Come mi sono sverginato
Prima parte:
La stanza 225
Agosto 2001, la scuola è ormai finita da un pezzo e per racimolare qualche extra per l’università accettai di buon grado, per il secondo anno consecutivo, un lavoro come receptionist presso un villaggio in Calabria sito sulla costa tirrenica.
Le leggende delle scopate selvagge nei villaggi al momento erano rimaste tali, in quanto già il primo anno non avevo battuto chiodo e la speranza di poterlo fare in questa stagione era pressochè vana.
La poca stima di me stesso ne era la causa principiale, nonostante gli anni passati in palestra non ero mai contento del mio fisico, a causa del sovrappeso, o probabilmente era la mia idea di fisico piacente che non collimava con il mio essere, ne ero consapevole, ma allo stesso tempo non potevo farci nulla, così come adesso a distanza di 25 anni sono consapevole di aver perso svariate occasioni per non aver colto determinati segnali che mi venivano lanciati a dispetto del mio aspetto fisico.
Già da giugno il numero di villeggianti era decisamente alto ed in costante aumento, ma fu ad agosto che i clienti iniziarono ad arrivare a flotte, la meta era ambita, la costa e le spiagge stupende così come il mare, limpido e cristallino, anche se l’alto numero di presenze in quel mese, rendeva il tutto molto meno attraente.
Il villaggio si presentava con un ampio parco verde che portava al polo centrale nel quale veniva effettuato il check-in sia per gli ospiti che prendevano in affitto i bungalow, sia per coloro che volevano usufruire di un comodo e confortevole albergo con le camere ai rispettivi 4 piani che si ergevano sopra la reception.
Le giornate erano così piene che i giorni volarono e superata la bolgia di ferragosto, la calca iniziava a scemare per ritornare verso una forma di pseudo normalità con ritmi molto più “tranquilli”.
Mi si presentò al desk una donna, “strana”, perché aveva il viso di una persona vissuta, segnato da diverse rughe, ma il corpo di una trentenne, vestita con una minigonna di tessuto leggero quasi svolazzante ed una t-shirt indossata senza reggiseno visto che i capezzoli premevano con prepotenza diventando 2 punti quasi ipnotici… rimasi basito per qualche attimo, ma dovetti destarmi e proseguire nel mio lavoro; completato il check-in le diedi la chiave della camera al relativo piano, indicai la via per l’ascensore, ma prontamente mi rispose che preferiva le scale, visto che la camera era soltanto al secondo piano, e nel mentre mi lanciò uno sguardo per me indecifrabile, abbozzando un sorriso velato.
Non so bene cosa mi successe in quell’istante, ma dentro di me scattò qualcosa. Mi alzai subito dalla sedia e con fare gentile mi avvicinai a lei e l’accompagnai verso le scale aprendole la porte che davano l’accesso ai piani, cercando di scrutare cosa si celasse sotto la minigonna mentre si appropinquava a salire i primi gradini; probabilmente se ne accorse, ma fece finta di nulla, chiusi la porta e tornai al mio posto di lavoro.
Rimasi per tutto il giorno con quella figura stampata in testa, con la sua immagine che scorreva davanti ai miei occhi come una diapositiva e fu così anche la notte tanto che iniziai una lenta sega che culminò in un paio di schizzi lunghi e potenti, alimentati dalle fantasie che la mia mente aveva elaborato al solo pensiero e desiderio di poter possedere quel corpo così tonico e bello, la cui età realmente era soltanto un numero scritto sul documento, ma nient’affatto corrispondente a ciò che i miei occhi avevano appena visto.
I primi 3 giorni dal suo arrivo trascorsero tranquilli, senza particolari avvenimenti, fatta eccezione per il continuo mormorio accompagnato da commenti relativamente spinti in riferimento alla “vecchia in minigonna” eh si perché Francesca, così si chiamava indossava perennemente gonne molto corte, dalla mattina quando scendeva per la prima colazione alla sera quando rientrava accompagnata da qualche amico, in quanto è vero che alloggiasse sola, e che avesse un accento tipicamente Lombardo, ma aveva origini calabresi ed era scesa in vacanza per trovare dei vecchi amici.
Ad ogni suo passaggio i miei occhi si incollavano sul suo corpo come 2 magneti, aveva delle gambe perfettamente dritte e calzava sempre delle scarpe con un po’ di tacco, per aumentare l’altezza visto che era circa 1,60m e soprattutto le slanciavano le gambe e le alzavano il culetto che appariva bello tondo e sodo fasciato nelle minigonne.
Probabilmente Francesca si accorse di come la guardavo, mi rendo conto di farlo tuttora, è una reazione quasi inconsapevole, che prontamente ritorna consapevole quando vengo redarguito dalla mia compagna.
Fu così che una sera, poco dopo le 20 squillò il centralino, risposi ed era Francesca che chiedeva se potesse salire qualcuno in camera sua a sistemare il telecomando della televisione. Il tempo di mettere giù la cornetta ed ero già dall’altra parte del desk, con 2 pile in mano, pronto a risolvere la situazione. Un’occasione così non me la sarei fatta assolutamente sfuggire. Salgo di corsa per le scale e arrivo davanti alla porta della sua camera che era semi aperta; in quel momento mi si gelò il sangue, i battiti aumentarono, iniziai un po’ a sudare e contemporaneamente a sentire un leggero movimento nelle parti basse. Mi trovai Francesca chinata in avanti e data la minigonna, mi ero pietrificato ammirandole il culo che era realmente bello tondo e sodo come avevo immaginato diviso da un sottilissimo filo che in teoria sarebbe dovuto essere un perizoma. Uno spettacolo al quale mai avrei immaginato di assistere.
“Eehmm”, mi schiarii la voce palesando la mia presenza, lei di rialzò e mi accolse senza scomporsi più di tanto, controllai il telecomando, e a stento riuscii a cambiare le batterie, ero agitato, mi tremavano le gambe e soprattutto le mani dall’eccitazione, una volta sistemato salutai e tornai giù con la gola secca e bocca impastata.
