Scherzetto o dolcetto... per cani
“Sansone attacca gli altri cani, non c’è niente da fare” mi giustifico con mia moglie rientrando dalla “pisciatina” serale.
“Ebbene maritino mio” mi risponde lei “questo non giustifica il tuo ritardo. Una normale passeggiata prende 20 minuti e tu ce ne hai messi 30.
“Ma non è colpa mia, te l’ho detto, il cane…”
“Non voglio giustificazioni” mi fulmina “Sansone, vai nella tua cuccia!” Lo splendido alano nero obbedisce con prontezza, si fa all’ingresso della villetta ancora aperto e si intrufola nella sua dimora. “Chiudi la porta, maritino mio. Per questo tuo ritardo subirai una punizione, te ne rendi conto?”
“Sì, mi rendo conto” rispondo, rassegnato.
“Vediamo, la scorsa settimana” continua a lei “era il mio onomastico, e sai cosa ti è toccato, me lo vuoi ripetere?
“Mi hai frustato, in ginocchio completamente nudo, nel salotto di casa, col tuo delizioso nome inciso sul petto con una lama presa dalla cucina”.
“Hai buona memoria. E ti ricordi quante frustate ti ho dato?”.
“Sì, mi hai concesso l’onore di contarle, sono 51”.
“E dove ti ho colpito, sii più preciso”.
“30 sulla schiena e 21 sul petto” rispondo.
“Bravo, hai detto bene” mi concede” e come mai ci siamo fermati a 51?
“Mi… mi sono messo a piangere” ammetto io.
“Mi sono messo a piangere, mi sono messo a piangere!” ripete il pappagallo di casa.
Qui bisogna fare un inciso: il pappagallo è il pupillo di mia moglie, ogni suo ordine e ogni mia supplica sono puntualmente ripetuti dal caro animale, durante le nostre piccole vicende familiari.
“Bene” prosegue mia moglie, approvando l’intervento del pennuto” devo ammettere la tua sincerità. “Tu sai, capisci, che hai un debito verso la tua cara mogliettina?”.
“Sì cara” ammetto io” la punizione era di 60 battute”.
“Quindi ne rimangono 9” sibila lei crudelmente “considerando la penale di 30 battute per avere interrotto la tua punizione, più le 40 che meriti per il ritardo di oggi, quanto fa? Rispondimi, visto che fai il commercialista!”.
“79″ rispondo deglutendo” ma ti prego mia cara…
“79! 79!” ripete il pappagallo.
“Non ribattere, accompagnatore di cani, o ti verranno raddoppiate”.
Io mi inginocchio di fronte a lei: “Ti prego, amor mio, non aumentare ancora la punizione”.
“Non lo meriti, ma accondiscendo perché, da quel vigliacco che sei, potresti svenire, e io non voglio vedere il tuo schifoso corpo bianco raggomitolato sul tappeto”.
Mi inchino di fronte a lei fino a baciarle le scarpe.
“Non ti permettere” mi redarguisce “di baciare le mie scarpe prima che io te lo abbia permesso. Ora ti voglio nudo, su presto, spogliati, ti do 30 secondi, dopodiché la punizione aumenterà di 20 colpi! “Trenta secondi! Trenta secondi!” articola il pappagallo.
Trafelato, mi accingo ad eseguire. In un attimo sono nudo inchinato ai suoi piedi.
“Ecco” comincia lei ”adesso puoi leccarmi le scarpe, dico leccare e non baciare, bada bene”.
Mi accingo a leccarle il cuoio delle calzature.
In questi momenti non cesso, sebbene molto frequenti, di sentire tutto me stesso strizzato da un piacere infinito. Io, nudo, nel salotto di casa, dove di consueto riceviamo i nostri amici, che mi umilio di fronte alla mia amata.
“Ora dovrai attendere sdraiato a pancia in giù mentre io mi cambio “aggiunge mia moglie “nel frattempo, parla col pappagallo”
Il buon animale, come se avesse capito, dal suo trespolo batte le ali “a pancia in giù, a pancia in giù!” ripete festoso. Attendo con il viso sul tappeto. Il naso schiacciato mi fa respirare rumorosamente. Dopo poco mia moglie rientra nella stanza. “Ti concedo di metterti in ginocchio” mi ordina. Io lo faccio e posso finalmente ammirarla: è splendida. Si è spogliata rimanendo con un reggiseno che le regge i capezzoli senza coprirli, reggicalze nero e calze semitrasparenti dello stesso colore, perizoma assente con la sua divina figa rasata esposta al mio sguardo, sandali col tacco alto a mettere in risalto i suoi piedi stupendi. Nella mano destra stringe l’impugnatura di un gatto a nove code.
