Sharon la schiava.
Mi chiamo Sharon, ho 34 anni, sono alta, anzi bassa, 1,60, capelli lunghi, castano scuro, occhi marroni, terza abbondante di seno ed un bel culetto che attira l'attenzione dei maschi. Non sono magra, ma nemmeno grassa; credo di aver le curve al posto giusto. Sono sposata da otto anni con Paolo, dopo esser stati fidanzati per nove, ed abbiamo due figli piccoli. Lavoro da quattro anni, in uno studio associato di consulenza fiscale. Da poco son diventata una socia al posto della moglie di un altro socio che si è ritirata dal lavoro. Ho diversi clienti che seguo personalmente, perché hanno situazioni finanziare molto complesse che richiedono spesso la mia presenza. Fra essi c’è Bruno, un ricco industriale, che ha interessi in diversi settori ed un ingente patrimonio. Spesso mi trovo a discutere con lui di migliaia di euro, quasi fossero caramelle. Ha un aspetto imponente, molto alto, spalle larghe, fisico asciutto e muscoloso, mani grandi con dita lunghe e molto belle. Curatissimo, sempre molto pulito, capelli bianchi portati corti, occhi scuri e profondi che quando ti guarda ti entrano dentro e ti senti messa a nudo. Si, è un soggetto abbastanza carismatico, autoritario e dominante. La prima volta che mi ha visto, mi ha fissato per un tempo che a me è sembrato lunghissimo e poi, dopo un saluto, si è presentato e da allora ho come l’impressione che mi stia studiando. Ho subito avvertito uno strano brivido lungo la schiena e ogni volta che lo vedo provo sempre questa insolita sensazione. Alcune volte ho anche fantasticato di farmi scopare da lui, ma ho come la sensazione che non è questo che lui vorrebbe da me. Non mi ha mai mancato di rispetto, mai un accenno a situazioni sconvenienti o provocazioni di alcun tipo, eppure mi sembra che mi desidera, ma non riesco a capire in che modo mi voglia. Poi la svolta, se così si può dire, è avvenuta casualmente. Ero nel suo ufficio, in fabbrica e stavo controllando alcune fatture che a lui sembravano eccessive, non in linea con quanto concordato, quando è entrata una bella signora che mi ha guardato e, con una certa malinconia, mi ha chiesto di lui.
«Mi scusi signorina, sa dove posso trovare il signor Bruno?»
Per un attimo l’ho guardata, restando in silenzio, cosa che di sicuro deve aver interpretato a modo suo.
«Capisco! Non le è concesso parlare di lui, vero? Il suo padrone le ha forse imposto il silenzio assoluto! Capisco e mi scusi se ho cercato di metterla in difficoltà. Spero che lui non la punisca per questo mio errore.»
L’ho guardata incredula, non capivo e, nello stesso tempo, cercavo di risponderle che non ero la sua segretaria, ma non ho fatto in tempo. Lui è arrivato dietro di lei e l’ha guardata con occhi di fuoco. La sua voce ha rotto il silenzio ed ha tuonato, durissima.
«Come ti sei permessa di venir qui? Come hai osato farle certe domande, senza il mio permesso? Vattene! Sparisci! Lo sai che non ti voglio più vedere! Hai fatto la tua scelta e, quindi, sii coerente con te stessa! Non sei più nulla per me! Vattene subito e torna alla tua misera vita!»
Lei aveva le lacrime agli occhi, si è inginocchiata ai suoi piedi e lo ha supplicato, ma inutilmente.
«Ti supplico, mio signore! Riprendimi con te! Ho sbagliato! Hai ragione, ho sbagliato a lasciarti e non mi va di tornare alla mia vita insignificante! Ho capito che non sono nulla, senza te! Ti supplico! Farò qualunque cosa per te! Ogni tuo desiderio sarà un ordine, che io esaudirò senza fiatare! Ti supplico, non mandarmi via!»
Lui, impassibile! Una pietra! Le ha dato uno sguardo durissimo, indicando la porta. Lei si è girata, mi ha guardato quasi disperata, poi ha solo sussurrato alcune
parole.
