A letto con un ragazzo
A letto con un ragazzo
Quando entrai per la prima volta nella terza F, l’ultima classe del corso che mi era stato affidato, la meraviglia che si disegnò sui volti degli alunni, tutti dai sedici anni in su, fu lo specchio di quella che avevo visto comparire più volte sulle facce degli alunni più grandi nelle mie esperienze didattiche; ma fu anche la stessa espressione che puntualmente si disegnava sui visi dei maschi che incrociavo nelle passeggiate di shopping fuori città o sulle spiagge, d’estate, quando i bikini sottolineavano le mie forme.
Ventotto anni, nel pieno fulgore della mia bellezza; due gambe statuarie che reggevano fianchi disegnati col compasso; due natiche che una naturale lordosi mandava al cielo, favorite da tacchi regolarmente assai alti; un seno carnoso e prepotente, con due capezzoli che, rizzandosi, sembravano bucare i triangoli di stoffa del reggiseno; un ventre piatto assai magnetico e un ombelico da Venere; ero e sapevo bene di essere un animale da sesso assai provocante.
Lo sapeva bene anche mio marito che mi aveva ‘sedotto’ che non ero neppure maggiorenne e, nei dieci anni successivi, mi aveva posseduto in tutti i buchi, in ogni modo e con tutte le tecniche amatorie possibili; dotato di una bella mazza quasi insaziabile, non mi aveva risparmiato niente e mi aveva fatto godere quasi ogni giorno con la mia più convinta ed intensa partecipazione; i nostri incontri sessuali avevano avuto un ritmo quasi quotidiano fino a qualche anno prima.
Ma non mi era mai stato fedele; sin da quando si era preso le mie verginità, nella sua incontrollabile incontinenza di lussuria, aveva cercato tutte le femmine disponibili per dare il meglio della sua esuberanza talvolta lasciandomi a secco quando era trattenuto troppo a lungo dalle sue amanti e non veniva a casa per un’intera notte; mi ero rassegnata al nuovo regime, ma qualcosa dentro ribolliva e mi spingeva a restituire il male fattomi.
Quando fui assegnata definitivamente al liceo dove avevo studiato, entrai nell’aula dei maturandi con l’intenzione di affascinare tutti i giovanotti e di ‘vendicarmi’, stordendoli con la mia bellezza, delle volte che mi ero sentita snobbata ed esclusa perché ancora ritenuta ‘brutto anatroccolo’, con la macchinetta ai denti e gli occhiali spessi, prima che la bellezza facesse esplodere il ’cigno’ nascosto dentro di me.
Sapevo che quei ragazzi non avevano colpe delle umiliazioni imposte dai compagni di classe, ma per una volta volli mettermi nella schiera di quelle che dominavano i maschietti e feci in modo da non passare inosservata agli occhi di giovani in piena tempesta ormonale; in qualche modo, rendevo la pariglia anche a mio marito che continuava a venire a prendersi la sua razione di sesso solo dopo avere ampiamente soddisfatto le sue amanti.
Sapevo di ‘giocare sporco’; ma ormai era il momento di scegliere la mia collocazione e di seguire l’istinto; molti di quei ragazzi mi stimolavano fortemente il bisogno di lussuria per sopperire alle violenze fisiche e morali che mio marito imponeva, in nome di un ruolo arcaico e vergognoso di individuo alfa dominante nella coppia; senza contare che alcuni di quei ragazzi, assai vicini alla maggiore età, non esitavano a dedicarmi languide occhiate e silenziose dichiarazioni di amore.
Quasi inevitabilmente, il ‘prurito di vulva’ mi prese di colpo una mattina che, in classe, mi trovai di fronte a Francesco, il mio alunno più anziano, da cui mi dividevano meno di dieci anni; involontariamente, mi fece notare la sua erezione dalla quale si deduceva un arnese forse superiore a quello di mio marito e del quale non avevo manipolato simili nella mia breve esperienza; l’idea di passare a letto con lui un lungo pomeriggio di sesso e di passione mi turbò spesso finché non cedetti a me stessa.