Quella visione fu un pensiero costante per tutta la serata, un tarlo che si stava insinuando continuamente nella mia testa ed una volta rosicchiato quel poco di buon senso rimasto, mi fece azzardare una mossa per me inaspettata.
Avevo capito che non sarebbe uscita, erano passate le 23 e giù la situazione era decisamente tranquilla. Tra me e me pensai, “faccio la cazzata? E se poi succede un casino, che figura ci fai?” Mi sentivo come in un cartone animato dove a destra c’era l’angioletto che mi diceva di stare bello tranquillo ed a sinistra il diavoletto che mi spronava ad alzare la cornetta del centralino e comporre il numero della sua camera. Finii per dare ascolto al diavoletto, alzai la cornetta e composi il 225… primo squillo, nessuna risposta, i battiti del mio cuore erano talmente accelerati che sembrano il suono di un motore da Formula 1, secondo squillo, nessuna risposta; terzo squillo, nessuna risposta, stavo già palesando l’idea di mettere giù ed evitare il disastro, ma esitai, e fu proprio in quell’attimo di esitazione che rispose: “pronto?”
“Signorina Francesca, sono Davide della reception”… furono le uniche parole che riuscii a dire con voce tremula e balbettando leggermente tant’era l’agitazione.
“Dimmi, è successo qualcosa?” Rispose con un tono che non mi sembrò realmente di una persona preoccupata, ma quasi di chi una chiamata in fin dei conti la stesse aspettando.
“Ero curioso di sapere se con il televisore fosse tutto apposto, eee.. visto che non sta ancora dormendo, mi chiedevo se le andasse di bere qualcosa…” per un attimo il silenzio, strizzai gli occhi come in attesa di chi sta per ricevere un sonoro rimprovero quando all’improvviso mi rispose: “Sisi grazie, la tv adesso funziona, grazie…” ed in riferimento alla mia richiesta dopo un attimo di pausa continuò:
“Non saprei, ma adesso? Sinceramente non mi va di scendere a quest’ora, stavo quasi per andare a letto…”
“Ah ok, ma nel caso (con voce ancora più traballante) le andrebbe se salissi io?”
Ecco, ho fatto la cazzata pensai tra me e me apostrofandomi con i peggiori insulti, ma nel mentre mi rispose: “Ok dai, ma dammi 5 minuti, il tempo di mettermi qualcosa addosso.”
“Perfetto a tra poco”. Risposi con un po’ più di coraggio e mi diressi di volata in cantina a prendere una bottiglia di prosecco e 2 flutes. Cercai di salire le scale in maniera furtiva per non essere sgamato, mentre il cuore aveva iniziato a ritmarsi con dei tonfi al posto della tachicardia, alternandosi a battiti aritmici. Eccomi di fronte la porta della stanza 225, esitai un attimo prima di bussare per fare qualche profondo respiro, e mi diedi un pizzicotto sul braccio per capire se tutto ciò fosse reale o meno. Un leggero “toc toc” per non fare troppo rumore e mi aprì la porta accogliendomi con un babydoll in pizzo nero, cortissimo che lasciava poco spazio alla fantasia, ma soprattutto in bella vista il culo vestito da un perizoma g-string abbinato, con un balzo felino saltò sul letto e si coprì con il lenzuolo. Mi chiusi la porta alle spalle e iniziai a vivere una situazione surreale.
Mi avvicinai al letto, sedendomi sulla poltroncina accanto a lei e stappai la bottiglia.
“Allora, come mai questa idea?” Mi chiese con sguardo ammiccante mentre versavo il prosecco nei flutes.
“Ho pensato che le sarebbe piaciuto fare 4 chiacchiere”; risposi con la mia solita ed impacciata timidezza, ma facendo il gesto di brindare provocando il classico “tin” del contatto tra bicchieri di vetro.
I miei sentimenti erano contrastanti, avevo una paura fottuta di fare una gran figura di merda, ma un desiderio inaudito di poter finalmente possedere una donna, di fare sesso!
“Ma non ti sembra ora di darmi del tu? O ti sembro così vecchia?” Incalzò quasi stizzita.
“Hai ragione, anzi se proprio vuoi saperlo credo che l’età per te sia soltanto un numero, hai un corpo che alcune mie coetanee possono solo sognare…”
“Ma lo sai che potrei essere tua madre?” Booom A quella affermazione mi si fermò il cuore, pensai che con quella frase volesse stroncare sul nascere ogni possibile approccio e mi giocai il tutto per tutto
“Si, ma tanto non lo sei”, e nel dirlo mi avvicinai a lei baciandole il collo. Nonostante la mia verginità sono sempre stato un amante del sesso e delle donne e non perdevo occasione per informarmi su zone erogene, punti di piacere, punto G e tutto ciò che potesse dare piacere alla donna, così che all’atto pratico, avendo fatto bene i compiti non avrei fatto la figura del fessacchiotto, anche se la mia inesperienza mi avrebbe tradito qualche istante più tardi.
Quel gesto diede inizio alle danze, solo oggi, ricordando gli avvenimenti, mi rendo conto che non fui io ad andare da lei, ma fu lei ad attirarmi come il pifferaio magico.
Inutile dire che di prosecco ne fu bevuto solo un sorso, posati i bicchieri sul comodino iniziai lentamente ad esplorare il suo corpo, il suo magnifico corpo.
I seni erano ben proporzionati, morbidi e setosi anche se leggermente calanti, con i capezzoli che non appena stimolati si inturgidirono diventando quasi il doppio. Mi concentrai li baciandoli con alternanza e mordicchiandoli, nel frattempo la sua mano si insinuò tra le mie gambe in cerca del mio cazzo che già da un pezzo spingeva con forza contro i jeans quasi a volerli bucare per trovare un po’ di sollievo.Continuai a scendere accarezzandole il ventre e le cosce, toniche e dalla pelle liscia come una pesca, era chiaro si prendesse molta cura del suo corpo.
