneri e gonfi.

Massimo, però, non accettava di essere manipolato come un oggetto sessuale; mi afferrò per i seni e mi fece alzare; si abbassò sui capezzoli e prese a succhiarli con devozione; intanto, teneva in mano le natiche stringendo la vulva contro il sesso piantato tra le cosce; scalciò via il pantalone, mi scostò, si sfilò calzini e scarpe, mi prese per mano e mi guidò verso il letto.

Mi fece sedere sul bordo e accostò al viso la mazza dura; tirai fuori la lingua e andai ad assaggiare la cappella e a raccogliere la goccia di precum; trovai che il sapore acidulo mi eccitava al limite della resistenza; spinsi per le natiche il ventre contro il viso, appoggiai le labbra strette e mi feci penetrare in bocca come se fosse una vagina particolarmente stretta; dai gemiti capivo che lui godeva molto per quella manovra; la ripetei più volte.

Poi spinsi la mazza in fondo, accompagnandola con la lingua che lambiva tutto, sbattei la punta verso il palato per farla discendere verso l’ugola e spaziare in tutta la cavità orale per deliziare la cappella e per godere di quel contatto che copriva tutti i punti sensibili; lui mi prese la testa e copulò con forza in bocca, spingendo l’asta fino al limite possibile della gola; si fermò perché lo frenai, non resistendo a conati e a sensazioni di soffocamento.

Feci appello a tutta l’esperienza maturata da adolescente e successivamente nei frequentissimi coiti orali che Franco mi chiedeva prima della penetrazione; riuscii immediatamente a sconvolgere la determinazione del mio amante e ad imporgli la fellazione che preferivo, tutta giochi di lingua lungo la mazza, fino ai testicoli, succhiate profonde che tiravano su l’anima dal sesso e copule stratosferiche sulle gote e contro l’ugola; in breve, lo sentii urlare di piacere; mi fermai per non farlo eiaculare.

Era molto emotivo, lui, e rischiava orgasmi troppo veloci; ma con la mazza che si ritrovava e ben educato poteva essere un ottimo amante; mi proposi di svezzarlo e di goderci al massimo; non ritenevo di umiliare il mio convivente, mentre copulavo con l’altro, ma solo di mettere in pratica la libertà che da lui esigevo e che in quella seduta di solo sesso trovava la più gratificante soddisfazione.

Massimo mi sfilò il sesso dalla bocca, forse per non arrivare all’orgasmo, e mi spinse a salire ginocchioni sul letto, mi piegò carponi e prese a ricambiare la cortesia leccando la vagina da dietro; con larghe spatolate della lingua, percorse più volte il tratto dal monte di venere al coccige, insinuando ad ogni passaggio la lingua in vagina e ‘tastando’ l‘ano di cui avvertì immediata la sicura abitudine al rapporto per le condizioni delle pieghe che si aprivano alla lingua che penetrava.

Ero abituata ai lunghissimi preliminari di Franco che spesso esauriva la carica sessuale proprio in quelle pratiche; apprezzai comunque la prestazione del ragazzo che per più di un’ora si ‘perse’ tra leccate profonde, titillamenti e stimolazione con le dita; non contai gli orgasmi e lui riuscì a controllarsi fino a che, in una fellazione particolarmente ricca e sapiente, non resse e mi scaricò in gola una violenta esplosione di sperma che ricevetti con gioia ed ingoiai devotamente.

Si riprese assai più rapidamente di quanto avevo sperato; mi fece stendere supina al centro del letto, mi montò sopra e mi penetrò alla missionaria; lo accolsi con entusiasmo, seguendo con passione la penetrazione del sesso in vagina, centimetro per centimetro; per accentuare la fusione dei corpi, gli passai le gambe intorno ai fianchi e usai i piedi per spingerlo contro di me; capii che era assai profondamente immerso nella vagina quando i testicoli colpirono l’ano fremente.