Era sabato e sapevo che mio marito non sarebbe tornato da me fino al mattino della domenica; lo invitai a venirmi a trovare a casa con la scusa della revisione di un suo elaborato; capì immediatamente che volevo concupirlo; lui aveva tante volte manifestato la voglia di copulare con me; sicché, non ci fu bisogno di convincersi; poiché non aveva ancora compiuto i diciotto anni e comunque era ‘figlio di famiglia’, non era pensabile un incontro serale o notturno, visto che doveva tornare a casa.
Gli dissi di passare intorno alle cinque del pomeriggio e mi preparai alla copula; scelsi un intimo particolarmente provocatorio che avevo acquistato proprio per un’occasione del genere; il reggiseno era costituito da due strisce che inquadravano le mie tette carnose, sode e gonfie che sfidavano tutte le leggi della natura per ergersi prepotenti con i capezzoli puntati in avanti.
Il perizoma aveva solo un triangolino di stoffa che a malapena copriva la vulva totalmente depilata e per il resto era una lunga striscia di stoffa che spariva tra le natiche ampie e matronali, fatte per essere maltrattate e usate a lungo; alle calze rinunciai, perché non indossai abiti ma solo una vestaglia; mi lavai accuratamente e, visto che non potevo fare previsioni, mi pulii anche l’intestino con un accurato clistere.
Avevo fatto sesso nel retto con mio marito, mi era piaciuto ed ero decisa a farlo anche con Francesco, anche se la dimensione intravista non era rassicurante, al confronto col mio ano piccolo e stretto, che non era stato poi tanto maltrattato, con poche penetrazioni sempre di mio marito; mi depilai accuratamente e mi passai qualche goccia di profumo su tutto il corpo; mano a mano che procedevo nella preparazione, mi rendevo conto di quanto fosse volgare e offensivo per il mio uomo; ma il desiderio di imporre la mia libertà, a quel punto, diventava addirittura ossessivo; quando Francesco bussò al mio appartamento, ero ansiosa e fibrillavo come al mio primo appuntamento, tanti anni prima; mi apprestai a incontrarlo con la stessa ansia, la stessa voglia e la stessa curiosità con cui affrontai il primo ragazzo che mi avrebbe baciato con la lingua.
Aprii la porta con il cuore in gola; mi presentai con la vestaglia già mezza aperta che gli faceva intravedere il mio corpo in pieno splendore; lo invitai a entrare e, appena ebbi chiuso, lo avvolsi in un bacio così appassionato che non ricordavo di averne dato mai uno simile; le mie labbra si strinsero sulle sue come una ventosa e lo risucchiai tutto nella bocca, poi la lingua s’insinuò con forza e perlustrai i denti, le gengive, il palato, portando in lui tutta la saliva che la libidine mi faceva produrre a iosa.
Intanto mi prendevo tutta la lussuria che lui sbavava per il piacere; sentii il suo fallo gonfiarsi nel pantalone, contro il mio inguine, e per la prima volta ne assaporai la meravigliosa consistenza mentre mi strofinava la vulva procurandomi fitte di piacere che mi portarono rapidamente a un primo piccolo orgasmo; ancora una volta, l’idea di calpestare lo strapotere del maschio e di regalarmi una copula sazia e piena mi faceva godere assai più della mazza che mi stimolava l’inguine; abbassai la mano tra di noi; e la presi tutta, da sopra i vestiti; mi sentii sciogliere quando mi accorsi della sua consistenza.
Quasi non mi riusciva di tenerne la circonferenza tra pollice e indice e con una mano riuscivo a coprirla solo per un terzo; quasi con frenesia lo trascinai verso la camera da letto, lasciai cadere a terra la vestaglia, mi presentai a lui con l’intimo striminzito e con gesti frenetici presi a spogliare anche lui; sfilata la maglietta, mi fiondai sui pettorali curati e tenuti in esercizio con tanto sport, afferrai con le labbra i capezzoli, li succhiai uno alla volta e sentii l’asta che vibrava nella mano.
