Venere deflorata

erotikamente
11 days ago
Venere deflorata

Era un pomeriggio estivo, le temperature erano salite più del solito e da persona insofferente al caldo ritenevo che stare all’aperto fosse impossibile, il breve tragitto che avevo percorso per raggiungere casa di Taisia appariva ai miei occhi come una fatica erculea. 

La sua camera affacciava sul cortile esteriore, pertanto il sole batteva forte al suo interno, senza essere ostacolato da altre costruzioni, infastidendomi. Stavo stesa sul suo letto a giocare a lanciare il cuscino in aria per poi riprenderlo, cercando di tenermi impegnata nell’attesa di ricevere le attenzioni di Taisia. 

“Scusa, sto rifinendo un bozzetto, mi dispiace ignorarti” la sua voce tiepida e melodiosa ruppe il silenzio della stanza, interrompendo il mio stupido gioco, mi misi a sedere e la guardai; era alla scrivania, aveva una matita tra le mani e le cuffie bluetooth le coprivano le orecchie. 

“Allora perché mi hai fatta venire qui?” 

“Cosa?” non sentì per via del volume della musica “Aspetta…” si tolse le cuffie “…cosa?” 

“Non capisco perché mi abbia chiesto di raggiungerti, visto che sei impegnata” la ragazza morse distrattamente la matita mentre faceva una giravolta sulla sedia per voltarsi verso di me, i suoi lunghi capelli biondi le coprivano quasi totalmente il viso ed io mi stavo domandando come riuscisse a sopportare il calore con quelle interminabili onde dorate che abbracciavano più di metà del suo corpo. 

“Non lo so, non volevo stare sola. Da sola non riesco a portare a termine i miei lavori, mi distraggo, inizio a pensare, faccio di tutto fuorché il mio compito. Devo progettare e cucire un vestito entro la settimana prossima, una ragazza lo ha commissionato per il suo compleanno. Ecco perché sei qui”.

 Taisia talvolta era strana. A primo impatto si presentava come una creatura divina caduta per errore sulla Terra, sia per i suoi modi amichevoli e cordiali, sia per i suoi spiccati intelletto e creatività, ma specialmente per la sua bellezza eterea e antica, la perfezione dei suoi lineamenti era disumana, quel che avevo pensato la prima volta che l’avevo vista era che fosse la personificazione della Venere di Botticelli, era identica, forse persino più bella. Le sue forme erano più slanciate e spigolose, colorate da una pelle pallida al punto da parer di porcellana. Sembrava finta, non avevo mai conosciuto qualcuno bello come lei. Quel che veniva naturale credere era che ogni particella del suo essere fosse stata scolpita dagli dei, io stessa all’epoca lo credevo, ma più ci si addentrava nella sua quotidianità più si palesava quanto complessa (e per certi aspetti inquietante) fosse la sua natura. Per questo motivo mi sembrava che Taisia tenesse tutti a debita distanza, me compresa, percepivo che conoscerla sul serio fosse impossibile, la sua essenza era per me un mistero; mi domandavo se qualcuno al mondo sapesse i suoi segreti. 

“Helga mi supervisionava quando dovevo far qualcosa di importante, si accertava che non mi distraessi” sentirle menzionare l’ex fidanzata e sapere che io fossi lì solo per farne le veci mi fece storcere il naso. 

“Non potevi chiedere a qualche amico?” 

“Tu sei mia amica” mi fece notare “Ma hai ancora bisogno di Helga a quanto pare. Sei stata tu a lasciarla, avresti dovuto pensare a tutti gli aspetti della rottura” 

“No Kita, non mi sono pentita della mia scelta, non l’amavo e non la amo tutt’ora. Guardando indietro Helga mi sembra una persona così…piatta” 

“E allora perché sei stata con lei tutti quegli anni?” 

Taisia rimase silente per qualche attimo, era chiaro che conoscesse bene la risposta, ma stava decidendo se confessare o meno “Perché mi amava, amava incondizionatamente ogni lato di me. Anche quando le davo ragioni per odiarmi, tutto quel che percepivo nel suo modo di approcciarmi era amore. Avevo bisogno di qualcuno che fosse fedele a me, a me e nessun altro”. 

Sapevo che il suo fosse un ragionamento molto egoista, ma mi piacque la combinazione di parole che aveva scelto, perciò non la contestai. 