La copula durò a lungo; io ebbi una serie di orgasmi squassanti mentre lui mi sfondava da sopra o di lato, sollevando la gamba libera mentre mi penetrava; quando mi dispose a pecorina e mi sbatté in corpo la mazza, ritrovai il piacere mentale dello ‘sciaff’ del ventre contro le natiche e mi esaltai, implorandolo di spingere, di possedermi, di farmi sentire nello stomaco la mazza.

Affascinato dal mio sedere, mentre possedeva la vagina da dietro, lui spostò un poco la cappella verso l’alto e fece sentire la punta sull’ano; lo fermai, prelevai dal comodino il tubetto di gel e glielo passai; felicissimo, mi unse abbondantemente il foro e, con un dito, il canale rettale; infilò più dita e le ruotò, per abituarmi; ma ero ben avvezza a ricevere nel retto la mazza e non feci una piega.

Quando lui spinse il fallo nell’intestino, mi limitai a godermelo lussuriosamente e a catturarlo coi muscoli anali per ‘succhiarlo’ fino a farlo eiaculare; non ci volle molto, abituata com’ero a quella pratica; il ragazzo si trovò di colpo, suo malgrado, a scaricare nell’intestino la più grossa eiaculazione che ricordasse; accolsi lo sperma con gioia e mi rammaricai solo di non potere assistere allo spruzzo, cosa che amavo particolarmente.

Passarono forse troppo in fretta le poche ore che avevamo a disposizione; uscendo dal motel, indirizzai uno sberleffo al mio cornuto e andai tronfia a casa; nel corso degli anni, la scena si ripeté infinite volte; non mi presi mai la briga di nascondere i miei tradimenti a Franco, finché decisi di fargli sapere con chiarezza che ero padrona assoluta del mio sesso; a lui, concedevo l’elemosina del sabato sera senza nessun impegno; per tutto il tempo residuo, io ero mia e lui poteva solo assumere il ruolo che gli competeva, di schiavo al servizio di una donna calda e desiderosa di trasgredire.

Lo scorrere dei mesi segnò semplicemente la progressiva adesione di Franco a quel modello di paziente sopportazione delle corna che mi prefiggevo; per pura tigna, ma poi sempre più per determinata volontà di dominio, mi ero incattivita nella certezza che prima o poi lui avrebbe aderito a quel modello di schiavitù che mi ero prefigurata quando lo vedevo sopportare inerte le e mie angherie; ma inutilmente lo obbligai a guardare mentre mi facevo sbattere come uno zerbino da occasionali caproni.

Col tempo, prese l‘abitudine di ignorarmi come un mobile disusato; rinunciò anche alla ‘elemosina’ della scopata del sabato ed elesse a sua personale residenza la camera degli ospiti, per non vedersi obbligato ad assistere alle mie copule in camera; la ‘ciliegina’ sulla torta del personale Golgota gliela offrii io stessa la sera che, tornando a casa in anticipo sulle mie turpi abitudini, avvertii nella camera degli ospiti, accuratamente chiusa, inconfondibili rumori di una sana scopata.

Mi precipitai inferocita contro la porta e forzai la serratura fino a scardinarla; mi apparvero Franco e Marilena, una mia vecchia amica, intrecciati in un vortice di membra, che scopavano come se fosse l’ultima volta nella vita; li aggredii con la ferocia di una belva assetata di sangue e li riempii di contumelie, accusandoli di comportarsi da schifosi in casa altrui; mi guardarono inebetiti, incapaci di parlare forse; si rivestirono con calma e uscirono; imprecai loro dietro finché sbatterono il portone d’ingresso.

Per un paio di settimane mi macerai nella mia tigna e nella rabbia di non essere riuscita a piegare Franco nemmeno ad una genuflessione; brontolai e minacciai in attesa che tornasse da me pentito e innamorato a dichiarare la sua subalternità; solo quando fu evidente anche a me che mi aveva lasciato per sempre, mi placai un poco e cercai di assumere informazioni sulla sorte del mio ex convivente, come io ritenevo, o forse solo coinquilino come appariva chiaro, a posteriori.