«Se sei la sua nuova schiava, non lo lasciare! La vita senza di lui non vale nulla, dopo che ti ha portato in paradiso!»
Poi se n'è andata. Io ero in silenzio, lui mi ha guardato e poi, con un tono un po’ teso, ha cercato di darmi una qualche spiegazione.
«Scusala, ma è una malata: si è infatuata di me. Non riesco a togliermela di torno.»
Lo guardo e mi rendo conto che non può esser quella la verità. Più tardi, a pranzo, mentre siamo seduti al tavolo, gli chiedo se lui ha davvero sottomesso quella donna. Lui mi rivolge uno sguardo un po’ perplesso, indeciso se affrontare o meno l’argomento, poi mi fa una domanda specifica:
«Cosa ne sai tu di sottomissione?»
Gli rispondo non senza un certo disagio.
«Io, cioè ecco, non è che ne sappia tanto. Le parole di quella donna mi hanno portato a credere che lei possa esser uno capace di sottomettere una donna e questo mi ha, in un certo qual modo, incuriosito.» Lui fissa i suoi occhi su di me e li avverto fin dentro l’anima. Abbasso lo sguardo intimidita, pensando di essermi permessa di chieder troppo.
«Sharon, ti piacerebbe esser la mia sottomessa?»
Incrocio il suo sguardo e non riesco a reggerlo. Quella sua domanda mi ha colto alla sprovvista ed ho quasi timore a rispondere.
«Come le ho detto, non saprei cosa dire. Mi è difficile capire come si possa esser sottomesse, senza considerare che sono sposata ed ho un marito molto geloso: si accorgerebbe subito, se mi dessi ad un altro uomo. Chissà, forse si, oppure no! Mi scusi, ma sono in completa confusione!»
Lui mi solleva il mento, mi guarda e rinnova la sua domanda:
«Ti piacerebbe esser la mia schiava? Ti farei provare cose mai provate prima. Sensazioni uniche! Hai sentito cosa ha detto l’altra donna: "la vita, dopo che lui ti ha portato in paradiso, non è più la stessa". Vorresti entrare in paradiso, Sharon?»
Tremo al solo pensiero. Mi sento inumidire fra le cosce. Lui mi scruta e cerca di capire quali emozioni possano alternarsi in me. Tremo, il mio corpo vibra ed ha deciso autonomamente.
«Sì, lo voglio. Voglio che mi trasformi nella tua schiava.»
Lui mi fissa ancora e, con un sorriso da esperto sornione, precisa:
«Farò di te la mia puttanella personale: una schiavetta del sesso.»
Tremo al pensiero di quello che ha appena detto e, dentro di me, avverto le conseguenze di quanto appena accettato. Poi si avvicina a me e, a bassa voce, mi impartisce un ordine.
«Ora va in bagno e togli ogni indumento intimo.»
Lo guardo alquanto sorpresa, lui annuisce serio e mi indica, con un gesto del capo, la porta del bagno. Mi alzo come un automa, raggiungo il bagno e, dopo essermi chiusa dentro, faccio un profondo respiro e mi sfilo mutandine e reggiseno. In quel momento, mi accorgo di aver lasciato la borsa sul tavolo e proprio non so come nascondere i miei indumenti. Li raggomitolo quanto più possibile e li tengo stretti tra le mani, ma, in ogni caso, mentre torno al tavolo, qualcuno nota ciò che nascondo nei pugni. Un senso di vergogna mi fa avvampare le guance, perché, di certo, in molti avranno notato che ciò che tenevo fra le mani non erano altro che i miei indumenti intimi. Noto che Bruno sorride compiaciuto.
«Brava, la mia puttanella! Hai subito capito le regole del gioco ed hai appena sperimentato il piacere che si prova ad obbedire ad un ordine, anche quando esso possa apparire sconvolgente! Continua così e vedrai che ti farò impazzire di piacere!»
