Sono la seconda donna di mio padre.
Mi chiamo Claudia, ho 22 anni, sono di media statura, capelli neri, occhi grandi di colore azzurro, una magnifica quarta di seno e un bel culetto non troppo grosso, ma ben fatto che sovrasta cosce lunghe e snelle. Da due anni sono l’amante di mio zio Daniele. Lui è un bel maschio, alto, forte, imponente e carismatico. Ha un fascino unico, che fa accorrere le donne, come mosche sul miele. Moro come me, occhi azzurri e braccia forti, lo fanno sembrare un dio greco. È il fratello più grande di mia madre e, fra di loro, vi è un bel rapporto. Chi non ci va troppo d’accordo è mio padre, ma, essendo lui un pilota di aerei commerciali, passa poco tempo a casa. Abita nella stessa palazzina dove abitiamo noi, nell’appartamento sotto al nostro e lavora con mia madre nello studio di consulenza fiscale, che hanno creato tanti anni fa. Io, adesso, ho completato gli studi e anch’io lavoro con loro. Fin da piccola ho avuto un bellissimo rapporto con lui. Ricordo che mi accompagnava a scuola e mi veniva a prendere all’uscita. Lui mi ha sempre trattata come una figlia, mi ha sempre dato consigli sulle cose più disparate, mi ha fatto molti regali e mi ha coccolato più che poteva, ogni volta che ne ho avuto bisogno: per me è stato con il padre reale. Una mattina dovevo andare a far l’esame di Stato per l'Abilitazione, quando, per un imprevisto è venuta a mancare la corrente elettrica nel nostro quartiere e la mia radio sveglia non ha suonato, così ho perso il bus che avrebbe dovuto condurmi in città, dove si svolgeva l’esame. Dietro consiglio di mia madre, l’ho chiamato per farmi accompagnare e lui si è dichiarato subito disponibile. Lungo il tragitto, non molto lungo perché il capoluogo dista circa una mezz’ora di autobus, abbiamo iniziato a chiacchierare del più e del meno. Tra i vari argomenti, abbiamo parlato di ragazzi e possibili storie amorose. «Claudia, raccontami un po’: sei fidanzata?» Io l’ho guardato e gli ho sorriso un po’ divertita. «No, zio, non ho tempo per le storie d’amore. Volevo raggiungere il diploma il prima possibile e quindi mi son concentrata sullo studio.» Lui si è finto un po’ stupito. «Ma è proprio un peccato: una così bella ragazza come te, non dovrebbe aver problemi a trovarsi un fidanzato.» Sentirmi fare i complimenti da lui, ha sempre avuto un certo effetto su di me. Stavo per replicare, quando il suo cellulare, collegato al viva voce della vettura, ci ha interrotti: era mia madre che, prima, gli ha chiesto delle spiegazioni inerenti a un certo tipo di fatturazione e poi informarlo che, giacché si trovava in città, doveva recarsi presso uno studio legale per aver dei ragguagli inerenti ad una certa faccenda che li riguardava. Nel frattempo siamo arrivati in città e lui, dopo avermi fatto un caloroso augurio, mi ha lasciato con la promessa di tornare a prendermi, appena eseguite le sue commissioni. Sono entrata e mi son accorta che era un po’ presto. Ho visto l’insegna del bar lì vicino e mi ci son recata per un cappuccino. Appena entrata ho notato subito un gruppetto di tre maschi, sulla cinquantina, che mi hanno spogliato con lo sguardo. In effetti indossavo una mini nera, non troppo corta, sandali a zeppa, che mi inarcavano il culo, con sopra una camicetta bianca, sotto cui si intravedeva, in trasparenza, il reggiseno. Mi son sentita le farfalle allo stomaco ed ho avvertito un certo aumento di umidita fra le gambe, per l'eccitazione provocata dall'interesse che quei tre porci mettevano nello scrutarmi. Per giocare un po’ con loro, mi son seduta su di uno sgabello con il mio cappuccino e, fingendo indifferenza, ho fatto salire un po’ la gonna, mostrando loro una bella porzione delle mie cosce candide e lisce. Hanno continuato a