Arrivato al paradiso le sfilai delicatamente il perizoma e lei facilitò la manovra inarcando la schiena ed alzando il bacino, e finalmente decise di liberarmi il cazzo da pantaloni e slip che stava letteralmente esplodendo e pur non avendo misure da superdotato ho scoperto avere sempre erezioni DDC (secondo la scala di durezza del cazzo, appresa di recente da un caro amico). Ed ecco che la voglia di infilarlo e l’inesperienza nel prediligere i preliminari, mi tirarono un brutto scherzo, in quanto non mi azzardai e sinceramente nemmeno ci pensai ad affondare la faccia tra le sue gambe che teneva aperte pronte per me, con la figa già grondante di umori e totalmente depilata, di conseguenza lei non me lo prese in bocca, mi limitai soltanto a toccarla un po’ infilandole prima un dito simulando la penetrazione e poi anche il secondo, ma più che le dita, il mio obbiettivo era di infilarci il pisello, per cui mi staccai da lei e tirai fuori un preservativo che tenevo nel portafogli come tutti i miei coetanei, più che altro per vantarmi di averlo, ma consapevole che sarebbe scaduto come tutti gli altri presi in precedenza, lo aprii evitando di pizzicarlo ed appoggiandolo sulla cappella, lo srotolai fino alla base. Lei era pronta, mugolava ed ansimava in maniera quasi ipnotica, credo mi desiderasse in maniera direttamente proporzionale a quanto desiderassi lei e nel mentre si toccava in sapientemente stimolandosi il clitoride.
Fu così che puntai il cazzo verso la sua figa e in un attimo fui dentro fino in fondo, era così bagnata che non oppose la minima resistenza nonostante abbia una discreta circonferenza, iniziando un lento movimento su e giù.
In quello stesso istante dentro di me ci fu un’esplosione di sensazioni, di stimoli, di percezioni anche olfattive che non avevo mai provato prima, e che scoprii in un secondo momento essere l’essenza del sesso!
“Siiiiii che bel cazzo duro che hai, continua, continua cosiiiiiiì…”
Era una sensazione fantastica, nonostante il preservativo riuscivo a percepire il suo calore, la cappella che sfregava contro le pareti della sua vagina, sentivo sul mio pube una sensazione di umido dovuta alla fuoriuscita dei suoi umori.
Continuavo con quel movimento quasi come un automa, cercando di uscire quasi fino alla cappella e rientrare giù tutto fino alla base del pene, ma ad un certo punto mi fermò, ebbi la sensazione che le sua gambe stavano tremando e mi disse:
“Fermati un attimo… cambiamo posizione”
Non appena lo sfilai mi resi conto che la sua figa brillava, illuminata dalla sola luce delle abatjours e portandosi nuovamente la mano al suo sesso e si toccò e mi disse:
“Guarda cosa mi hai fatto fare…” ma purtroppo non capivo a cosa si riferisse, vedevo il tutto molto umido, anzi forse un po’ troppo umido… ancora oggi non so se venne solo in maniera molto bagnata oppure squirtò, perché non ricordo chiazze sul lenzuolo e comunque non ero particolarmente bagnato.
Si girò a pecora e mi diede il via per ricominciare….“Ooooh siii che spettacolo!”, furono le mie uniche parole da quando ebbe inizio l’amplesso, nel vedere quel culo così perfettamente tondo e tonico davanti ai miei occhi e la sua figa così ben fatta e soprattutto ben proporzionata, non slabbrata come quelle che spesso mi capitava di vedere nei porno che, paragonati ad oggi, si può dire fossero i “tutorial” del sesso. La infilai nuovamente, questa volta da dietro e nuovamente quelle esplosioni si impossessarono dei miei sensi, sensazioni che capii mi davano quasi assuefazione; ripresi a penetrarla, dapprima lentamente fino a prendere poi un ritmo deciso aggrappandomi ai suoi fianchi; il movimento si fece così intenso da spostare leggermente la rete che scivolando sulle piastrelle lisce, si allontanò dalla testiera del letto provocando dei colpi cupi… stavamo iniziando a fare un po’ troppo rumore, ma ormai la testa di sopra non si preoccupava più delle possibili conseguenze, le sensazioni che arrivavano al mio cervello erano inebrianti, stupefacenti nel vero senso della parola.
L’aria nella stanza era satura del suo profumo e soprattutto era satura di sesso, il profumo del sesso mandò in tilt tutti i recettori del cervello.
Mentre ero concentrato a percepire ogni singola sensazione, vibrazione, stimolazione che mi arrivava dal connubio dei nostri corpi, mi interruppe nuovamente, con voce strozzata da quello che successivamente capii essere un orgasmo.
Mi sfilai e con mio grande stupore e paura, mi accorsi che il preservativo era rotto…
Glielo dissi, ma non si scompose più di tanto, le sue uniche parole furono:
“Non sei venuto, non preoccuparti”, e guardando l’orologio incalzò: “Caspita se è tardi… domani devo alzarmi ad un quarto alle 8 e ho bisogno di dormire, ora vai, tanto ci vediamo in questi giorni…”
Mi stampò un bacio sulle labbra e mi diede una pacca sul culo mentre mi alzai per rivestirmi. Mi infilai di volata i pantaloni senza nemmeno gli slip, la t-shirt e mi apprestai ad uscire. Mi voltai per salutarla e lei ricambiò mordendosi il labbro inferiore e facendomi l’occhiolino.
Avevo ancora il cazzo come un pezzo di marmo di Carrara, con l’elastico del preservativo a mo di anello alla base ed il resto a brandelli che penzolava dentro i pantaloni.
