Prima volta da puttana
Essere scopato da tre uomini mi aveva eccitato molto. Eppure, il giorno seguente, vedendo le autoreggenti lacerate e mettendo a lavare il vestitino pieno di macchie di sperma e saliva, provai una certa vergogna. Negli ultimi tempi mi ero comportata da vera troia. Mi feci una doccia calda per rilassarmi.
Ero persa nei miei pensieri, quando qualcuno suonò al campanello. Andai ad aprire frettolosamente, si trattava di Mauro. S’introdusse furtivamente nel mio appartamento e disse:
“Ho parlato di te a un mio amico, vorrebbe conoscerti”.
Capii immediatamente l’antifona.
“Cosa intendi quando dici che vuole conoscermi?”.“Quando ti fingi innocente, me lo fai venire duro come il marmo – rispose il maschione – intendo che vuole scopare. Ma stai tranquilla, è uno che paga bene”.“Mauro, ma sei impazzito?! Io non sono mica una puttana”.“Abbassa la voce troietta. A non fare la puttana fai male, quando ti travesti sembri una ragazza pin up, faresti un sacco di soldi”.
Tirando fuori il tema dalla prostituzione, Mauro aveva toccato un tasto sensibile. L’idea di scopare per soldi mi faceva pulsare la fichetta anale.
“Francesco, se vuoi, ti passa a prendere questo fine settimana alle 22. Va bene?”.
Non dissi nulla.
“Intuisco che va bene. Ti avviso: è un dominatore”, disse, e se ne andò.
Il fine settimana successivo ero pronta. Siccome Mauro mi aveva detto che Francesco era un dominatore, optai per un trucco e un abbigliamento da bambola: abbondante fondotinta, ombretto rosa sulle palpebre, ciglia finte molto lunghe, blush rosa sulle guance, labbra a cuore, lentiggini finte per darmi un’aria fanciullesca, autoreggenti bianche, come la camicetta, tacchi plateau rosa in tinta con la gonna. Decisi, per l’occasione, di infiocchettarmi il cazzo con un nastro, sempre rosa.
Infine, indossai un trench in pelle rosa shocking e andai ad aspettarlo sotto casa. Un Suv mi affiancò e salii. Il mio fottitore indossava un completo grigio e, per la prima volta, notai che assomigliava, in viso, al primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il maschione, come immaginavo, fece una serie di commenti sarcastici:
“Mauro mi ha detto che sei uno studente, ops, studentessa universitaria. I tuoi genitori ti credono una brava ragazza”.“Sì”, risposi.“Potrei essere tuo padre”, disse lui.“Lo so e la cosa mi eccita”, controbattei con aria maliziosa.
Arrivammo a casa sua, un villino in una rinomata zona residenziale. Mi tolsi il trench e Francesco iniziò a schiaffeggiarmi chiamandomi “troia” e “puttanella”. Mi sbattè contro il muro e mi disse di tirare fuori il “cazzetto”. Quando vide il fiocco si mise a ridere:
“Non so se mi fa più ridere il fiocchetto o le dimensioni. Sei proprio una checca”. Poi, iniziò a darmi degli schiaffi al cazzetto e a pizzicarmi le cosce. Per farlo eccitare emisi dei gridolini e con una voce in falsetto dissi: “non mi fare male”. La cosa, ovviamente, lo eccitò ancora di più e a quel punto mi chiese d’inginocchiarmi e di slacciargli i pantaloni. Cosa che feci con studiata lentezza.
Mi trovavo genuflesso sul tappeto di un salotto, tra le cosce di un uomo leggermente sovrappeso. L’ennesimo al quale mi sarei sottomessa con godimento.
Francesco mi chiese di tirargli giù i boxer con la bocca. Cosa che feci immediatamente, portandoli fino alle caviglie. A quel punto, mi afferrò la nuca e mi premette il viso contro i coglioni gonfi, dicendo: “Annusami le palle, mignotta”. Poi, mi schiaffò il cazzo in gola, spingendolo in fondo e facendomi lacrimare. Lo estrasse e iniziò a sbattarmelo sulla faccia. Me lo rimise in bocca, tenendolo premuto contro la parte interna di una guancia e disse:
“Ripeti: mi piace il cazzo, scopami papà”. Ripetei la frase; poi mi chiese di dire: “Sono una puttana senza dignità” e di nuovo replicai la frase, che uscì strozzata per via del cazzo nella bocca. Ancora più infoiato di prima, riprese a sbattermi con violenza la cavita orale. La saliva colava schiumosa e il trucco, che avevo preparato con cura, si stava disfacendo. Francesco mi venne sul viso, schizzandomi tutta la faccia di sperma – una goccia mi colpì in pieno occhio destro –, poi ringhiò:
“Non ho finito con te, zoccola”. Mi afferrò per i capelli, corti ma prensili, mi sollevò e con un calcio in culo mi disse di andare in fondo al corridoio, nella sua camera da letto. Lì, con strattoni e schiaffi, mi mise una paio di manette, una ball-gag e mi fece collocare “a pecorina”. M’infilò nel culo delle palline anali. Lo fece con lentezza, facendomi godere. Se il mio ano ne respingeva una, lui la spingeva dentro insieme a mezzo dito indice. Nel frattempo, con un frustino mi dava dei colpetti sui coglioni, chiamandomi “finocchietto” e “femminuccia”.
Stancatosi di giocare col mio buchetto e la palline, passò alla penetrazione vera e propria, durante la quale non smise mai di ripetere frasi come “ti riempio di sborra”. Dopo l’inculata, lo sentii armeggiare alle mie spalle, poi avvertii una scossa attraverso il retto e la pancia. Emisi un verso simile a uno squittio e caddi in avanti. Francesco mi aveva messo nel culo una bacchetta elettrificata, di quelle che, a volte, si vedono nei film porno. Eccitato dalla mia reazione, mi diede la scossa sulle gambe, i capezzoli e sul cazzetto. La sua minchia era tornata dura. Mi tolse manette e la ball-gag e mi chiese un nuovo pompino, che gli feci con piacere.
Pochi minuti dopo mi stava riaccompagnando a casa. Mi disse che era proprietario di un nightclub, che gli sarebbe piaciuto avermi come “attrazione”. Arrivati a destinazione, mi mise in mano una banconota da cento euro e quasi mi spinse giù dall’auto. Non ero andato da lui per soldi né avevo intenzione di chiederli. Averli ricevuti, come una vera puttana, mi soddisfece. Entrai in casa ed ero distrutta: le gambe mi dolevano, il culo mi bruciava, la bocca era irrigidita, la camicetta lacerata. Ma come sempre ero felice.
Racconto selezionato per il nostro archivio dalla redazione, scritto originariamente da: Lorenza
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