La laurea

geniodirazza
2 months ago

La laurea

Avevano trascorso tutta una vita insieme, Luciano e Mirella, dall’asilo al diploma di ragioneria, senza mai perdersi di vista; addirittura, per molti anni erano stati compagni di banco, per loro espressa richiesta, sostenuta con forza dai genitori; inevitabilmente, fecero insieme le prime scoperte di sesso e delle pratiche conseguenti; ormai era deciso che si sarebbero sposati, come appariva a tutti conseguente e inevitabile.

Lui si iscrisse alla facoltà di Economia, per crescere culturalmente e mirare ad una occupazione più importante e redditizia; lei, a meno di diciotto anni, accettò un posto da operaia in fabbrica; quasi per emulazione e per non perdere l’assiduità di contatti, subito dopo anche lui accettò un posto da operaio in una diversa fabbrica; giocando sui turni riuscivano a coincidere sempre con gli impegni di lavoro.

Naturalmente, arrivò il giorno del matrimonio e tutto si sviluppò secondo un rituale largamente previsto e deciso in ogni passaggio dai familiari; si trovarono a ‘consumare’ le classiche nozze, che avevano ampiamente anticipato all’insaputa dei genitori, per quanto attenti e severi, in linea coi tempi che vivevano; la libertà di scopare fece scatenare tutte le voglie che avevano dolorosamente controllato e spesso sacrificato fino a quel momento.

A Mirella il cazzo piaceva molto e non aveva escluso nessuna pratica per soddisfare le sue ansie di godimento; Luciano era un poco più controllato, ma non esitava a menare la mazza anche con una certa foga; comunque preferiva di gran lunga il piacere lento e goduto fino in fondo, portando per le lunghe specialmente le carezze e le pratiche preliminari; le loro sedute di scopata duravano spesso anche tutta la notte, specie se avevano il turno pomeridiano.

Una cosa turbava molto Mirella ed era la passione eccessiva che suo marito metteva nello studio dei testi per gli esami all’università, che non aveva interrotto e proseguiva anche se con molti sacrifici, dovendo rispondere anche agli orari di lavoro ed alle istanze di sua moglie che, nella frequentazione di locali pubblici, nelle feste con gli amici e nelle cerimonie ufficiali, ci teneva molto ad essere presente per mostrarsi in tutta la bellezza del corpo giovane e decisamente bello.

Per colmo di sfortuna, il Direttore Generale della fabbrica in cui lavorava le aveva messo gli occhi addosso e non faceva niente per nascondere che desiderava scoparla, anzi fare di lei la sua amante riverita, osannata e mantenuta in un lusso che Luciano non si sarebbe mai sognato di consentirle; dopo qualche regalino quasi di rappresentanza, cominciò a prometterle abiti e gioielli di lusso, se si fosse concessa; arrivò a lusingarla con una alcova raffinata che poteva mettere a sua disposizione.

Una mattina che, dopo averla a lungo corteggiata, la portò, senza avvertirla, a visitare la garconnière, Mirella diede un calcio alle prevenzioni derivanti da un’educazione al limite del bigottismo e si lasciò andare; quando lui, da dietro, la strinse fra le braccia afferrandole i seni matronali che sventolava orgogliosa per come si reggessero senza reggiseno solcando l’aria con la durezza dei capezzoli compatti e duri; si abbandonò languida contro di lui.

Presa dalla fregola delle corna che piantava al marito insensibile alle sue esigenze, spinse contro il suo ventre il sedere meraviglioso per la forma perfettamente rotonda, alto e sporgente per una spiccata lordosi che lo assimilava a certi culi brasiliani da copertina; sentì la mazza che si rizzava immediatamente nello spacco fra le natiche ma le bastò per capire che non eguagliava il cazzo di suo marito, decisamente di un’altra stazza; ma la tigna e la prospettiva dei regali vinse.

Ruotò fra le sue braccia e, una volta di fronte, gli piantò i seni contro il torace, spinse la figa conto la patta e lo baciò, stordendolo con la veemenza e il trasporto che in un bacio sapeva mettere; anni di esperienza, anche se solo con Luciano, l’avevano messa in condizione di baciare divinamente, facendo diventare il gioco delle lingue che si intrecciavano un’autentica scopata delle bocche che succhiavano e delle lingue che si facevano succhiare.

Sedette sul bordo del letto, sfilò il pantalone, abbassò lo slip e prese in bocca il cazzo, di stazza più che normale, ingoiandolo immediatamente fino ai peli del pube; sentì che andava in estasi e le prendeva la testa deciso a pilotare la fellazione; staccò le mani e si sfilò dal cazzo per scendere a leccare le palle; le prese in bocca una per volta e le succhiò amorosamente; si sentiva terribilmente decisa e fredda; in questo imporre al maschio la sua volontà nella scopata, trovava soddisfazione.

