I ragazzi del lavaggio.
Mi chiamo Giulia, ho 27 anni, sono alta un metro e 85, occhi scuri, capelli castani, terza di seno, cosce lunghe e affusolate, sormontate da un bel culo a mandolino, viso tondo ben proporzionato, bocca ampia e labbra carnose. Lavoro come impiegata in un grosso gruppo bancario ed ho molte amicizie, sia maschili che femminili. Due, in particolare, mi sono molto care; si tratta di Sonia e Francesca, le mie amiche del cuore, quelle con cui passo più tempo assieme, tipo vacanze estive, serate in discoteca, le uniche con cui condivido i segreti più intimi. Vivo in un piccolo, ma accogliente, appartamento ed amo condurre una vita alquanto libera, specie per quanto riguarda il sesso. Amo divertirmi, senza aver tanti problemi. Molto spesso, il sabato sera, dopo la discoteca, amo accompagnarmi ad un bel maschio con cui farò sesso in maniera completa, fino al totale appagamento dei sensi. Circa un anno fa, quella matta di Sonia, si è innamorata di Matteo. Francesca ed io, ci siam subito rese conto, che la nostra amica aveva deciso di far sul serio. In fondo Matteo era un bravo ragazzo, dolce, carino, e follemente innamorato di lei. Così, due mesi fa, la nostra amica ci comunica che ha deciso di sposarsi e noi due avremmo dovuto farle da testimone. Dieci giorni fa, Francesca ha organizzato uno speciale addio al celibato, in onore della nostra amica. Ci ha invitato a cena a casa sua. Di punto in bianco hanno fatto la loro comparsa ben nove maschi, tutti belli e ben dotati, che hanno fatto divertire ed impazzire di piacere, la festeggiata. Sonia, consapevole del fatto che, dopo quella sera, aveva deciso di esser una moglie fedele, non si è lasciata sfuggire l’occasione per una bella scorpacciata di cazzi, decisamente fuori dal comune. Per quanto mi riguarda, proprio quella settimana, avevo il ciclo mestruale che mi stava devastando con fuoruscite di sangue eccezionali, quindi, per non rimanere completamente a “bocca asciutta”, mi son succhiata, tre bei maschi, spremendoli come limoni. Questa settimana che precede il matrimonio, non abbiamo avuto, né io né Francesca, un minuto di tregua. Fra prove del vestito, quelle della cerimonia e crisi paranoiche della sposa, al punto che entrambe pregavamo che quanto prima tutto finisse.
Finalmente domenica. Mi son svegliata presto, ho fatto una doccia rilassante, ed ho iniziato a vestirmi per andare a casa della sposa, dove la parrucchiera, avrebbe provveduto ad acconciare i miei capelli, in perfetta sintonia con quelli di Francesca e della sposa. Per l’occasione avevo acquistato uno splendido abito, costituito da vari veli sovrapposti, che creavano un magnifico gioco di vedo/non vedo, rendendomi attraente, ma estremamente elegante. La parte alta, che copre il seno, è sorretta da due spalline, che si incrociano dietro la schiena, lasciata quasi completamente scoperta; di conseguenza, questo particolare mi obbliga a non indossare alcun tipo di reggiseno, ma la cosa non mi crea alcun cruccio, dal momento che son fornita di una terza misura, tonda e piena, sta su magnificamente. Sotto, invece, ho indossato un mini string davvero esiguo, costituito da un piccolo triangolo, che copre a malapena lo spacco della figa, mentre è tenuto su da un sottile filo, tipo quello interdentale, che sparisce completamente nel solco delle natiche, lasciandole completamente scoperte. Inoltre indosso delle calze autoreggenti, color carne, estremamente velate, con un pizzo dieci che arriva fino all’attaccatura della coscia. Completano il tutto, un paio di meravigliosi sandali dal tacco proibitivo. Mi guardo allo specchio e, dopo aver completato il trucco del viso con un lucidalabbra rosso, perfettamente intonato allo smalto delle unghie di mani e piedi, davvero belli e sensuali, non posso far a meno di farmi un complimento.
«Giulia, se proprio una gran figa! Se fossi un maschio di scoperei!»