“Su, mettiti carponi, che ho una sorpresa per te” ordina con la sua voce dolce e autoritaria insieme. “Non dimenticarti, sono 79”. Detto questo posa la frusta sulla mia schiena e scompare di nuovo nell’altra stanza. Cosa riserverà per me? Fermo nella posizione da lei voluta me lo chiedo con un misto di preoccupazione e di eccitazione. Ecco che ritorna, portando tra le mani una zucca vuota, incisa in modo che compaiano una bocca e due occhiacci cattivi. “Dolcetto o scherzetto? Oggi è Halloween, te lo ricordi?” mi dice sorridendo splendida nella sua mise. “Ho pensato che ti farebbe piacere questo omaggio in questa notte che sarà anche la tua festa”.
“Ma cara, la notte è lunga” replico.
“Non importa, anzi, la tua punizione durerà fino a domani”.
” Ma io…” imploro “non saprò resistere tanto”.
“Dovrai” mi impone la consorte “perché alla fine… indovina”.
“Non saprei” ammetto.
“Oggi avrai lo scherzetto e domani…” nel mio cuore una esultanza di gioia. Balbetto incredulo: “Avrò il dolcetto?”.
“Esattamente amore mio, ma prima dovrai essere bravo. Intanto leccami le dita dei piedi”.
Mi precipito ad eseguire.
“Con calma, passa la lingua sullo smalto delle mie unghie. Se sarai bravo, ti farò leccare anche tra le dita”.
“Ssì signora” deliro “davvero non potrei desiderare onore più grande”.
La sua voce assume d’un tratto un tono duro: “Presto, questa zucca che ti ho portato, infilatela in testa”.
“Sì cara, tutto quello che vuoi.” Faccio come richiesto. La sala ora mi appare secondo il limite dei fori oculari. Sento il caldo del mio respiro.
“Ora caro” dice la sua voce dall’esterno “dovrai scontare la tua pena. Quante frustate abbiamo detto? Forza, contabile, ripetilo. “La cifra mi esce dalla bocca a fatica” 79″ sussurro tremebondo.
“E 79 saranno. Non temere, i tuoi gemiti saranno attutiti dalla zucca che hai in testa”.
Un attimo e giunge la prima frustata. Come consueto, ad ogni colpo devo contare.
“Uno!” urlo.” Due!” grido ancora alla seconda gattata più forte dell’altra.
“3… 4… 5!”
“E bravo il mio maritino, una piccola gioia: ogni 10 colpi dovrai dire il numero totale e poi aggiungere: “grazie padrona”.
La punizione continua: “6… 7… 8… 9… 10, grazie padrona!
I colpi proseguono, arrivano a 20, 30, 40… 50! Al che faccio per togliermi la zucca dalla testa gridando “basta pietà!”. E sfogo in un pianto di dolore. Si vede che il 50 è il mio limite fisiologico.
Ma l’adorata mi blocca. “Come osi” mi redarguisce “a due terzi interrompere ancora la punizione? Ma tranquillizzati, in alternativa, ho altri progetti per te”.
“Altri progetti, altri progetti!” bercia il pappagallo.
Sento che lei si allontana. Odo il suono della porta d’ingresso che si apre, la corrente d’aria me lo conferma.
“Vieni, vieni Sansone, vieni dalla tua padrona.” Sull’uscio sento lo scalpiccìo dell’animale che si intrufola svelto nel soggiorno. La mia adorata si rivolge al cane come se fosse umano: “Ti ricordi caro Sansone, cosa ti faccio fare quando quello straccio del tuo secondo padrone è al lavoro? Quella cosa che ormai io e lui non facciamo più?
Respiro a fatica mentre un dolore mi stritola il cuore. Dunque mia moglie, della quale da tempo sospettavo l’infedeltà, mi tradisce niente meno che col migliore amico dell’uomo? Lo stesso che affettuoso mi lecca la mano quando rincaso?
“Ma cara” la interrompo io dall’interno della zucca “non vorrai dire che…”
“Vuoi dire che! Vuoi dire che!” rinnova il beccuto.