Da sempre abituata ad accettare da suo marito quello che le offriva, perché era decisamente più bravo e trovava sempre il modo per rinnovare le forme, le tecniche e i modi per rendere ogni scopata unica, da qualche tempo ormai sognava di potere un giorno fare qualcosa che lo spiazzasse; con Luciano era una battaglia persa perché inventava particolari e scelte che la stravolgevano; con Ottavio riuscì immediatamente a stabilire che era lei a scoparselo, non lui a metterla sotto.

Quando raggiunse, leccando e succhiando, la punta del cazzo e lo prese in bocca, per farlo ruotare tra le guance e il palato, accarezzandolo con la lingua e spingendolo in fondo alla gola, fin oltre l’ugola, capì che lo dominava; il tempo era tiranno; erano fuori per un incontro assai sbrigativo per il quale la sua presenza sarebbe stata persino superflua; non ebbe dubbi e spinse la scopata in bocca fino al punto di non ritorno; quando sentì la sborra spruzzarle in gola, esultò in silenzio.

Lui dovette prendere atto di essere andato ben oltre ogni rosea previsione; mentre si ricomponevano, le disse senza mezzi termini che considerava quello solo un assaggio delle scopate che avrebbe preteso da lei; si sarebbe inventato qualunque motivo per scopare e non dava nessun peso al fatto che lei fosse sposata; il piccolo ragioniere sarebbe scomparso di fronte alla potenza del suo dominio; in cambio, l’avrebbe trattata da regina e in breve le sarebbe diventato indispensabile.

Mirella si sentì improvvisamente importante, al centro dell’ammirazione di un uomo di potere che le metteva a disposizione, sin da subito, una garconnière dove eventualmente rifugiarsi, se suo marito avesse fatto storie; che l’avrebbe colmata di regali e di attenzioni, che le avrebbe offerto le occasioni per brillare in ambiti per lei inarrivabili, presentandola come accompagnatrice in cerimonie ed incontri ad alto livello.

Le corna erano più che meritate da suo marito che si era preoccupato dei suoi studi invece che della bellezza di una moglie incomparabile; una vocina dentro le suggeriva che c’era anche tanta invidia, al fondo delle sue scelte, perché, con la laurea, Luciano poteva aspirare ad una carriera ben più qualificata e remunerativa, sia nel lavoro che già svolgeva che nel privato; il sogno di uno studio da commercialista, dove mettere a frutto anche il diploma di lei, era antico.

La laurea lo avrebbe consentito; ma, a quel punto, lei preferiva le corna e la rottura, se necessario; se lo strumento per arrivare a piegare Luciano a più miti consigli era qualche scopata col suo principale, lei non aveva esitazioni; d’altronde, il dubbio che qualcosa in suo marito non funzionasse lo aveva sempre avuto, visti certi discorsi che faceva su libertà e lealtà e l’assoluta indifferenza con cui aveva ricevuto i pettegolezzi che nascevano sulle intenzioni perverse di Ottavio, ben noto negli ambienti.

Se suo marito avesse accettato di discutere, alle sue condizioni, nuovi atteggiamenti e si fosse rapportato diversamente, un pompino veloce non poteva essere causa di divorzio; se invece ne era perfino contento, perché cornuto contento, cuckold o persino omosessuale, tanto valeva essere trasgressivi fino in fondo; se invece proprio non sopportava la libertà della sua donna, era meglio rompere e andare ognuno per la sua strada.

Non ebbe il coraggio di affrontare il tema, quando tornò a casa e il marito le chiese cosa avesse, vista l’aria trasognata che non riusciva a nascondere; lo mandò al diavolo in malo modo e si nascose dietro il ‘ditino’ dell’incomprensione di cui lo rimproverava senza fondamento; stava maturando, quasi inconsciamente, un vero e proprio abbandono, ma non aveva la forza di deciderlo, anche perché, sotto sotto, non sapeva cosa sarebbe successo se Ottavio, come sempre, avesse esaurito la voglia.

Quando la mattina seguente lui la chiamò in ufficio e cercò di metterle le mani addosso, lo frenò con energia e gli suggerì di fare ‘certe cose’ al riparo dell’alcova, per evitare un intervento della moglie gelosa che, proprietaria di fatto dell’azienda, poteva metterlo sul lastrico; compreso che lei gli aveva ceduto e che avrebbe potuto organizzarsi per scoparla quando voleva, le fece appuntamento per la sera stessa; si inventasse una qualche scusa per incontrarsi per cena.

La soluzione fu individuata subita nella sua funzione; da operaia, era soggetta ai turni; nominata segretaria personale, poteva lavorare solo di mattina ed avere pomeriggi e serate libere per essere indipendente dal marito vincolato ai turni di lavoro; quando era impegnato di notte, lei poteva fare anche l’alba nell’alcova; la soluzione lo intrigava molto e ci volle poco a chiedere la nomina a sua segretaria, ruolo non soggetto a norme sindacali, che gli consentiva di portarla con se dovunque andasse.