“Mi capiva perché si impegnava a farlo, e dato che mi capiva giustificava ogni mia azione. Potevo raccontarle tutto” Aggiunse prima di alzarsi dalla sedia ed affiancarmi sul materasso, lasciandosi cadere a peso morto con un pesante sospiro. Appresi che una persona che l’aveva conosciuta esisteva. 

“Non dovevi lavorare?”

 “Voglio fare un po’ di pausa…o giuro che impazzisco” sussurrò passandosi le mani sul viso. “Io ti capisco?” le chiesi distrattamente dopo qualche attimo di silenzio, mentre giocavo con la federa del cuscino che tenevo in grembo 

“No, tu no. Non ci capiamo per niente, c’è qualcosa di non detto da entrambe le parti, ma va bene così. Il nostro è un rapporto silenzioso e mi piace” la guardai confusa, aggrottando le sopracciglia e lei sentì il dovere di spiegarsi meglio

 “Quello che non si conosce intriga. Non comprendere ciò che ci circonda è parte fondamentale dell’essere umani, non capiamo sul serio quel che siamo né tantomeno cos’è la vita. L’ignoto è più vasto del noto, così ampio che ci spaventa, eppure proviamo un perverso piacere nell’accarezzarlo senza poterlo mai afferrare” fece un gesto con la mano, come se volesse acciuffare l’aria “Capiamo solo quello che è banale e oggettivo, ma il resto…” lasciò la frase in sospeso. 

Avrei voluto continuare quel discorso, rispondendole con una considerazione altrettanto intelligente, ma in molte occasioni l’aura di Taisia era tanto potente che mi veniva paura di esprimermi, paura di sbagliare a parlare e risultare stupida. Non ero totalmente in accordo con lei, era vero che non la capivo, ma ero certa che sarei riuscita a farlo se me ne avesse dato la possibilità. 

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, lei a fissare i granelli di povere che danzavano negli spiragli delle tapparelle, ed io a fissare i suoi capelli, con la loro immensa lunghezza occupavano metà del materasso, e illuminati in quel modo sembravano raggi di sole scintillanti, mi stesi accanto a lei, schiacciandole i boccoli con la schiena. 

“Sai, a volte mi sembra di non voler bene a nessuno” riprese a parlare “Lo dice sempre anche mia sorella. Credo sia il motivo per cui ho lasciato Helga” “Perché lo credi? Non potrebbe essere stata tua sorella a convincerti di ciò?” 

“No, ha ragione” sospirò e poi chiuse le palpebre “Non mi interessa genuinamente delle persone, quando i miei amici stanno male faccio finta di preoccuparmi, ma non ci riesco veramente, stessa cosa con i miei familiari. Penso che se morissero non starei male sul serio, anzi a volte ho persino desiderato che accadesse” la sua voce era così armonica che quelle parole velenose suonavano come un dolce canto. 

“Un tempo volevo bene a Helga, anzi l’amavo…ma io riesco a voler bene ad una persona alla volta; quando inizio a sentire affezione per qualcuno il mondo circostante si spegne e quel qualcuno è l’unica luce che vedo. Prima lei era la luce, ora ha smesso di esserlo. E se la luce si spegne non solo non riesco più a vederla, ma nemmeno a ricordarla” ammise tristemente, era chiaro che odiasse quel lato di sé. Mi voltai con la testa verso di lei 

“E perché Helga si è spenta?” 

“Perché è così: tutto quel che adoro prima o poi finisce per diventare effimero, noioso, non alla mia altezza. E poi…perché si è accesa un’altra luce” girò anche lei il capo verso di me, ora ci guardavamo negli occhi “adesso voglio bene solo a te”. La sensazione che quelle parole mi causarono era inspiegabile, ero contentissima di essere stata scelta per affiancarla e pensai che sarei stata felice di farmi sua serva; non mi sarebbe dispiaciuto vivere in una realtà nella quale io e lei eravamo le uniche anime esistenti, unite da un legame morboso e indissolubile. 

“Che intendi con questo?” chiesi in un sussurro “Niente. Devo per forza intendere qualcosa? Non puoi semplicemente dirmi che mi vuoi bene anche tu?” La prima risposta che mi venne alla mente fu: «Se stai alludendo a qualcosa sappi che non sono come te, non mi piacciono le donne» eppure mi sembrò la cosa meno appropriata da dire, sia perché non volevo offenderla, sia perché non ero totalmente certa del fatto che fosse vero quando lei mi stava accanto. 