Esco velocemente di casa, vado a prendere la mia auto che ho parcheggiato lungo il viale, poiché la sera prima, nel parcheggio di casa non c’era posto e, quando arrivo alla mia Giulietta nera, resto semplicemente sconvolta. Senza rendermene conto, avevo parcheggiato l'auto sotto una pianta, dove, durante la notte, un enorme stormo di uccelli l’avevano completamente ricoperta dei loro escrementi.
«Accidenti! Maledizione! Adesso, come faccio?”
Cercando di non sporcarmi, riesco ad entrare e, a malapena, usando i tergicristalli, riesco ad avere un minimo di visibilità attraverso il vetro. Il mio pensiero va ad un autolavaggio per farmi pulire l'auto, ma, per quanto mi sforzi, non me ne viene in mente uno. Mi avvio lungo il viale e, giunta alla rotonda, mi ricordo che, due giorni prima, mentre stavo tornando a casa, una deviazione, lungo la statale, mi aveva costretto a passare all’inizio della zona industriale. Mentre ero in coda, in una grande rotonda, avevo notato un cartello che reclamizzava un autolavaggio a mano. Sbaglio strada due volte, ma, alla fine, riesco ad arrivare davanti ad un cartello, che dice una cosa che mi da tanta gioia.
«Car Wash Florida… Mettetevi nelle nostre mani.»
Entro nel piccolo piazzale ed immediatamente mi trovo davanti ad un ampio locale, adibito a lavaggio. Appena scesa dall’auto, mi si presenta davanti un giovane alto e infinitamente bello.
Capelli biondi, occhi chiari, barba chiara leggermente incolta, un’aria da maledetto, tremendamente eccitante; ma, quello che mi fa sciogliere, sono i suoi pettorali, malcelati da una T-shirt bianca, talmente attillata che sembra dipinta sui suoi muscoli, un discreto bozzo, appena delineato sotto la stoffa dei jeans. Immediatamente, dietro di lui, si materializzano due ragazzi decisamente più giovani: uno moro, con i capelli ricci, l’altro un ragazzo di colore, completamente calvo. Espongo il mio dramma e subito, ad un cenno, del biondo, i due ragazzi infilano la mia auto dentro il lavaggio, mentre lui mi porge la mano.
«Si rilassi, signorina, venga, che le offro un caffè.»
Entriamo in una piccola porta laterale e subito mi rendo conto che è un piccolo ufficio, dove c’è un divano, una scrivania con un telefono e, sul fondo, un distributore automatico di caffè, merendine; sul lato destro, su una piccola porta, vi è un cartello con su scritto "bagno". Mi siedo sul divano, mentre lui si gira di spalle e seleziona il caffè nel distributore automatico. Il mio vestito scivola lungo le cosce e, ovviamente, quando lui si gira, ha una perfetta e completa visione delle mie gambe, mentre io non posso far altro che ammirarlo da dietro. Bello come davanti, con un culo sodo e duro, stretto dentro dei jeans, molto attillati. Lui si gira, con il caffè in mano, si avvicina a me, che sono seduta e lo fa molto lentamente per ammirare comodamente le mie cosce, scoperte fino all’attaccatura della figa. Mentre lo osservo avvicinarsi, non posso far a meno, poiché sto seduta molto più in basso di lui, di notare il considerevole pacco che si sta gonfiando e che lui ostenta davanti alla mia faccia, porgendomi il caffè.
«Se vuoi, te lo posso macchiare.»
Il suo gesto, seguito dalla frase a doppio senso, ha su di me l’effetto di farmi illanguidire e, mentre prendo la tazzina del caffè, con lo stecchino sciolgo lo zucchero e, mentalmente, faccio il conto di quanti giorni sono che non mi faccio una bella scopata. Se si esclude il gioco di bocca, durante l’addio al celibato, questa settimana, durante la quale, fra i molteplici impegni legati al matrimonio, non ho avuto un minuto di pace, sarebbero ben quindici giorni, o forse più, che non godo. Lo guardo con un sorriso malizioso e lo ripago con la stessa moneta.
«Non vedo latte da scaldare. A me, la macchia, piace calda.»
Lui, senza aggiungere altro, apre la patta dei pantaloni, mi porge davanti alla faccia uno dei più bei cazzi che abbia mai visto, e vi assicuro che ne ho visti parecchi, ma bello come quello, sicuramente pochi.