Cominciò per lei un autentico Bengodi; all’inizio furono solo saporitissime scopate, nelle quali lui profondeva il meglio delle sue conoscenze, per la verità non eccessive, e della sua dotazione, certamente non esaltante; lei invece poteva finalmente manifestare tutta la sua arroganza nel letto e fuori; amava molto vestirsi con eleganza ed uscire col suo amante per andare a rifugiarsi in piccoli locali persi nella pedemontana, fuori da sguardi indiscreti, a cenare per poi tornare a scopare nell’alcova.

Gli abiti firmati e i gioielli che lui le regalava senza risparmio erano una garanzia di attenzione, di interesse, forse di amore; su suggerimento dell’unica amica a conoscenza della sua tresca contro il cornuto, impose ad Ottavio, dopo che per alcuni mesi lo aveva stordito con scopate al fulmicotone, dalle quali lui puntualmente usciva stordito e prono ai voleri della donna, di vendergli l’alcova, un monolocale comunque utile come alloggio, se fosse stato necessario.

Si sentiva molto puttana mentre ritirava il documento di cessione regolarmente registrato; ma riteneva di essersi fatta furba e di avere diritto a quella forma di compensazione per il tradimento di un sacramento; in pratica, stava calpestando tutti i principi a cui era stata educata e stava massacrando un poveraccio che aveva il solo torto di essersi fidato di una troia e di avere cercato di realizzarsi anche per lei.

Progressivamente il suo ruolo in azienda diventò più rilevante, specie quando Ottavio cominciò a farsi mandare ‘in missione’ a tutti i convegni, agli incontri e alle manifestazioni in cui rappresentava l’azienda; l’accompagnatrice fissa era in realtà la donna che, in albergo, gli dava il massimo vantaggio di quelle trasferte, enormi scopate che duravano talvolta sino all’alba e di cui nessuno, alla fine dei conti, poteva avere notizia.

Per Mirella quei viaggi erano il coronamento di un percorso di crescita che lei vedeva meravigliosa; facendo la mantenuta e ancheggiando con snobismo in alberghi di lusso in tutta Italia, era convinta di stare surclassando il povero ragioniere suo marito, costretto a fare l’operaio per sopravvivere e che, da qualche tempo, non veniva neanche invitato a scoparla settimanalmente, come aveva fatto all’inizio; la sua noncuranza, considerato che era stato sempre un amante molto caldo, la insospettì un poco.

L’unica risposta che si seppe dare si appigliò all’altra sua convinzione gratuita, che fosse un cornuto contento, oppure un cuckold slave che accettava le scelte della moglie con disinvoltura; nei momenti peggiori, si convinceva che fosse persino omosessuale e che a riscaldare il letto, da dove lei passava poco e malvolentieri, fosse qualche giovane amante ben dotato; nella sua frenesia di onnipotenza ed onniscienza niente di diverso poteva essere ipotizzato.

La mazzata dura la ebbe il giorno che lui scomparve per l’intera mattinata, assente giustificato sul lavoro, e rientrò nel pomeriggio urlando esaltato che ce l’aveva fatta, si era laureato ed ora il suo destino cambiava; lei era appena rientrata dal lavoro ed aveva in animo di andare a cena e a scopare tutta la notte con l’amante, perché le risultava che lui avesse il turno di notte; in tutta fretta, dovette chiamare Ottavio e comunicargli che non se ne faceva niente; poi gli avrebbe spiegato.

Il tarlo della perfidia lavorò in fretta e la fece decidere; visto che lui non si piegava a riconoscere la sua grandezza, lo avrebbe costretto a ammettere la sua natura di cuckold e slave; se le andava male, si sarebbe ritirata nella sua alcova e avrebbe vissuto da mantenuta di lusso; nel momento del massimo successo, Luciano doveva ammettere la sua superiorità o l’avrebbe perduta per sempre; ci volle poco a ‘noleggiare’ un bull per la notte.

Ripescò in cantina una scatola di giochi di sesso che avevano acquistato e mai usato; fissò un rigido orario, le nove di sera, al bull e offrì a Luciano di cenare loro due, a casa; tirò in lungo la cena perché si concludesse alle nove circa; fece la gattina e invitò suo marito a scopare, dopo mesi di astinenza e di distanza; l’occasione meritava qualcosa di speciale; lui non subodorò nessun tranello, la seguì in camera e, di colpo, si trovò ammanettato al termosifone e imbavagliato.

Non lo degnò di attenzione, mentre osservava i tentativi frenetici di liberarsi; gli suggerì, una volta tanto, di starsene buono, zitto e seduto; gli spiegò che da più di un anno lo tradiva perché lui non aveva mai voluto prenderla in considerazione come persona di qualità superiore; che la sua laurea diventava automaticamente un oltraggio e una dichiarazione di fallimento a lei che, dopo il lungo percorso fatto insieme, si era fermata.

