Alberto e Mario
Alberto
Me ne sto ad occhi aperti nel buio con la testa assolutamente vuota; Mario, al mio fianco, se ne sta bocconi e ronfa leggermente; ha appena svuotato i testicoli nella mia vagina, si è sdraiato ed ha preso immediatamente sonno.
Prendo dal comodino un fazzoletto e me lo infilo fra le gambe, per impedire che lo sperma scorra sul letto.
Non so se sono più annoiata, offesa o incavolata nera.
E’ sabato sera e, come da molto tempo avviene, Mario ha risolto il ‘rito’ della copula rapida e svogliata per abbandonarsi soddisfatto al sonno; non si è assolutamente preoccupato di sapere cosa avessi provato.
Ed io non so se essere disgustata o fuori dalla grazia di dio.
Non è mai stato un gigante, a letto, fin da quando lo conobbi.
All’inizio, davo la colpa alla recente separazione che lo aveva provato e stressato; e, in qualche modo, non andava male.
Poi è venuto a stare con noi suo figlio, trasferitosi per frequentare l’Università.
Mario spesso dà l’impressione di voler fare le cose nel massimo silenzio, per timore di essere udito da Alberto, che dorme nella stanza a fianco; ma le sue prestazioni si sono fatte sempre più rare, fino a ridursi al ‘rito del sabato sera’.
Invece suo figlio non ci risparmia nessuna delle sue prestazioni; ascoltare i rumori che vengono dall’altra stanza ogni volta che si tira dietro una ragazza, poche volte la stessa, è diventata una sorta di divertente alternativa alla mancanza di pratica sessuale.
Comincio ad essere stufa della situazione paradossale, ma, per pigrizia o per rassegnazione, non tocco mai l’argomento.
Stasera, però, sono particolarmente scocciata, soprattutto perché sento una voglia che mi monta tra le gambe e sono tentata, una volta tanto, di fare da sola.
Allontano l’idea e metto giù i piedi dal letto per andare in bagno.
Uscita nel corridoio, noto con sorpresa che la porta della camera vicina é solo accostata e che una fioca luce trapela dallo stipite; mi meraviglio, perché stasera Alberto é tornato da solo e, a rigor di logica, dovrebbe essere già addormentato.
Mi avvicino in silenzio alla porta e getto lo sguardo nella camera.
Il maledetto é steso, completamente nudo, sul letto davanti alla televisione e si mena il membro in una masturbazione lunga e meditata; nell’altra mano, stringe uno straccetto bianco che ogni tanto accosta alle narici per annusarlo.
Quello che mi colpisce immediatamente, e con violenza, é la dimensione inusitata del suo membro; almeno una volta e mezza quello di suo padre, un bastone di carne di oltre venti centimetri, con una circonferenza proporzionata, sormontato da una cappella gigantesca diventata viola nella tensione dell’eccitazione.
Manda la mano su e giù con delicatezza e decisione, assaporando con evidente godimento ogni piccolo movimento; ogni tanto annusa lo straccetto e se lo struscia sull’asta.
Dalla mia posizione, non riesco a vedere lo schermo, ma dalle reazioni si capisce che sta guardando un film porno e che ogni tanto, ad una scena particolare, si eccita di più.
Mi riscuoto dalla sorpresa e, badando a non fare il minimo rumore, mi dirigo al bagno.
Mi siedo sulla tazza e orino insieme tanto piscio e tantissimo sperma rimasto intrappolato nella vagina; allungando la mano verso il rotolo della carta, mi colpisce la cesta dei panni sporchi totalmente vuota; ero certa di aver depositato, prima di andare a letto, il mio slip del giorno; ma non c’é più.
Intuisco allora che cosa potesse essere lo straccetto che Alberto così golosamente annusava; il porco si masturba aspirando le mie mutande sporche e, forse, lo fa immaginando di fare sesso con me.
Mi trasferisco sul bidet per lavarmi e, appena appoggio la mano sulla vulva, sento il clitoride duro fino a dolermi.
Comincio a massaggiarmi, ma capisco subito che mi sto apertamente masturbando.
Chiudo gli occhi e comincio ad immaginarmi una copula come mai ne avevo fatte in vita mia; inutile dire che l’oggetto del desiderio diviene subito l’asta di Alberto, il mostro di carne che ho appena intravisto.
Nella mia fantasia si fa subito ancora più grosso e più duro; mentre mi massaggio le piccole labbra, lo sento tra le dita; mentre ne infilo due nella vulva, lo sento squarciarmi la vagina che mi penetra con violenza; mentre titillo il clitoride, lo sento andare e venire fino al collo dell’utero e sbatterci contro con sensazioni di dolorosa perdizione.
Sono completamente fuori dalla realtà, immersa nelle mie fantasticherie ad occhi chiusi.
Quando li riapro per una sensazione di rumore, mi trovo di fronte al viso l’oggetto dei miei sogni.
Non abbiamo l’abitudine di chiudere il bagno e sicuramente Alberto si é accorto di me e mi ha seguito.
Ora é lì, di fronte a me, col suo membro superbo eretto in tutta la sua potenza direttamente contro il mio viso; mi guarda in silenzio, con aria decisa e sembra attendere un mio gesto.
Allungo una mano, quasi trasognata, e lo tocco delicatamente; lo percorro con la punta delle dita in tutta la sua lunghezza e mi gusto le sensazioni di piacere che si trasmettono alla vagina mentre ne seguo le pieghe e le venuzze.
Stringo dolcemente le dita intorno all’asta e comincio a mandare la mano su e giù, mentre ne assaporo la vigoria e i palpiti; con l’altra mano vado a raccogliere i testicoli, due grosse prugne calde che accarezzo con sensazioni violente di piacere.
Mi appoggia una mano sulla nuca e comincia a guidare le mia testa verso il membro; appoggio delicatamente le labbra alla punta, senza interrompere la manipolazione e stringendogli dolcemente i testicoli; saggio con la punta della lingua la cappella dura come il marmo ed apro le labbra per accoglierlo.
E’ troppo, per la mia bocca, e devo sforzarmi per fare entrare tutta la cappella; ma poi comincio a leccarla tutta e a circondarla di saliva, di piacere e, perché no, di amore.
Si contorce un poco, per le sensazioni di piacere, e mugola un poco; mi sforzo di farlo entrare, ma non riesco a prenderne in bocca che una metà; intanto, continuo il movimento con la mano sull’asta e, con l’altra mano, gli accarezzo lo scroto, stringendo leggermente i testicoli.
Comincia a muovere il bacino e a far scivolare l’asta montandomi nella bocca; io lo assecondo prendendone quanto é possibile e roteando la lingua intorno al glande.
Lo sfilo dalla bocca e comincio a leccare l’asta, lentamente, sapientemente, cercando le pieghe e le linee dove lo sento contrarsi di più dal piacere.
Con una mano sulla fronte, interrompe la copula in bocca, sfila l’asta e mi spinge indietro; non capisco cosa stia facendo e mi limito ad assecondarlo.
Mi prende in mano una tetta e comincia a massaggiarla delicatamente, si impossessa di un capezzolo e comincia a stringerlo tra le dita provocandomi fitte di piacere che mi vanno a colpire la vulva provocandomi violente contrazioni.
Si piega un poco su di me, infila una mano tra le mie cosce e arriva senza esitazioni alla vulva.
Comincia un lungo e sapiente massaggio delle grandi labbra, prima, e delle piccole labbra, poi, con sensazioni di estasi mai provate.
Quando raggiunge il clitoride, lo prende tra il pollice e l’indice e comincia a massaggiarlo delicatamente; quasi mi masturba, mentre il mio clitoride si ingrossa fino a diventare una sorta di piccola verga.
Ho un primo orgasmo, leggero, dolcissimo, che gli provoca un sorriso di gioia e, forse, di soddisfazione; abbandona il clitoride ed entra nella vagina, decisamente, con due dita unite; mi sento posseduta come da un membro di piccole dimensioni e comincio a dimenarmi per il piacere; un secondo, piccolo orgasmo mi coglie quasi di sorpresa.
Per non essere passiva, riprendo in mano il membro sempre più duro e possente e comincio ad accarezzarlo con decisione, quasi intenzionata a portalo all’orgasmo; mi prende il polso e mi costringe a rallentare il movimento fin quasi a fermarmi.
Mentre mi rilasso, riprende fra le dita il clitoride e comincia a titillarlo con sapienza e decisione; sento il mondo rotearmi intorno e mi perdo solo in quel punto dove tutta la vita sembra concentrarsi.
E’ una masturbazione stupenda; godo soffocando un urlo che mi stava esplodendo in petto e che avrebbe svegliato il condominio.
Mentre cerco di riprendere e di recuperare, sento la sua verga entrarmi decisa in bocca; vi penetra per buona parte quasi senza difficoltà, tanto mi sono rilassata e aperta.
Per un poco si muove ritmicamente nella bocca possedendomi come in una vulva piccola e stretta; poi si ferma e mi lascia fare.
Ripesco nella mente tutta la mia sapienza di fellatio, ci metto tutta la passione del momento e ci aggiungo tutta la frustrazione per la recente incompiuta; succhio e lecco, aspiro e smanetto; perdo quasi il controllo di me, tutta dedita a quella creatura di carne che mi pulsa viva tra le mani e nella bocca, che accompagna il mio interminabile orgasmo e cerca nella dolcezza delle mie carni le sensazioni di godimento che desidera.
Si é quasi irrigidito davanti a me, mi tiene per la testa e accompagna i miei movimenti assecondandoli, dirigendoli, accarezzandomi.
Quando sento che é vicino all’orgasmo, accentuo il ritmo della succhiata, insisto sul movimento della mano, accarezzo intensamente i suoi testicoli e finalmente lo sento esplodere con un urlo soffocato simile al mio, mentre il suo corpo si torce nel piacere.
Il primo fiotto mi colpisce direttamente le tonsille, facendomi quasi soffocare; poi comincia a dilagare nella mia bocca, nella mia gola; ed io ingoio più e più volte; sembra un fiume in piena che non accenna a svuotarsi; alla fine, si calma e si assesta nella mia bocca, mentre io raccolgo fino alle ultime gocce il suo sperma caldo.
Restiamo alcuni attimi fermi, mentre lecco sapientemente la cappella e il foro d’uscita.
Poi Alberto si stacca, mi accarezza dolcemente il viso ed esce dal bagno.
In tutto quel tempo, non ci siamo scambiati una sola parola.
Mi lavo la vulva, mi asciugo ed esco; il mio slip é di nuovo nella cesta dove l’avevo lasciato.
Quello di poltrire a letto, la domenica mattina, é quasi un rito sacro, in casa nostra; per questo, mi sorprendo, svegliandomi verso le nove, di trovare vuoto il posto di Mario.
Mi avvio alla cucina con la segreta speranza di trovare il caffè già pronto; ma la cucina é desolatamente vuota e fredda.
Un biglietto in piena vista sul tavolo ‘Vado a pesca; ci vediamo a pranzo’ mi ricorda che ero stata avvisata di questa decisione che in certe stagioni dell’anno é assolutamente imprescindibile.
Vado alla cucina e metto su la macchinetta per il caffè.
Alberto arriva quasi in silenzio; avverto la sua presenza ma non mi volto a salutarlo; lui mi fa ‘ciao’, ma direttamente all’orecchio, in maniera dolce e carezzevole; mi avvinghia dalle spalle, afferrandomi le tette, una per mano, e preme il bacino contro il mio sedere.
Ho un fremito, ma istintivamente appoggio tutta la mia schiena al suo corpo.
“Pare che abbiamo la mattinata tutta per noi”
Sussurra con aria complice; e si spinge contro di me con intenzione, mentre le sue mani cercano i miei capezzoli sotto la leggera stoffa della vestaglia, unico divisorio tra me e lui.
Sento il membro che si gonfia tra le mie natiche ed un mare di pensieri mi attraversa di colpo la mente.
Tenere una verga in mano, accarezzarla, stimolarla ti dà un certo senso della dimensione; prenderla in bocca e ingoiarla per quanto possibile, te ne dà un’altra completamente diversa.
Ma sentirla gonfiarsi nel solco delle natiche mi fa provare un brivido quasi di timore; l’idea di quella mazza di carne che si apre la strada tra le mie viscere mi affascina e mi spaventa; temo di non reggere alla penetrazione di un corpo così grosso; ma mi sbaglio, e me ne sarei presto resa conto.
Alberto intanto comincia a solleticarmi con il membro fra le cosce e lo spinge verso le grandi labbra; per aiutarsi, porta una mano sul mio inguine, solleva la corta vestaglia e mi prende il clitoride fra le dita mentre l’asta si fa strada fra i peli della vulva, ancora frenata dal leggero tessuto; mi masturba rapidamente e sapientemente, baciandomi sul collo e sulla nuca; afferra la punta del membro tra le mie cosce e la porta direttamente a contatto con il clitoride; strofina per qualche momento ed io quasi urlo a quel primo, imprevisto orgasmo che mi sconvolge.
Il borbottio della caffettiera mi richiama alla realtà e, con gesto deciso, mi stacco e lo allontano per dedicarmi al caffè.
Facciamo colazione in silenzio e in fretta; lui mi ammira ostentatamente le tette ed io osservo compiaciuta, altrettanto ostentatamente, il bastone che si gonfia nei pantaloncini del pigiama.
Dopo il caffè, Alberto mi prende delicatamente per mano e mi guida alla mia camera; prima ancora che arriviamo al letto, mi ha già sfilato la vestaglia ed ha lasciato cadere il pantaloncino; mi giro verso di lui ed ammiro tutto il vigore del suo copro giovane e ben tenuto; ma, soprattutto, mi incanto di fronte al suo membro enorme e meraviglioso che si erge in tutta la potenza.
Mi abbraccia in silenzio, mi bacia a lungo sulla bocca; le nostre lingue si intrecciano e cominciano un balletto di risucchi che mi fanno cominciare a sbrodolare, mentre sento la sua verga premermi con forza sul bacino, quasi volesse aprirsi una nuova strada nel mio corpo.