Tornai al desk sudato e tremante come una foglia, guardai l’orologio e mi accorsi che era trascorsa più di un’ora, un rapido sguardo al centralino per appurare che non ci fossero state chiamate e lentamente ripresi a respirare e a riprendere il controllo delle mie funzioni vitali.
Non credevo a quanto accaduto, finalmente avevo infilato il pisello in una passera, e che passera visto che consideravo Francesca una gran bella figa, ma purtroppo il tutto solo a metà perché l’amplesso non era completo, non ero ancora venuto! Il cazzo che per un attimo aveva perso tono rimanendo per lo più barzotto, al solo pensiero di ciò che era appena accaduto torno prepotente a spingere contro i jeans, ma stavolta lo sentii di più perché senza slip, mi dava anche fastidio visto che la cappella premeva sul tessuto crespo del jeans.
Visto che era ormai tardi, consapevole che nessuno mi avrebbe disturbato, decisi di porre fine a quella “piacevole sofferenza” e mi recai in bagno dove iniziai una sega ripercorrendo istante per istante tutto ciò che era accaduto poco prima in quella camera. Finalmente l’orgasmo arrivò anche per me, con uno schizzo così lungo e potente da oltrepassare oltre al water impattando sulle piastrelle, il resto cercai di indirizzarlo nella tazza. Mi ripulii alla meglio e tornai al desk per completare il mio turno di notte, ora completamente soddisfatto, ma con un retrogusto amarognolo, consapevole e speranzoso che ci sarebbe stato un seguito.
Seconda Parte:
Non si lasciano discorsi in sospeso
Il giorno dopo non ebbi possibilità di incontrarla, ero di riposo, e sapevo, dalla sua prenotazione, che sarebbe rimasta soltanto altre 2 notti, per cui avrei dovuto fare qualcosa per poterla incontrare nuovamente e possibilmente concludere ciò che avevamo iniziato la notte precedente.
Fu così che mi venne in aiuto la sorte; Giulia, una delle ragazze della reception, mi chiamò chiedendomi se potevano scambiarci il turno perché aveva un appuntamento con un turista tedesco nostro ospite, col quale stava flirtando da un po’ di giorni. La mia testa iniziò ad elaborare informazioni in maniera rapidissima cercando di incastrare gli eventi dei 2 giorni rimanenti come i pezzi di un puzzle. Accettai chiedendole però di fare LEI il turno di notte del giorno successivo al mio, rimarcando bene il LEI come a farle capire “io copro te e tu copri me” essendo una ragazza molto acuta capì al volo e non ebbi necessità di aggiungere altro, ci salutammo e riattaccai godendomi la giornata di riposo e cercando di pianificare gli eventi delle 2 notti successive, più che altro immaginando possibili scenari come in “sliding doors”, ma tutte le idee che mi frullavano per la testa sarebbero potute essere più o meno valide, sempre e comunque in funzione della disponibilità di Francesca e degli imprevisti del lavoro. I suoi amici erano sempre presenti, la rapivano dal mattino presto, riaccompagnandola la sera tardi, sembrava una meteora, ma proprio in virtù di ciò pensai: “vabbè, come va va…”, al massimo mi sarei goduto un altro giorno di riposo.
Memore del fallimento col preservativo della sera prima, andai al distributore e ne presi una scatola da 6, con l’intenzione di portarli tutti nel caso fosse ricapitato l’incidente.
Fu così’ che il giorno successivo, mi presentai al lavoro puntuale come sempre, mancavano 5 minuti alle 23:00, ora di inizio del mio turno di notte, il tempo di una chiacchiera con la collega che stava per smontare e mi accomodai sulla sedia iniziando a controllare le prenotazioni, le partenze, i documenti dei check-out, i fogli di lavoro per il personale delle pulizie, le sveglie, il servizio in camera della prima colazione e le note che lasciavano i clienti dell’hotel, ma in testa avevo un solo pensiero fisso… Francesca e la stanza 225.
Trascorsa poco più di un’oretta, non vedendo movimento e soprattutto non avendola vista rientrare, decisi di alzare la cornetta e comporre quel numero magico; squillò… squillò più volte, ma senza risposta alcuna. Tra me e me pensai: “caspita, speriamo non stia dormendo, altrimenti stavolta ho veramente cannato…”
Inutile dire che non provai a fare un altro tentativo, ero già abbastanza agitato dopo il primo, per cui continuai a sbrigare le mie mansioni, accendendo nel frattempo la piccola tv che serviva più che altro a farci compagnia durante le ore notturne.
Saranno state più o meno le 2:00 che sentii suonare al citofono, aprii il cancello, preparandomi ad accogliere il cliente che stava per arrivare.
Trascorsero buoni 10 minuti e non vedendo entrare nessuno, insospettito, decisi di affacciarmi a controllare; era lei, non riuscivo a vederla nitidamente in quanto stava in una zona poco illuminata, ma riuscii a riconoscerla dalla sagoma e soprattutto dalle gambe; stava dialogando con uno dei suoi amici in maniera piuttosto animata, mi sporsi un po’ di più per cercare di captare qualcosa in più, ma non sembrava però un litigio, anzi li sentii ridere vedendoli abbracciarsi più volte; cercando di evitare brutte figure nel caso fossi stato visto, tornai alla mia postazione in attesa di vederla varcare la soglia d’ingresso.
Trascorsero altri 5 o 6 minuti ed eccola entrare, una visione stupenda si palesò davanti ai miei occhi, sandali alla schiava neri con lacci attaccati poco sotto al ginocchio con circa 6cm di tacco, minigonna in pelle nera e calze a rete, camicetta sempre nera con pois bianchi talmente piccoli da sembrare un cielo stellato, abbastanza larga e sbottonata nella parte alta, tanto da mostrare una buona parte dei seni, liberi da ogni costrizione.
Varcò la soglia senza salutare, diede una rapida occhiata in giro e avvicinandosi mi disse con voce molto bassa e calda: “Ciao Davide, come stai?”