Oltre una ventina di centimetri, di forma a tronco di cono, più grosso alla base, degradante alla punta, sormontato da una cappella che sembrava una grossa fragola matura.
«Se ti piace caldo, lo puoi mungere da te, direttamente.»
Immediatamente sento bagnarmi fra le cosce, sollevo la mano destra, afferro quello splendido esempio di scettro. Per quanto abbia dita lunghe e affusolate, con l’aggiunta di unghie laccate di rosso, non mi riesce di congiungere indice e pollice, per quanto è grossa la circonferenza di quella verga. Lo avvicino alla bocca, ne aspiro l’odore: sa di maschio. Apro la bocca, con la punta della lingua ne assaggio il sapore. Un lungo gemito promana dalla sua bocca, appena la mia lingua si è appoggiata sulla sua cappella; intanto io, lentamente, gioco con il frenulo, poi, tenendo ben ferma quello splendido cazzo, faccio scivolare la mia bocca lungo tutta l'asta.
«mmmmmmmmhhhuuuummmm»
Lo sento gemere, mentre io avverto di aver un lago fra le cosce. Risalgo lentamente, ritorno in cima a quella colonna di carne che ora vibra e sembra gonfiarsi ancor di più. Apro le labbra e cerco di infilarne in bocca più che posso. Sento la sua mano appoggiarsi lentamente sulla mia testa e fare una leggera pressione, affinché lo infili ancora di più in gola. Lo tengo qualche secondo in bocca, resistendo ai conseguenti conati di vomito. Lo sfilo, continuo a leccarlo, sputandoci sopra, al fine di lubrificare quanto più possibile quel palo incredibile, che ora desidero ardentemente dentro di me. Lui si
gusta per qualche altro momento il piacere della mia bocca, poi mi solleva e, dopo essersi abbassato i pantaloni alle caviglie, si siede sul divano e mi attira su di sé. Sposta leggermente il filo dello string e, subito dopo, sento una bollente cappella farsi strada fra le pieghe della mia micetta. Lo sento entrare lentamente, aprirmi, dilatarmi, allargando le pareti della mia vagina. Scivola così lentamente dentro di me, che mi sto bagnando come non mai; è tanto lungo che sembra non finire mai, fin quando lo sento sbattere con forza in fondo all’utero, procurandomi un primo incredibile orgasmo.
«aaaaahhhh…Sei enorme! Sfondami tutta! Vengo! Cazzo, sto venendo!»
Tremo tutta. Sono scossa da incredibili brividi di piacere. Lentamente inizio a muovermi, su e giù, continuando ad impalarmi su quel meraviglioso palo che mi sfonda, mi riempie, facendomi morire di lussuria. Basta poco per farmi avere un secondo orgasmo, che mi lascia stremata; mi distendo su di lui, che, nel frattempo, ha messo a nudo i miei seni ed ora me li sta palpando.
Dopo un lungo istante, che son rimasta immobile e con gli occhi chiusi, ricomincio a muovermi. Solo allora, mi rendo conto che anche gli altri due ragazzi, si son uniti a noi. Il moro è immobile davanti a me, mi offre un bel cazzo che, anche se di dimensioni inferiori a quello che mi sto godendo, è comunque di tutto rispetto. Lo avvicina alla mia bocca ed io, ormai in preda a un vero e proprio delirio erotico, lo accolgo fra le labbra ed inizio a succhiarlo con gusto. Dopo averlo succhiato, lui si sposta, lasciando libera la mia bocca, che subito viene occupata dal ragazzo di colore, che mi offre un palo lungo e nero, quasi una proboscide! Me la infila in gola con qualche difficoltà.
«Dai, succhialo! Che poi te lo pianto nel culo!»
Un lungo fremito percorre il mio corpo nel sentire quelle parole. Lui gioca ancora un po’ a schiaffeggiarmi col suo grosso cazzo. Il biondo si gira, si distende sul divano, tirandomi su di lui. Il ragazzo di colore esce dalla mia bocca, che subito viene di nuovo occupata dall’altro cazzo. Sento che si inginocchia dietro di me e, subito, dopo aver fatto colare della saliva lungo il solco delle mie natiche, tenute aperte dalle mani del biondo, appoggia la sua cappella sopra lo sfintere che si tende fino a cedere, dandogli la possibilità di infilarsi per più della metà dentro di me, in un colpo solo.