Con delicatezza, mi fa cadere riversa sul letto e comincia a baciarmi e a lambirmi, prima sul viso e sul collo, poi giù verso le tette che lecca devotamente su tutta la superficie.
Arrivato ai capezzoli, si dedica a succhiarmeli con passione, prima uno poi l’altro, provocandomi continue fitte di piacere che mi fanno provare continui, piccoli orgasmi.
Poi scende lentamente verso il ventre e lo esplora minuziosamente con la lingua; le sue mani si intrecciano alle mie ed io non posso fare altro che inarcare la schiena e offrirgli il ventre, in preda a continui sobbalzi di piacere.
Mi prende le ginocchia e le porta verso l’alto, aprendole nel contempo per arrivare ad una visione piena e totale della mia vulva ormai bagnata; si solleva in ginocchio e abbassa la testa a leccarmi; i pochi attimi di attesa mi provocano sensazioni mai provate di piacere, per quella lingua che sta per farmi godere.
Lecca con perizia, prima l’interno delle cosce, poi le grandi labbra ed infine le piccole labbra, senza fretta, senza salti.
Arrivato al clitoride, lo prende delicatamente in bocca e comincia a succhiarlo come un grosso capezzolo; poi comincia a titillarlo come un piccolo membro; vampate di piacere mi aggrediscono dalle viscere più profonde e comincio ad agitarmi scompostamente; gli prendo la testa tra le mani e comincio a premere la bocca sui peli, sulla vulva, sul clitoride.
Sento il piacere montarmi ad ondate successive e quasi circolari, avverto l’orgasmo avvicinarsi con violenta irruenza; alla fine gli esplodo in bocca, senza curarmi di strozzare l’urlo che forse risuona per tutto l’isolato.
Alberto continua a leccarmi con dolcezza, quasi bevendo i miei umori con grande passione; rallenta progressivamente il ritmo della leccata, poi sostituisce alla lingua il dito medio e continua a titillarmi mentre si solleva a guardarmi.
La sua asta svetta prepotente tra le mie cosce ed io ora ho solo voglia di sentirmela dentro, di farmi sfondare fino a farmi male, di godere su quella mazza straordinaria e di sentirmi allagare dal suo sperma.
Allungo la mano verso il membro, lo prendo delicatamente tra le dita e lo accosto ai peli della vulva; ma Alberto non é d’accordo; sposta delicatamente la mia mano e comincia a risalire con le ginocchia il mio corpo fino a che il membro é tra le mie tette.
Anche se schiacciate nella posizione supina, sono comunque molto belle, piene e sode; il membro vi si sistema al centro e Alberto mi prende le mani per portarle sui seni ed invitarmi a stringere la carne intorno alla sua asta; lo faccio con piacere; e, mentre lui manda la verga su e giù nel solco, io accompagno il movimento strofinando i globi intorno all’asta e strofinandomi i capezzoli per accentuare il mio piacere.
La verga avanza fino a che i testicoli giungono in mezzo al solco ed a quel punto ho la cappella è a portata di labbra; quasi istintivamente, la saggio con la punta, le lecco a lungo e apro la bocca per lasciarla entrare.
Come aveva già fatto la sera prima, comincia a montarmi delicatamente in bocca; ed io cerco di farlo entrare al massimo, accompagnando con la lingua tutti i suoi movimenti; Alberto, intanto, mi ha infilato un dito nella vagina e continua a masturbarmi.
Credo di avere goduto almeno un paio di volte ancora; e lui deve essere ormai al limite, perché, di colpo, si solleva, mi sposta leggermente e prende respiro.
Ma é un amante instancabile e, dopo un poco, si piega ancora verso di me; é arrivato il momento tanto desiderato, ma anche un po’ temuto, di prendere in vagina quell’enorme mazza.
Davvero ho un certo timore; e lui se ne accorge, perché il suo sguardo diventa più dolce e i suoi gesti quasi più lenti.
Apre delicatamente, con un dito, le piccole labbra e accosta lentamente la cappella; ma sin dal primo approccio é chiaro che i miei timori erano assurdi; la mia vagina si spalanca, ormai grondante, e lo accoglie con spirali di piacere che mi travolgono il ventre e mi bruciavano il cervello; penetra dolcemente, per larga parte dell’asta; si abbassa su di me fino a coprirmi tutta col suo corpo e, con un’ultima spinta, entra fino ai testicoli.
Lancio un urlo, perché la punta ha urtato contro l’utero; Alberto si ferma, si ritrae un attimo, mi chiede scusa.
“Non pensavo che fossi ancora così chiusa e delicata.”
Mi dice; gli sorrido e l’accarezzo con dolcezza; comincia a cavalcarmi delicatamente; mi prende per i fianchi e mi spinge ad alzare il bacino per facilitare la penetrazione; poi le sue mani scivolano lungo le mie natiche e sento due dita che, contemporaneamente, mi premono l’ano; per me é una sensazione nuova e bellissima che raddoppia il piacere.
Le sue dita entrano nell’ano contemporaneamente e cominciano a premere per allargarlo; provo dolore e chiedo ad Alberto di fermarsi, perché mi fa male.
“Sei ancora vergine, lì?”
Mi chiede meravigliato; accenno di si con la testa; Alberto sembra non credere ad una verità per me semplice.
“Allora quella verginità me la prenderò io!”
Esclama con convinzione; scuoto la testa quasi spaventata.
“Non è possibile, ce l’hai troppo grosso.”
Sorride.
“Sarà tutto molto bello e farò con molta delicatezza”
Mi rassicura; probabilmente, la notizia del mio ano ancora vergine lo ha eccitato ancora di più; prende a cavalcarmi quasi con metodo, lentamente ma con decisione; ed io sento i turbini del piacere che si accavallano e mi travolgono.
Non so quante volte godo; finché, dopo l’ennesimo orgasmo, lo supplico di eiaculare.
“Posso dentro?”
Mi chiede.
“Si, non ci sono problemi”
Lo rassicuro; allora comincia una cavalcata quasi violenta che mi squassa tutta; perdo il senso della realtà, mi sento solo una grande vulva che sta per esplodere in un orgasmo violento; e lo accompagno con le viscere, con la mente e col cuore, quell’orgasmo incomparabile.
Esplodo come un vulcano in attesa da secoli, lo inondo dei miei umori e gli urlo addosso tutto il mio godimento.
Risponde con altrettanto entusiasmo, sbatte più volte con violenza la cappella contro il mio utero, che non dà più segni di sofferenza; ed alla fine esplode come un fiume in cui si sia rotta una diga; sento il suo sperma esplodermi dentro e scorrere nell’utero allagandomi tutte le pieghe della vagina.
Si abbatte su di me quasi come un corpo morto; per un attimo temo che ceda al sonno, come suo padre.
Ma é ben sveglio; semplicemente, si rilassa lentamente e il suo membro perde piano piano vigore, pur restando ancora fin troppo grosso, per me.
Mentre si sposta e si sdraia al mio fianco, mi dice.
“Sai, non è frequente avere un orgasmo simultaneo … e di questa forza, poi. A noi è capitato, la prima volta per giunta. E ti assicuro che è stata un’esperienza esaltante”.
Mi sento gratificata dal commento; dopo anni di ‘rito del sabato’ una grande copula è davvero meravigliosa.
Mi schernisco un poco, mi alzo, raccolgo la mia vestaglia e mi dirigo in bagno.
A mezzogiorno Mario rientra portando in trionfo le tre trote iridate che dice di aver pescato ma che tutti sappiamo acquistate alla rivendita annessa al laghetto di Pesca Sportiva che frequenta.
Mangiamo comunque di buon appetito e, dopo aver rigovernato, me ne vado a riposare; dormo per qualche ora, forse anche per le fatiche della mattina.
Mi sveglia un rumore sordo contro la parete e resto un po’ meravigliata perché, di solito, la domenica pomeriggio sono sola in casa.
Esco nel corridoio e noto la porta di Alberto semiaperta; spinta da curiosità, mi avvicino guardinga e sbircio all’interno. Non è solo, il maledetto; se ne sta inginocchiato sul letto, completamente nudo e col membro in piena erezione; accovacciata di schiena davanti a lui, anche lei completamente nuda, una bella ragazza pienotta e larga di fianchi, con la faccia schiacciata sul cuscino e le natiche protese all’indietro, in un’accentuata classica pecorina.
Alberto le sta accarezzando la schiena e fa scivolare le mani verso le natiche sode; le allarga delicatamente e si china in avanti a leccare; non ne sono certa, dalla mia posizione, ma la sensazione è che si stia dedicando al forellino posteriore; la bella sembra apprezzare il trattamento e si muove con gesti sinuosi, agita il bacino e lo invita ad insistere.
“Dai … così … non ti fermare”
Alberto porta in avanti le mani, le afferra le natiche e muove i pollici convergenti verso il centro dello spacco; adesso vedo con chiarezza che le infila i pollici nell’ano e lo forza ad aprirsi.
La ragazza sembra non avvertire altro che il piacere della manipolazione perché continua a gemere e a sollecitarlo ad andare avanti.
Alberto raccoglie le dita della mano destra a cuneo e comincia ad infilarle nel foro; quasi rabbrividisco al pensiero del dolore che può provocare una penetrazione così anomala e voluminosa; ma la ragazza continua solo a gemere e ad incitarlo ad andare avanti; vedo la mano sparire lentamente fra le natiche ed ho un brivido di dolore, anche se sono così distante.
Alberto intanto ha spostato la mano sinistra sul davanti e si capisce che sta conquistando la vulva; dai movimenti capisco che la sta stimolando da tutte e due le parti; e dalle reazioni della donna si vede che le sta provocando un piacere intenso, infinito; esplode con un piccolo urlo in un primo orgasmo.
Alberto, allora, accosta all’orifizio la sua bestia ed io temo di sentire la donna urlare di terrore; invece, spinge verso di lui il fondoschiena e si fa penetrare fino ai testicoli; vedo nettamente i peli del pube andare a solleticare la rosa dell’ano.
“Il tuo sfintere è un tunnel ferroviario; potrebbe entrarci di tutto.”
La frase di Alberto mi colpisce come una frustata, mentre lo guardo inorridita estrarre la sua mazza da quel piccolo foro, ormai aperto come una caverna, e rinfilarlo subito dopo, con un colpo solo.
La ragazza invece scoppia in una leggera risata.
“Spero che dopo quello che abbiamo fatto non ti aspettassi un buchetto ancora vergine!”
“Invece un ano da sverginare è proprio quello che sogno, adesso …”
“Allora devi essere un po’ pedofilo.”
Scherza la ragazza.
“Perché?”
“Perché, oggi come oggi, per trovare una vergine, anche solo di sedere, devi rivolgerti ad una bambina di otto - dieci anni … e anche bruttina!”
Scherza la ragazza; Alberto comincia a colpire con forza il deretano spalancato davanti ai suoi occhi e vedo la sua mazza abbattersi tremendamente in quelle viscere, talvolta uscendo del tutto per rientrare di colpo.
Ho l’impressione che abbia fatto in modo da mettermi a spiare e che ora stia parlando a me.
La ragazza invece sembra godere intensamente del trattamento; una sua mano si è infilata tra le cosce e va a titillare la vulva per accentuare il piacere.
Alberto si muove abilmente nel suo sedere, alternando colpi violenti a penetrazioni delicate che scatenano il piacere della donna e la portano più volte all’orgasmo.
Commenta la ragazza.
“Vedo che ti stai dando da fare; se lo fai perché pensi al tuo ano vergine, mentre mi monti, non mi dispiace affatto … l’importante è che mi fai godere come una pazza”.
I loro discorsi mi sconvolgono, anche perché ormai è chiaro che quella ‘lezione di coito anale’ è tutta per me; ed io ho la sensazione, addirittura fisica, che quel membro meraviglioso si stia aprendo la strada nelle mie visceri, che mi stia sconvolgendo gli ormoni e mi stia scatenando una tempesta di voglia e di piacere; porto la mano sulla mia vulva infiammata e comincio a carezzarla seguendo il ritmo che loro impongono al rapporto anale; Alberto sembra farsi serio e riprende a montare con molta passione; passa le mani intorno ai fianchi e va a prendere le tette della ragazza; tenendole artigliate ambedue, spinge il bacino a penetrarla con forza, mentre lei affretta il ritmo della masturbazione e maltratta violentemente la vulva penetrandola con le dita, strizzando il clitoride, godendo continuamente.
Credo che sia ormai allo stremo.
Difatti, comincia a supplicarlo di concludere perché il didietro le duole e le brucia.
Ma Alberto non se ne dà per inteso; anzi, estrae del tutto il bastone dall’ano, le accarezza dolcemente la vulva spostando la mano di lei e si abbassa a leccarla.
Stavolta è chiaro che le sta leccando decisamente la vulva; memore di quello che si prova quando Alberto ti lecca, ho un sussulto più violento e rischio di farmi sorprendere, quando l’orgasmo mi colpisce; ma riesco a trattenermi.
Alberto, intanto, si è rialzato ed ora accosta la sua mazza indefettibile alla vulva della ragazza; comincia a penetrarla lentamente, delicatamente.
“Come lo immagini questo didietro vergine?”
La ragazza sembra divertita dalla situazione ed ha evidentemente deciso di provocarlo, eccitarlo per farsi possedere con più forza.
“Innanzitutto, più piccolo del tuo, più raccolto … mi deve stare tutto nel ventre, quando ci entro“
La ragazza muove volutamente le anche e si vede che il massaggio fa il suo effetto sul membro del maschio.
“Poi deve avere un foro che è una rosellina di colore delicato, con piccole pieghe intorno che si aprano come un fiore.”
E’ decisamente il mio, il didietro a cui pensa.
“Sei un vero poeta!”
Ironizza la ragazza.
“E come pensi di fartelo?”
Incalza lei.
“Nella maniera più semplice e dolce possibile …”
E’ la risposta; intanto, Alberto continua a martellare nella vulva e, quasi per farla tacere, le procura contrazioni sempre più violente che la portano ad altri orgasmi.
Alla fine, estrae l’asta dalla vulva, la riposiziona sul deretano e l’avverte.
“Siamo al giro finale … adesso voglio eiaculare e farti godere come non hai mai fatto.”