Ed ecco riapparire nuovamente quelle strane vibrazioni, infatti risposi con voce molto incerta: “Ciao, tutto bene, tu?”
“Bene grazie, sono stata ad una cena con alcuni amici e sto morendo di sete, mi prenderesti una bottiglia d’acqua da portare in camera per favore?”
Certamente! Risposi con tono professionale, avvicinandomi al frigo per prenderla.
“Ti andrebbe anche un digestivo?” Questa frase uscì dalla mia bocca senza alcun controllo, credo di non averla nemmeno pensata…
“Quasi quasi, ma solo se ha un amaro forte! Hai l’Unicum?”
“Controllo subito”, risposi recandomi dietro al bancone del bar, una rapida occhiata ed ecco spuntare la bottiglia verde scuro, panciuta, con il grande bollino rosso e la croce dorata impressa al centro. Ne versai 2 bicchieri e li sistemai su un vassoio portandoli verso le poltroncine della Hall.
“Ti va se ti faccio compagnia?”
“Certamente!” Rispose senza indugiare
Ci accomodammo intavolando una piacevole e leggera conversazione, le raccontai di me, degli studi appena conclusi e dei progetti universitari, con i possibili sbocchi lavorativi.
Chiesi di sapere qualcosa di lei e mi raccontò di essere scesa con lintento di trascorrere qualche giorno di vacanza, ma che praticamente era stata impegnata per la maggior parte del tempo nella vendita di una vecchia casa di proprietà appartenuta ai suoi genitori; nel quotidiano gestiva a Brescia una grossa azienda tessile fondata dal padre ormai in pensione e cresciuta negli anni a dismisura, che le portava via tanto tempo impegnandola full time, e probabilmente in virtù di ciò, non era riuscita a trovare un compagno che reggesse i suoi ritmi, non solo lavorativi, tant’è che rimasi colpito dalla sua frase: “Ho avuto un paio di storie serie, ma sentirmi legata a qualcuno che non riesce a starmi dietro mi opprime, non ho bisogno di un compagno, ma di un “complice” che rispetti il mio tempo e la mia libertà, come avrai potuto intuire…” calcando la voce sulla parola “libertà”
Effettivamente sarebbe stato un compito arduo tenere testa ad una donna così attiva e focosa, e probabilmente non ebbe nemmeno la fortuna di incontrare un uomo giusto per lei, quello disposto ad un rapporto aperto senza costrizioni e gelosie, ma votato al sesso così come lo era lei e capace di aiutarla nella gestione di un’azienda così impegnativa. Durante la breve chiacchierata, per me fu una lotta riuscire a tenere gli occhi a pari altezza dei suoi, cadevano continuamente sulle cosce fasciate in quelle splendide calze a rete e dentro l’apertura della camicetta.
Fu comunque una bella chiacchierata, intuii fosse particolarmente stanca e avrebbe preferito andare a letto, per cui evitai qualsiasi accenno a un possibile seguito in camera sua. Probabilmente apprezzò questo mio “rispetto” del suo tempo, e prima di congedarsi mi disse: “E’ piacevole conversare con te, ma ora perdonami, sono cotta e non vedo l’ora di andare a dormire, ci vediamo domani sera per salutarci…”
“A dire la verità domani sera sarei libero visto che ho cambiato il turno con la mia collega che oggi aveva un impegno”, risposi di getto senza nemmeno pensare, quasi interrompendola.
“Ah ok”, con tono quasi deluso, “allora se sei impegnato ti saluto adess…” Neanche il tempo di farle finire la frase che la interruppi nuovamente: “Nono, a dire la verità non ho nulla da fare, passo volentieri a salutarti!” Ecco, fui nuovamente tradito dall’impeto della mia inesperienza, la tachicardia si ripresentò, avevo la salivazione azzerata che mi lasciò la bocca e la gola secche come il deserto del Sahara, a dispetto della sua esperienza di donna che aveva probabilmente intuito, dalle mie risposte rapide, che la mia serata libera non fu proprio una casualità.
“Beh ottimo, allora ci vediamo domani sera, tanto non credo rientrare tardi visto che mi devo alzare presto per andare in aeroporto, se ti va potremmo continuare la nostra conversazione… non si lasciano i discorsi in sospeso…!” Disse quasi a mo di rimprovero ma abbozzando un leggero sorriso malizioso.
E fu così che levandosi dalla poltroncina aprì leggermente le gambe tanto da lasciarmi intravedere un tessuto nero traforato, sicuramente un perizoma simile a quello che indossava un paio di sere prima.
Buonanotte caro! Mi disse mimando un bacio con le labbra e si voltò in direzione della porta che dava l’accesso alle scale, riuscii a distogliere lo sguardo dal suo corpo soltanto dopo che scomparve dietro la porta.
Mi sentivo eccitato, ma stranamente non ebbi alcuna reazione nelle parti basse, giusto qualche leggera pulsione; era strano e non riuscivo a spiegarmi come mai, nonostante l’eccitazione, non avessi avuto alcuna erezione, pensando che probabilmente potrebbe essere stata colpa dell’ansia ed il cercare di evitare di fare qualche cazzata perdendo così l’ultima e unica occasione rimasta.
Epilogo:
La scoperta di me stesso
Finito il turno la mattina successiva, tornai a casa ingrifato come un toro, non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine delle sue cosce e dei suoi seni che facevano capolino dalla camicetta; mi infilai in doccia e tra il calore dell’acqua e la mia eccitazione iniziai a segarmi, pensando a quanto accaduto sere prima e a quello che sarebbe potuto accadere la sera dopo. Le immagini scorrevano veloci davanti ai miei occhi, come un timelapse con il cervello che faceva dei montaggi divini, tanto che in un niente iniziai a schizzare, riprendendo piano piano il controllo di me stesso e cercando di organizzarmi per la serata, ma nel mentre crollai in un sonno profondo e beato.