“Ti voglio bene anch’io, è ovvio che te ne voglia” ci guardammo ancora in silenzio, l’aria era tesa e le frasi erano difficili da formulare, non mi ero mai sentita così in presenza di un’amica. 

“Kita…” sussurrò il mio nome scuotendo la testa come se mi stesse prendendo in giro 

“Cosa?” “Niente” ridacchiò. La tensione tra di noi si stava facendo intollerabile, eppure non volevo essere io a spezzarla. Volevo che fosse Taisia a prendere il controllo, a decidere come sarebbe andata a finire quella conversazione, perché io non ne ero in grado; ma anche lei era congelata, con un'espressione indecifrabile.

Continuavo a fissarla, attendendo una reazione qualsiasi, e poi, all'improvviso, la sentii stringermi a lei. Non potei fare a meno di pensare che fosse strano, ma non mi sottrassi a quel gesto, anzi, lo ricambiai, abbracciandola con tutta la mia forza. Il suo fiato mi solleticava il collo, facendomi rabbrividire e il suo corpo era caldo, ma non come il fastidioso calore che mi stava tediando…era un caldo piacevole ed intenso. La presenza di quella donna era così soffocante che mi sembrava più viva di ogni altro essere che avessi mai toccato. 

Percepivo la sua vitalità come se fosse stata un’estensione della mia e questa sensazione sconosciuta era meravigliosa, ma l'intensità di quel sentimento spaventava, qualcosa dentro di me stava cambiando. Inspirando l’odore della sua pelle al mio cervello venne voglia di sfiorarle con le labbra l’intero corpo e questo desiderio era piuttosto anomalo per un’amicizia. Le sue dita mi accarezzavano delicatamente la schiena, delineando i contorni della mia spina dorsale, mentre io mi stringevo alla sua veste sgualcendone la seta. Le nostre gambe si intrecciarono ed i nostri respiri divenivano gradualmente più pesanti. Il mio stomaco andò in subbuglio e sentii la mia eccitazione crescere. Restammo strette l’un l’altra a sfiorarci i corpi con gentilezza e vergogna, non parlavamo perché sapevamo che le parole andavano scelte con cura, avrebbero potuto trasformare quel magico attimo in un disastro. Passò una quantità di tempo indefinibile, poi Taisia raccolse il coraggio per tirarsi leggermente indietro, quanto bastava per far sì che fossimo faccia a faccia, mi passò una mano sulla guancia ed accarezzò il mio labbro inferiore con il pollice, quel gesto delicato e sfacciato allo stesso tempo rese chiara la piega che quell’abbraccio avesse preso. 

"Kita" sussurrò “lo hai mai fatto questo?” 

“Questo cosa?” “Questo” realizzai che mi stava domandando se avessi avuto esperienze saffiche. 

“No, mai” Taisia scosse la testa, i suoi occhi sembrarono dipingersi di una sfumatura triste 

“Non farlo solo perché io voglio. Non è sano cedere a tentazioni tanto impulsive. Potresti pentirtene e non so se vorresti continuare a passare del tempo con me se fosse così” dicendomi quelle frasi andava contro il suo stesso interesse, era un atto nobile che da un animo egoista come il suo non mi sarei aspettata 

“L’ho fatto tante volte solo per compiacere qualcuno ed è orribile, non voglio che ti accada, non con me” confessò, le avrei chiesto di parlarne in maniera più approfondita in altri contesti, ma in quel momento, senza nemmeno accorgermene, stavo pensando solo a prendermela. 

“Non ho bisogno di pensarci: per quanto possa negarlo a me stessa so quel che sento quando sto con te” Taisia accennò un sorriso 

E cosa senti?” 

“Non so spiegarlo a parole” confessai arrossendo “è una tensione…strana” smise di indugiare e mi baciò. L’incontro fra le nostre labbra fu incerto e delicato, si scontrarono timidamente, in un accenno di bacio, mentre pensavo a quanto morbida fosse la sua bocca in confronto a quelle degli uomini che avevo baciato. Si staccò subito, rimanendo ad un soffio dal mio volto, potevo sentire il suo respiro mischiarsi al mio; ebbi un fremito che mi mosse inconsciamente verso di lei, chiedevo più di un lieve contatto. Taisia si morse la bocca, come se volesse analizzare il sapore che la mia le aveva lasciato e per un attimo temetti che non le piacesse, che volesse fermarsi con quel breve attimo. Ma poi le sue labbra cercarono le mie, unendosi ad esse con un gesto deciso, definitivo. 