La ragazza riporta la sua mano sulla vulva e si lascia andare ad una lunga manipolazione.
Alberto la monta per qualche minuto con movimenti sempre più convulsi e contratti; quando mi accorgo che sta per esplodere, decido di tornare nella mia camera.
Mentre mi sdraio sul letto sento nettissime le urla dei due, perduti in un orgasmo stratosferico.
Resto a guardare il vuoto mentre, evidentemente, si riprendono; poi avverto i movimenti verso il bagno.
Mi porto la mano sul pube e comincio a carezzarmi, prima tutt’intorno poi sempre più intimamente, verso le grandi labbra e la vulva; quasi autonomamente, il mio dito medio scivola verso la rosellina dell’ano e comincia a fare pressione; sento che la carne cede, si dilata e si lascia penetrare dal dito.
Con un movimento che non mi era abituale, comincio a stimolare, con la stessa mano e contemporaneamente, il monte di venere e l’ano, strofino il palmo sul clitoride e spingo due dita sempre più nel retto.
L’orgasmo mi sorprende, mio malgrado, mentre sogno il membro di Alberto che si fa strada nel mio deretano.
Non so se sono svenuta, ma certamente sono caduta in un lungo deliquio da cui mi risveglio molto più tardi, quando ormai la casa è vuota.
‘Io lo odio, il lunedì’; la vignetta de ‘La settimana enigmistica’ mi torna prepotente in mente mentre mi avvio alla mia scrivania; l’ufficio non è il luogo ideale per iniziare una settimana, specialmente quando è popolato, come forse tutti gli uffici del mondo, di gelosie, invidie, piccoli rancori e pettegolezzi.
Ma oggi mi è particolarmente noioso, forse per via delle emozioni a catena che mi ha riservato il fine settimana; solo a ripensarci, mi sento bagnare tra le gambe.
La mia emozione non sfugge a Carla, la mia vicina di lavoro; su di lei corrono voci strane, pare che sia lesbica o, almeno, bisessuale, ma con lei ho un rapporto molto più cordiale e di fiducia che con altre, specialmente la rossa peperina tutta tette che, ultima arrivata, sembra voler ad ogni costo dare una scalata veloce e irruenta alla carriera.
Carla mi sorride affettuosa e mi fa.
“Hai un’aria strana, oggi; ti deve essere successo qualcosa … spero proprio che mi racconterai.”
Ammicca sorniona; mi schernisco.
“No, che vuoi … non incontrare traffico, trovare subito un parcheggio e cominciare una nuova settimana può anche darti un po’ di allegria.“
“Già … chiamiamola allegria.”
Ci si mette al lavoro e passano le ore del mattino.
All’intervallo, Carla mi prende da parte e mi sussurra.
“Adesso andiamo a farci una bella sigaretta in un posto che conosco solo io.”
Sapevo di un posto dove i fumatori accaniti si rifugiavano per sfuggire alla regole ferree dell’azienda, ma non avevo mai cercato di approfondire, visto che non sono poi accanita, come fumatrice; acconsento, comunque, e mi faccio guidare.
Attraversa un paio di corridoi, entra in un magazzino, lo passa ed entra in uno stanzino con un finestrino che, evidentemente, da direttamente sul cortile interno; accendiamo una sigaretta e cominciamo a fumare in silenzio.
Improvvisamente, la porta del magazzino grande si apre; in tutta fretta, Carla mi spinge nello sgabuzzino e accosta la porta, senza chiuderla; vediamo così la rossa peperina entrare furtivamente e sistemarsi presso uno dei tavoli del fondo, disgraziatamente assai vicino a noi; ci ritiriamo all’interno, ma si sta stretti, in due, e mi trovo addosso a Carla.
Intanto, la porta del magazzino si é ancora aperta e, assai più furtivamente, entra il ‘grande capo’, il cerbero da tutti temuto; senza una parola, si avvicina alla rossa, l’abbraccia e si lanciano in un bacio i cui risucchi giungono fino a noi.
Carla si accosta ancora per vedere e sento la durezza delle sue tette premermi le spalle mentre il suo bacino letteralmente si appiccica alle mie natiche.
Il cerbero, intanto, non ha perso tempo; con gesto deciso, si sbottona i pantaloni e tira fuori un membro di notevoli dimensioni; la rossa non si fa pregare e lo afferra tra le mani cominciando una masturbazione che fa assumere all’uomo tratti da smorfia, ad ogni stimolazione più acuta.
Carla, intanto, mi si è accostata ancora di più, se possibile, e il suo viso è contro il mio.
La rossa si abbassa lentamente, muove la mano un poco su e giù, accosta il viso, tira fuori la lingua e comincia a leccare sapientemente la cappella.
Mi scuote un fremito e la bocca mi si apre per la meraviglia; Carla, temendo che stessi per parlare, mi accosta un dito alle labbra; per rassicurarla, lo prendo leggermente tra le labbra, ma lei interpreta diversamente il gesto perché comincia a farmelo scivolare fra le labbra come un piccolo membro che mi penetrasse in bocca.
Per un attimo penso di respingerla, ma poi la scena che si svolge sotto i miei occhi, il ricordo del giorno precedente ed una certa curiosità mi inducono ad accettare la carezza; Carla ne approfitta per far scivolare una mano sulle mie natiche, sollevare la gonna e infilare la mano negli slip, che sono già bagnati.
Il cerbero, intanto, ha cominciato a possedere la rossa nella bocca, geme, si contorce e la sollecita a succhiare; la rossa si da ben da fare, mentre una sua mano, scivolata fra le cosce, evidentemente aggiunge il suo personale piacere.
Carla intanto mi prende per le spalle, mi fa girare e mi bacia sulla bocca; é una sensazione nuova e violenta, per me che non ero mai stata baciata da una donna; ma non posso fare a meno di apprezzare la sua abilità nel roteare la lingua intorno alla mia, perlustrarmi tutta la cavità, tutti i denti, e giocare a penetrarmi in bocca come se stessi attuando una fellatio; decido di ricambiare e mi dedico anche io alla perlustrazione della sua bocca; le nostre lingue si intrecciano avvinghiandosi e comincio a sentirmi scorrere tra le cosce gli umori del godimento.
Il cerbero ha sottratto il membro dalla bocca della rossa, l’ha fatta girare ed appoggiare coi seni sul tavolo; sollevata la gonna, senza neppure abbassarle il sottilissimo perizoma, non ce ne sarebbe stato neppure bisogno, ha messo a nudo le sue natiche piene e rotonde; adesso si é inginocchiato e, con le testa affondata tra esse, lecca con gusto vulva ed ano, aspirando rumorosamente.
Il rumore della succhiata accentua le nostre voglie; Carla mi tira fuori le tette e comincia una lunga e lenta suzione leccando tutta la mammella e soffermandosi sui capezzoli che succhia come un bambino; sta ben attenta, però, a non fare nessun rumore.
Presa dalla situazione, anche io afferro i suoi seni e comincio a palparli; ma non ho molta autonomia di movimento, in uno spazio assai stretto e con lei che mi succhia i capezzoli.
Allora abbasso una mano sull’orlo della sua gonna, la porto in alto e mi infilo tra le cosce fino al tanga, quasi inesistente, che non copre niente della vulva carnosa e pelosa; col dito medio mi apro un varco tra i peli fino alle grandi labbra, sposto le piccole labbra e le stringo tra le mani il clitoride; ha un sussulto di piacere e quasi mi morde un capezzolo.
Avverto che é letteralmente allagata di umori e che la sua vulva é ben più ampia e cedevole di quanto pensassi; stringo le punte delle dita fino a creare una sorta di cuneo e comincio a infilarlo nella vagina; la mano entra per intera, quasi fino al polso, forse per la mia costituzione minuta; comincio ad esplorare il suo canale vaginale mentre con il polso strofino il clitoride contro l’osso pubico.
Il trattamento la fa andare in solluchero; per ricambiare, infila una sua mano fra le mie cosce, si accosta allo slip e fa entrare un dito nella mia vulva; poi, tra pollice ed indice, comincia un sapiente massaggio del clitoride.
Mentre mi abbandono in estasi al suo massaggio, ho tempo di dare uno sguardo ai due che, nella sala vicina, hanno cominciato una copula a dir poco travolgente; il cerbero ha infilato il membro profondamente nella vulva, fino a far sbattere i testicoli contro le piccole labbra, e la monta come un animale; la rossa, con una mano infilata tra le cosce, aiuta la stimolazione.
Intanto, Carla non smette di massaggiarmi il clitoride, mentre mi bacia il viso, gli occhi, la bocca, mi morde un lobo ed entra nel padiglione dell’orecchio con la punta della lingua provocandomi sensazioni mai avute; io spingo la mano su per il canale vaginale e la struscio violentemente sul clitoride; ogni tanto mi fermo a ricambiare i suoi baci e le carezze.
Intanto, i due hanno cambiato registro; ora il cerbero punta il membro, duro come non mai, all’ano della rossa, che si é sdraiata completamente sul tavolo, con le gambe appoggiate al collo di lui, e usa ambedue le mani per divaricare le natiche e allargare il foro per favorire la penetrazione.
Entra di colpo, in una volta sola, e la ragazza non riesce a reprimere del tutto un urlo; lui le tappa per un attimo la bocca, poi corre ad impossessarsi delle tette che usa come leva per spingere il membro violentemente nell’ano, quasi volesse farci entrare anche i testicoli, che comunque battono direttamente sulle natiche.
Carla intanto ha frenato la sua iniziativa; abbandona la presa del mio clitoride, mi prende il polso della mano che ha nella vulva e comincia ad orientare il mio movimento per arrivare all’orgasmo; sfregandosi il clitoride e spingendo il mio polso ad entrare per una profondità che non avrei osato immaginare, dà dei colpi violentissimi, sempre più ravvicinati, finché spalanca la bocca quasi per urlare poi, resasi conto della situazione, si impossessa della mia bocca e quasi la divora lanciandovi dentro un urlo che mi attraversa le viscere fino alla vulva.
Resta così, succhiandomi l’anima dalla bocca, per alcuni secondi; poi si rilassa e riprende a masturbarmi delicatamente finché anch’io esplodo in un orgasmo violento e imprevisto, soffocandolo nella sua bocca.
Quando mi riprendo, mi volto a guardare i due a fianco e vedo il cerbero sfilare rapidamente il membro dal deretano, obbligare la rossa a girarsi piegata davanti a lui; in quella posizione, dà alcuni colpi di mano al suo membro ormai viola finché, di colpo, le spara in bocca e sul viso un torrente di sperma; la ragazza lo riceve quasi religiosamente, anzi si dà da fare a succhiare ancora il membro e a leccarlo coscienziosamente finché é del tutto netto e, finalmente, sgonfio.
I due se ne vanno immediatamente, uno dopo l’altro.
Noi rimaniamo ancora qualche momento, per fumare finalmente la sigaretta interrotta.
Carla mi ringrazia.
“Sei stata straordinaria.”
Mi dice.
“Ma allora … tu sei veramente …”
“Lesbica?! No … se vuoi puoi dire che sono … polivalente”
E si mette a ridere.
Mentre torniamo alle nostre scrivanie, mi sussurra.
“Se mai avessi voglia … fammi un fischio.“
In ufficio, la cosa che mi colpisce di più é il cambio di atteggiamento del cerbero nei confronti della rossa; ad opinione di tutti, la teneva puntata e ce l’aveva con lei.
E invece ….
Dopo gli eventi di fine settimana, i giorni successivi sembrano scorrere come un mortorio, senza emozioni o soprassalti.
Ma il venerdì sera, che già si preannunciava particolare, per lo meno, accade l’imprevedibile; prima di cena, Mario annuncia che domani mattina deve partire per un convegno organizzato dalla ditta e che si fermerà almeno fino a venerdì prossimo; quasi prevenendo richieste e desideri, comunica immediatamente che il viaggio é previsto per i soli dipendenti e che non sono accettati accompagnatori, familiari o simili; inutile dire che la spesa, per viaggiare a proprio carico, é del tutto spropositata, sicché sia io che Alberto dobbiamo restarcene a casa.
Lo sguardo d’intesa che ci scambiamo vale più dei salti mortali che volentieri avremmo fatto; una settimana tutta per noi!
Il sabato mattina ci alziamo presto e accompagno Mario all’aeroporto; al ritorno, mi ritrovo a ciondolare sola per casa, visto che Alberto ha all’Università un impegno irrinunciabile.
Torna per ora di pranzo e, prima ancora di aver chiuso la porta, mi ha già abbrancato per le spalle e ha stretto il mio sedere al suo bacino, facendomi sentire tutta la potenza del suo membro in erezione; evidentemente, per tutta la mattina non ha fatto altro che pensare a quando sarebbe tornato a casa.
Mi giro verso di lui e ci baciamo con frenesia; la sua lingua esplora ogni millimetro della mia bocca; ed io faccio altrettanto con la sua, mentre le nostre mani scompostamente si muovono a rovistare ogni parte del corpo, lui dedicandosi in particolare alle mie tette e al sedere, io sfregandogli il membro da sopra ai pantaloni.
In un attimo di resipiscenza, lo freno; abbiamo tutto il tempo, dopo; ed é il caso di pranzare da esseri umani, prima di abbandonarci alle nostre voglie.
Mangiamo abbastanza in fretta; ma é un bene che non ci siamo precipitati a letto; Mario telefona dall’albergo per annunciare che tutto si é svolto regolarmente e che il posto é favoloso.
Alberto ormai non regge più e mi si fionda addosso, abbracciandomi con foga e riprendendo là dove si era interrotto, vale a dire, da un bacio cannibalistico che mi aspira letteralmente l’anima dalla bocca, mentre la mia vulva comincia a inondarsi di piacere.
Mi sbatte letteralmente sul divano e mi si precipita addosso; comincia a baciarmi e a leccarmi da tutte le parti; sul collo, sul viso, nelle orecchie, poi giù sui seni, mentre mi solleva la gonna e si infila nello slip con le sue mani sapienti; avverto con un sussulto d’orgasmo il suo dito che mi si infila prepotente in vagina.
Il campanello di casa ci gela.
“Maledetti scocciatori!”