Strappai giù, insieme, pantaloni e slip e finalmente mi apparve il sogno di quell’incontro, un fallo che mi apparve immenso, anche se in realtà era solo di qualche centimetro più grosso di quello di mio marito; ma questo si caricava dell’ansia della trasgressione, della voglia non di farmi possedere ma di violentarlo a modo mio; Francesco era in fondo solo un ragazzo appena cresciuto; probabilmente non aveva nessuna esperienza di rapporti sessuali; gli chiesi per curiosità se era la prima volta per lui.
Mi disse che era la prima volta che aveva una donna tutta per lui nuda, in una camera da letto, e che soprattutto quella donna era da tempo il suo mito sessuale, che si era masturbato moltissimo, e assai volentieri, su di me; gli dissi che se non faceva stupidaggini e la cosa passava sotto il massimo silenzio, avevo anch’io voglia di fare molto sesso con lui, di insegnargli e di imparare tutti i modi di copulare.
Quasi in risposta, mi spinse supina sul letto, coi piedi ancora sul pavimento, s’inginocchiò tra le mie cosce e prese a ‘mangiarmi’ con voluttà la vulva, leccandomi a lungo le grandi labbra e quelle piccole fino a raggiungere il clitoride che chiuse nelle labbra e cominciò a succhiare con voluttà; sentivo che, nonostante l’inesperienza per la giovane età, riusciva a strapparmi un piacere immenso dal sesso e cominciai a lamentarmi della goduria che mi procurava.
Finché il mio gemito si trasformò in un urlo che poche volte avevo lanciato nei miei incontri sessuali con mio marito; mi abbattei sul letto sfinita e lui mi venne a baciare sulla bocca con libidine mentre le mani percorrevano i seni e strizzavano i capezzoli; la sua bestia meravigliosa si assestava fra le mie cosce e sentivo che mi strusciava tutta sulla vulva strappandomi ancora altri gemiti di piacere.
Decisi di concupirlo io; lo spinsi supino al centro del letto, gli saltai sul ventre e m’impossessai del suo manganello di carne; a malapena riuscivo a tenerne i due terzi, con ambedue le mani; la cappella viola, grossa come un fungo, sembrava ammiccarmi complice; la cominciai a leccare delicatamente e metodicamente, dalla circonferenza di base alla punta, infilando la lingua nel meato urinario e passandola sul frenulo da cui strappavo urli di piacere.
Quando la feci entrare tutta in bocca e la spinsi fino all’ugola, per un attimo dovetti fermare un conato di vomito, poi la adattai lentamente, gustando la sericità della cappella, la consistenza dell’asta e il piacere di scappellarla mentre la succhiavo; pompò un paio di volte nella mia bocca; spinsi la punta contro la guancia mentre lui copulava e non riuscii a frenarlo quando spinse con sempre maggiore violenza e alla fine esplose in un orgasmo che mi mise in difficoltà.
Dovetti frenare con la lingua lo sperma che spruzzava e raccoglierlo adagio nella cavità, ingoiandone poco per volta per non soffocare; ma lo bevvi tutto, perché mi era sempre piaciuto farmi godere in bocca e ingoiare lo sperma per impossessarmi del sapore di lui; il ragazzo ne sembrò spaventato; forse conservava ancora qualche retaggio di prevenzione contro l'antigienicità del gesto; mi limitai invece a muovergli il rimprovero che m’interessava di più.
“Devi cercare di resistere; se vieni troppo presto, poi non ci resta margine per godere!”
“Tu credi? … “
Sembrava deridermi e avvertii che la mazza già si gonfiava nella mano dove la tenevo; sentire quel sesso giovane e pulsante gonfiarsi al contatto fino a farmi delirare di voglia, mi riempì ancor più di voluttà e di desiderio; mi stesi sul letto, me lo tirai addosso, aprii le cosce e mi feci penetrare in vagina; non fu un percorso semplice; quel randello sembrava trovare mille difficoltà a entrare in un utero che giovane non era.