Le mie mani afferrarono immediatamente i suoi capelli mentre il mio stomaco veniva pervaso da un calore devastante, mi sentivo come se stessi facendo un salto nel vuoto. Il bacio divenne vorace in pochi secondi, nel momento in cui la sua lingua scivolò sulla mia la nostra foga divenne animalesca, a dimostrazione del fatto che avessimo iniziato a bramarci nell’attimo in cui ci eravamo individuate; avevamo resistito e avevamo atteso, fino a quel giorno, lei perché era impegnata con qualcun altro, io perché temevo di uscire allo scoperto dichiarando la mia attrazione per una persona del mio stesso sesso. 

Mi avvolse in un abbraccio tanto appassionato che si sarebbe potuto dire fossimo due amanti che si stavano incontrando per l'ultima volta. Il suo tocco lasciava sulla mia pelle una scia di fuoco, bruciava, fu la prima volta che sperimentai il dolore delle sue ustioni: tanto forte da diventare piacevole, necessario. Avvertivo la sua femminilità che lottava contro la mia, come se in qualche modo volesse che riconoscessi la sua superiorità. Nei nostri movimenti però non percepivo solo attrazione fisica, c'era un'intesa di qualche altro genere, un senso di riconoscimento reciproco. 

Mi ero sentita piccola nella stretta degli uomini che mi avevano avuta, come un tesoro da custodire, con Taisia sentivo ci stessimo proteggendo e comprendendo a vicenda. Mi passò una mano dietro la nuca, mentre con l’altra mi accarezzava la schiena e faceva scivolare le dita nel solco delle mie vertebre. Era dolce e allo stesso tempo possessiva, al punto da sembrare di desiderare di poter entrare nel mio corpo per rimanerci per sempre. Taisia si staccò.

Non voleva interrompere il momento, ma sentiva il bisogno di guardarmi in viso, di vedere l'effetto delle sue azioni sulla mia pelle. Mi accarezzò con delicatezza, passandomi le dita sul mento, sulle labbra, sulla mandibola, sugli zigomi. Poi mi baciò di nuovo. 

Con la sua passione, risvegliava una parte di me assopita, una fiamma che era rimasta nascosta sotto strati di dubbi e incertezze e che adesso stava cominciando ad ardere. Sentivo che non sarei più riuscita a tornare indietro, tutto sarebbe cambiato in me e tra noi. L'unica cosa che mi importava però era di toccarla, di esserle quanto possibile vicina. Salii sulle sue gambe, lei mi baciò il collo, scivolando verso le spalle, sospirai mentre la sua mano si posava sul mio ventre, stringendolo con le unghie. Risalì l’incavo del mio collo sfiorandolo con le labbra per poi darmi un bacio sulla guancia, proseguì verso l’orecchio, lo morse, infine sussurò con voce appena udibile: 

“Stai tremando” avrei voluto poterle rispondere 

-Anche tu-, ma non era così, Taisia non stava provando nulla di nuovo o straordinario, stava raggiungendo uno scopo prefissato da tempo. 

“Voglio che provi ciò che ho provato io quando l’ho scoperto” 

“Scoperto cosa?” “Lo sai cosa”. Avvertii un brivido di piacere percorrermi dal basso verso l’alto lungo la schiena. 

“Non mi piacciono le donne, solo tu. Tu sei diversa” sentii il bisogno di giustificarmi 

“Ti piaccio io?” mi sussurrò delicatamente “Sì” 

“Spogliami allora” il suo ordine sembrava più un’impaziente supplica, mi venne naturale acconsentire, come se lo avessi fatto tante altre volte. Nell’istante in cui le nostre labbra si erano toccate avevo inconsciamente deciso che non mi sarei fermata lì, avevo paura che un’occasione del genere non mi si sarebbe ripresentata. L’accarezzai lungo le gambe fino ad arrivare ai fianchi, mentre la mia bocca si posava nella sua scollatura, sulla parte superiore del seno, la baciai lì e lei gemette.