Penso; ma Alberto li manda apertamente a quel paese.
Guardo dallo spioncino e vedo … sorpresa!! il viso ridente di Carla che mi fa boccacce.
Non posso lasciarla fuori; per telefono le ho detto dell’assenza di Mario e, senza dubbio, pensa sia simpatico incontrarci.
Infatti …
“Ciao, ho pensato di passare a prenderti per un giro al nuovo Centro Commerciale”
Dice garrula, entrando; ma il mio volto scarmigliato e gli abiti sgualciti, ad una esperta come lei, dicono fin troppe cose; guarda con curiosità Alberto, che cerca di ricomporsi e mi guarda con aria interrogativa.
“Quello è Alberto, il figlio di Mario.”
Dico quasi farfugliando, decisamente in imbarazzo.
Sembra sovrappensiero.
“Alberto!?! Ho l’impressione che tu sia quello che fa stare tanto bene le donne …”
“Mi conosci forse?”
Si irrigidisce Alberto a cui la situazione non garba affatto.
“No; ma conosco Nicoletta e Alberta ed Elvira e tante altre che hanno cantato meraviglie delle tue capacità di fare star bene una donna …”
Lo scontro di fioretto comincia ad intrigarmi; Alberto abbassa un poco gli occhi; sembra colto in fallo.
“Questa è Carla, la mia collega ed amica … forse te ne ho parlato qualche volta”
Fra i tre, io sono certamente quella più a disagio.
Carla sembra decisa a prendere in mano la situazione e a gestirla a suo modo e suo vantaggio.
“Forse ho interrotto un momento delicato …”
Comincia; Alberto non le consente il protagonismo che l’altra reclama.
“Si mi hai impedito di far star bene anche Anna.”
La risposta é volutamente aspra; ma Carla non si scompone.
“Mi dispiace avervi interrotto; d’altronde, un bravo figlio deve saper sopperire alle defaillance di un padre distratto.”
Il discorso prende una piega che non mi piace, ma non so come uscirne; ci pensa Alberto che mi viene dietro e mi abbraccia abbrancandomi per le tette; Carla non fa una piega; anzi, mi abbraccia a sua volta, da davanti, e mi passa le mani dietro la schiena per andarle a posizionare direttamente sul pacco di Alberto
“Hai degli ottimi argomenti di benessere”
Commenta; Alberto ribatte con prontezza.
“Provare per credere …”
Carla chiude l’argomento.
“Non rifiuto mai un invito così bello”
E mi bacia sulla bocca.
L’immagine di due donne che lesbicano davanti al suo membro fa salire enormemente di giri il giovane maschio che, rapidamente, si abbassa il pantalone della tuta, mi solleva la gonna e infila la sua enorme mazza fra le mie chiappe; Carla, dall’altra parte, infila una mano fra le mie cosce, afferra l’asta e la dirige direttamente tra le grandi labbra, senza penetrarmi ma facendomi stimolare il clitoride dalla cappella.
Intanto, continua a baciarmi sul viso e nelle orecchie; ad un certo punto, osservo che si allunga, dietro la mia testa, a baciare Alberto sulla bocca e a frullargli in bocca la lingua, come io avevo sperimentato che sapeva fare.
Dopo qualche minuto del trattamento ricevuto, la mia figa entra in bollore e comincia a grondare; i due se ne accorgono e scherzano un poco sulla mia velocità a scaldarmi.
Carla rompe gli indugi, scioglie il doppio abbraccio e ci prende per mano.
“Dov’è il letto grande?”
Andiamo in camera da letto e ci arriviamo che siamo praticamente nudi; Carla mi spinge riversa sul letto e viene a posizionarsi su di me, con la testa affondata fra le mie cosce; sento la sua lingua che mi lubrifica l’interno delle cosce e va ad impossessarsi della vulva; prima una lunga leccata alle grandi labbra che mi provoca piccoli orgasmi, poi si apre la strada fra le piccole labbra finché conquista il clitoride, lo stringe in bocca e comincia a succhiare, mentre si muove su di me fino a farmi arrivare davanti alla bocca la sua figa pelosa.
E’ la prima volta che lecco una donna e credevo che non mi sarebbe piaciuto; invece l’odore di sesso, la morbidezza dei tessuti, il calore della vulva mi stimolano a fare quello che nessuno mi aveva mai spiegato; ripetendo su di lei i gesti che aveva fatto con me, prendo a leccare l’interno delle cosce, mi soffermo a lungo tra i peli alla ricerca delle piccole labbra e, quando le raggiungo, aggredisco d’impeto il suo clitoride che mi appare come una piccola verga in erezione; comincio a succhiarlo come facessi veramente una fellatio.
A quel punto, nel mio quadro visivo appare l’enorme mazza di Alberto; ce ne eravamo per un attimo dimenticate, ma lui é lì a reclamare la sua parte, si é piazzato fra le cosce di Carla e il membro punta direttamente alla vulva; lo percorro tutto con la lingua, mentre la penetra con lentezza esasperante; e me lo gusto tutto, mentre mi dedico anche al clitoride che si é ancora più gonfiato.
Va avanti per un poco, spingendo la lunga asta fino in fondo; sento i colpi violenti sull’utero e quasi temo, ma Carla gode, assai evidentemente, per la penetrazione che subisce e per quella che impone a me; più volte ho la sensazione che soffochi un urletto nella mia vulva e molti umori cadono dalle pareti della vagina, segno evidente del suo piacere.
Ma Alberto deve essere davvero meritatamente famoso, nel giro di Carla, perché non ha nessun rallentamento; mantenendo una calma fredda, sfila il membro durissimo dalla vulva e appoggia il glande all’ano, un foro scuro e grinzoso che a me appariva stretto e inadatto a tanta potenza; ma Carla non é del mio stesso avviso, perché sposta le mani dietro la schiena, muove leggermente le natiche e le spalanca decisamente per aprirsi di più.
Alberto comincia a trapanarle il sedere con la stessa flemma, lentamente e dolcemente; Carla mi prende la testa e spinge la mia bocca contro la sua vulva per avere una doppia stimolazione.
Sono straniata da quanto avviene; nel giro di pochi giorni ho sperimentato del sesso quello che mai avrei immaginato.
Alla fine, Carla esplode con un urlo violento che nemmeno l’ostacolo della mia vulva riesce a frenare del tutto; dimenandosi dolcemente, mi versa in bocca un fiotto di umori e la sua lingua divenuta più dolce e umida mi penetra profondamente in vagina.
Si fermano un momento e si sdraiano al mio fianco, uno per lato.
“Ti sei spaventata?”
Mi chiede Alberto; Carla lo guarda come un marziano.
“E perché?!?”
“Beh … sai …”
Non sapevo da dove cominciare.
Alberto proclamò.
“Anna ha il sedere ancora vergine e vederti penetrata analmente l’ha spaventata perché temeva che ti facessi male.”
“Farmi male!?! Ma vuoi scherzare?? Pensa che io non ricordo niente di quando mi hanno sverginato … ma la prima volta che l’ho preso nell’ano … beh … quello è un momento da favola, non si dimentica mai … direi che è la cosa più bella che si possa fare, nel sesso. Anzi, visto che ci siamo, tu adesso ti fai sverginare il sedere ed io voglio esserci; sarà meraviglioso, indimenticabile … anche perché … il signorino qui farà le cose con tutta la dolcezza del mondo, più di quella che ha usato con me; e ho con me una cremina che non ti farà sentire affatto il dolore e per te sarà solo piacere”.
“Ma … hai visto che mazza? E hai visto il mio sederino?”
Sembro una bambina spaventata e, per qualche verso, lo sono davvero.
Quello di Carla sembra un giudizio scientifico.
“Si, ho visto; un sedere a mandolino ben conformato, sodo, appetitoso con due bei glutei morbidi ed un forellino roseo che sembra la vagina di una vergine intonsa; ma vedrai che, al momento e con i giusti aiuti, si aprirà ad accogliere il suo naturale dominatore; anzi, lo reclamerà fino in fondo.”
Non so assolutamente che dire e, per la verità, uno strano prurito ha cominciato a scuotermi l’inguine, non più solo in vagina ma anche laggiù, verso il forellino rosa che sembra palpitare di desiderio.
Carla si allontana ed Alberto viene a sistemarsi con la testa fra le mie cosce; mi lecca a lungo l’inguine, mi bacia tutto il ventre, sposta la lingua verso la vulva e si impossessa del clitoride; comincia la serie dei piccoli orgasmi che mi fanno grondare; Alberto mi prende le mani e le intreccia alle sue; il gesto da più forza al mio piacere e mi trasporta in una giostra di nuove emozioni; Carla rientra, Alberto prende due cuscini e me li sistema sotto al sedere, senza rallentare il ritmo della leccata; quando mi vede abbastanza sollevata, passa la lingua dalla vulva all’ano e comincia a leccarlo con diligenza, spinge la punta ed io mi sento penetrata per la prima volta, ma da un organo dolce e delicato che si apre la strada tra i tessuti vergini.
Sento ad un tratto un dito che si sostituisce alla lingua e comincia una penetrazione più violenta e più dura, ma comunque dolcissima, che accolgo godendone intensamente; subito dopo, le dita diventarono due ed io mio rendo conto che il mio ano non ha il rigetto che avevo sempre pensato, ma anzi si apre ad accogliere la penetrazione più forte; Carla interviene a frenarlo.
“Aspetta; ora facciamo le cose per bene”.
Lo costringe a sollevarsi e mi fa girare bocconi, togliendo i cuscini; mi viene dietro e comincia lei a leccarmi il buchetto, con molta saliva e con tanta dolcezza che quasi mi piace più della lingua di Alberto; sento poi che qualcosa di fresco mi viene spalmato sul buchetto e, subito dopo, qualcosa di più robusto si infila nel mio sfintere; penso alle dita di Carla che apre la strada alla penetrazione.
Poi Carla si sdraia accanto a me, supina, e scivola sotto il mio corpo in maniera da arrivare con la bocca alla mia vulva, che comincia a leccare; io mi trovo con la sua vulva in faccia e mi abbasso a leccarla anch’io; ma Carla mi ferma.
“Questo è il tuo momento mitico e il tuo interesse deve essere solo al tuo sedere, che sarà violato, e al membro che per primo lo sfonderà.”
Sento che Alberto si inginocchia dietro di me ed avverto la punta del suo membro che mi sfiora la vulva; penetra per un attimo in vagina, quasi una preparazione; poi accosta la cappella all’ano.
“Fai conto di andare di corpo e spingi per aprire lo sfintere.”
Mi stimola Carla; ed io lo faccio.
Sento l’asta di carne che preme le pareti del buchetto e le fa reagire; poi la mazza comincia una lenta penetrazione; non provo dolore, solo un lieve fastidio.
Quando però la cappella arriva a forzare lo sfintere, ho una fitta, urlo e mi blocco; Carla, sotto di me, mi accarezza e mi lecca più intensamente.
“Calmati, non reagire, rilassa i muscoli e vedrai che sarà semplice.”
Respiro a fondo, rilasso i muscoli dell’ano e sento che l’asta riprende ad entrare.
E’ una sensazione enorme, proprio come aveva assicurato Carla; sento quell’asta di carne penetrarmi le viscere intatte e godo ad abbracciarla con i muscoli del retto; più entra e più gioisco.
Non sono in grado di arrivare ad un orgasmo, tanto sono contratta; ma il piacere é infinito e indescrivibile.
Quando sento l’osso pubico di Alberto picchiare sulle natiche e i testicoli sbattere contro la figa, capisco che é entrato tutto, contro ogni mia paura; mi rilasso e comincio a godermi il membro, aiutato da Carla che mi stimola freneticamente la vulva con le sue linguate.
Poi Alberto comincia una vera e propria cavalcata; il suo organo si fa strada nella mia pancia e io lo sento fin nel cervello; gode intensamente e mugola, per dimostralo; ed io godo con lui, più di lui.
Non ce la faccio più, a resistere; urlando come un’ossessa tutto il mio piacere, esplodo in un orgasmo che non ho mai più dimenticato e che, come aveva detto Carla, non dimenticherò mai più.
Alberto, invece, quasi inossidabile, si ritrae dolcemente; Carla mi avverte.
“Quando esce, potrebbero darti fastidio, il vuoto improvviso e il risucchio; cerca di controllare.”
Ma è impossibile; e il membro esce con un suono triviale lasciandomi il corpo come svuotato.
Adesso ho veramente voglia di averlo nuovamente dentro, di consumarlo, di svuotarlo.
Ma i progetti di Carla non sono esauriti; appena é uscito, lo raccoglie tra le mani e se lo porta alla bocca per succhiarlo.
Ma Alberto ha deciso di sborrare dentro di me e la frena per non arrivare all’orgasmo; si sdraia e respira ritmicamente per riprendersi.
Carla mi viene vicino e comincia a leccarmi delicatamente il buchetto martoriato, accarezzandolo con dita delicate e massaggiandolo per ridargli tensione.
“Adesso però sarebbe bello se fossi tu a montarlo; finora è stato il maschio che ti ha cavalcato; adesso dovresti essere tu a farti possedere cavalcandolo.”
Il suggerimento mi piace; Alberto é steso sul dorso e il suo membro, ancora duro, si innalza superbo dal suo ventre; gli vado sopra, mi pongo a cavalcioni su di lui, guardandolo in viso, prendo in mano l’asta e comincio a dirigerla delicatamente verso il buchetto appena violato.
Stavolta tutto é molto semplice; abbassandomi lentamente, lo accosto e lo spingo dentro finché arriva allo sfintere; qui mi fermo perché ancora mi dà dolore; respiro a fondo, rilasso i muscoli e riprendo ad affondarlo finché non mi siedo completamente sul suo ventre; il mio sederino sembra perdersi nella sua struttura forte, ma io comincio a risucchiarlo dentro con tutte le mie energie.
Non so da dove mi derivi, ma all’improvviso mi trovo a massaggiare l’organo con i muscoli del retto, a succhiarlo e risucchiarlo come se fosse nella mia bocca, invece che nel mio ventre.
Mi procuro spasmi di piacere che non avevo mai conosciuto e gli strappo gridolini di goduria del tutto inaspettati.