Effettivamente sento addosso gli sguardi di molte persone e questo si traduce in una specie di scarica di adrenalina, che mi fa bagnare continuamente. Finito di pranzare ce ne andiamo, ma appena raggiunto il parcheggio, un immenso piazzale con tante macchine, lui mi appoggia alla vettura, solleva la gonna e mi scopa tenendomi appoggiata alla macchina. Siamo in un immenso piazzale, dove chiunque potrebbe passare e vederci; la cosa mi terrorizza, ma, nello stesso tempo, mi eccita. Godo, vengo improvvisamente, sconvolta da tutta questa insolita eccitazione che sto provando. Lui, dopo avermi sentito godere si sfila, mi fa inginocchiare e mi spinge il suo cazzo in bocca. Si sega velocemente e, improvvisamente la mia bocca viene riempita dalla sua crema densa e calda. È un ingente quantità di sborra che cerco di ingoiare velocemente, mentre lui mi guarda soddisfatto.
«Brava puttanella!»
Continuare il pranzo con quelle alternative, mi ha eccitato moltissimo e, una volta usciti, siamo andati in alcuni posti dove era necessaria la mia presenza assieme a lui. Esser nuda sotto, mi provocava una particolare eccitazione, soprattutto in considerazione del fatto che quel giorno indossavo dei collant ed il nylon che strusciava sulle labbra della fica, mi procurava una continua stimolazione e massima eccitazione. In particolare veniva stimolato il clitoride, che, già reso sensibile dalla forte eccitazione, al contatto con il nylon della calza mi procurava una emozione fortissima, che si traduceva in un orgasmo continuo. A sera, prima di tornare, lui ha fermato la macchina e, guardandomi dritto negli occhi, mi ha dato un ordine ben preciso, da perfetto "padrone".
«Puttana! Sicuramente sei bagnata fradicia. Adesso prendimi il cazzo in bocca e succhialo!»
Eravamo in un posto non esattamente appartato ed ho preso a succhiare di nuovo quella verga, che mi aveva già fatto godere, facendolo diventare ancor più duro. Lui, ad un tratto, è sceso dall'auto, è venuto dalla mia parte e, dopo aver aperto lo sportello, mi ha girato con le cosce in fuori verso di lui, ha strappato i collant all'altezza della fica e, con un colpo secco, mi ha infilato il suo cazzo tutto dentro, fino in fondo. Ho avuto un orgasmo istantaneo nel sentirmi possedere in maniera così potente e vigorosa, poi lui, senza nessuna esitazione, ha preso a sbattermi con forza, urlandomi che ero una puttana! È venuto poco dopo, riversando dentro di me tutto il suo piacere. Poi si è sfilato e, dopo avermi afferrato per i capelli, mi ha ordinato di leccare e pulire il suo cazzo, ancora gocciolante. Ero travolta da quel modo d'esser chiavata, ma mi sentivo anche incredibilmente eccitata. Avevo goduto nel sentirmi usata e maltrattata da lui, in maniera così rude e, nello stesso tempo, imperiosa. È stato un orgasmo istantaneo, mentre lui mi spingeva con forza ancora la sua verga in bocca. Poi siam tornati alla mia auto e mi ha detto: ora puoi tornare a casa. Nei giorni successivi non l'ho sentito; sembrava quasi scomparso dalla circolazione. Un pomeriggio mi chiama e mi dice che ha bisogno di me, perché deve fare alcune cose che necessitano della mia presenza. Lo raggiungo, saliamo in auto e lui, senza dir nulla, parte in direzione della periferia. Dopo averla attraversata tutta, si inoltra in campagna, in una zona dedita alla coltivazione e, ad un tratto, si ferma in prossimità di alcune baracche, adibite a dormitorio degli operai stagionali che vengono impiegati in agricoltura. Mi fa scendere, apre il bagagliaio dove sono contenute molte scatole e mi ordina di aiutarlo a portare quei viveri all'interno delle baracche. Entriamo in una baracca, quella un po' più grande, l'unica in muratura e, all'interno, ci sono sei persone di colore. Sono tutti extracomunitari, che hanno svolto un'intera giornata di lavoro ed ora, stanchi, si riposano seduti attorno ad un tavolo. Quando ci vedono arrivare, subito salutano Bruno cordialmente e mi aiutano con i pacchi dei viveri che gli abbiamo portato. Dopo averli posati, lui guarda verso uno di loro, quello più alto e più imponente, che lo saluta con rispetto. Bruno mi indica e gli dice:
"Questo è il mio regalo".