 Le sfilai la camicia da notte facendo scorrere lentamente le dita lungo le sue curve, come se volessi imprimerle nella mia memoria muscolare, nel caso non avessi avuto la possibilità di averla un’altra volta; il suo seno esposto era ora di fronte al mio viso, deglutii; ripercorsi le stesse curve verso il basso, fino all’elastico dei suoi slip, glieli tirai giù, ansiosa di guardarla. La sua nudità mi fece sentire vulnerabile, avevo sempre pensato che i corpi nudi rivelassero difetti che ne modificavano la bellezza, avevo notato qualcosa “di sbagliato” in ogni corpo che avevo visto, ma Taisia era perfetta anche in quello, anzi senza vestiti risultava ancor più attraente. Avrei voluto toccarla eppure la timidezza mi bloccava, sembrava così inverosimile il fatto che di fronte a me giacesse una donna nuda e bellissima, vogliosa delle mie mani. “Non guardarmi così” sussurrò “Perché no?” “Perché sembri spaventata” nel cristallino delle sue iridi colsi un’insicurezza che in lei non ero abituata a vedere, forse si illuse di starmi forzando o plasmando, mi domandai come potesse un essere tanto celestiale pensare di non poter conquistare qualcuno, specialmente una persona tanto comune quanto me.

 Taisia mi prese le mani tra le sue e mi tirò su di sé “Non aver paura” sembrava più un’umile richiesta che un ordine “Non ho paura” 

“Posso spogliarti anch’io?” ”Ti prego” sussurrai, Taisia abbassò la zip dall’abito che indossavo. Alzai le braccia e lei mi tolse il vestito, baciando man mano la pelle che si scopriva. Lanciò il vestito sul pavimento, lasciandomi in intimo, poi mi spinse all’indietro, facendomi cadere con delicatezza sul materasso, si tolse i capelli dal viso e si mise a cavalcioni su di me. Baciò il mio collo, scese con le labbra tracciando una linea di baci fino al ventre, i muscoli mi si contraevano ogni volta che la sua bocca mi toccava, accompagnati da piccoli sospiri. Ero impaziente, mi liberai autonomamente del reggiseno, rimase colpita dalla mia improvvisa sfacciataggine, perciò mi riserbò un sorrisetto. “Non fermarti” risalì la mia pancia ricoprendola nuovamente di baci, le sue mani afferrarono i miei seni con desiderio, li palparono ed infine un mio capezzolo finì tra le sue labbra, la sua lingua lo solleticò piacevolmente, poi lo succhiò fino a farlo inturgidire, ansimavo stringendo fra le dita quella chioma dorata. Si sedette a gambe aperte sul mio ginocchio mentre continuava a stimolarmi il seno, capii e assecondai quella voglia tirandola a me per la curva del fondoschiena, invitandola sfregare la sua intimità su di me. 

Staccò le labbra dalla mia pelle per gemere ed io la strinsi, cingendole il viso tra le mani ed osservandola come si osserva un quadro da milioni di dollari; le sue guance pallide si erano arrossate ed i suoi occhi erano diventati languidi, le diedi un bacio sulle labbra. L’insopportabile voglia di essere saziata mi stava facendo girare la testa, non riuscivo più a trattenermi…e lei lo comprese: la sua mano scivolò nelle mie mutandine, mi accarezzò il pube facendomi venire i brividi, poi scostò la biancheria di lato. Mi guardò tra le gambe e si morse le labbra ansimando, mentre continuava a muovere il bacino sulla mia gamba. “Vuoi che la tocchi?” me lo chiese con dolcezza e presunzione, non voleva spaventarmi, eppure voleva sentirsi dire che avevo bisogno di lei. Annuii, si scansò dal mio ginocchio per sistemarsi sul materasso. Schiuse le mie labbra con due dita “È un po’ arrossata” arrossii anche in viso dopo quella frase “Lo so…” sussurrai, si bagnò degli umori che grondavano sulle mie cosce, massaggiandomi verticalmente, gemetti. Taisia trovò con facilità il centro del mio piacere ormai gonfio di eccitazione ed iniziò a strofinarlo lentamente. “Ti piace?” sussurrò mentre io mi lasciavo andare, gemendo e muovendo i fianchi contro la sua mano, chiedendo di più. “Sì un sacco” le afferrai la testa con entrambe i palmi, la volevo vicina, mi tolse gli slip con la mano libera, senza interrompere la stimolazione. 