“Sì” prosegue lei “sei cornuto del nostro cane, non lo immaginavi? Il nostro assiduo Sansone da tempo rischiara i grigi pomeriggi che io non ho nessuna intenzione di passare in tua attesa”.
Lo sbalordimento mi zittisce. Intanto mia moglie da fuori: “Hai visto Sansone, come si è conciato il tuo padroncino per le feste?”. A questa frase il cane uggiola contento.
“Su avvicinati” lo incoraggia dolcemente “non avere paura. Oggi farai al padrone quello che la padrona ti concede di fare a lei tutti i pomeriggi. “Detto questo il caro animale monta sulla mia schiena. Sento la sua pelliccia strusciarsi sulla mia schiena. Il pennacchio già duro comincia a spingere tra le chiappe, senza però che indovini la via maestra.
“Ti prego amore” piagnucolo con voce soffocata dentro la zucca “risparmiami questa umiliazione!”.
Mia moglie ha un riso argentino. “E perché dovrei? Le tue 79 frustate si sono interrotte a 50. Questo merita una punizione ulteriore, ed è appunto questa. Su Sansone, affonda, affonda – prosegue e di lì a pochi secondi sento la punta di carne cercarmi ancora lo sfintere.” Aiutalo” mi impone la mia dolce metà. Così, allungata una mano dietro la schiena, afferro il tubo di carne e me lo dirigo in mezzo alle chiappe. Non ci mette molto, il caro Sansone, a spingere al centro e ad infilarsi piano piano nel mio intestino. Si introduce a tal punto che posso sentire i suoi grossi testicoli colpirmi le chiappe. Presto il cazzo di Sansone si ritrae, ma non del tutto, per poi reimmergersi nuovamente e profondamente nel mio retro.
“E non basta” sento dire a mia moglie mentre sono stantuffato “caro mio maritino meritevole di punizione. Ora ti renderò i colpi che ti rimangono che se non sbaglio sono 21, calcandoli sulla tua schiena che non è ancora rossa come piace a me”.
Così dicendo ricomincia a colpirmi:” 51, 52, 53…” conto io a gran voce.
A questo punto, in un soprassalto di consapevolezza, vedo la situazione nel suo insieme: cosa mi sta succedendo? È presto detto. Carponi, nudo di fronte a mia moglie bellissima nel suo abbigliamento erotico che le risalta i capezzoli e la figa sublime, sto con la testa infilata in una ridicola zucca, inculato da un cane del quale, a metà con la mia padrona, sono padrone.
Cosa c’è di più delizioso? Le frustate continuano, la mia voce sempre più flebile articola:” 69, 70, grazie padrona, 71…79!
Finalmente niente più frustate, rimangono le spinte di Sansone nel mio culo, il suo peso sulla mia schiena e la stretta delle sue zampe anteriori sui miei fianchi.
L’impeto dell’animale aumenta finché, lo sento nelle viscere, mi rovescia il veleno bollente spremuto dai coglioni potenti. Terminata l’iniezione si stacca con uno schiocco. Ora rimango così, a quattro zampe, nudo sul tappeto, con la zucca infilata sulla testa, la schiena solcata da 79 colpi del gatto a nove code, di fronte a mia moglie meravigliosa che si è goduta tutta la cena e col culo pieno di sperma dell’animale.
Le lacrime di dolore e di umiliazione scendono a grappoli sulle mie guance, e, vista la posizione, gocciolano sulla parete interna della zucca.
“Dolcetto o scherzetto?” mi chiede per celia mia moglie.
“Decidi tu mia cara” rispondo io.
“Bene allora ti toglierai quella ridicola zucca dalla testa e ti accomoderai, nudo come sei, e lo dovrai fare prestamente perché nessuno ti veda, nella cuccia di Sansone.
“Sì cara” Mi dirigo carponi verso la porta che mia moglie tiene aperta. Imbocco l’ingresso della dimora canina e vi entro. Vengo accolto dal forte odore di cane. Mi giro e lascio spuntare la testa dall’apertura.
“Vieni Sansone, vieni in casa” dice all’animale che ci ha accompagnati. “La notte è solo all’inizio. Stanotte farai tu le veci del mio inutile marito” poi, rivolta a me: “Ci rivedremo domani mattina, quando potrai rientrare in casa. Non è giusto che tu sottragga per molto tempo a Sansone le sua legittima dimora!” e, prima di chiudere la porta: “Ah, dimenticavo caro, buon Halloween!”
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