Sentivo l’asta forzare le pareti del condotto e godevo a ogni spinta, a ogni cedimento, a ogni sfregatura contro le pareti della mazza che avanzava; quando la punta spinse contro la testa dell’utero, urlai con tutto il fiato che avevo in gola e scoppiai in un orgasmo che non aveva niente di umano; squirtai sicuramente, e non poco, vista la condizione in cui poi avrei trovato le lenzuola; Francesco divenne quasi violento mentre mi montava come un autentico stallone fino ad esplodere.
Era troppo, anche per la sua resistenza; crollò sopra di me e dovetti spostarlo a forza di lato per alzarmi dal letto e andare in bagno; mi lavai e sfilai perizoma e reggiseno inutili, mi passai un poco di crema emolliente sulle grandi labbra maltrattate, presi il tubetto del lubrificante anale e tornai sul letto; mi diede solo il tempo di sdraiarmi e mi fu sopra; prima si lanciò in un meraviglioso 69 e mi venne a brucare la vulva, spazzolandomela con la lingua aperta e morbida.
Poiché ero sopra di lui, allungò la leccata fino all’ano e lo ammorbidì in parte, mentre io mi dedicavo alla sua mazza meravigliosa e me la facevo scivolare su tutto il corpo, specialmente sui seni e tra le mammelle, in una spagnola anomala; poi lo presi in bocca e, mentre lo succhiavo, cercai di farmene entrare in gola quanto più potevo, in una sorta di strana sfida tra me e lui, finché quasi toccai con le labbra il pelo pubico e capii che di più non potevo.
Francesco aveva visto il tubetto del lubrificante, aveva capito la mia intenzione, e provvide immediatamente a ungere l’ano e il canale rettale, infilandoci prima un dito e poi progressivamente altri due finché ruotarono liberamente; mi fece sistemare carponi sul letto col sedere alzato al massimo, mi venne alle spalle e cominciò a spingere dentro il suo mostro; gli raccomandai di fare piano, mi rassicurò e spinse lentamente.
Dopo qualche sosta per doloretti miei, entrò fino in fondo, sentii i testicoli sulla vulva, il ventre sulle natiche e capii che il mio sedere era suo, ma anche che la sua mazza era completamente mia; mi montò come un cavallo selvaggio, senza rispetto, senza requie, senza esitazione; ed io godetti da morire; ogni tanto vedevo rosso e perdevo il senso del tempo, dello spazio e delle persone; non sapevo più dove fossi, con chi, perché e che cosa stessi facendo.
Semplicemente godevo fino a perdere i sensi; quando mi risvegliai dalla trance in cui ero piombata, lui era in bagno che si lavava ed io ero in una sauna di sudore, di umori, di sperma; corsi in bagno anch’io e mi ficcai sotto la doccia; sotto il getto non smettevamo di baciarci, di toccarci, di titillarci e lui mi fece godere ancora due volte.
“Non ho mai copulato con tanto gusto, con tanta gioia … “
Mi disse quasi estasiato.
“Non credere; neppure io avevo mai goduto tanto; è stato bellissimo!”
Ritornammo a letto e riprendemmo; riuscì a eiaculare cinque volte quel pomeriggio, ancora una volta in bocca e in vagina, dopo la prima serie; io non contavo più gli orgasmi raggiunti, ma ero disfatta quando lui si rivestì e tornò a casa; per fortuna l’indomani era domenica e potevo poltrire a letto, gustando il ricordo di quelle copule indimenticabili e meravigliose; erano passate da poco le undici ed ebbi il tempo per prepararmi un cena veloce, consumarla e fiondarmi a letto.
Desideravo solo rilassarmi dopo la stancante sessione di sesso dell’intero pomeriggio; rinunciai a fare la doccia ed a preoccuparmi dello sperma che sentivo riempirmi vagina e retto, dove Francesco aveva eiaculato per ultimi; per evitare perdite che potevano insozzare le lenzuola, indossai uno slip e un salvaslip destinati a contenere la fuoruscita degli umori; riuscii a prendere sonno e quasi non mi accorsi che mio marito, qualche ora dopo mezzanotte, era rientrato.