“Taisia…” gemetti il suo nome sulla sua bocca, sporgendomi per chiederle un bacio che lei mi negò, preferiva guardare il mio viso. Il mio sesso pulsava e si bagnava sempre più per le sue carezze e per lei, il solo guardare il suo corpo nudo ed eccitato sarebbe bastato a farmi raggiungere l’estasi, eppure le sue mani delicate ed esperte mi accompagnavano perfettamente, appagando ogni capriccio del mio clitoride. Dopo un po’ mi portò le dita alla bocca osservandomi eloquentemente, voleva le succhiassi, chinai lo sguardo su di esse “Guardami” comandò, rialzai immediatamente gli occhi e leccai le dita sperando di apparire sensuale, ma era palese che vi fosse inesperienza nei miei gesti. Le presi in bocca bagnandole la mano con la saliva, così che potesse entrare nel mio corpo facilmente. 

Fece viaggiare il suo arto lungo il mio busto, ungendolo, per farlo giungere infine tra le mie cosce, mi lubrificò accarezzandomi ancora e poi penetrò la mia carne, prima con un dito e poi con due, facendomi godere di ogni centimetro di lei che si incorporava nel mio basso ventre. Mentre mi aprivo per accoglierla, Taisia alzò la testa, intenzionata ad incontrare i miei occhi, in essi c’era lo stesso sguardo che aveva la prima volta che la sua vista trovò la mia, le iridi le bruciavano della medesima fiamma famelica; Taisia mi aveva sempre osservata con avidità e bramosia, Helga invece veniva guardata in modo diverso. Non vi era alcun tipo di foga nei loro occhi, si univano guidati dalla sicurezza e dal senso di appartenenza, non dalla smania; per questa ragione non le avevo mai ritenute una coppia affiatata, per me loro due insieme non avevano ragione di esistere. 

Eppure in quel momento, nonostante mi stessi beando di quel gioco perverso, desiderai essere per lei “un’Helga”; ella veniva percepita come familiare, così come si percepiva la propria casa. Io non ero il suo posto, io ero solo una sete da togliere, una sete tanto fastidiosa da spingerla a rinunciare alla sicurezza del rifugio pur di appagarla.

“Rilassa i muscoli” sussurrò baciandomi un ginocchio “Stai stringendo, sei tesa”, espirai, ritornando a concentrarmi su noi due “Brava” mi fece venire le farfalle nello stomaco il modo in cui mi disse che ero brava. Iniziò a masturbarmi. “Tu pensi troppo. A che pensi?” domandò dolcemente “Non lo so…che ti voglio” “E cosa senti?” “Lo sai cosa sento” risposi ansimando “perché è in questo modo che tocchi anche te stessa” si morse il labbro emettendo un piccolo gemito, le piacque la mia risposta; la immaginai toccarsi e il mio sesso pulsò a quel pensiero, la consapevolezza che lo facesse proprio sul letto sul quale ero stesa fece salire la mia libido ancor di più, avrei voluto vederla. Le sue dita uscivano ed entravano da me con capacità e con calma, mi stava esplorando e cercava di decifrare le mie espressioni facciali per capirmi, con l’altra mano stuzzicava il mio clitoride; toccava esattamente i punti che bramavano stimolazione. Stava inginocchiata tra le mie cosce, questo non mi piaceva, l’afferrai per i capelli e la tirai all’altezza del mio viso, interrompendo così però la stimolazione del mio clitoride, mi aggrappai alle sue spalle con le unghie 

“Ti prego ti voglio qua” giustificai prima di baciarla, la volevo addosso mentre mi prendeva 

“Va bene” sussurrò sulla mia bocca mentre mi prendeva il collo con la mano libera, reggendosi ad esso e togliendomi il respiro più di quanto già non stesse facendo. La velocità dei suoi movimenti aumentava gradualmente. Il piacere che irradiava il mio corpo era tanto intenso da essere insostenibile, ero dannatamente sensibile, perciò avevo bisogno di avvinghiarmi a lei per riuscire a sopportarlo senza strillare. Mi dimenavo e contorcevo, stritolandola con violenza, graffiando la sua pelle diafana, Taisia invece era calma, osservava il modo in cui danzavo sotto di lei ed ascoltava i miei gemiti compiacendosene. 