guardare, poi, quello con i capelli tutti bianchi, ha fatto notare che se ne dovevano andare e, nell’uscire, mi son passati tutti e tre accanto, insistendo a guardarmi con molto interesse. Sono andata in bagno e, dopo, mi son recata a sostenere l’esame di stato. Grande è stato il mio stupore, quando li ho ritrovati tutti e tre in cattedra come esaminatori. Mi hanno fatto un bel sorrisetto, per poi iniziare l’esame. La prima prova scritta era stata relativamente facile e, dopo due ore, avevo già consegnato. Ricordo che il tizio con i capelli bianchi, mi ha sorriso contento. Son uscita ed ho trovato mio zio ad aspettarmi. «Allora, che dici? Com’è andata la prima prova?» Gli ho sorriso e detto che pensavo di esser riuscita a fare un buon esame. Lui, contento, mi ha invitato a pranzo. Durante il pranzo era assorto nei suoi pensieri ed io non ho avuto modo di capire cosa lo impensierisse, ma sta di fatto che, dopo, siamo tornati a casa. La sera, mamma mi ha chiesto dell’esame ed ha visto che mi stavo preparando per il giorno dopo, per la seconda prova. Lei mi ha annunciato che anche il giorno dopo lo zio mi avrebbe accompagnato in città. Ero davvero felice. Il giorno dopo, ho indossato un vestito leggero, molto civettuolo, con dei sandali a tacco alto e lui, nel vedermi, mi ha sorriso felice e, una volta in auto, ho notato che mi guardava con un certo interesse quanto mai intrigante. Mi ha lasciato di nuovo davanti all'istituto ed io son subito andata al bar e, guarda caso, ritrovo i tre, che mi hanno salutato con un inchino. Io gli ho sorriso, ma non mi son avvicinata, anche perché ho notato che vi erano altre persone che, come me, dovevano sostener l’esame e, anch'esse si son tenute a distanza. All'uscita, il canuto mi si è avvicinato e, con fare molto discreto, mi ha dato un bigliettino. Ho aspettato che fossero usciti tutti e poi l’ho aperto: dentro c’era un numero di telefono. Son entrata ed ho sostenuto la seconda prova d’esame. Nel consegnare il compito, il commissario mi ha detto che i risultati e l’ammissione alla terza e ultima prova, quella orale, sarebbero stati esposti solo tre giorni dopo in una bacheca situata nell’androne dell'istituto, in alternativa, ci si poteva anche informare presso la segreteria. Nel pronunciare queste parole, ha tenuto a sottolineare il “chiamare”. Mi è stato facile intuire subito che si riferisse al numero che mi aveva passato sottobanco al bar. Anche in questa occasione, ho trovato fuori mio zio. Siamo andati a pranzo e, questa volta, era più allegro, tanto che ci siamo messi a parlare di tante cose, tra cui una domanda ben precisa. «Perché un bel maschio come te, non si è mai sposato?» Lui mi ha guardato e stava per dire qualcosa, ma poi ha scosso il capo e non ha detto nulla; si è limitato a farmi la faccia cattiva. Una volata a casa, ho visto che parlava con mia madre in disparte, notando una certa sua espressione alquanto triste. Ho chiesto a mia madre il motivo, ma lei è rimasta sul vago, adducendo motivi di lavoro. Il giorno dopo, ho chiamato quel numero. Mi ha risposto una voce calda e suadente. «Buon giorno, signorina Claudia. Mi fa molto piacere che abbia chiamato. Le interesserà sapere che ha già superato la prova e adesso l’aspetto alla prova orale. Lei è brava con “l’orale”?» Mi è stato chiaro il doppio senso contenuto in quelle sue parole e, modestia a parte, sono considerata una gran brava succhiacazzi. Li succhio da così tanto tempo, che non ricordo più quand'è che ho cominciato. «Spero di sì! Ma non spetta a me dirlo!» Lui ha subito avanzato una proposta. «Potrebbe esser necessaria una ripassatina? Lei sarebbe disposta ad una lezione privata? La sua prova finale è fra due giorni e di questo sono in grado di darle conferma fin da subito.»