“Se continui così, vengo.”
Quasi mi urla.
“Aspetta, veniamo insieme anche stavolta.”
Rispondo, mentre mi pastrugno la vulva con la massima velocità; con la coda dell’occhio, vedo in un angolo Carla che si masturba violentemente; la scena non ha lasciato indifferente neanche lei.
Quando sento che l’orgasmo arriva, lo avverto.
“Adesso … veniamo adesso!!”
Esplodiamo all’unisono in un orgasmo veramente mitico ed io sento con profonda gioia il fiume bollente di sperma che, per la prima volta, si scarica nel mio intestino consacrando la mia molteplicità di femmina da letto.
Dopo di allora, abbiamo copulato, spesso e volentieri, noi due o noi tre.
Non ho mai pensato che il mio fosse un tradimento a Mario; aveva detto bene Carla.
“Non c’è colpa se un figlio riempie i vuoti lasciati dal padre, specialmente se ad essere lasciati vuoti sono un deretano o una vulva”...
Mario
Mio figlio è stato senza dubbio la croce della mia vita, soprattutto quella sessuale.
Quando conobbi Vilma, sua madre, avevo poco più di vent’anni; facemmo l’amore con intensità per qualche settimana; poi mi annunciò che era incinta.
Come d’abitudine nei paesi, il matrimonio riparatore fu l’imposizione immediata delle famiglie.
Una gestazione difficile fece in modo che per un anno intero non riuscii ad accoppiarmi nemmeno una volta.
Quando nacque Alberto, le attenzioni della madre per il figlio furono tante e tali che quasi disimparai a copulare.
Per di più, la battaglia tra me e Vilma si scatenò feroce sul mio rifiuto a lavorare nel negozio di suo padre; sicché, quando mi fu offerta l’occasione di trasferirmi in città per un ottimo impiego, la situazione degenerò fino alla separazione e, in breve, al divorzio.
Conobbi Anna, alla quale mi univano infinite possibilità di rapporto; ma il sesso rimase quasi sempre marginale; quando, a diciotto anni, Alberto decise di iscriversi all’Università, accettai volentieri di ospitarlo nella casa dove vivevo con Anna.
A risentirne, fu ancora una volta la mia vita sessuale, che si ridusse al lumicino.
Il ragazzo non aveva esitazioni a portarsi a casa tutte le sbarbine che rimorchiava, quasi mai la stessa, e a scatenare il terremoto contro la parete di divisione dalla nostra camera; molte volte ero preoccupato per la colonna sonora che veniva imposta ad Anna; ma ormai io mi ero così abituato al rituale settimanale del sabato sera, penetrazione, quattro colpi, eiaculazione e giù a dormire, che non riuscivo neppure a pensare di cambiare qualcosa.
Mi ero quasi perduto nel dedalo di corridoi tutti eguali della grande azienda ed avevo urgente bisogno di orinare; scoprii un’indicazione ‘WC’ e mi precipitai; orinatoi affiancati senza separazione, due bagni chiusi; non c’era scelta.
Mentre orinavo, entrò uno che si sistemò a fianco a me e cominciò a sbirciare dalla mia parte; non provai nessun fastidio, anzi feci in modo da girare il membro perché lo guardasse meglio; quando ebbi finito, me lo scrollai un poco per non bagnare le mutande.
“Posso toccartelo?”
Mi chiese quasi timidamente; non risposi ma mi girai quasi ad offrirglielo; allungò la mano e lo prese delicatamente, prima con due dita poi con il palmo, e cominciò a farmi una leggera manipolazione; il membro mi si indurì immediatamente.
Istintivamente, mi girai verso la porta e mi ritrassi, spaventato che qualcuno potesse entrare all’improvviso e cogliere la scena; ma l’istintiva accondiscendenza, la sensazione di piacere che il tocco della mano sull’asta mi aveva prodotto e l’improvvisa erezione che aveva scatenato mi colpirono; forse la mia parte gay era stata troppo a lungo ignorata e repressa; al primo accenno, saltava fuori.
“Seguimi!”
Disse con fermezza, e si avviò; lo seguii quasi senza rendermene conto fino ad una porta che aprì con una sua chiave; guardandosi intorno circospetto, entrò e mi invitò a seguirlo.
Dentro, richiuse a chiave.
“Solo io ho questa chiave.”
Disse rassicurante.
Eravamo in un ufficio probabilmente disusato da tempo.
Mi spinse contro una scrivania e cominciò a sbottonarmi i pantaloni fino a calarli alle caviglie insieme agli slip; il mio membro si era eretto in tutta la potenza e lo sentivo duro da farmi male.
Riprese a carezzarmelo come aveva cominciato a fare in bagno, ma stavolta masturbandomi con mano esperta e decisa che accompagnava l’asta per tutta la lunghezza; con l’altra, mi prese i testicoli e li massaggiava con abilità.
Quando l’asta diventò violacea, tanto era dura, si accovacciò davanti a me, accostò il viso e allungò la lingua a lambirla sulla punta; sentii un fremito attraversarmi tutto il bacino e provai la voglia di forzarglielo in bocca con violenza, ma mi trattenni; lui accostò le labbra e le aprì lievemente per farlo entrare in bocca con una lentezza esasperata; mi sembrava di penetrare una vulva vergine e tutte le fibre dell’asta fremevano dal desiderio di essere avvolte da quelle labbra.
Lui invece si ritirò di colpo e si abbassò a prendere in bocca un testicolo; lo leccò tutto quanto e lo succhiò a lungo; mi pareva che il midollo delle ossa scendesse fino ai testicoli e cercasse di riversarsi nelle sua bocca.
Fece lo stesso trattamento con l’altro testicolo ed io sentiti sempre più violenta la tensione ad entrargli in bocca fino a soffocarlo.
Si fermò di colpo e cominciò a leccarmi l’asta partendo dalla base e girandoci intorno a cerchio; con una mano mi teneva stretti i testicoli e mi impediva l’orgasmo; con l’altra, manovrava il membro per far girare la lingua a mulinello su tutta la superficie dell’asta.
Arrivò finalmente a prenderlo in bocca; ed io sentii il cielo aprirsi e scatenarmi in testa fulmini violenti; volevo esplodere, ma la stretta ai testicoli me lo impediva.
Si fece penetrare la bocca da mezza asta, accompagnandola con la lingua che leccava e stimolava il glande e lo scroto; poi, di colpo, se lo fece affondare in gola; temetti che soffocasse, ed invece cominciò a risucchiarlo tutto imprimendo una pressione che si trasferiva direttamente ai testicoli, al cervello.
Quando pensavo che stesse per farmi eiaculare, si staccò di colpo, si sollevò in piedi e si girò mentre si calava pantaloni e mutande fino alle caviglie.
Appoggiandosi ad un’altra scrivania abbandonata, sporse verso di me il didietro depilato e roseo come quello di una bella donna.
“Infilamelo!”
Disse perentorio; io esitai.
“Ma è bello grosso!”
Per tutta risposta, si spinse indietro e contemporaneamente mi catturò per un fianco e mi accostò al suo fondoschiena.
Pilotai il membro verso il foro mentre un miliardo di pensieri mi folgorava il cervello; ormai potevo solo accettare la mia omosessualità; lo afferrai per i fianchi e cominciai a spingere.
In parte avvertì la penetrazione e si contrasse, ma solo per un attimo; poi spinse il sedere verso di me e si fece penetrare fino ai testicoli; mi appoggiai con l’inguine alle sue natiche e mi gustai la dolcezza del mio membro immerso nel calore delle sue viscere; poi lui cominciò a muoversi ed io iniziai a stantuffarlo nel retto.
Mi bloccò per un attimo, prese la mia mano destra e se la allungò davanti fino a farmi prendere in mano il suo membro; era bello grosso, forse quanto il mio, e duro da non immaginarsi.
La sensazione di questo pezzo di marmo caldo e morbido che mi scorreva tra le mani mi mandò in estasi ancora una volta e sentii sciogliermi le ginocchia.
“Avvertimi se stai per eiaculare.”
Mi disse.
“Come ti avverto?”
Chiesi.
“Dammi uno schiaffetto sulla natica sinistra.”
Cominciai a pomparlo nell’ano con regolarità, dolcemente e decisamente, gustandomi ogni millimetro di dolcezza che mi procurava scivolargli nell’intestino; intanto, mandavo su e giù la mia mano gustandomi il piacere dell’asta che si faceva aggressiva e dolce, al tempo stesso.
Quando i nervi del mio corpo furono tutti in tensione, sentii un groppo di sensazioni che mi attraversava il ventre e si avvicinava al membro; capii che stavo per esplodere in un enorme orgasmo e gli diedi il colpetto sulla natica, sovrappose la sua mano alla mia destra che gli menava il cazzo ed accentuò la velocità della masturbazione.
Con quattro colpi, arrivammo alla fine ed io gli feci esplodere in corpo la più bella eiaculazione che ricordassi; quasi contemporaneamente, mi esplodeva tra le mani la sua che andò a perdersi sotto la scrivania.
A mano a mano che riprendevo possesso di me, il mio membro scemava e tendeva a scivolare dall’ano; mi passò dei fazzolettini e mi avvertì di non sporcare i pantaloni, mio e suo.
Lo feci con molta attenzione; ci rivestimmo e, solo alla fine, mi disse.
“Io mi chiamo Valerio.”
Riuscii solo a rispondere.
“Io, Mario.”
Senza dire altro, uscimmo circospetti, prima io poi lui, dopo esserci accertati che non c’era nessuno in giro.
Non riuscivo ancora a guardare le cose lucidamente, ma la mia parte femminile ormai mi appariva fin troppo evidente e cercai di non chiedermi neppure dove avrebbe potuto condurmi.
L’azienda in cui lavoravo era molto grande; non ci si conosceva tutti, anzi, ci si conosceva in pochi, ed alcune persone non si erano mai incontrate, sul lavoro.
Per questo, pensavo, ma soprattutto, temevo, che non avrei più avuto occasione di incontrare Valerio, a meno di un caso molto fortunato.
Ma, evidentemente, in quel momento, di fortuna, ne ebbi molta … o chissà … molto poca.
La scoperta della mia omosessualità mi aveva lasciato parecchio perplesso, considerata la mia radice culturale; ma, dall’altro lato, l’esplosione improvvisa di piacere mi spingeva non solo ad accettare ma, anzi, a favorire la naturale tendenza.
Per questo, ero lacerato tra il desiderio di rivederlo e il timore di entrare in un circolo da cui non sarei più uscito.
Quindi, lasciai fare al destino, che fu molto benigno.
Mi ritrovai di nuovo nello stesso settore, in un intervallo, e lo vidi arrivare da lontano, apertamente omaggiato dagli altri impiegati; mi scoprii a pensare che doveva avere un ruolo di potere, e speravo di no, o di prestigio, e mi auguravo di si.
Ma il problema non si pose, quando mi fece impercettibilmente segno di seguirlo.
Ci ritrovammo, manco a dirlo, davanti allo stesso ufficio abbandonato e chiuso; aprì con la sua chiave e mi fece entrare.
Abbassò subito i pantaloni e slacciò i miei calandoli sulle scarpe; poi mi abbracciò e mi baciò sulla bocca.
L’emozione fu improvvisa e violentissima, perché distruggeva tutto un mondo di mie convinzioni.
Ma, come era già successo, in un attimo la mia emozione cambiò rotta, quando avvertii il sapore della sua lingua che mi perlustrava letteralmente le papille della bocca, dalla lingua alle guance al palato, fino in fondo alla gola.
Non cercai neanche di resistere; ricambiai con la stessa intensità e mi adattai a ripercorrere i suoi gesti quasi con infantile diligenza; a mano a mano che mi lasciavo andare e partecipavo al gioco di lingua e di sollecitazione, sentivo il calore inondarmi tutti il corpo e quasi convogliarsi sul membro che si rizzava e andava a sbattere contro il suo, che subiva evidentemente lo stesso fascino.
Abbassai una mano ed andai a raccoglierlo nel palmo, recuperando le emozioni di calda dolcezza che quella mazza durissima riusciva a trasmettermi; a sua volta, prese il mio bastone in una mano e cominciò a menarlo in una manipolazione dolcissima, mentre mi frullava la lingua nella bocca.
Ad un tratto si interruppe, si staccò dalla mia bocca e cominciò a premermi sulle spalle invitandomi ad accosciarmi.
“Vuoi?”
Mi chiese quasi con affetto.
Accennai di si con la testa e Valerio mi spinse con più energia ad accosciarmi davanti a lui; il suo membro si ergeva prepotente e bellissimo davanti a me; lo guardai un poco, quasi per impossessarmene già con gli occhi, recuperai i suoi gesti della volta precedente e, con la punta della lingua, lo sfiorai sulla punta; dal membro sembrò staccarsi un fluido elettrico che mi attraversò la bocca, mi colpì lo stomaco e mi scese ai testicoli; aprii un poco le labbra e ne feci entrare in bocca una piccola parte, sufficiente a farmi assaporare la dolcezza della cappella e a spingermi a ruotargli intorno la lingua.
Poi lo estrassi e afferrai i testicoli, li accarezzai morbidamente e li presi in bocca, uno per volta; mi riempivano fino a urtare il palato e io li tenevo così, chiusi nella cavità orale, leccandoli e succhiandoli come una ventosa.
Poi passai all’asta turgida, cominciando dai peli del pube; ci passavo la lingua disegnando una spirale che lentamente percorreva lo scroto per arrivare in punta; poi scivolavo con la lingua da un lato del cilindro di carne e risalivo dall’altra parte; finalmente cominciai a farlo penetrare in bocca, tenendo le labbra leggermente serrate per sentire più direttamente le pulsazioni del sangue che affluiva.
Mi ingombrò la bocca tutta quanta, serrato tra lingua e palato; mentre lui sfregava l’asta sulla morbida carne dell’interno bocca, io ruotavo la lingua intorno e succhiavo continuamente la punta.
Con un gesto deciso, me l’affondò nella gola; per un attimo rimasi quasi soffocato, ma lui cominciò un vai e vieni che allentò la pressione ed accrebbe l’eccitazione.