«Haaaaaaaai! … Piano! … Mi sfondi!»
Mi ha afferrato per i fianchi e, lentamente lo spinge tutto dentro di me. È così lungo che mi sembra quasi mi esca dalla bocca, che ora ho ancora riempita dal cazzo del moro. Per qualche secondo rimane immobile, mentre io mi sento piena, sto per esplodere in un incredibile orgasmo mai provato prima.
«Dai, muovetevi, sfondatemi tutta!»
Immediatamente iniziano a scoparmi tutti e tre insieme. Il moro mi tiene la testa fra le mani e mi spinge il suo cazzo in gola, il ragazzo di colore mi pompa il culo in maniera fantastica, andando a strusciare contro il cazzo del biondo, che, anche se separato da una sottile membrana, mi sembra di averli entrambi nello stesso buco. Godo, vengo, vorrei urlare il mio piacere, ma il moro è giunto all’apice e, con delle spinte tremende, mi spinge il suo palo direttamente in fondo alla gola. Ad un tratto resta fermo, piantato dentro, e mi inonda direttamente lo stomaco di crema calda.
«Bevi, troia! Bevilo tutto!»
Dopo i primi schizzi lo sfila, mi lascia solo la cappella in bocca che io pulisco, lecco, spremendolo fino all’ultima goccia. Soddisfatto mi fa un sorriso e se ne va, mentre io sento che dietro di me, anche il ragazzo di colore è prossimo al piacere. Lo sento gonfiarsi, dilatarmi sempre più, mi giro a guardarlo e gli dico che voglio in gola anche la sua crema.
Devo andare alla cerimonia, non posso colar sborra da ogni buco, quindi la ingoio. Lui mi pompa ancora un po’, poi si sfila di colpo e me lo porta alla bocca, che apro per ricevere direttamente in gola cinque schizzi di crema calda, densa, particolarmente speziata. Dopo aver spremuto e bevuto anche lui, mi ringrazia e se ne va. Torna a completare il lavoro alla mia auto. Il biondo mi guarda sorridendo, continua a torturarmi i seni, mentre dal basso mi sfonda con colpi tremendi. Lo guardo e gli dico che voglio bere anche il suo. Lui mi solleva, mi adagia lentamente sopra la scrivania, tenendo le mie cosce in alto e aperte con i talloni poggiati sui suoi pettorali. Mi guarda con occhi carichi di desiderio, comincia a pomparmi con dei colpi terribili che mi scuotono tutta, facendomi tremare e sobbalzare i seni, che lui continua a torturare, strizzandone i capezzoli. Poi, di colpo, si sfila, mi presenta davanti alla bocca la sua splendida e bollente cappella, ricoperta dei miei umori, e mi scarica dei lunghi fiotti direttamente in bocca. Devo ingoiare velocemente, perché la quantità è decisamente superiore a quella degli altri. Ingoio, lecco, succhio e ripulisco, fino all’ultima goccia. Per un lungo istante rimango immobile, ancora distesa sulla scrivania, mentre lui rimette dentro quello splendido scettro, ancora semi turgido e, con gli occhi, mi indica la porta del bagno. Entro in un piccolo locale pulitissimo e profumato, mi risistemo il trucco e, quando esco, la mia vettura è già pronta, fuori dal lavaggio, pulita e odorosa di fresco, perfettamente in ordine. Chiedo quanto devo.
«La prima volta è omaggio - mi viene risposto - Io sono Luca, questo il mio biglietto da visita con il mio cellulare, se prenoti, non dovrai mai far la fila. In cambio, ti chiediamo di farci pubblicità.»
Mi porge le chiavi, io li guardo, prende il biglietto, lo metto fra le mie cose, guardo l’orologio, e mi accorgo di esser maledettamente in ritardo, quindi mi avvio verso l’uscita. Giunta allo stop, incrocio una grossa vettura, con alla guida una splendida signora: per un attimo i nostri sguardi si incrociano. La guardo, le faccio un sorriso malizioso, mentre leggo ancora una volta lo slogan del lavaggio.
«Mettetevi nelle nostre mani.»
Sicuramente non sarà l’ultima volta che lo farò, ne parlerò anche alle mie amiche, non prima, però, di essermi tolta ancora una volta lo sfizio di godere di un maschio stupendo come Luca.
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