Simone e le palle piccole
È una fredda mattina d'ottobre, e mentre aspettiamo il bus, ci mettiamo in cerchio a chiacchierare.
Siamo in tre: Anna, Simone ed io, Silvia. Studiamo al liceo e abbiamo la stessa età, diciott'anni. La mia altezza e l'abbondanza del mio seno sono proprie di una donna che ha bisogno di un uomo molto dotato, sotto vari aspetti.
Mentre parliamo del più e del meno, arriva Laura.
- Laura! - esclama Anna.
Laura è una ragazza molto alta. Poche tette, ma un bel culo - e un visino delicato e curioso, graffiato da due occhi sinuosi color nocciola.
- Ciao ragazzi, - sospira Laura, appoggiando lo zaino.
- Come stai? - fa Anna.
- Sono molto contenta, - risponde lei - ho preso i biglietti per un concerto cui tengo molto.
- Cioè? - chiedo io.
- Vado a sentire i BTS, a Milano.
Non appena Laura pronuncia quella parola, vedo negli occhi di Simone accendersi una luce, mentre lui comincia a gongolare, a muovere il bacino avanti e indietro.
- Che bello! - esclama Anna, entusiasta, - anch'io li ascolto molto!
- Bah, musica di persone col cazzo piccolo.
Eccolo.
- Parla per te, - dice Laura, secca, lanciandogli uno sguardo sotto la cintura - Kim ha il cazzo bello grosso. Si vede anche dalle foto.
Anna scoppia a ridere.
- Io non ho problemi qui sotto, - dice cercando di palparsi il pacco; ma la mano, com'è ovvio, lì sotto non trova niente.
Ogni volta che si parla di queste cose, Simone deve far capire agli altri che lui ce l'ha grosso. Ma è chiaro che lo fa perché deve compensare una mancanza fra le gambe: nelle ore di lezione non fa altro che cercare di mostrarmi il suo ridicolo durello appena percettibile dai jeans attillati che indossa. Il suo cazzo probabilmente non arriva neanche a 10 cm. Da duro.
E io non sopporto più questi mezzi uomini con il cazzetto.
- Cosa, è perché hai il cazzo piccolo?
Dico questa cosa guardandolo fisso negli occhi, come se lo stessi prendendo per le palle con lo sguardo. La luce nelle sue pupille si spegne, so che ho toccato un tasto dolente.
Sorrido.
Lui ride forte, cerca di coprirmi mentre rivelo a tutti il suo piccolo segreto.
- È molto piccolo, vero Simone?
Ma lui continua a ridere fragorosamente, inarcando la schiena e porgendo il pacco come un venditore al mercato fa per mostrare quel che ha da offrire. Ma lì sotto Simone ha gran poco da offrire: dai jeans si intravede solo la sagoma delle sue palle - delle sue palline, a cui lui deve la sua voce stridula e l'incapacità di imporsi seriamente. Un uomo con le palle piccole, che deve sminuire gli altri per compensare la sua scarsa virilità.
Oramai aveva passato il segno.
Guardai ancora quelle ridicole palline che si ritrovava, e la mia mano fu più veloce del pensiero: gliele afferrai per bene, da sotto, in una presa decisa ma non stretta; un sussulto silenzioso attraversò le altre e rimbombò negli occhi del diretto interessato, che da tronfio che era si fece piccolo piccolo, esattamente come quel che tenevo nella mia mano.
Infatti ebbi subito modo di sentire con mano quello che era già palese dalla vista: erano due palline davvero piccole. Rimango lì, a saggiare il suo sacchettino per dieci secondi buoni, e nel frattempo penso.
Penso alla sera prima, in discoteca, quando un ragazzo me l'aveva appoggiato mentre ballavo. Avevo percepito subito non solo che si trattava di un cazzo grosso e lungo, ma che il ragazzo poteva vantare alla base anche due grosse palle, che ho subito voluto sentir sbattere contro di me. Di solito quando dei ragazzi provano a strusciarsi sul mio culo, sento solo il fastidio del loro corpo, e mai un cazzone come si deve. Quindi, in quei casi, mi giro e sferro una bella ginocchiata sui loro fragili pisellini di 15 cm, e me ne vado, lasciandoli piegati sulla pista da ballo. Ma quella volta, dopo essermi girata, allungai il braccio e sentii un serpente di 23 cm largo come il mio polso scivolarmi in mano. Andai a fondo e sentii i testicoli: quello sì che era un maschio con le palle capace di soddisfarmi. Lo portai in bagno, e li sentii tutti quei 23 cm. Riuscì a impalarmi al muro, da in piedi, grazie alle sue enormi doti. Venni una prima, poi una seconda, poi una terza volta. Alla quarta lo pregai di smettere, era troppo grosso per poterlo reggere ancora, ma lui disse: - Zitta, cazzo, prima devo svuotarmi le palle dentro di te. - Mi prese una mano e se la mise sulle palle - o meglio, sui coglioni.
E pensando a lui che mi viene dentro, e viene forte, e viene molto, come un vero uomo, tanto da riempirmi tutta fino a far traboccare il suo seme fuori dalla mia figa, mentre io gli massaggio le grosse palle che non riesco a tenere con una sola mano; con la stessa mano allora strizzavo le palline di Simone, forte, pensando a quanto poco riesce a venire; lui si aggrappa al mio braccio, stringe, prova a sua volta a strizzarmi le tette ma le sue palle sono troppo piccole per reggere una stretta così micidiale; allora mi supplica, mi scongiura di lasciarlo andare.
- Cos'è che devo lasciare andare?
- Le mie palle.
Strizzo più forte.
- Come?
- Le mie palle.
Affondo le dita nel suo sacchettino. Cazzo, quanto è piccolo.
- Non ho sentito bene.
Mi guarda negli occhi con la rabbia di un animale preso nel suo punto debole: è del tutto impotente. Sorrido, inchiodandolo con uno sguardo che sussurra solo una cosa: Dillo.
- Le mie palline.
Aww, piccolino.
Mi avvicino al suo orecchio.
- Come pensi di riuscire a mettere incinta una donna con le palline che ti ritrovi?
E detto ciò, lo libero, lasciandolo cadere a terra, dolorante.
Sguardi persi, smarriti, soddisfatti.
Urla scomposte e grida.
E tra i vapori della stazione,
L'autobus arriva.
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