Lo avvertì anche che era convinta che lui fosse cuckold e slave, che per questo gli aveva preparato lo spettacolo di una sua scopata con un bull molto ben messo da cui si sarebbe fatta fottere sotto i suoi occhi; se era vero quel che pensava, era giunto per lui il momento di fare outing e di accettare tutte le perversioni che gli avrebbe imposto; se si era sbagliata, non aveva senso convivere e lei se ne sarebbe andata in un un suo alloggio e avrebbe vissuto un’altra vita.

Stavolta, però, fu lei a rimanere inebetita di fronte allo sguardo vuoto di suo marito; l’aveva sempre visto adorante lanciare stelline e messaggi d’amore dagli occhi; per la prima volta nella vita, lo vide freddo; quelle che gli arrivarono dagli occhi furono solo lame d’acciaio; per un momento, le sorse il dubbio che avesse sbagliato tutto e che stesse buttando l’acqua sporca col bambino; ma era andata troppo oltre e non c’era più margine per tornare indietro.

Se si fosse limitata a fargli le corna di cui lui era all’oscuro, almeno formalmente, poteva sperare in un dialogo chiarificatore, che salvasse anni di armonia e di sintonia totale; forzare la mano fino a quella umiliazione metteva lui in condizione di non perdonare, se non si arrendeva; ma costringeva lei a mettere in piazza la sua prostituzione ad un sistema di valori opportunistici che non avevano niente di plausibile; Luciano laureato poteva avere un’autostrada davanti; lei era legata al cazzo di un imbecille.

Il suono del campanello alla porta le risparmiò meditazioni più dolorose; si precipitò ad accogliere il ragazzone che aveva prenotato, pagandolo un botto, con soldi di Ottavio; le apparve un gigante simile ad un armadio a più ante, alto, muscoloso, con un viso largo e sorridente fin dai grandi occhi azzurri ben intonati ai capelli ricci e biondi, da angioletto nei grandi dipinti; il pacco gonfio indicava una dotazione forse celestiale da cui si aspettava enormi dolcezze.

Lo accolse con un bacio sensuale, carnale; gli succhiò a lungo la lingua e passò la sua in tutta la bocca; sentì le mani, grosse ma delicate, stringerle le natiche quasi per impossessarsene; e sul ventre le premette una mazza di grosso spessore che la fece sbrodolare sin dal primo contatto; abbassò la mano tra i corpi e l’afferrò vogliosa, percorrendola tutta, quasi ad accertarsi della dimensione; la masturbò sapientemente da sopra i vestiti.

Lo guidò velocemente alla camera e, ritti davanti a suo marito impotente, lo spogliò rapidamente di tutti i vestiti, baciando con devozione la pelle che faceva emergere a mano a mano; si soffermò sui capezzoli e li succhiò a lungo, uno per volta; si interruppe perché anche lui la stava spogliando delle poche cose che indossava, una vestaglia che scivolò a terra dopo che ebbe sciolto il nodo della cintura, ed un perizoma ridotto ad un laccetto che copriva figa e culo con due triangolini di stoffa.

Si sentì sbattere con dolce violenza sul letto, alzò i piedi sulla coperta e allargò le ginocchia per offrirsi totalmente scosciata alla bocca di lui; rivelò una grandissima abilità a succhiarla per farla godere; gli orgasmi le esplosero immediati in rapida successione, mentre le mani forti le strizzavano i capezzoli e i denti mordevano delicatamente il clitoride; guardò suo marito letteralmente inchiodato al termosifone; gli fece il gesto delle corna con le mani.

Dopo che ebbe urlato il terzo orgasmo violento, spinse indietro il ragazzo e afferrò il cazzo che appoggiò immediatamente alle labbra; lo fece spostare col corpo in maniera che Luciano avesse la visione più chiara possibile della mazza che le violentava la bocca fino all’esofago e accentuò i gemiti di libidine e gli urletti di finto dolore per dargli la sensazione di una scopata in gola che andasse oltre ogni limite; purtroppo per lei, lui non fece una piega.

Si spostò verso suo marito e appoggiò le mani sulle ginocchia di lui che se ne stava seduto; spinse il culo indietro e il ragazzo capì che doveva manipolarle a pecorina culo e figa; si abbassò alle sua spalle e cominciò a succhiare libidinosamente i buchi e il perineo tutto, dalla figa all’ano; lei riprese a gemere di piacere guardando fisso negli occhi suo marito che pareva perduto in un’altra dimensione; non le riuscì di strappargli una qualche reazione e si incazzò ancora di più.