Ho sentito che la mia micetta fremeva e si bagnava molto, cosi mi son dichiarata disponibile ad incontrarlo; era una lezione supplementare di prova orale. Lui mi ha dato appuntamento per il pomeriggio, in un parcheggio del centro commerciale, non lontano da casa mia. Mi son messa in ghingheri! Mini elasticizzata nera molto sottile, perizoma quasi invisibile, reggiseno sottilissimo, camicetta nera di pizzo, molto sexy e scarpe con tacco 12 a spillo. Quando mi ha visto, è sceso dalla sua Maserati, mi ha aperto lo sportello lato passeggero e subito ha potuto godere di un bellissimo panorama: le mie cosce lisce ed il perizoma ormai assorbito fra le labbra della mia fighetta, già fradicia. «Sei stupenda! Mi chiamo Giulio e, adesso, andremo in un posto tranquillo, così da poter fare un buon ripasso dell'"orale".» Ho sorriso e lui con rapidità è arrivato in città; è entrato nel parcheggio sotterraneo di un grande palazzo, per poi salire in ascensore ed entrare in un appartamento. Appena dentro, non mi ha stupito trovarvi anche gli altri due suoi amici "di merende". «Essi sono Matteo e Simone; ovviamente puoi anche optare per andartene e, in questo caso, ti riaccompagnerei al posto dove ci siamo incontrati; altrimenti, ti faremo una gran bella lezione di ripasso, sia dell’orale che di altro.» Avevo già il perizoma fradicio. In un attimo li avevo intorno ed hanno preso a toccarmi, spogliarmi ed infilare le mani dovunque. Sono stata subito nuda ed essi mi hanno condotto in una camera, dove si son spogliati a loro volta. Tutti e tre erano messi abbastanza bene come dotazione; niente di esagerato, ma senz'altro appetitosa. Mi son ritrovata sul letto con Matteo, che mi ha fatto impazzire con la bocca, mentre succhiavo gli altri due. Pensavo di cavarmela velocemente, invece erano davvero resistenti a venire. Il primo a scoparmi è stato Giulio. Mi ha posseduto per bene e a lungo, facendomi godere molto; poi, ha lasciato il posto a Matteo, che mi ha messo a pecora e mi ha pompato da dietro, con Simone disteso sotto di me che mi leccava. Ho goduto molto, ma nessuno dei tre è venuto. Simone, disteso supino, si è fatto cavalcare da me, infilandomi il suo cazzo tutto dentro, fin in fondo, mentre succhiavo gli altri, alternandoli nella mia gola. Dopo si son fermati. Mi hanno fatto riposare: erano quasi due ore che mi scopavano ininterrottamente. Mentre sorseggiavo una bibita fresca, mi hanno dato indicazioni sugli argomenti ad oggetto della terza prova e poi, dopo, abbiamo ripreso da dove interrotto. Li ho succhiati ancora tutti e tre ed essi, a turno, mi hanno inculato. Hanno anche provato a fare una doppia, ma non sono riusciti a raggiungere la giusta coordinazione. Alla fine, mi hanno riversato in gola una quantità industriale di sborra che ho ingoiato fino all’ultima goccia. Poi, dopo essermi riordinata, Giulio mi ha riaccompagnato al parcheggio e li è successo un mezzo casino. Mio zio mi ha visto scendere dalla vettura e salutare con un bacio Giulio. Appena, son rimasta sola, si è avvicinato con la macchina e mi ha detto di salire. Era nero dalla rabbia. Mi ha fatto una vera e propria scenata di gelosia. «Si può sapere chi era quel vecchio che hai salutato con tanto trasporto e baciato con passione? Accidenti! Sei una stupida puttanella che si vende? Dimmelo? Hai bisogno di soldi? Parla!» Ho stentato a riconoscerlo. Sembrava mio padre! Avevo difficoltà a rispondere, ma lui non ha insistito, mi ha lasciato a casa. Per due giorni non l’ho visto. Ho solo notato che mamma era un po’ triste, ma non ho indagato più di tanto. Il terzo giorno, sono scesa per prendere il bus e andar a sostenere la prova orale, e l’ho trovato lì ad aspettarmi. Per un momento, mi son rifiutata, ma lui, con voce calma, mi ha inviato a salire e così abbiamo preso la strada per la città. All’inizio è rimasto in silenzio, poi si è scusato. «Mi dispiace di essermi arrabbiato. Sei una bella ragazza e puoi andare con chi vuoi, non ho nessun diritto di farti la predica, scusami.» Aveva l’aria da cane bastonato e mi ha fatto tenerezza. Nel parlare mi aveva appoggiato una mano sulla coscia, ed io, dopo averlo guardato, ho preso la sua mano e l’ho portata esattamente dove la volevo: sulla mia passera! Lui mi ha sorriso e mi ha chiesto