Pensavo che mi avrebbe montato in bocca ed alla fine mi avrebbe eiaculato direttamente nella gola ed attendevo quasi con ansia il getto del suo sperma sopra le mie tonsille.
Ma Valerio aveva altre idee; di colpo, si ritrasse e uscì; rimasi perplesso, ma lui mi rialzò in piedi e accennò a farmi voltare.
“Te la senti?”
Mi chiese col tono affettuoso di prima.
“Me la sento … ma ho anche tanta pura di farmi male … non l’ho mai fatto e mi pare che sia troppo grosso.”
Sorrise e mi rassicurò.
“Non devi preoccuparti; farò in modo che il dolore sia appena avvertibile … e poi mi pare che i tuoi muscoli si adattino facilmente.“
Mi girai e mi appoggiai alla scrivania di fronte, come lui aveva fatto; sentii le sue mani sulle natiche e i pollici che si accostavano all’ano e lo aprivano, ma delicatamente; poi qualche movimento alle mie spalle e la sua lingua che mi sfiorava l’ano, lo leccava e si inseriva nel buco; morbida e dolce, rivelava poi una consistenza dura e decisa, all’interno; utilizzata sapientemente, si infilava nel foro e lo percorreva.
Le pareti del muscolo, nient’affatto abituate, reagivano accogliendola con dolcezza e avvolgendola.
Dopo poco, sentii che il posto della lingua veniva preso da qualcosa di più duro e consistente.
Capii che era un dito che si faceva strada nel mio corpo ancora inviolato e lo invitava ad aprirsi e a farlo entrare; lo feci e il dito si infilò dentro provocandomi autentiche scosse di piacere; Valerio cominciò a ruotare il dito per dilatare il muscolo; poi entrò con un secondo dito che si fece strada con la stessa sicura dolcezza.
Un poco, però, la penetrazione mi disturbava; non era dolore, solo leggero fastidio; lui se ne accorse, ritirò le dita e sentii qualcosa di vischioso mi scorreva nell’ano; feci il gesto di girarmi, ma Valerio mi fermò.
“E’ una crema lubrificante e leggermente anestetizzante; vedrai che poi tutto sarà semplice … semplice e meraviglioso”
Infatti, subito dopo avvertii che le dita che entravano dovevano essere almeno tre, ma non davano nessun disturbo; Valerio le ruotava e le apriva per accelerare la risposta dell’ano e soprattutto, dello sfintere che continuava a contrarsi.
Quando avvertì che anche l’intera mano, chiusa in punta a becco di cigno, poteva entrare e superare lo sfintere, mi suggerì quasi sottovoce.
“Quando comincia ad entrare, spingi come se dovessi andare di corpo; vedrai che sarà come entrare nel burro …”
Lo stetti a sentire e, quando sentii la cappella forzare l’ano, contrassi i muscoli come per espellere e la cappella passò, in un sol colpo, lo sfintere.
Ma non fu entrare nel burro; la sentii bene, la mazza che mi sfondava il retto; il dolore ci fu, anche se sopportabile; con una mano gli feci cenno di fermarsi; si bloccò ed io rilassai i muscoli violentati fino a che abbracciarono il bastone di carne che li aveva forzati; diede un leggero colpo di reni e l’asta cominciò ad entrarmi dentro.
Lo sentivo avanzare, millimetro per millimetro, a mano a mano che nuovi tessuti dell’intestino venivano obbligati a piegarsi alla violenza del bastone di carne che li penetrava; poi, d’un tratto, fui aggredito da un ciclone di piacere proveniente dal mio stesso sfintere violentato, avvertii contro l’ano i peli del suo inguine e il suo osso pubico andare a cozzare il mio osso sacro.
Capii che, finalmente, mi aveva penetrato tutto e con tutta la potenza del suo membro turgido.
Cominciò a muoverlo nel didietro, prima lentamente per abituare i tessuti, poi con sempre maggiore decisione; in un punto ebbi quasi la sensazione che fosse uscito del tutto e fosse poi rientrato con estrema semplicità; mi sentii felice del piacere che provavo e di quello che davo.
La mano destra di Valerio mi scivolò sotto il corpo, mentre aderiva profondamente alle mie natiche col suo ventre, e si distese fino a raccogliere il sesso che mi batteva sul ventre.
Mentre mi penetrava analmente, non avevo quasi pensato a quanto il mio arnese si fosse indurito e solo ora avvertivo che era diventato una mazza quasi terrificante.
Valerio cominciò a titillarla con sapienza e avviò una masturbazione stratosferica.
“Avvertimi, quando senti che stai per eiaculare.”
Mi disse; e continuò a pompare con energia la sua asta nel mio intestino.
Dopo alcuni minuti di quel massaggio, avvertii una sorta di languore che mi prendeva dalle ginocchia e che si trasformava in violenta pressione dai testicoli all’asta; capii che stavo per godere e lo dissi.
“Vengo… vengo… vengo…”
Valerio accentuò la spinta ed io mi sentii il ventre squassato dai colpi; sembrava mi arrivassero direttamente nello stomaco; ma ormai il mio orgasmo era in arrivo ed io provavo solo l’intensità del piacere di eiaculare.
Sentii il primo spruzzo che mi esplose nella pancia un attimo prima che il mio membro eruttasse una lava violenta di sperma; i getti miei si susseguirono numerosi, ma quelli di Valerio furono ancora più lunghi, numerosi e intensi; quando io avevo ormai finito e il membro mi tornava floscio, lui continuava ad eruttare nel mio retto; o almeno così mi sembrava; ma forse erano le contrazioni del mio ano che si rilassava a mano a mano che il suo membro, indebolito, si afflosciava e tendeva ad uscire, anche per l’aiuto della crema usata per entrare.
Valerio mi tenne bloccato un po’.
”Pulirti sarà leggermente più impegnativo, tra crema e sperma.”
Lo lasciai fare e sentivo che usava più fazzolettini per pulirmi.
Lo fece con estrema cura, prima di farmi rimettere a posto i pantaloni.
Quando ci fummo ripresi, gli feci notare che non era possibile fare sesso in quel posto e in quelle condizioni; era d’accordo ma mi fece osservare che la mia condizione familiare mi rendeva più prigioniero di lui; come diamine facesse a sapere tanto di me, non lo capivo ancora.
Io gli dissi che la domenica mattina, spesso dedicata alla pesca sportiva, poteva essere una buona occasione, ma che era necessario un posto sicuro.
“Casa mia non ti va bene?”
Mi chiese ridendo ed io risposi nell’unico modo possibile.
“Ma vaffà…”
“Già fatto.”
Concluse ridendo.
Così la domenica successiva diventò il primo vero appuntamento.
Ed io non avevo ancora capito come ero arrivato a quella scelta e, soprattutto, questa dove mi avrebbe portato.
La casa di Valerio era un po’ fuori mano, in una zona a me quasi sconosciuta per cui incontrai qualche difficoltà ad individuarla, tra le tante villette singole che popolavano il nuovo quartiere residenziale.
Quando riuscii ad arrivarci, mi si confermò il dubbio che Valerio avesse in azienda un ruolo più importante di quanto ancora ipotizzassi; zona ed edificio erano troppo eleganti per essere di competenza di un semplice impiegato.
Mi accolse sulla porta coperto solo di una leggera vestaglia semitrasparente che lasciava intravedere tutta la sua struttura imponente e, soprattutto, il membro già duro; la posizione isolata e discretamente distante dalla villetta vicina gli consentivano libertà inusuali.
Appena entrati, mi fece accomodare in un vasto salone con divani e tappeti che sembravano essere messi apposta per servire da alcova; versò il caffè appena fatto e si venne a sedere al mio fianco.
Di colpo, mi afferrò per il viso e mi baciò sulla bocca; un bacio lungo, intenso che mi provocò nuove, profonde emozioni; la lingua ruvida e dura mi perlustrò tutta la bocca e si spinse in fondo, verso la gola ed io sentii il membro che mi si gonfiava fino a dolermi; passai le mani sulla sua schiena e poi le trasferii sul petto, spostando le falde della vestaglia per arrivare ai capezzoli duri e scurissimi.
Interrompendo per un attimo il bacio che mi succhiava l’anima dalla bocca, mi cominciò a spogliare; lo faceva con molta perizia, nonostante la bardatura da pesca che avevo indossato per giustificare l’uscita.
A mano a mano che i pezzi cadevano e il corpo si mostrava, mi copriva di baci ogni centimetro della pelle, dal collo alle spalle giù giù fino al petto, dove si dedicò con particolare attenzione ai miei capezzoli; sentivo brividi di piacere elettrico attraversarmi il corpo e andarsi a scaricare giù verso l’asta e l’ano, che cominciava a pulsare e contrarsi desiderando qualcosa che lo riempisse e lo stimolasse.
Quando mi abbassò i pantaloni, la mia verga cominciò a premere con forza sulle mutande e sperai che me la toccasse subito.
Invece, con un sadico gusto lascivo, si dedicò con attenzione alle mie gambe, ai piedi, alle cosce; accarezzò con lentezza, cercando i punti meno esposti e meno frequentati; mi impose con un gesto di starmene fermo e cominciò un percorso di esplorazione, con le mani, con le dita, con la bocca, con la lingua, sui piedi, sulle caviglie, sulle gambe e via via verso lo cosce.
Quello che mi diede i maggiori brividi, fu sentire la sua lingua percorrere l’interno delle mie cosce, intorno agli slip ancora indossati; poi, quasi all’improvviso, la sua mano si insinuò, da sotto, tra le natiche e le sue dita raggiunsero l’ano.
Stavo ancora aspettando che mi accarezzasse il membro, quando invece si infilò con prepotenza nell’ano, insinuando prima due poi tre dita e allargando lo sfintere a mano a mano che il dorso della mano premeva.
Ormai non resistevo e abbassai la mano ad impugnare il membro che mi doleva, stretto com’era; con un gesto quasi brusco, spostò la mia mano e cominciò ad abbassare gli slip; la mazza svettò nell’aria quasi superba e vidi che la guardava quasi con ammirazione.
Ma non accennò a prenderla in bocca come ormai desideravo con tutte le mie forze; spinse via gli slip, lasciò cadere la vestaglia e mi abbracciò appassionatamente.
Sentivo tutto il suo corpo fremere contro il mio, i membri che si sfregavano e si infilavano tra le cosce l’uno dell’altro, le mani che percorrevano la schiena e il sedere, si aggrappavano alle natiche e le allargavano per comprimere poi il bacino contro il bacino; lo scontro degli ossi pubici quasi procurava dolore.
Valerio si staccò dall’abbraccio, mi prese per mano e mi condusse alla camera da letto arredata con gusto dannunziano, in un colore porpora intenso tutto cortine e luci soffuse; mi fece accostare al letto, sulle lenzuola di seta rossa come le pareti, e si sdraiò sopra di me.
Riprese a baciarmi con passione e metodo, percorrendo tutto il mio corpo dalla testa ai piedi; mi teneva le mani intrecciate e quasi mi impediva ogni movimento; ma io me ne stavo beato a godermi la sua lingua che mi titillava le orecchie, la gola, i capezzoli, il ventre, le cosce; saltò volutamente l’asta, girandoci intorno e facendola esplodere in tutto il suo vigore.
Di colpo, cambiò posizione e si distese a fianco a me, coi piedi verso la mia testa e la bocca all’altezza del mio membro.
Mi rotolò sopra e, finalmente!, agguantò fra le labbra la mia asta che era diventata dura come il marmo e quasi viola dal gonfiore.
Mi trovai all’altezza della bocca il suo enorme membro e non ebbi esitazioni; lo afferrai tra le labbra e lo mandai con un solo gesto in fondo alla gola; avrei voluto prenderlo in mano, ma Valerio aveva di nuovo intrecciato le sue dita tra le mie e stringeva con forza, trasmettendomi intense emozioni di complicità e di piacere.
Mentre ci succhiavamo a vicenda i membri vogliosi, Valerio fece un altro scarto e mi ritrovai rotolato sul fianco, sempre legato a lui dai membri che si muovevano dentro le bocche.
Non avevo neanche più voglia di pensare e mi lasciavo andare al piacere, facendomi guidare da lui che sicuramente aveva in testa un programma preciso.
Ad un tratto mi mise in mano qualcosa che a stento riconobbi come un vibratore di notevoli dimensioni; contemporaneamente mi resi conto che qualcosa di duro mi premeva sull’ano; capii che stava proponendo di penetrarci reciprocamente con un vibratore, mentre allegramente ci succhiavamo i membri.
Ma la posizione assunta non facilitava l’apertura delle natiche.
Allora presi io l’iniziativa e lo ribaltai per collocarmi sopra di lui, sempre attento a non perdere neppure per un attimo il contatto del suo membro con la mia bocca; mi trovai così su lui con il membro piantato saldamente in gola e l’ano aperto oscenamente davanti ai suoi occhi e alle sue mani; allo stesso tempo, mi facevo strada fra le sue natiche per infilare il vibratore nel suo ventre; mi facilitò, piegando le ginocchia e sollevando il bacino; feci la stessa operazione per favorire i suoi movimenti.
I due membri artificiali cominciarono a penetrare quasi contemporaneamente negli intestini e ciascuno dei due si diede da fare per rendere la penetrazione quanto più lenta e dolce fosse possibile.
Sentivo l’asta del vibratore farsi largo nelle mucose del mio ventre e ingombrarlo progressivamente; Valerio si fermava, di tanto in tanto, arretrava il bastone di qualche centimetro, lo ruotava provocandomi nuove scosse di piacere ed affondava di nuovo, ancora per qualche centimetro.
Presi a fare la stessa cosa con lui.
Quando le due aste furono penetrate fino in fondo sentii un fremito continuo nel mio didietro; notai allora un piccolo pulsante alla base dello strumento e capii che era di quelli che vibrano con la batteria; azionai anche quello che avevo in mano e il suo ano cominciò a vibrare.
Solo mentre i due membri artificiali si agitavano nei nostri corpi, ripresi contatto con la realtà di quello vivo che avevo in bocca e che avevo quasi dimenticato, nell’emozione della novità; cominciai allora a risucchiarlo nella gola come un’idrovora; mi fermavo ogni tanto e mi dedicavo a leccarlo delicatamente con la lingua che gli roteava sulla cappella, mentre l’asta rimaneva impalata in bocca per buona metà.