Il cazzo aveva reagito ed era bello duro nel pantalone; non lo sfiorò per non dargli nessun tipo di soddisfazione; ma le occhiate di gelo che le lanciava dicevano molto più di quanto avrebbe potuto dirle se non fosse stato imbavagliato; avvertiva chiaro e doloroso il disprezzo che provava per quell’umiliazione che imponeva a lui ma che, lo sapeva bene, lui leggeva anche e soprattutto come umiliazione di lei piegata a novanta gradi ad uno sconosciuto senza emozioni o sentimenti.

C’era più amore nel dolore che le mascelle serrate da far male denunciavano in lui che nella mazza che le percorreva il canale vaginale fino alla testa dell’utero; sentiva nel disprezzo di quegli sguardi l’amore che lei non era stata capace di leggere e di ricambiare come avrebbe dovuto e potuto; Luciano continuava ad amarla nonostante l’umiliazione subita e il dolore era reso più acuto dalla coscienza che stava franando tutta la delicata costruzione della vita in comune.

Non era quello, l’obiettivo che si era posta andando a vivere con lui e sposandolo; ma non lo era neppure quando aveva sbarellato ed era andata fuori da ogni limite; adesso che qualunque argine era abbattuto, si rendeva conto che aveva perso tutto; le restava solo andarsene ed affrontare l’incognita di un vita senza riferimenti, senza pilastri a cui legare la barca dell’esistenza; lui forse si era distratto per laurearsi; lei aveva preso cappello per un equivoco e aveva condotto l’errore oltre i limiti del giusto.

Decise che non aveva più tempo per filosofeggiare; nell’alcova l’aspettava un amante che l’avrebbe mantenuta, almeno finché avesse avuto desiderio della sua figa; stava a lei, ora, costruirsi i rapporti per sostituire l’amante con uno di eguale capacità; alla peggio, poteva per molti anni cercarsi un protettore e, nel caso, prostituirsi sul serio; si affidò al destino e si dedicò al bull, sganciandosi dall’asservimento al marito, che faceva risultare dominante anche mentre gli si appoggiava per favorire la scopata.

Sapeva bene che aveva pagato per due ore e che il bull non sarebbe andato un secondo oltre il tempo concordato; ormai era chiaro che il suo tentativo era fallito; Luciano non aveva dato nessun segnale di essere schiavo della sua figa e resisteva imperterrito alle provocazioni; le conveniva cedere le armi e andarsene, per evitare quanto meno la vergogna di elemosinare quello che non aveva saputo conquistarsi con una buona strategia.

Trascinò il maschio sul letto e si fece scopare a missionaria, senza neanche rivolgere più lo sguardo al cornuto schiavizzato; quando lo sentì sborrare, godette contemporaneamente di clitoride, di vagina e di utero; mai aveva provato una simile sensazione, in una scopata; lui si distese forse svuotato, ma lei prese in bocca il cazzo e con poche linguate lo riportò alla massima erezione; si stesero a sessantanove e si leccarono a lungo e con molta libidine.

Si stese supina e lo fece sedere sul suo stomaco; abbracciò il cazzo col seno matronale e strinse intorno i globi tenendoli con le mani; lui ricevette con gioia una perfetta spagnola e una succhiata conclusiva quando il cazzo raggiungeva la bocca; la lunghezza della mazza gli consentiva di godere tra le tette e in bocca, contemporaneamente; frenò l’orgasmo e lo fece raffreddare; si sistemò carponi sul letto e l’invitò a prenderla ancora da dietro; la scopò a lungo in figa.

Frenando per l’ennesima volta la sborrata, spostò la cappella al buchetto e lo unse leggermente con gli umori derivati dalla figa; la appoggiò all’ano e spinse; ma lei lo fermò perché sentiva male; si alzò, andò in bagno e tornò col gel lubrificante; lui unse diligentemente il canale rettale, l’ano e le parti circostanti; passò il gel su tutto il cazzo, appoggiò ancora la cappella, spinse e con pochi colpi fu tutto nell’intestino.

La inculò a lungo da tutte le posizioni, da dietro a pecorina, di lato a cucchiaio sdraiati sul letto prima sul fianco destro poi sul sinistro, da sopra con le sole spalle appoggiate sul letto, da davanti con le gambe alzate al cielo; quando il timer del telefono segnalò che mancava poco alla fine della sessione, sfilò il cazzo dal culo, glielo mise in bocca, si masturbò con sapienza, perché ormai l’assuefazione rendeva difficile la sborrata, e le sparò in bocca molti spruzzi; lei ingoiò tutto.

Mentre lei andava in bagno a liberarsi delle scorie delle due ore di scopata, lui si rivestì e usci alla chetichella; avrebbe fatto i conti con l‘agenzia da cui lei l’aveva preso; Mirella, uscita dal bagno, tornò in camera e lo liberò dal bavaglio; gli chiese se si impegnava a non avere reazioni violente per quello che gli aveva imposto; se se la sentiva, avrebbero parlato; ormai era chiaro che stava per andarsene e lo faceva volentieri; forse però qualche chiarimento poteva esserci; annuì senza parlare; lei lo liberò.