Quando venni a sapere che stava vivendo un’intensa storia con una donna matura che lo sosteneva anche nell’economia e nel lavoro, il sangue mi coprì la vista e decisi che doveva pagarla; non ebbi molte difficoltà ad ottenere, da tre ragazzi che mi ero scopata e ai quali promisi in cambio scopate stratosferiche e indimenticabili, la promessa che avrebbero provveduto e dare una lezione al reprobo e che presto il mio orgoglio sarebbe stato vendicato.

Quando seppi che Franco era stato ricoverato per alcuni giorni in ospedale, perché tre balordi lo avevano duramente picchiato, gongolai a lungo e scopai con loro in maniera davvero fantastica; solo quando l’eco dell’aggresssione si fu assopita, andai al solito bar degli amici per esibire la mia soddisfazione a quella da cui era cominciata la ribellione di Franco a me; come avevo previsto, era lì e se ne stava serena a giocare con le amiche.

“Ciao, ragazza single; come sta il mio Franco?”

“Di Franco non è tuo niente, nemmeno le scarpe; io sono orgogliosa di essere single e trombamica dell’uomo meraviglioso che è l’uomo che amo, ancora innamorato di te come lo è stato stupidamente per anni ... “

“A me risulta che ultimamente è un po’ acciaccato ... “

“Ah, Ecco Porzia; per avere idee un poco più chiare, ti consiglio di ascoltare quello che abbiamo da dirci ... Ciao, Porzia, scusami se ci incontriamo qui ... nel tuo ufficio è difficile raggiungerti ... “

“Hai ragione; non ci ho pensato; adesso però lascerò detto che hai via libera in ogni momento ... Come sta il mo amato amico?”

“Sta bene; ormai si è perso quasi il ricordo dell’aggressione; ma è degli aggressori, che devo parlarti; me lo ha chiesto il nostro amore ... “

“So che qualcuno ha provveduto a far pagare l’errore agli imbecilli ... “

“Si; ma qualcuno dice anche che il Comitato vorrebbe agire per licenziarli; il nostro amico trova che sia una misura eccessiva, per tre stupidi schiavi di una puttana ... lo sai, lui comunque è un buono ed ha saputo che il più giovane dei tre, Stani si chiama e sta per Stanislao, gode dall’azienda di una provvigione extra per assistere la madre malata di Parkinson; lui ritiene che i colpevoli sono stati puniti ma gli innocenti vanno cautelati; la vecchia non c’entra con suo figlio imbecille; vorrebbe che si risparmiasse il licenziamento.”

“Quindi, nessuna conseguenza sul lavoro; basta la punizione corporale? Ma, se perdona a uno, non può usare pesi diversi; anche gli altri la scamperebbero ... ”

“Lui dice che non cambia niente essere feroci fino al licenziamento; basta una nota di demerito ... “

“Va bene, per amore si può fare questo ed altro; è sempre troppo buono, quel maledetto! D’accordo; bacialo per me e digli che aspetto che al più presto torni a trovarmi; non me lo consumare molto; ci tengo assai, a lui ed anche a te!”

“Allora, onnipotente signora di tutto il creato, hai capito qualcosa?”

“I tre ragazzi hanno avuto le stesse mazzate che hanno dato a quel farabutto del ‘vostro’ Franco; dovrebbero anche ringraziarlo perché non li fa licenziare per bontà verso la vecchia mamma malata ... Quello che non capisco è come mai è intervenuta la malavita in una faccenda privata ...”

“C’è poco da fare; non c’è sordo peggiore di chi non vuole sentire; non hai capito che non è più un affare privato. Quella signora che evidentemente non conosci è la padrona dell’azienda in cui lavorate tu e i caproni che ti montano, ma è anche la donna che, come me, adora il ‘nostro’ Franco e che ha tutto il diritto di agire a sostegno della dignità sua e dell’uomo che ama; voi avete calpestato quella dignità, i tre hanno già pagato un debito e sono stati graziati per l’altro perché Franco è un generoso.