Mi destai quasi di soprassalto credendo fosse tardi, ricordo che non pranzai nemmeno, era tardo pomeriggio e decisi di scendere un po’ in spiaggia e godermi gli ultimi tiepidi raggi di sole prima di vederlo scomparire all’orizzonte tuffandosi in mare aperto.
Persi nuovamente coscienza del tempo in balia del suono del mare e del relax e mi resi conto che si era fatta ora di cena, così risalendo dalla passerella che dal mare porta fino al gazebo dove gli ospiti prendevano i teli puliti lasciando quelli bagnati, decisi di fare una piccola deviazione dai miei amici che lavoravano in cucina per farmi preparare uno spuntino giusto per placare la fame, non mi andava di cenare ero già sazio da quella voglia di sesso che per tutto il giorno aveva riempito corpo e anima.
Tornai nel mio alloggio e mi infilai nuovamente in doccia per togliere la salsedine, iniziando le mie abluzioni, ma concentrandomi stavolta di più sulla zona inguinale e soprattutto sul pene. Abbigliamento informale e sportivo come sempre, quindi jeans e t-shirt, un po’ di profumo e via verso il polo centrale a perdere un po’ di tempo in attesa del tanto atteso rientro di Francesca. Per non destare troppi sospetti mi intrattenni un po’ con Giulia, la collega con la quale avevamo scambiato il turno, facendo finta di interessarmi alla situazione che mi si sarebbe prospettata il giorno seguente e poi uscii fuori dirigendomi verso un piccolo parco giochi che a quell’ora era praticamente deserto, ma che essendo praticamente di fronte all’edificio, mi dava la possibilità di vedere chi entrasse e chi uscisse. Fu così che poco prima di mezzanotte vidi arrivare una Porsche 911 verde scuro, dapprima si aprì la portiera lato guida dal quale scese un uomo, il quale di diresse velocemente dal lato passeggero aprendo la portiera e porgerdo la mano per aiutare a far scendere una donna, ma non una donna qualsiasi… Francesca! Stupenda come sempre, con il suo fisichetto da 30enne intubato in una minigonna di jeans, sandali neri con zeppa ed una magliettina bianca leggera e così corta da mettere in risalto il suo ventre liscio e piatto; avevo il cuore in gola e guardandola continuavo a ripetere: “non è possibile che abbia oltre 50 anni, ma che pezzo di figa!”
Mentre erano intenti a parlare, mi recai dentro quatto quatto, sedendomi su una delle poltroncine della hall in attesa di vederla entrare.
Trascorse una mezz’ora o forse anche di più, ma finalmente la vidi varcare la soglia d’ingresso; la mia collega si voltò verso di me sgranando gli occhi e le feci un rapido cenno facendole capire di far finta di nulla. La salutò cordialmente, si sincerò che non avesse bisogno di nulla e si mise davanti al pc. Lei si diresse verso di me che nel frattempo mi alzai di scatto dalla poltrona quasi mettendomi sull’attenti, come già il mio pisello avrebbe voluto fare. Mi salutò e mi disse se le avessi fatto compagnia con un whisky, le andava qualcosa di forte. Dirigendomi verso l’angolo bar, le chiesi: “posso fare io oppure hai delle preferenze?”
Lei, seguendomi, rispose in maniera molto pacata, quasi come fosse spossata da una lunga e pesante giornata lavorativa: “fai tu, mi fido!” E nel frattempo si sedette su uno degli sgabelli posti davanti al bancone.
Avevo da poco scoperto un buon whisky dal gusto morbido ed affumicato e trovandolo decisamente adatto per l’occasione, pensai di fare “bella figura” puntando su questo; afferrai di gran carriera la bottiglia di Lagavulin e ne riempii 2 bicchieri; finita la parte del barman, mi accomodai sullo sgabello accanto al suo e levando il bicchiere le dissi: “Salute!”
“Alla nostra!” Rispose lei appoggiando le sue bellissime labbra carnose color rosso porpora sul bordo del bicchiere, macchiandolo del rossetto; ricordo di averlo notato perché purtroppo è una cosa che mi ha sempre infastidito, vedere i bicchieri o le tazzine del caffè sporche di rossetto, ma la cosa che mi colpì di più fu che lei se ne accorse perché dopo aver bevuto l’ultima stilla, prese un tovagliolino e pulì il bordo con cura.
Le chiesi come fosse andata la serata notando un accenno di stanchezza e mi rispose che non era affatto stanca, ma semplicemente infastidita con il suo amico, il tizio che l’aveva accompagnata poco prima, perché fu particolarmente insistente durante tutta la serata cercando di convincerla a rimanere in compagnia degli altri fino a tardi, pur sapendo che la mattina seguente sarebbe dovuta partire presto.
Nel mentre mi guardò negli occhi con uno sguardo che non seppi interpretare e appoggiando una mano sulla mia gamba mi disse: “beh io vado su in camera, mi devo ancora fare una doccia e sistemare le ultime cose in valigia.”
Rimasi basito, confuso, ingenuo com’ero e non avevo colto i suoi segnali.
“Ok…” risposi con un tono che fece palesemente trasparire un misto tra delusione e disappunto; “dunque ci salutiamo qui…” e scendendo dallo sgabello mi avvicinai per darle il classico “bacio” guancia/guancia in segno di saluto, le augurai la buona notte ed un buon viaggio di rientro e lei mi sorrise in un modo strano avviandosi poi verso la solita porta che dava l’accesso alle scale.