Si mosse al buio e venne a sdraiarsi nudo al mio fianco; quando sentii il calore del corpo e la mano scivolare sulle natiche, decisi di continuare a fingermi addormentata, in parte perché ce l’avevo a morte con lui che, forse insoddisfatto della serata di copule, veniva a prendersi l’amore che non sapeva ricambiare; in parte perché temevo che, penetrandomi in vagina o nel retto, scoprisse che ero piena del succo dell’amore del ragazzo di cui ignorava anche l’esistenza.
Qualcosa non doveva avere funzionato, nella sua serata di grande amante, perché cominciò a carezzarmi con grande insistenza, baciandomi su tutta la schiena, poiché mi ero stesa bocconi sul letto, e cercando di infilare la mano nei buchi per titillarmi; non potevo continuare nella mia recita e dovetti gemere una serie di ‘no’ lamentosi e incavolati; non se ne diede per inteso, scivolò lungo il mio corpo disteso, mi divaricò le gambe e si impossessò con la bocca del sesso.
Ero molto agitata ed indecisa; se si fosse accorto che la mia vagina era gonfia dello sperma di un altro, c’era il rischio di una lite furibonda dagli esiti imprevedibili; se non se ne fosse accorto, avrebbe scatenato il mio disprezzo inguaribile per la stupidità che dimostrava, invece della sicumera che dichiarava nella conoscenza del sesso e dei rapporti sessuali; non potevo comunque fare niente, nella logica sopportata per anni da subalterna al suo dominio; decisi di tacere.
Bofonchiai che non mi ero lavata e che non pensavo di essere troppo pulita là sotto; mi rispose arrogantemente che quello era il suo piacere, che se lo prendeva come meglio gradiva e che ‘quel che non ammazza ingrassa’; facevo bene a stare zitta; mi prese per le anche e sollevò il corpo per avere più comodamente davanti a se il bacino che prese a leccare da dietro, spostando slip e salvaslip; passò più volte, a spatola, la lingua sul perineo e infilò più volte la punta nei buchi della vulva e dell’ano.
Nell’azione, raccolse tutto quello che gli capitava in bocca, soprattutto lo sperma del ragazzo misto ai miei umori vaginali; sentii con fastidio che godeva a succhiare ed ingoiare; pensando alle proteste assurde solo all’idea di succhiare un fallo maschile, mi veniva da ridere e da rabbrividire al tempo stesso, per la crassa ignoranza che dimostrava con le sue dichiarazioni da cavernicolo a cui i gesti inconsulti rispondevano con esiti opposti.
Insomma quella stessa ipotesi di ingoiare lo sperma di un maschio, che lucidamente considerava turpe, metteva in atto succhiandola dalla mia vagina e dal retto; a stento mi trattenni dal farglielo osservare svergognandolo apertamente; lasciai correre e preferii che si umiliasse da solo; ma, a quel punto, avrei verificato tutte le possibilità di sfogare le mie voglie libidinose col giovane studente, se avesse dimostrato di essere abbastanza riservato da tacere sul nostro incontro.
Con mio marito, decisi di essere perfida fino in fondo e di favorire la sua dabbenaggine senza rivelargli niente; fingendo di svegliarmi totalmente solo a quel punto, lo avvertii che ero molto stanca dal lavoro e che non mi sentivo in grado di corrispondere a tutte le sue voglie; mi invitò a lasciarlo fare senza impegnarmi molto e mi penetrò alla missionaria; mi montò, come al solito, in maniera aggressiva e selvaggia e mi esplose nell’utero una lunga eiaculazione che bloccai con lo slip.
“Sai, certe volte mi viene da pensare che la mia migliore amante sei tu, nonostante il matrimonio … “
“Se te lo meriterai, un giorno forse ti dimostrerò quanto sono brava e quanto ti faccio godere senza che te ne accorga! … “
Generi
Argomenti