“Io ti amavo e ti amo; non hai voluto capire che mi sentivo trascurata e mi hai portata a farti del male, a tradirti con un essere inutile; ho pensato che fossi un cuckold e avresti trasgredito con me; non è stato così e un gesto di ribellione è diventato questa pagliacciata; adesso è tutto finito; fammi sapere cosa dovrò firmare e liberiamoci di questa palla al piede che è diventato il nostro matrimonio.”

Lui sembrava quasi non ascoltarla; aveva digitato un numero sul telefonino.

“Ciao; hai saputo che mi sono laureato? Adesso comincia la parte più bella delle tue speranze … credo che in pochi mesi i nostri sogni diventeranno realtà … No, solo depresso … Mia moglie mi ha fatto uno scherzo assai brutto ... prima mi ha finalmente confessato quello che sappiamo da un anno poi si è portata in casa uno stallone ed ha scopato sotto i miei occhi … No, se ne va; se sei d’accordo possiamo anche pensare ad una storia nostra … Ci vediamo domani. Ciao”

“Sapevi da sempre del mio tradimento? Chi è la bagascia con cui te la fai?”

“Mirella, non hai detto due minuti fa che volevi trasgredire insieme? Col tuo stallone sì, con la mia donna no? Come credi che funzioni la vita? A te è dovuto tutto; tu non devi niente?”

“Sì. È così; tu dovevi fidarti del mio amore perché te lo avevo dimostrato per tanti anni; mi dovevi dare prova del tuo accettandomi, amandomi e riconoscendomi superiore a te; adesso, con la laurea, hai scavato ancora più il distacco tra noi!”

“Io ti ho sempre considerato intelligente; ma la tua logica assurda mi da parecchio da pensare; tu hai dimostrato amore per anni; e io? Non ti ho amato abbastanza perché non mi sono ridotto a zerbino e non ho rinunciato ai miei sogni di laurea, di lavoro migliore? … Non era questo l’obiettivo che, in pieno amore, avevamo costruito insieme? Non sei stata tu a tradire perché non hai seguito i corsi universitari? Perché avrei dovuto accettare una superiorità che tu affermi e che non dimostri, prendendoti amanti imbecilli, l’hai detto tu, e stalloni che ti sbattono come un tappeto, l’ho visto io?”

“Chi è la donna a cui hai telefonato?”

“Potrei rispondere che non mi hai detto chi è l’ameba che ti mantiene o lo stallone che ti ha sbattuto! Hai ancora la faccia tosta di usare due pesi e due misure? Credi davvero di dimostrare amore e volontà di recuperare con queste piccinerie? Meglio che te ne vai; ormai sei perduta per sempre; posso solo augurarti buona fortuna e suggerirti di stare attenta, perché certi colpi possono arrivare anche a te; in quel caso, non avrò nessuna pietà e pagherai il conto di tutto.

Se proprio ti va di sapere con chi ho parlato, prova a riflettere quali sono le nostre entrate; visto che sei anche ragioniera, anche se non ragioni correttamente, puoi valutare subito che, nelle nostre condizioni, gli studi universitari non me li sarei potuto permettere se non con difficoltà enormi e prestiti; per mia fortuna, qualcuno mi ha sostenuto e mi offre la possibilità di crescere nel lavoro; comunicare che mi sono laureato e che i suoi sforzi non sono stati inutili, era il minimo del mio dovere.”

“Il signor Perfettino ha ancora ragione, la signora imbecille non ha capito niente; tu sapevi tutto e hai taciuto; io non so niente e neppure capisco che ti sei laureato per noi, per la famiglia che eravamo! Beh, me ne fotto di te e della famiglia, voglio essere libera, soprattutto di scopare con chi, quando, come e dove mi piace; fottiti tu e la tua amante; vedremo chi andrà alla Caritas per chiedere l’elemosina!”

“Mirella, mi fai tanta pena che neppure ricambio le minacce e i malauguri che tu lanci; sappi che in qualche mese sarai sparita dalla mia vita; di nuovo buona fortuna e adesso porta da quell’ameba del tuo protettore l’odore di maschio che ti accompagna.”

Fu l’ultima volta che vide suo marito; dopo un mese un avvocato le diede delle carte da firmare e tornò singola, in attesa del divorzio, di lì a qualche anno.

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Ne passarono cinque, di anni, prima che tornasse a vedere Luciano; in quei sessanta mesi, Ottavio la cancellò dalla sua vita perché sua moglie gli impose l’alternativa tra il benessere e la vita grama con l’amante; lo sostituì dopo poco con un altro imprenditore della stessa risma e poi con un altro ancora, che dovette comunque liberarsi di lei per non scontrarsi con la potente moglie; infine con un quarto; non realizzò molto, in quei mesi, quasi niente; trascinò la vita senza scopi.