Lo estrassi un paio di volte e lo afferrai con la mano per titillarlo in una masturbazione volutamente piacevole, senza nessun desiderio di farlo eiaculare; sentii che un analogo trattamento era riservato al mio nella sua bocca.
Dopo un lungo tempo dedicato a questo piacevole diversivo, Valerio di colpo si staccò e spostò anche me; ci adagiammo sul letto e Valerio mi disse che era l’ora di prendere ormai il caffè che era rimasto in salotto.
Senza toglierci il vibratore dal didietro, andammo in salotto e io mi sedetti sul divano; lui, invece, prese una delle tazze dal tavolino ed intinse la cappella nel liquido ormai diventato freddo; senza parlare, orientò il sesso verso di me e mi fece cenno di leccare.
“Vedrai che è più buono.”
Disse sornione.
Non mi feci pregare e cominciai a succhiare il caffè dal suo sesso; ripeté l’operazione più volte finché la tazzina non fu vuota; intanto, gli facevo la più originale delle fellatio e rimasi attaccato al suo membro anche dopo che l’ultima goccia di caffè mi passò in gola dalla sua cappella.
“Dammi il didietro!”
Disse perentorio alla fine.
Mi girai verso di lui, che mi estrasse delicatamente il vibratore dall’ano; si abbassò poi a leccarmi il buco; non ci fu bisogno di lubrificazione; mi penetrò facilmente e dolcemente, mi fece sdraiare sul tappeto e cominciò a pomparmi dentro con foga.
Ormai tutte le mie fibre erano tese nel piacere che mi veniva da quel membro e me lo gustai con entusiasmo; pompò una decina di volte, poi si fermò e tirò l’asta quasi completamente fuori dall’ano; ma la rimise dentro, con una foga che mi fece sobbalzare.
Continuò a montarmi con forza; poi, all’improvviso, cominciò a fremere in ogni muscolo, si irrigidì e cominciò ad eiacularmi nel retto.
Avvertii una serie di scariche elettriche attraversarmi il ventre mentre lo sperma schizzava dentro a getti violenti.
Si accasciò, alla fine, sulla mia schiena e rimase così, col membro piantato nel mio retto, per alcuni secondi; poi, delicatamente, si ritrasse e si mise a leccarmi il buco dolorante finché raccolse anche l’ultima goccia dello sperma di cui mi aveva inondato.
Mi sedetti sul tappeto e gli presi in bocca il membro, barzotto ma non floscio; lo pulii accuratamente di ogni residuo.
“Adesso tocca a te; come preferisci godere?”
Annunciò alla fine
Non ci avevo affatto pensato, ma poi ritenni che fosse giusto ripagarlo della stesa moneta.
“Nel tuo ano, naturalmente!”
Si appoggiò con le mani al divano, estrasse dal retto il vibratore che aveva continuato a funzionare e mi offrì l’ano letteralmente spalancato.
Accostai la cappella e spinsi dentro; entrai in un sol colpo, ma non diede segni di avvertire l’intrusione; il suo membro, invece, si rizzò di nuovo, di colpo; allungai la mano, glielo presi e cominciai a masturbarlo, mentre mi muovevo delicatamente nel suo retto.
Cercai di durare al massimo, interrompendomi spesso e sfilando il membro per poi ripiantarlo seccamente fino in fondo; allo stesso modo, titillavo l’asta per lunghi tratti e poi mi frenavo per stringergli i testicoli e rinviare l’orgasmo.
Quando mi resi conto che non avrei resistito ancora per molto, lo avvertii.
“Sto per venire.”
E accelerai la spinta sia dell’asta nel retto che della mano che lo masturbava.
Sentii che si irrigidiva e stringeva i muscoli dell’intestino, quando stava sul punto di sborrare; e spinsi con forza, quasi con frenesia.
Esplodemmo insieme, lui per la seconda volta, e il mio sperma gli inondò il ventre, mentre il suo mi inondava la mano che avevo posto a protezione e che poté contenerlo, dato che fu assai meno abbondante.
Ci accasciammo insieme sul divano e, da dietro, gli porsi la mano da leccare, dividendo con lui la crema raccolta; poi mi sfilai lentamente dal suo didietro e mi chinai a leccarlo per raccogliere, come lui aveva fatto, il mio sperma dal suo ano; quando ebbi finito, Valerio si girò e mi leccò diligentemente il membro.
Passammo ancora qualche tempo in salotto, baciandoci e accarezzandoci.
Ma eravamo sazi dell’incontro sessuale e non accennammo altre iniziative.
Prima di lasciarmi andare, Valerio mi avvertì che a giorni ci sarebbe stata una bella occasione, in ufficio, per un’esperienza nuova e interessante.
Non cercai di approfondire, ma, tornando a casa, passai dal laghetto di pesca sportiva e comprai tre trote da portare a casa come trofeo della mia particolare giornata di pesca.
L’occasione annunciata da Valerio era un convegno internazionale di aggiornamento organizzato dalla Multinazionale di cui faceva parte la nostra azienda ed al quale, dalla nostra sede, erano invitati solo 4 dipendenti; come e perché fossi tra i prescelti, rientrava tra quei misteri della figura professionale di Valerio su cui non ho mai cercato di indagare.
Ma era evidente dai modi, dai toni, dall’autorità che esprimeva, che doveva aver provveduto personalmente a scegliere i ‘premiati’; anche con gli altri due, che peraltro sfiorai solo per caso in tutto il tempo, mi sembrava ci fosse un rapporto assai più che professionale.
D’altronde, la sede prescelta, Palma de Maiorca, faceva pensare a una vacanza - premio, piuttosto che ad un incontro di lavoro.
Per tutto il viaggio e fino all’arrivo mi mossi quasi come un automa, soggiogato dalla disinvoltura che Valerio manifestava in ogni movimento, dalla padronanza delle lingue alla conoscenza dei luoghi, dai rapporti con il personale dell’aeroporto, dell’aereo, dell’albergo, di tutto insomma, alla capacità di controllo di ogni situazione.
Giunti all’albergo, scoprii, e non me ne meravigliai più di tanto, a quel punto, che avevamo due camere comunicanti ciascuna con letto matrimoniale; l’albergo, manco a dirlo, era di primissima categoria.
Espletate le formalità di accredito, mi recai nella mia camera, disfeci il poco bagaglio, poiché la sosta era prevista per solo tre giorni, e mi fiondai nella doccia, per liberarmi delle scorie del viaggio e, in parte almeno, delle sorprese che mi avevano travolto.
Uscendo dal bagno, incontrai Valerio, vestito di tutto punto ed elegantissimo, che mi fece fretta; eravamo attesi nel salone delle feste.
La mia sorpresa cresceva; scoprii immediatamente che il mio compagno era il vero polo di interesse della convention; tutti pendevano dalle sue labbra e a tutti si rivolgeva con disinvoltura nella lingua dell’altro.
Mi sentivo un po’ Alice nel paese delle meraviglie.
Mi perse di vista, per un bel tratto, e dovetti limitarmi a cercare di capire qualcosa nella bailamme di linguaggi di cui coglievo solo qualche piccola frase di uso comune.
Quando cominciarono i lavori, le cose andarono un po’ meglio, per via della traduzione simultanea.
Arrivò velocemente l’ora di pranzo e ci trasferimmo nella sala apposita; Valerio riprese con estrema eleganza il suo ruolo di anfitrione e volteggiò da un tavolo all’altro; in uno dei suoi spostamenti, ebbe solo modo di sussurrarmi che dovevo avere pazienza fino a sera.
Infatti, il pomeriggio fu dedicato ad una visita alla sede locale della Multinazionale e ci fu solo tempo per una rapida doccia e un cambio d’abito; imprudentemente, non avevo portato gran che e fui costretto a mandare i miei abiti in lavanderia.
Rispetto alle abitudini locali, la cena fu sbrigata velocemente; pensai che l’accelerazione fosse stata decisa in considerazione della dura giornata; e non mi meravigliai, quindi, neanche quando scoprii che quasi tutti si ritiravano in camera.
Lungo i corridoi però uno strano viavai di giovani figure, soprattutto femminili, mi diede qualche sospetto; Valerio commentò sarcastico.
“Optional del soggiorno … solo su richiesta! Fatti una rapida doccia e raggiungimi in camera.”
Di fatto, mi affrettai a spogliarmi ed entrare sotto la doccia il tempo di togliermi di dosso stanchezza, polvere e disagio.
Ancora in accappatoio, aprii la porta di comunicazione ed entrai.
Valerio era seduto sul letto e, accanto, aveva due giovani, ventenni più o meno, decisamente ben fatti, o palestrati al punto giusto, e soprattutto assai ben dotati; Valerio li teneva per il membro, uno per mano, e li titillava con dolcezza, quasi senza impegno; disse semplicemente.
“Juan e Antonio; non preoccuparti, risultano tutti e due a mio carico.”
La precisazione mi turbò alquanto ma non dissi niente, lasciai cadere l’accappatoio e mi andai a sedere a fianco a Juan, che aveva una mazza meno preoccupante, anche se di dimensioni notevoli; Valerio mi passò quel membro ed io lo presi delicatamente tra le mani.
Per un po’ mandai la mano su e giù facendolo indurire al massimo; poi sollevai Juan per un braccio, me lo posi davanti e gli presi il membro in bocca; ebbe solo un leggero fremito, quando lo spinsi fino alle tonsille.
Cominciai a succhiarlo con ardore e, con la coda dell’occhio, vidi che Valerio faceva altrettanto con Antonio.
“Vuoi solo il membro o ti piacerebbero anche gli ani? Sai, questi sono i nostri giocattoli, stasera, e sta a noi decidere da che parte usarli.”
I ragazzi evidentemente non capivano; e, comunque, non sembravano interessati ai dialoghi.
“Finché c’è il tuo ano, mi dedico solo a lui.”
Risposi.
Valerio si alzò dal suo posto, venne davanti a me, fece spostare Juan di fianco e si abbassò a prendermi l’asta in bocca; contemporaneamente, fece segno ad Antonio, che si piazzò alle sue spalle e, delicatamente ma con un sol colpo, lo penetrò nell’ano.
Cominciammo allora un balletto surreale in cui io sommavo le emozioni della bocca del mio amico che mi succhiava con abilità a quelle della mia bocca, dove Juan manovrava il membro con evidente esperienza; dalle contrazioni della bocca di Valerio potevo percepire anche il piacere che Antonio gli stava dando trapanandogli il didietro.
Andammo avanti per un bel po’; poi Valerio, che si comportava da perfetto regista, impose un cambio; si sedette lui sul letto, fece inginocchiare alla sua sinistra Juan e gli prese il membro in bocca, mi prese per la testa e mi fece abbassare a succhiarlo; lo feci con gioia e mi diedi subito da fare per spingerlo in gola fino a toccare con le labbra i peli del pube; intanto, invitato dal solito Valerio, Antonio si collocava alle mie spalle e mi appoggiava all’ano la sua mazza che avevo già visto come ‘preoccupante’; di sottecchi, vidi Valerio che gli indicava di fare con dolcezza.
Non fu semplice riceverlo nella pancia, ma lui si muoveva con esperienza e delicatezza, Valerio mi pompava l’asta in bocca per stimolarmi ed io era pronto a ricevere nell’intestino anche un palo del telegrafo, a quel punto.
Mi penetrò fino in fondo, finché i suoi testicoli giunsero a contatto con i miei, e cominciò a muoversi con decisione e garbo, sollecitandomi contrazioni e vibrazioni in tutto il ventre; quasi per conseguenza, la mia bocca si faceva più morbida ed acquosa, sul membro di Valerio, e gli strappava contrazioni di piacere che a sua volta trasmetteva all’asta che stava succhiando.
In quel gioco strano passò più tempo di quanto pensassi e cominciai a sentire il peso della giornata; inoltre, avevo una voglia matta di eiaculare ma non riuscivo a decidere come e dove.
Il solito ‘regista’ risolse alla grande la situazione.
“Io ho voglia di eiaculare.”
Disse.
Replicai.
“Anch’io. Ma come facciamo?con loro?”
“Non preoccuparti; sono mercenari, potrebbero tenertelo duro nel ventre anche per giorni, senza eiaculare. Invece, noi due ci meritiamo una grande conclusione.”
Mi fece sdraiare di fianco sul letto e si sdraiò a sua volta, a 69, prendendomi in bocca il membro, mentre io facevo altrettanto col suo; i due ragazzi, su indicazione di Valerio, si sistemarono alle nostre spalle e, quasi contemporaneamente, ci infilarono il membro nell’ano; a me toccò quello di Juan, per fortuna.
Cominciò così l’ultimo ‘trenino’ in cui ci davamo da fare a succhiare il bastone dell’amico con l’intenzione di portarci rapidamente all’orgasmo; quando sentii dalle viscere montami il fremito giusto, accentuai il risucchio sull’asta di Valerio che si tese a sua volta in un ultimo spasmo di piacere.
Quando il suo primo schizzo di sperma mi colpì la gola, anche il mio membro esplose in una violenta eruzione che gli inondò la bocca.
Succhiammo tutto, quasi devotamente, e poi ci pulimmo a vicenda.
I due ragazzi non avevano mosso un muscolo; quando sentirono che stavamo per eiaculare, si fermarono di colpo e lasciarono le loro aste ben piantate dentro di noi.
Finché ci separammo delicatamente.
Ripresi il mio accappatoio mentre Juan e Antonio si rivestivano; al momento di uscire, Valerio passò ai due alcune banconote.
“I giocattoli si pagano; l’importante è che i bambini si siano divertiti.”
E rise a lungo.
La seconda giornata del convegno si rivelò assai più dura del previsto, anche perché; 1) ci si trovava a dialogare con persone assolutamente sconosciute e di cui ci si sarebbe dimenticati anche prima di salire sull’aereo per tornare a casa; 2) si parlavano le lingue più diverse e ci si intendeva assai poco, spesso solo a gesti; 3) la maggior parte dei discorsi riguardavano aspetti tecnici per addetti ai lavori e quindi molto spesso scarsamente interessanti; 4) ma soprattutto, la maggior parte degli invitati aveva in mente soprattutto la vacanza insperata e si divertiva più che poteva.