Ero ormai rassegnato, mi voltai verso il desk e vidi Giulia ridacchiare, anche lei in modo strano, ero ancora più confuso, pensai che probabilmente era divertita dal fatto che credevo di potermi fare una scopata ed invece avessi fallito mestamente, quando ad un tratto Francesca si arrestò sulla soglia e voltandosi mi disse con tono sostenuto: “a proposito, il telecomando nuovamente non funziona, già che sei qui, ti dispiacerebbe fare un salto su per vedere cosa c’è che non va, purtroppo ho bisogno della tv accesa per addormentarmi, mi fa compagnia…”
Rincuorato, mi rianimai velocemente e mentre mi avviavo verso le scale per raggiungerla intervenne la mia collega dicendomi: “Davide, porta su questo telecomando universale, nel caso l’altro fosse difettoso.” Tornai indietro a prenderlo e nel porgerlo mi guardò abbozzando sempre quel sorrisetto strano che avevo notato qualche attimo prima.
Raggiunsi Francesca e ci lasciammo la porta alle spalle, avevo il cuore a mille, cominciavo nuovamente e sentire una scarsa salivazione e quella strana aritmia che si alternava tra la tachicardia ed i tonfi, credo che nel silenzio si potessero sentire i battiti del mio cuore.Non una parola fino alla sua camera, apri piano piano la porta ed una volta dentro mi guardo con lo stesso sguardo usato poco prima e disse: “certo che sei duro a capire te eh…!!!” con un tono così acceso che lo sentii come un rimprovero. Finita di pronunciare la frase mi si avvicinò velocemente e mi baciò infilandomi con prepotenza la lingua in bocca.
In quel preciso istante, nel buio della stanza vidi la luce, quelle sue parole e quel suo bacio caldo, mi fecero fare un salto temporale all’indietro di circa 5 minuti rivelandomi quei segnali che non avevo assolutamente afferrato, compresa la risatina della mia collega e la mossa del telecomando universale.
E fatta pensai! Continuando a baciarla, o meglio a farmi baciare, purtroppo ero a digiuno anche nell’arte di questa bellissima pratica, che apprezzando molto, apprendevo in fretta come tutto ciò che riguardasse la sfera sessuale.
Le mie mani iniziarono ad esplorare il suo splendido corpo partendo dalla schiena, le infilai sotto alla magliettina bianca, talmente corta che praticamente riuscii a sfilarla senza nemmeno rendermene conto; rimase così in topless con i suoi bellissimi seni in bella vista ed i capezzoli che svettavano turgidi ed arroganti. Di riflesso lei fece la medesima mossa sfilandomi la t-shirt, così passai ad infilare le mani sotto alla minigonna notando un filo sottile a dividere le natiche più che coprirle, afferrai quelle chiappe sode a piene mani come ladro afferra il bottino in una gioielleria ed iniziai a palparle cercando di insinuare le mie dita nel tessuto del perizoma arrivando alla sua figa che notai essere già parecchio umida. Fu così che lei si staccò da me, si liberò dal piccolo tessuto in jeans e si distese sul letto, io feci la lo stesso, ma levai anche gli slip liberando finalmente il cazzo che nel trambusto si era eretto ed indurito così tanto da provocarmi il solito dolore da costrizione. Mi distesi accanto a lei continuando a toccarla, accarezzarla e baciarla partendo dalle tette e scendendo giù fino alla passera, provai a baciarla, ma ebbi un attimo di esitazione, lei intuì subito e mi disse: scopami! Lo voglio sentire dentro!
Mi distesi per prendere i pantaloni ed estrassi da una delle tasche i preservativi, dicendo a mo di battuta: “oggi ne posso rompere anche 5!” E scoppiammo entrambi in un’allegra risata.
Ne aprii uno, lo srotolai fino alla base ed ero già pronto, mi adagiai su di lei che nel frattempo con una mano teneva spostato il perizoma e con l’altra aveva iniziato a sgrillettarsi un po’.
Puntai il cazzo verso la sua figa e in un lampo, proprio come la prima sera, arrivai fino in fondo senza alcun impedimento. Avvertii nuovamente quella esplosione di sensazioni decisamente piacevoli, ripetendosi ad ogni affondo, le mie narici erano colme di quel profumo di sesso e feromoni che stavamo rilasciando nella stanza, inebriandomi e mandandomi in estasi i sensi come una slot machine quando fa jackpot; stavolta però erano più chiari e più intensi, iniziavo a riconoscerli ed apprezzarli molto più della volta precedente.
In preda ad una forte eccitazione, sentivo il cazzo durissimo, diverso da quando solitamente mi masturbavo, era ancora più duro della volta precedente. Dopo un bel po’ di pompate nella posizione del missionario sentii il suo respiro farsi più corto, i suoi mugolii divennero veri e propri gemiti di piacere finché non iniziò a vibrare come la prima volta e mi allontanò quasi con violenza facendomi uscire. Mi disse: “Perdonami ma adesso sono troppo sensibile,” e toccandosi la passera praticamente fradicia continuò: “guarda che effetto mi fai”, e dicendolo si morse il labbro inferiore.
Il tempo di finire la frase e si mise a pecora, si spostò nuovamente il filo nero che separava quelle natiche stupende e mi incitò a penetrarla nuovamente.
Non me lo feci ripetere una seconda volta e ricominciai l’amplesso alternando affondi lenti con altri più veloci, avevo il cazzo così in tiro che per un attimo credetti di poterla sollevare. Più il ritmo aumentava e più lei ansimava, ed io nonostante il preservativo, riuscivo a percepire le contrazioni dei muscoli della sua vagina che avvolgevano il mio pene come un guanto e la quantità incredibile di umori che produceva; ricordo benissimo che per un po’ fu talmente lubrificata tanto da entrare ed uscire senza sentire alcuna frizione. “Aaaahhhh siiiiiiiii”, queste furono le sue parole prima di sfilarsi nuovamente adagiandosi con la testa e parte del petto sul letto, ma rimanendo con il culo per aria e la figa talmente esposta che guardandoci all’interno avrei potuto scorgervi l’utero. Notai un piccolo rivolo biancastro colare lungo le sue cosce, sempre in preda a quelle strane vibrazioni. Tempo di riprendersi e mi disse: “non so cosa stai toccando con questo cazzo duro, ma mi stai facendo impazzire”. Quelle pause furono per me rigeneranti in quanto, nonostante non sentivo ancora lo stimolo di eiaculare, ritardarono il mio orgasmo ulteriormente.