Era riuscita a farsi ricevere dalla borghesia ‘bene’ della città e, con gli amanti, partecipava a feste e cerimonie ma sempre in una condizione subalterna, da ancella alla corte di principesse; da tempo si faceva un gran parlare di un personaggio nuovo che le donne adoravano e i maschi temevano; pareva che avesse rastrellato beni di tutti i produttori e che godesse a massacrare i mariti, mentre era acclamato dalle mogli che ne osannavano le capacità amatorie.

C’era nell’aria forte agitazione per la festa dell’Associazione degli Industriali; pareva che il personaggio si fosse deciso ad uscire allo scoperto e tutti, produttori e mogli, erano stati invitati; tutti, presi da curiosità, avevano accettato; Mirella aveva ricevuto uno strano invito, dalla tenutaria di un’agenzia di escort che l’aveva presentata come ragazza di agenzia; non era vero e lei non aveva nessun requisito per fare la escort; accettò solo per esserci, in quell’importante consesso.

Anziché a una persona, come era per tutte le giovani dell’agenzia, fu destinata a un tavolo dove c’erano i suoi quattro amanti con le consorti; inutile dire che fu accolta dalle signore come la peste e isolata subito; i mariti, che pure si erano piegati a strisciare per scoparla, finsero di pensare ad altro; la curiosità di sapere chi fosse il personaggio atteso si fece per lei frenetica.

Improvvisamente, un tipo molto elegante, ma dalle movenze assai dubbie, andò a sedersi accanto a lei; si ritrasse un poco, impressionata; fu Ottavio, il suo primo amante, ad invitarla a stare serena perché Franco, così si chiamava il tizio, era notoriamente gay; il nuovo arrivato si presentò con garbo e raffinatezza; Ersilia gli chiese provocatoria dove fosse finito il capo; lui le ricordò che Letizia era stata la sua prima mallevadrice e che lui stava appunto parlando con lei.

Fatta chiarezza che era l’emissario del personaggio misterioso, le quattro mogli, ma soprattutto Ersilia, gli chiesero se davvero aveva intenzione di assorbire le loro aziende e di metterli sul lastrico.

“Ersilia, tu che ci hai scopato, e con gioia a quel che mi dice, sai perfettamente che non farà mai male a una donna che ha amato, anche solo per una notte; con voi quattro non ha problemi; ma i vostri mariti devono pagare le loro colpe; quando sarà qui, vi chiederà se volete cedere in tutto o in parte i vostri possessi, a patto pregiudiziale che i mariti siano lasciati del tutto fuori.”

“Concretamente, come farà?”

“Se volete sistemare definitivamente le cose, cedete i titoli di proprietà, in cambio dei debiti accumulati, e vi liberate di mariti e di aziende; se volete mantenere i piedi in due staffe, cedete la metà dei possessi e licenziate i mariti; lui affida a me la direzione delle vostre fabbriche e si tiene la metà della proprietà … “

“Ragazze, io sono per la seconda soluzione; cedo la metà del possesso e divento socia di lui; Ottavio va a fare in culo da qualche parte; se protesta, divorzio; Franco amministratore mi convince; è stato sempre molto abile in affari e sono certa che risolleverà l’azienda dall’abisso in cui l’ha gettata mio marito per la sua eccessiva prodigalità con le amanti … Voi cosa pensate di fare; ma, ancora prima, che rapporto avete con lui?”

“Ersilia, non fare domande retoriche; ciascuna di voi per una notte ha avuto amore da Luciano; potrei dirvi anche quando, visto che sono il suo confidente; non ha amato nessuna perché il suo amore si era già bruciato nei capricci di una donna; la colpa è dei vostri mariti; per questo, pagano duramente; se potesse, li manderebbe per stracci; ma il capo è persona di gran cuore; ha scelto di punire i colpevoli e di aiutare le innocenti.”

“Stai dicendo che il grande assente è il mio ex marito? Se sei il suo confidente, è chiaro che sai anche questo; riesci a spiegarmi allora che ci faccio qui?”

“Quindi è a lui che tu e i caproni avete fatto le corna in questi anni? Mi dispiace di non avere avuto più occasioni per restituirvi il male fatto … Corna per corna sarebbe stato l’ideale!“

“Ersilia, non te la prendere; c’era già chi prendeva il posto di una moglie indegna di esserlo; Letizia da quando lo vide in un capannone della fabbrica e volle scoparselo, lo ha fatto crescere come una piantina di serra, delicata ma decisa e piena di prospettive; lo ha guidato dalla laurea, che ottenne pochi mesi dopo che se lo portava a letto, fino al mostro di abilità, di saggezza, di potenza, di qualità che è oggi; lui prima risollevò le sorti dell’azienda di lei che il marito aveva affossato poi ha creato un impero che domina da padreterno; io lo adoro e sono felice di essere una pedina nel suo gioco di incastri.”