conferma. «Ma davvero è questo che vuoi? Tu sei molto bella e puoi avere tutti i maschi che vuoi, perché mi chiedi questo?» «Perché sei l’unico che si è arrabbiato al pensiero che potessi essermi prostituita. Sei la persona che più ammiro al mondo e, ferirti, mi ha davvero dispiaciuto. Ferma la macchina che ti voglio. Adesso, ti voglio dentro di me!» Mi ha guardato fra lo sconvolto e lo stupito. «Ma, piccola, sei sicura di quello che dici? Io non ho mai pensato che un giorno potessi chiedermelo: sei davvero sicura?» A quel punto, ho allungato la mano sul suo pacco e l’ho stretto, avendo contezza di una notevole consistenza. «Vedo che ci siamo capiti subito. Dai, accosta, tanto ho tempo!» Si è inoltrato in una stradina sterrata e si è fermato fra degli ulivi; ha iniziato a masturbarmi prima con uno, poi con due e, infine, con tre dita. La mia fica era completamente fradicia. Ho visto un bozzo enorme crescere nei suoi pantaloni e li ho sbottonati. Mi sono trovata davanti una gran bella verga. Non esageratamente lunga, ma grossa. Ha reclinato il sedile e mi ha trascinato su di sé. Non ho fatto altro che spostare il mio perizoma da un lato e infilarmi quel palo dentro; abbiamo preso subito a scopare, come mai prima d’ora. Facevo su e giù sul suo grosso pene. Non mi bastava, ne volevo di più, sempre di più. Mi ha scopato per una ventina di minuti e io ho avuto diversi orgasmi molto intensi, poi, pure lui è arrivato al limite. «Claudia non resisto più, vengo, vengo!» L’ho sentito scaricarsi dentro di me, con una sorprendente ondata di sperma, che mi ha mandato in tilt, ancora una volta. «Vengo anch'io! Ti sento: quanto sei bollente! Vengo!» Ha provato a farmi spostare, ma io ho insistito per restare lì e continuare a cavalcarlo. Mi ha abbracciato e poi mi ha accompagnato alla terza prova. Appena dentro, i tre porconi mi hanno sorriso e mi hanno fatto una sola domanda. «Possiamo coltivare la speranza di poter ancora chiavare con te?» Io li ho guardati un po’ sorpresa. «Ma la prova?» Hanno sorriso ed aggiunto: «Ampiamente superata! È per questo che ti vorremmo ancora!» Gli ho risposto che dovevo pensarci, son uscita ed ho abbacchiato mio zio, baciandolo in bocca. «Portami a casa.» Appena giunti a casa sua, mentre stavamo salendo, gli ho chiesto di entrare nel suo appartamento e lì mi son fatta scopare alla grande, con molto piacere. Non gli ho risparmiato nulla. Dopo di che, mentre eravamo ancora a letto, gli ho spiegato chi era il tizio con cui mi aveva visto; lui si è messo a ridere ed ha detto una cosa che mi ha colpito molto. «Tale madre, tale figlia!» Io l’ho guardato incuriosita da quella risposta, ma non ha voluto dirmi altro. La sera ci ha portato a cena insieme, me e mamma. Mentre eravamo a tavola al ristorante, ho notato una cosa che mi era sempre sfuggita per il passato: lei lo guardava con adorazione! Aveva lo stesso mio sguardo; allora ho giocato sporco.
«Oggi mi hai detto: tale madre, tale figlia; allora io aggiungo anche tale padre. È chiaro che tu sei mio padre! Abbiamo lo stesso colore di capelli, di occhi e, in tutti questi anni, mi sei sempre stato vicino, forse anche più di quanto avesse potuto fare un padre! Perché lo avresti fatto? Perché non ti sei mai sposato? Perché ami lei, mia madre, e lei ama te!» Si sono dati uno sguardo e poi mamma mi ha rivolto delle domande. «Da quanto tempo, te ne sei accorta? E poi, come mai lui ti ha detto quelle cose? Cosa avevi fatto?» Gli ho raccontato del tizio, senza precisare il fatto che erano in tre. Lei ha sorriso e poi ha guardato verso lo zio. «A letto è brava più di me?» Lui ha abbassato lo sguardo e le ha risposto. «Come te, non sarà mai brava nessuna! Però ti somiglia molto.» Lei mi ha guardato negli occhi e mi ha parlato seriamente. «Figlia nostra, se vuoi divertirti con tuo padre, per me sta bene, ma promettimi che ti trovi un bravo ragazzo e ci fai diventare nonni.» Le ho promesso che l’avrei fatto. Lei ha divorziato da suo marito e adesso viviamo tutti sotto lo stesso tetto. Ho mantenuto la mia promessa e mi son fatta ingravidare da mio padre; in questo momento, sto allattando nostra figlia, con mamma che si gode il cazzo di suo fratello, mentre mi osserva nel mio ruolo di mamma.
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