“Lasciami” disse improvvisamente prima di liberarsi dalla mia presa e di tornare giù, col busto tra le mie cosce, continuò a penetrarmi con le dita, mentre con l’altra mano mi premette il pube, all’altezza della vescica; quel gesto aumentò il mio piacere, al punto da farmi pensare che fosse faticoso reggerlo. “Devo fare pipì” mi lamentai come un’idiota mentre ansimavo “Non è pipì, falla” “Lo so, ma se…” “Falla”. Perciò raggiunsi l’apice, accompagnata alle porte del paradiso dall’angelo che mi stava sopra, ebbi un sussultò, tentai di urlare ma la sua mano si allungò prontamente per tapparmi la bocca. 

“Shh!”. Mi dimenai per qualche altro secondo, poi il piacere iniziò a diminuire ed io mi placai. Mi aveva provocato un orgasmo migliore di quelli che io stessa ero in grado di darmi, una parte di me voleva rifarlo subito, l’altra non era sicura che avrei retto. Tentai di ricompormi, recuperando fiato fissando il soffitto. Taisia fece uscire le dita dal mio corpo, poi si poggiò con la testa sulla mia spalla; le accarezzai il capo, Taisia si morse il labbro sorridendo 

“Lo sapevo. Lo so da quando ti conosco” 

“Cosa sapevi?” si mise a ridere “Noi lo capiamo sempre” 

“Voi chi? Capire cosa? Perché devi essere così vaga quando parli della tua sessualità? Come se non fosse palese che-“ mi zittì baciandomi. 

“Vuoi che ti dica che mi è piaciuto?” domandai staccandomi 

“Non c’è bisogno che tu me lo dica” la sua risolutezza mi fece ridere imbarazzata 

“Sei brava” glielo dissi 

“Sono brava?” sorrise “Ma era solo una prova, quando lo faccio sul serio divento pazza” sussurrò al mio orecchio 

“Davvero? E cosa fai?” 

“Tutto quello che mi viene in mente”. Le delineai i contorni delle scapole con l’indice, poi lo feci scorrere fino al suo ventre ed iniziai a disegnarle cerchi immaginari attorno all’ombelico. Volevo provare a darle quel che mi aveva dato. 

“Ad esempio?” la mia mano andò un po’ più in giù, iniziando ad accarezzarle il basso ventre, lei lasciò andare un sospiro più lungo degli altri “Non mi viene in mente nulla di specifico. La situazione si costruisce da sé, in maniera fluida. Quel che ho fatto è stato meccanico, non ho ancora capito cosa vuoi e viceversa” si spiegò, non condividevo, per me una connessione fra noi due si era stabilità al primo abbraccio. “Fammelo capire” le dissi mentre la mia mano incontrava inaspettatamente la sua vulva, Taisia spalancò la bocca, un po’ per sorpresa, un po’ per compiacimento. Scesi con un dito tra le grandi labbra, accarezzando ciò che contenevano, studiandola, al tatto era diversa dalla mia e questo per qualche motivo mi sembrò strano, ma era piacevole accarezzarla lì. 

Andai a bagnarmi le dita del suo liquido, lubrificando poi anche lei, così come aveva fatto con me. Taisia sussultava osservandomi. Non ero certa di quel che stavo facendo, facevo quel che mi eccitava vedere, quel che segretamente avevo immaginato di farle; ma non sapevo se stessi andando bene. Decisi di farla attendere un po’, volevo che avesse bisogno di me tento quanto io ne avevo avuto di lei, le accarezzavo le grandi e le piccole labbra, stimolando le sue terminazioni nervose, ma senza salire sul clitoride. Mi spostai più in basso con il busto, per osservare la sua intimità da vicino, la schiusi con due dita, lasciandola esposta, scoprii che mi piaceva aprirgliela ed osservare quel che aveva di più segreto. 

“Pulsa” sussurrai, lei rispose con un gemito. 

“Cosa vuoi?” le domandai mentre continuavo ad osservare il suo sesso schiuso e le sue piccole contrazioni “Sono tanto sensibile qui,” si portò un dito sul clitoride e lo massaggiò circolarmente mentre la sua schiena si inarcava 

“Così, è la cosa che mi piace di più” la sua voce era bassa e somigliava tanto ad un lamento, la guardai incantata mentre sentivo le guance avvampare. Se solo avessimo avuto più confidenza le avrei chiesto di continuare da sola, di toccarsi per me, ma non ne ebbi il coraggio. Le tolsi la mano per sostituirla con la mia, imitando i suoi movimenti, gemette stringendo la pelle delle mie spalle. Diedi inizio alla stimolazione vera e propria, aumentandone pian piano la velocità ed accompagnandola con dei baci lasciati sul suo ventre e poi sull’inguine. 