“Era a Letizia, allora, che comunicò la notizia della laurea, la sera che tornò dall’Università …. “

“La sera delle manette? Sì; da lì cominciò la sua crescita; dopo un anno da quella volta, Letizia lo mollò perché aveva un altro ragazzo più giovane, per soddisfarla; lui ha fatto da solo ed ora è semplicemente adorabile … “

“Franco, ne sei innamorato?”

“Da morirne, Mirella; se me lo chiedesse, gli darei il mio sangue; tutto gli darei, ma non perché sono gay e vorrei scoparmelo; no; solo perché ammiro la sua grandezza e spero di essere in grado di aiutarlo a crescere; il mio amore è uguale a quello che lui aveva per te; sarebbe sciocco innamorarsi di un uomo che ha sacrificato il cuore a un donna che non lo ha meritato, forse mai … “

“In questo ti sbagli .. e di grosso anche … Ho sbagliato tutto, non merito e non chiedo niente; ma ti assicuro che l’amore, quello che mi fece vivere con lui dall’asilo al matrimonio e poi alla follia, beh, quello non è mai venuto meno; lui lo sa; ho scopato, con queste quattro nullità che nemmeno un dito valgono del mio ex marito; ma lo amo oggi come quando mi lasciai sverginare; non sono in grado di gestirmi come lui sa fare; non saprei dove cominciare per fare quello che lui fa; per questo divenni gelosa e aggressiva; ma era l’amore equivocato a farmi fare cazzate, non il disamore.”

“Mirella, scusami; ma, dalle mie parti, si dice che ‘una lavata, un’asciugata e non è stata neppure usata’; Luciano lo sa benissimo; perché credi che ti abbia cancellato pur amandoti come Franco testimonia?”

“Ersilia, non mi contesta le scopate, quali e quante non importa; ho sbagliato a non dargli fiducia, a far prevalere l’orgoglio; se avessi scelto di studiare con lui, ci saremmo laureati insieme, assai prima; fui arrogante e non volli frequentare l’università; mi convinsi che non mi amava, non apprezzava le mie qualità; tuo marito mi fece girare la testa rendendo omaggio alla bellezza, alla intelligenza; fui io a dominarlo finché tu ponesti il veto; lui non ha contato niente, come gli altri; Luciano non riesci a dominarlo.

E’ una forza della natura e ti fa a pezzi se non entri in sintonia; non vedi come mi sta stracciando? Sono qui come escort, ti rendi conto? E potrei essere qui come sua moglie, come la compagna del grand’uomo; qualche anno fa, la stupida che ero si sarebbe ribellata al solo pensiero di essere ‘sua’ moglie, gli avrebbe sbattuto in faccia che non era di nessuno; e invece Franco mi sta insegnando che sono sua anche quando credo di essermi ribellata.

Essere sua non significa essergli schiava; già mi rimproverò, quando mi vide a novanta gradi sotto uno stallone, che non consideravo quella una sottomissione e mi ribellavo a lui che mi guidava con il buonsenso; non è questione di lavare la sborra di una o di mille scopate; dovrei trovare la forza e il momento per dirgli che non è morto il bambino che avevamo dentro, quell’amore pulito che avrebbe dovuto guidarci, che io ho seppellito e che ora mi torna davanti come fantasma … “

“Se vuoi trovare una strada devi cercarla; quella dell’amore è inconfondibile, per chi abbia voglia di cercare sul serio come faceva una ragazza troppo immatura e confusa che a vent’anni si sposava con il suo amore e dopo cinque stupidamente si ribellava; io, cercando quella ragazza, ho sbattuto il muso contro una fogna; forse, tu puoi ancora cercare, per tuo conto o con Franco, con Ersilia, con chi ti voglia bene, chi voglia il tuo bene, capisci?

Io ho già scelto il mio percorso e sto benissimo con me stesso e con la donna che ora mi accompagna serenamente in un percorso che non è semplice; non lo è mai stato; ma Lucia accetta di farlo con me, senza illusioni stupide o aggressioni inutili; sono qui per dirvi che mi sposo e torno monogamo, fedele e attento alla mia nuova famiglia; grazie a tutte per il piacere vissuto e addio a tutte quante, a cominciare dalla ex moglie!”

Luciano era comparso dal nulla e le stava dietro, immobile come una statua di sale, ancora una volta come cinque anni prima ammanettato a un termosifone.

“Franco, mi trovi un angolo dove cominciare a non fare la mantenuta ma a lavorare sul serio per essere me stessa, accanto a qualcuno che mi guidi e mi voglia almeno bene, visto che l‘amore l’ho buttato in una fogna?”

“Capo, io ho bisogno di una segretaria; posso scegliere la tua ex moglie, prima che tu ci ripensi e le fai pagare a caro prezzo gli errori del passato? … “

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