A reggere il convegno erano pochi volenterosi appassionati del proprio lavoro o quelle figure istituzionali, come Valerio, che dovevano ad ogni costo ‘portare dei risultati’, quali che fossero, e che si davano da fare a preparare interventi, documenti cartelli e quanto altro servisse allo ‘spettacolo’ del convegno.
In questa logica, tra le altre cose, Valerio mi aveva chiesto di tenere d‘occhio i lavori per preparare una relazione riassuntiva e, per il mio carattere, questo diventava un onere in più.
In ogni modo, la giornata si trascinò fino ad ora di cena tra interventi e gruppi di lavoro, con un solo breve intervallo per il pranzo; e ci ritrovammo a sera quasi sfiancati a rifugiarci in camera per riposare.
Dopo la doccia, Valerio entrò nella mia camera dalla porta di comunicazione; per un attimo, ebbi il terrore che avesse organizzato un’altra serata coi fiocchi.
Ma mi sbagliavo, per fortuna; anche lui era stanco.
Ma la stanchezza non ci impedì di abbracciarci e di baciarci con intensità; il fatto che avessimo addosso solo l’accappatoio, aggiunto all’operazione di perlustrazione che, con la sua lingua, fece in tutta la mai bocca, diede una spinta ai nostri membri che li fece alzare fino all’ombelico; inevitabile, quindi, dirigerli tra le cosce e continuare a baciarci a palparci mentre le aste sfregavano sulle prostate.
Valerio scherzò sornione.
“Cerchiamo di essere morigerati; una sola eiaculazione rapida e via a dormire”.
Detto fatto, mi spinse supino sul letto e mi montò sopra, a 69; ci trovammo immediatamente a succhiarci golosamente le aste e a spingercele in gola fino in fondo; mentre mi succhiava; Valerio mi ficcò con forza due dita nell’ano e mi fece sussultare dal godimento; risposi allo stesso modo.
Andammo avanti per un po’, succhiandoci e forzandoci il retto con le dita.
Poi Valerio decise che non bastava, mi fece inginocchiare carponi sul letto, mi venne alle spalle e mi penetrò analmente senza preavviso; quasi urlai per la sorpresa e non certo per la penetrazione a cui ero ormai abituato.
Cominciò a pompare con foga; quando cercai di toccarmi il membro, mi fermò la mano; volle che la penetrazione fosse tutta sua, con la mia passività assoluta.
Eiaculò di colpo, senza preavviso; ma subito dopo uscì dal mio retto e si fiondò con la bocca sul mio membro; pochi colpi ben assestati e gli inondai la bocca del mio sperma.
Quando fummo rilassati, mi accarezzò sulla guancia, mi baciò lievemente sulle labbra, disse ‘Buonanotte’ e si ritirò nella sua camera.
Il terzo giorno, ultimo del convegno, si preannunciava leggero e semplice, dedicato com’era alle conclusioni e ai lavori burocratici; molti invitati sarebbero partiti il pomeriggio o in serata; noi avevamo il volo il mattino seguente.
La mattinata scivolò via tra conclusioni dei gruppi, stesura dei documenti e adempimenti burocratici; il pranzo fu l’occasione per salutare quelli che sarebbero partiti subito dopo o in serata e la prima parte del pomeriggio si sciolse in particolari vari propri delle partenze.
Quando restammo in pochi, Valerio, che non aveva abbandonato il ruolo di regista, diede il segnale di ‘sciogliete le righe’ e ciascuno fu libero di organizzarsi la serata.
Io fui immediatamente requisito da lui che, deposta la ‘divisa’ del dirigente che fino ad allora aveva indossato, si presentò in short e maglietta a fiori; io rimasi in jeans e maglietta, gli unici indumenti ancora portabili; mi prese allegramente per un braccio e disse ridendo.
“Adesso andiamo a scoprire il mondo.”
Ormai avevo quasi timore, quando lo vedevo così eccitato; ma mi dava molta serenità la sua sicurezza e quindi mi fidavo ciecamente.
Attraversammo alcune viuzze del porto che cominciavano a far brillare le insegne della notte e ci infilammo in locale che aveva sull’insegna un volto maschile con una rosa in bocca; ‘Rojelio Rosas’ diceva il nome.
Fu subito chiaro che era un locale per gay e che Valerio vi era ben conosciuto, da come lo salutarono con affetto e deferenza i buttafuori; l’interno era decorato in maniera vistosa con panneggi pesanti, prevalentemente sul rosso, luci soffuse e cuscini di damasco decorato con perline e coriandoli di metallo; pochi tavolinetti bassi, un bancone e tanto liquore in bella esposizione.
Si diresse decisamente in un angolo, sollevò una tenda di damasco ed entrammo in un separé di gusto decisamente migliore, anche se comunque esagerato, dove dominavano i cuscini intorno a un tavolino basso; altoparlanti mimetizzati diffondevano musiche sensuali di gusto orientaleggiante.
Si stravaccò sui cuscini ed io feci altrettanto; non ebbi tempo di approcciarlo, perché qualcuno entrò nell’ambiente, un giovane muscoloso e decisamente bello; andò direttamente verso Valerio, lo baciò con intensità sulla bocca, si aprì i pantaloni e tirò fuori un mostro di oltre venti centimetri che gli mise davanti alla bocca.
Valerio lo ingoiò di colpo, quasi fino alla radice, e cominciò a succhiarlo rumorosamente; dalle contrazioni dei muscoli del giovane era evidente l’immenso piacere che gli dava la fellatio; ma non andarono avanti per molto; dicendosi qualcosa di divertente in spagnolo, uscirono diretti a incontrare forse qualcun altro.
Ero quasi offeso per essere stato lasciato solo; ma non ebbi il tempo di pensarci, perché il telo che chiudeva il separé si aprì e lasciò entrare un individuo di mezza età, dall’aria di camionista, in canottiera e pantaloncino; senza parlare, mi si avvicinò e mi sbandierò sotto il naso un’asta di notevoli dimensioni.
Evidentemente, era lo stile del locale e mi adeguai in fretta; abbrancandolo per i fianchi, feci entrare la sua verga nella mia bocca e lo feci lentamente, sapientemente, roteando la lingua intorno alla cappella e intorno all’asta, finché non fu tutta affondata dentro; poi cominciai a succhiare e a muovere la testa per farmi possedere in bocca.
Un leggero sapore acre sulla punta mi diede l’avviso che stava per eiaculare e mi preparai ad ingoiare tutto; ma l’altro non era dello stesso avviso; di colpo, si ritrasse e sottrasse il membro alla mia presa, lo rimise nei pantaloni e uscì.
Il membro mi era diventato duro come il marmo ed ero quasi deluso, ma ancora una volta la sorpresa arrivò immediata.
Era appena uscito il primo, che un altro personaggio entrò nell’alcova; un tipo giovane, dall’aria distinta, quasi esile, che venne a sdraiarsi accanto a me.
Mi sfilò la maglietta e mi accarezzò a lungo a lungo il petto, stringendomi più volte i capezzoli e facendomi eccitare oltre ogni dire; mi prese la testa tra le mani e iniziò un vorticoso bacio con risucchio che mi fece arrivare la lingua in ogni anfratto; prese la mia mano destra e la portò sulla patta; sentii che aveva un arnese straordinariamente grande, tra le gambe; armeggiai con bottoni e zip, gli aprii i pantaloni e tirai fuori l’uccello più grosso che avessi mai immaginato.
Lo guardai qualche momento con ammirazione e cominciai una manipolazione lunga e delicata, solo per farlo eccitare di più; mi prese per la nuca e mi abbassò la testa fino a portare le mie labbra sul suo membro; mi feci penetrare in bocca lentamente, dolcemente, cercando di non provare troppo fastidio quando arrivò fin oltre le tonsille rischiando di darmi nausea.
Mi diedi a succhiarlo con passione, ma l’altro mi fermò di colpo; mi fece alzare in piedi, mi aprì i pantaloni e li fece scivolare via dai piedi; quando il mio membro fu in piena erezione davanti a lui, accennò a una leggera carezza ma, subito dopo, mi fece girare e piegare a 90 gradi; un attimo dopo, la sua bestia cominciò una lenta e irresistibile penetrazione nelle mie viscere; lo sentivo entrare centimetro per centimetro e tutte le fibre del mio intestino godevano ad essere penetrate, si dilatavano e si adattavano al nuovo venuto, lo abbracciavano e lo solleticavano.
Quando fu entrato fino in fondo, si fermò per un attimo e strinse le mie natiche contro il suo ventre; poi cominciò a pompare lentamente e con decisione; sentivo l’asta entrare fin nei recessi più intimi del corpo e poi la seguivo quando scivolava fuori, fino alla cappella, temendo quasi di perderla; ma di colpo rientrava, dolcemente, lentamente, gustandosi il piacere della penetrazione.
Andò avanti per molto ed io mi abbandonai languidamente al piacere di essere posseduto; il mio membro era duro da far male, ma non pensai neanche per un attimo a toccarlo e lasciai che mi facesse percorrere tutti i sentieri del piacere anale.
Mentre ero assorto in questa penetrazione, non mi ero accorto che un’altra persona era entrata nell’alcova, un individuo anziano, dall’aria quasi dimessa, che ci stava guardando con interesse mentre si menava un uccello grosso e bitorzoluto; gli feci cenno di avvicinarsi e glielo presi in bocca.
Il piacere si moltiplicò all’infinito, mentre succhiavo l’uccello del nuovo venuto e, intanto, l’altro alle mie spalle continuava imperterrito a mandare il suo enorme bastone avanti e indietro attraverso il mio sfintere.
L’anziano non ebbe la stessa capacità di resistere; forse anche per effetto della masturbazione che aveva trascinato non so per quanto, quando cominciai a succhiarlo con sapienza, inarcò le reni, mi spinse il membro in gola e vi eruttò una eiaculazione che sembrava interminabile, tanto fu lo sperma che mi versò dentro.
Succhiai diligentemente e leccai tutto; il giovane alle mie spalle, a questo punto, ebbe una reazione quasi animalesca; affondò con foia il membro nelle mie viscere, diede una serie di violenti colpi che mi squassarono e, con un grugnito quasi disumano, cominciò ad eiacularmi nell’ano; mi sollevò dalla posizione china, mi abbracciò da dietro, baciandomi dietro le orecchie e lentamente lasciò defluire il sangue dalla sua mazza che, poco a poco, mi scivolò via dal retto.
Mi pulii con dei fazzolettini posti in angolo sul tavolino; quando mi fui ripreso, ero di nuovo solo.
Aprii una bottiglia che era nell’angolo e mi versai della sangria, mentre guardavo con commiserazione il mio sesso duro che era rimasto ancora a secco.
Ma non restai solo a lungo; fui raggiunto dopo poco da un ragazzo assai giovane, forse meno che ventenne, dall’aria quasi efebica; era completamente nudo, con un membro moscio di dimensioni normali ma completamente depilato e con un didietro che ispirava tenerezza, tanto era morbido e ben disegnato.
Mi si stese a fianco e andò direttamente a baciarmi il membro ormai dolente per essere stato in tiro tanto tempo; lo prese delicatamente tra le labbra e cominciò a giocarci intorno con la lingua; era bravissimo, nel farlo, e mi strappava dai testicoli sensazioni di elettricità che non avevo mai provato.
Quando se lo fece penetrare in bocca e cominciò a ruotarci intorno con la lingua, pensai che un piacere così non l’avrei mai più provato, tante e tali erano le emozioni che quella fellatio riusciva a darmi; sentivo che ero assai vicino ad eiaculare, ormai; ma l’altro non sembrava d’accordo e, avvedutosene, mi strinse i testicoli con forza, fino a farmi male.
La tensione si interruppe di colpo e lui abbandonò la presa con la bocca; ma solo per accovacciarsi carponi davanti a me e mettermi bene in evidenza l’ano perfettamente rasato, rosso vivo, invitante.
Mi piazzai dietro di lui e cominciai a penetrarlo, dolcemente, lentamente, imitando il movimento della sua bocca sul mio membro.
Quando fui dentro di lui, lo sollevai per le spalle e me lo strinsi contro; cominciai a baciarlo sulla nuca e dietro le orecchie, si girò e fece in modo che potessi baciarlo sul viso, sugli occhi e, infine, sulla bocca; col membro duramente infisso nel suo retto, questi accenni di tenerezza provocano un’eccitazione irresistibile.
“Sto per godere.”
Gli sussurrai quasi con dolcezza, in italiano.
“Ti sto aspettando.”
Rispose altrettanto teneramente, anche lui in italiano.
Fu una eiaculazione dolce, lunga, lenta, con la quale svuotai serenamente i testicoli nel suo retto, assaporando ogni schizzo, ogni goccia che lo riempiva; e lui partecipava con la stessa tenerezza.
A mano a mano che la tensione si scioglieva, il mio membro si sgonfiava e tendeva a scivolare via dall’ano; lui ebbe un paio di contrazioni per cercare di trattenere ancora la carne dentro di sé, poi si arrese e mi lasciò scivolare via.
Ci sdraiammo sui cuscini e versai della sangria in due bicchieri; bevemmo lentamente; poi lui mi baciò ancora appassionatamente sulla bocca, mi fece ‘ciao’ con la mano e sparì.
Decisi che ne avevo abbastanza.
Indossai la maglietta e il jeans e uscii; Valerio era al bancone con altre persone e bevevano.
“Io torno all’albergo.”
Gli comunicai.
“Ok ci vediamo domani.”
Rispose.
Non so quando rientrò in albergo ma non mi preoccupavo; la vacanza era stata straordinaria, all’altezza di Valerio.
Ma, tornando a casa, avevo il dovere di fare chiarezza con mia moglie; non potevo continuare a tenere una doppia vita senza farglielo sapere.
Speravo solo che avrebbe capito e che, con intelligenza e garbo, saremmo riusciti a trovare una soluzione conveniente.
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