Le stavo facendo un massaggio lento e rilassante, preparandola, non stavo ancora puntando a farla venire; lei assecondava i miei movimenti col bacino e con dei piccoli mugolii. Non avrei voluto farlo alla prima volta, soprattutto perché non sapevo come fare, ma mi ritrovai col capo tra le sue cosce; le forme e la consistenza della sua intimità erano per qualche motivo una calamita per la mia persona, mi eccitava l’idea di toccarla sapendo esattamente quale sensazione avvertisse, cosa che invece con gli uomini non mi capitava, non potevo sapere in cosa consistesse il loro piacere, cosa provassero, ma con lei sì. Smisi di massaggiarla ed alzai gli occhi per guardarla, aveva le guance rosse ed il suo seno si alzava ed abbassava a ritmo del suo respiro. 

Le accarezzai il busto con entrambe le mani, abbassando il capo sulla sua pancia come se mi stessi prostrando al suo cospetto, in un certo senso era così. “Tu sei la donna più bella del mondo” glielo dissi iniziando una scia di baci dal suo ombelico fino al suo monte di venere. Inspirai il suo odore e la sfiorai con le labbra, il suo corpo sussultava sotto di me. Alzai ancora una volta gli occhi su di lei per incontrare i suoi, mi stavano pregando, perciò presi coraggio e la baciai come se la stessi baciando sulla bocca. Inarcò la schiena, quando familiarizzai col suo sesso tirai fuori la lingua per leccare ed ingoiare i suoi umori. Ero lenta e minuziosa, avrei voluto vederla contorcersi e urlare come se fosse stata pazza, ma prima di arrivare a quello dovevo conoscerla e conoscere anche le mie capacità. Le baciai il clitoride, poi lo presi tra le labbra e succhiai, Taisia gemette alzando le gambe, gliele strinsi tenendole aperte, mentre la mia lingua si muoveva sul centro del suo piacere. 

“Cazzo…” sussurrava mentre stringeva le lenzuola e si muoveva sulla mia bocca. La mia lingua poteva sentire quanto duro ed ingrossato fosse il suo piccolo organo, mi allontanai per un secondo per osservarlo: ora fuoriusciva dal suo cappuccio, in erezione massima. Ripresi a leccarlo. Taisia mi scostò i capelli dietro l’orecchio per poi accarezzarmi una guancia “Brava” sussurrò spingendomi contro di lei “Brava” ripeté, mi piaceva il modo in cui quella parola lasciava le sue labbra. Mi allontanai di poco dal suo sesso per inserire due dita dentro di lei, si lamentò con un mugolio e si lamentò ancor di più quando iniziai a muoverle. “Mh…no, piano” “Sto andando piano” si alzò sui gomiti per guardarmi 

“Dentro mi dà fastidio, mi fa male” la guardai stranita, non sapevo esistessero esseri femminili che non gradissero la penetrazione “Togli un dito per favore”. Obbedii quasi intenerita, lasciando in lei il mio indice, lo feci scorrere delicatamente dentro e fuori “Va bene così?” annuì sospirando 

“Se vai piano ti sento meglio” gemette “ti sento un sacco qui” e si indicò il basso ventre. Deglutii guardandola incantata fin quando lei non mi risvegliò dalla trance afferrando la mia mano libera per portarsela sul clitoride. Lo tastai mentre continuavo a penetrarla lentamente “È molto teso” gemette mentre continuavo a sfiorarglielo senza stimolarlo davvero 

“Quindi…per te è questo l’interruttore, mh?” annuì, mi chinai per prenderlo ancora tra le labbra e leccarlo, mentre il mio dito continuava a penetrarla. 

Andavo piano, senza permettermi di osare, facendo solo quello che sapevo avrebbe apprezzato. 

Continuai fin quando vidi Taisia essere scossa da un sussulto più forte degli altri, mentre si portava una mano alla bocca per coprire i gemiti. A quel punto mi permisi di aumentare il ritmo dei miei movimenti, dopo un po’ la ragazza fremette fra le mie braccia, per poi contorcersi in un orgasmo.