Senza dir nulla, tutti e sei mi si mettono intorno e le loro mani prendono a spogliarmi, mentre io guardo Bruno con espressione interrogativa; lui mi fa cenno di restare in silenzio.
«Schiava! Adesso soddisfa questi miei amici: lasciati usare come una puttana!»
Sento una scarica di adrenalina percorrere il mio intero corpo e, immediatamente, mi bagno fra le cosce. Subito mani vigorose mi prendono e mi toccano in ogni dove; rapidamente mi sollevano e mi portano nell'altro lato della stanza, dove c'è un letto con materasso; è un attimo e mi ritrovo sei grosse verghe intorno alla faccia, che desiderano esser succhiate o fatte diventare ancor più dure. Vengo sollevata e fatta impalare di spalle su un grosso cazzo, che mi entra dentro e mi slarga la fica nel massimo della sua capacità. Altri si alternano nella mia bocca e qualcuno mi schizza il suo piacere direttamente in gola. È un continuo scambiarsi di maschi, che usano e abusano liberamente del mio corpo. Vengo presa ripetutamente, sia davanti che dietro, e finanche in doppia, anzi, in tripla, perché, mentre ne ho due ben piantati dentro di me, un terzo si serve della bocca: inutile dire che vengo riempita di sborra dalla testa ai piedi, senza alcun riguardo nei miei confronti. Mi sento superlativamente eccitata da questo gioco che mi umilia, che mi fa sentir trattata proprio da puttana. Loro non si risparmiano. Mi scopano e mi spingono le loro verghe dentro ogni buco, fin quando, alla fine, stremata dal tanto piacere provato, quasi svengo. Solo allora, Bruno mi si avvicina e mi scruta con occhi carichi di lussuria. Solleva il mio viso, mi infila il suo cazzo in bocca e mi ordina di succhiarlo.
«Adesso, troia, succhia anche il mio. Come dai nostri patti, l'ultima sborrata che devi ricevere, dev'esser sempre la mia!»
Stravolta e sfinita, sento che mi scopa la bocca velocemente e poi, ad un tratto, mi scarica in gola una copiosa bordata di crema densa, che si rivela esser molto diversa da quella che, fino a quel momento, ho ingoiato: quella di quei ragazzi di colore era molto più speziata e salata. Ingoio anche la sua, poi, uno di quei ragazzi mi offre un asciugamano abbastanza pulito con cui riesco a darmi una sistemata. Cerco in qualche modo di ricompormi e poi mi rivesto sommariamente. Quando mi lascia davanti casa, Bruno mi guarda e mi dice che, con questo, ho superato tutte le prove di sottomissione che lui aveva in mente per me. «Da oggi, sarai la mia puttana schiava che userò a mio piacimento. In effetti, dopo quella volta, è iniziato un periodo particolarmente piacevole e, nello stesso tempo, molto eccitante. Sono stata usata da lui e dai suoi amici in diverse occasioni. Ho passato serate con lui inginocchiata sotto un tavolo, a succhiare i cazzi di chi era invitato a consumar la cena. Altre volte mi ha prestato a qualche suo amico, che aveva bisogno di una escort, per far bella figura in qualche suo affare. È vero: mi ha trattato e mi tratta sempre da puttana, mi umilia e mi fa sempre sentir in colpa nei confronti di mio marito, che amo e che non si merita tutto questo; ma le sensazioni che provo con lui, questo sentirmi usata ed umiliata, mi genera un piacere carnale profondo, intenso e, molte volte, ho ricordato le parole di quella donna che, quel giorno, in ufficio, mi disse:
"La vita, senza di lui, non aveva nessun sapore".
Devo riconoscere che aveva più che ragione.
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