Mi distesi supino e lei montò su di me come un fantino e si infilò tutto il cazzo facendolo sparire in un colpo solo, scese così velocemente che inarcò la schiena come in preda al dolore ed emise un grido che cercò di soffocare immediatamente portandosi la mano alla bocca. Continuò a dirigere lei il gioco ed il ritmo, abbassandosi di tanto in tanto portando le tette sulla mia faccia ed io ne approfittavo per succhiarle i capezzoli, mentre con le mani le tenevo ben salda dalle chiappe. Una nuova vibrazione si impossesò di lei e mi si accasciò baciandomi il petto e poggiandovi il viso, ansimando forte, con un respiro particolarmente corto ed affannato. Non appena riprese fiato mi disse: “ma hai fumato erba?” Rimasi molto colpito da quella domanda e non capendo le dissi: “veramente non ho mai fumato in vita mia e non credo di averne intenzione, perché me lo chiedi?” Si mise a ridere ma non mi rispose, anni dopo capii cosa intendesse dire.
“Guarda che io ho una certa età non sono una ragazzina come te…”
Non ero ancora venuto, avevo il cazzo teso come una corda di chitarra, ebbi per la prima volta una sensazione di “potenza” che si rivelò molto appagante, e mi resi conto che più lei godeva, più io mi sentivo eccitato e carico.
Mi fece alzare, si distese sul letto e mi disse: “togli il preservativo e vienimi addosso!”
Ero come ipnotizzato dalle sue parole, mi resi conto di non aver mai preso l’iniziativa ne la prima volta, ne questa, era lei che con la sua esperienza conduceva il gioco.
Obbedii senza ribattere ed infilandomi tra le sue gambe aperte iniziò a masturbarmi, anche una semplice sega, fatta da lei sembrava qualcosa di fantastico, una sensazione unica mai provata con le mie mani. Ad un certo punto sentii il piacere salire, levai la sua mano e continuai con la mia, finché non fuoriuscì il primo schizzo che fu talmente forte da arrivarle in faccia e sui capelli, provocandole un’espressione mista di sorpresa e forse un po’ di disgusto, mentre gli altri due schizzi con meno potenza di depositarono sulle tette e sulla pancia. Ero sudato, esausto, ma completamente appagato dal mio primo rapporto sessuale “completo”.
Si diresse subito verso il bagno per pulirsi e poi tornò in camera, diede uno sguardo all’orologio ed esclamò: “caspita è tardissimo… ma ne è valsa la pena”, mettendosi a ridere e portando la mano alla bocca come per trattenere le risate. In quel frangente mi ero velocemente rivestito e da verginello inesperto scoccai dall’arco dell’inesperienza la freccia con la classica domanda: “Ti è piaciuto?”
Ma immediatamente mi redarguì dicendomi: “Ricorda, non chiedere mai ad una donna se le è piaciuto o meno, cerca di capirlo dal suo corpo, se non le piace te ne accorgerai; e comunque si mi è piaciuto molto anche se sei un po’ inesperto, ma hanno compensato il tuo bel cazzo duro e la resistenza, ho perso il conto di quante volte sono venuta”.
“Beh se devo essere sincero l’altra sera è stata la mia prima volta e stasera la seconda”, risposi rivolgendomi a lei con lo sguardo puntato verso il basso, ero confuso, non sapevo se sentirmi imbarazzato dalla confessione appena fatta o lusingato da quello che mi aveva appena detto.
“Che fossi alle prime armi l’avevo capito, ma non credevo fosse la tua prima volta”, rispose quasi stupita.
“Adesso però mi sa che è ora di salutarci veramente…” disse con velato rammarico.
“E’ successo qualcosa? Ho fatto qualcosa che non va?” Pensando si fosse indispettita dal fatto di essermi rivestito praticamente subito dopo il rapporto.
Ci fu un attimo di pausa e poi mi disse: “no, tranquillo,tutto apposto, è solo che sono un po’ giù, anzi a dire il vero sono così ogni volta che devo rientrare a casa, proprio quando inizi a divertirti, ecco che finisce lo spasso.”
Si avvicinò, mi diede un bacio a stampo sulle labbra e mi salutandomi mi disse:
“A presto!” Le augurai buon viaggio e lasciandole la buonanotte mi chiusi la porta alle spalle e volai giù leggero come una foglia.
Probabilmente, anche in quel caso non riuscii a cogliere la sua finezza, o ripensandoci oggi, magari non fu una battutina rivolta a me, ma una semplice affermazione senza alcun doppio senso, purtroppo non lo scoprirò mai perché dopo quella sera non ebbi più occasione di rivederla, anche solo per un semplice saluto.
Arrivato all’ingresso, Giulia, sentendo la porta si destò di soprassalto e alzandosi in piedi con le mani poggiate sulla scrivania mi disse: “Allora? Funziona sto telecomando?” E scoppiò in una grassa risata.
“Sisi funziona funziona”, risposi con tono soddisfatto.
“E meno male, che se non fosse stato per lei a quest’ora l’avresti usato per guardare la tv a casa”, rintuzzò continuando a ridere di gusto e poi aggiunse: “Certo che sei proprio rincoglionito, si vedeva ad un chilometro che voleva che salissi in camera sua e tu stavi quasi per andar via.” Feci spallucce abbozzando un sorriso compiaciuto e salutandola mi avviai verso il mio alloggio, soddisfatto e consapevole di avere gli argomenti giusti per soddisfare una donna.Francesca mi aveva sbloccato, facendomi acquisire più sicurezza in me stesso e soprattutto mi aiutò facendomi capire di prestare molta più attenzione ad una donna ed ai suoi segnali.
Racconto selezionato per il nostro archivio dalla redazione, scritto originariamente da: Shamoan
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