Se non l‘hai capito, per te i ‘manovali’ della vendetta vorrebbero applicare, nella migliore delle ipotesi, la stessa pena dei caproni; altri, più severi, vorrebbero usare uno scudiscio e lasciarti segni permanenti; i più feroci pensano anche di farti sparire per sempre; se sei ancora viva, è perché il solito ‘nostro’ Franco è buono e generoso anche con te; sta valutando se è il caso di farti emigrare o di dare via libera alla punizione maggiore ... ”

“Senti Marilena; capisco che sei arrabbiata a morte con me; ma spero che un minimo della vecchia amicizia ti consenta ancora di parlarmi; Franco mi ha stordito con le sue dichiarazioni di grande amore, anche se avevo detto chiaro che non provavo amore per lui ma solo amicizia; quando ha voluto alzare la posta, gli ho solo ricordato che amare significa accettare l’altra con tutti i pregi e i difetti; lui ha insistito a parlare d’amore ma non ha mai accettato di farsi schiavo della mia lussuria.

Io ho voluto difendere il mio sacrosanto diritto a mantenere la mia libertà lontano delle sue presunzioni maschiliste; a lui non è andato bene; mi sono incarognita e gli ho fatto male, ma è stato lui che non ha mai voluto piegarsi; quindi ho cercato di spezzarlo; da quello che ho capito, lui adesso si è messo in condizione di potermi fare molto male; forse non posso fare niente per impedirlo, ma non mi arrendo finché lui non si piega a diventare schiavo della mia libidine, se spera di avere l’amore che vuole.”

“Stai raccontandoti una favola che non regge da nessuna parte; l’unica conseguenza sarà che morirai su una strada statale lontano da ogni centro abitato, i colpevoli non saranno mai trovati, tu passerai per una prostituta investita da un’auto di passaggio; se questo è quello che vuoi, accomodati; posso dare anche io stessa il via libera al Macellaio per farti fare a pezzi con molto cinismo ... “

“Proprio non ti va giù l’idea che io parli con Franco e cerchi di convincerlo alle mie ragioni?”

Stava digitando un numero sul telefonino.

“Ciao, amore; c’è qui la tua ex coinquilina che vuole discutere con te i termini della sua vittoria ... Ti metto in vivavoce; parlale!”

“Signora padrona suprema, che vuoi ancora?”

“Quello che vorrei lo sai; vorrei che tu accettassi di essere il cuckold schiavo al servizio del mia libidine; se mi amassi come dici, mi accetteresti senza difficoltà e ti piegheresti, una volta tanto ... “

“L’idea che un uomo innamorato si debba piegare al libertinaggio assurdo di una puttana che non ha mai parlato d’amore; c’è gente che scalpita dal desiderio di farti a pezzetti e fare sparire ogni traccia della tua esistenza; se vuoi sopravvivere, vattene dalla provincia, dalla regione; se non puoi fare altrimenti, torna al paesello e ricomincia con qualcuno dispoto a seguirti nelle turpitudini che confondi con l’amore.

Se sai che non puoi tornare al paesello dove saresti aggredita da ogni parte e ti ridurresti a fare la puttana di tutti, posso aiutarti ad andartene per sempre, a patto che sia una partenza definitiva e che ti dimentichi di noi, di me e della mia vita che qui comincia a trovare una sua dimensione; decidi in fretta, prima che certi ordini diventino imperativi; fai sapere a Marilena e organizzerà lei come farti assegnare un posto di lavoro lontano e sicuro.

Purtroppo per me, sono ancora il ‘tre volte buono’ che hai pestato come merda di cane sul marciapiede; se decidi di andartene, posso avere ancora un guizzo di umanità e aiutarti; se insisti nella tua proterva tigna confusa, non scommetterei un centesimo bucato sulla tua vita. Datti una regolata e addio, mia poteva stupida illusa e arrogante!”

“Marilena, puoi fare quello che suggerisce il ‘vostro amato’ Franco?”

“Porzia è la tua padrona e può liberamente decidere dove spedirti e come; ha interessi in mote regioni; domani stesso le parlo e in una settimana ti organizza la partenza. Ma te ne vai per sempre; se commetti l’errore di ripensarci, non avrai più né spazio né tempo né occasione per pensare ancora ... “

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