Grecia erotica 2

Arrivarono Ioannidis il tassista ed il suo collega che ci caricarono sui loro tassì e ci portarono a casa.
Strada facendo Francesca e Federica si fermarono al minimarket e comprarono un po’ di barattoli di pelati, della cipolla e dell’aglio oltre a basilico e peperoncino. Poi comprarono un paio di chili di pasta. Noi andammo invece a casa a fare la doccia e ad iniziare a prepararci. Filippo e Andrea andarono a comprare del vino ed un paio di bottiglie di Ouzo. A quanto pare, non erano sufficienti la sbronza a pranzo e quella a cena del giorno prima. Mi ripromisi che non avrei toccato alcol, quella sera.
Le due ragazze avevano occupato assieme il bagno per cui Adriano ed io decidemmo di lavarci in balcone. Ci spogliammo nudi e ci lavammo con il tubo dell’acqua per innaffiare, fissato alla parete in qualche modo. Adriano sembrava decisamente mini dotato, un contrasto notevole rispetto alla sua stazza di un metro e ottanta per ottanta chili. Ci lavammo di fretta e cercando di non farci vedere troppo dai vicini che abitavano le case circostanti. Eravamo ancora nudi in balcone quando si affacciarono Patrizia e Dede, Patrizia era con una maglietta appena sotto il sedere, Dede invece aveva l’asciugamano avvolto attorno al corpo e stretto al seno, che però le scopriva gran parte delle cosce.
“Però potreste anche coprirvi!” ci disse Dede, senza distogliere però lo sguardo dal mio pacco, decisamente più in forma di quello del suo fidanzato.
“Amore, non è il caso che rientri, scusa?” la rimbrottò Adriano, con un tono seccato. Le ragazze si scambiarono uno sguardo di intesa, fecero una risatina e poi rientrarono. Sentii chiaramente Patrizia confessare a Dede
“A Paolo gliel’ho visto già due o tre volte. È grosso!!!” e Dede che rispondeva
“Si ma Adriano quando è duro è grosso anche lui… solo che da moscio sembra piccolo…”. Chiacchere e confessioni tra ragazze.Dopo un po’ tornarono Francesca e Federica con la spesa e, dopo poco, anche Filippo ed Andrea con le bottiglie.Federica si fiondò in camera con Andrea. Sentimmo un bel po’ di movimento e, trascorsa una mezz’oretta, riapparirono trafelati.
“Avevamo sonno…” dissero, visibilmente rossi in viso.Francesca invece approfittò per farsi la doccia e lavarsi i capelli poi, con il telo avvolto attorno al corpo, rientrò in camera, chiuse la porta e si denudò.
“Paolo, cosa mi metto stasera?”Ne ero certo, ci stava pensando già dalla spiaggia.Aprì l’armadio ed iniziò a scorrere i vari capi. Tirò fuori il vestitino del giorno prima, una tuta pantalone di cotone bianco, leggera e semi trasparente con degli inserti in tulle sul seno e sui fianchi ed un vestito lungo nero a canottiera con un lungo spacco sulla coscia.
“Io credo che il vestitino vada bene” le dissi, certo che l’avrebbe scartato.“L’ho messo ieri, poi sembra che ho solo quello” rispose.
Quod Erat Demonstrandum.“Ok. Allora mettiti la tuta bianca” le dissi.“Sono ancora troppo bianca per metterla!” esclamò.Lo sapevo, avevo puntato il vestito nero dall’inizio, ma se le avessi detto subito quello, non l’avrebbe messo.“Mi pare che allora non ci siano altre opzioni. Metti il vestito” dissi.“Ma è scollata dietro, ho i segni del costume. A proposito, me lo metto il reggiseno?” chiese.“Ma, ovvio che si, no?” ove l’obiettivo era esattamente il contrario.
“Ma si vedono i segni, non ti pare un po’ brutto?” Ovvio. Ovvio!“Francè, fai un po’ come ti pare, allora!” sbottai.“Ecco, mai che ti si possa chiedere qualcosa. Una ti chiede un consiglio, un parere e tu, nulla. Sei il solito!” rispose.Che palle!!!!Ad ogni modo, mi avvicinai a lei, la abbracciai da dietro e le diedi dei bacini sul collo e sul lobo dell’orecchio: sapevo che sarebbe impazzita, i capezzoli si sarebbero rizzati e le si sarebbero gonfiate le grandi labbra.
Feci quindi un rapido controllo: capezzoli ritti, grandi labbra gonfie, clitoride esposto.Missione compiuta.“Hai ragione amore, sarebbe brutto con il reggiseno sotto. Anzi, ti suggerisco di non mettere nemmeno le mutande, si vedrebbero troppo i segni. Metti il vestito così, senza niente” suggerii.“Tanto sarà buio, chi vuoi che ti veda?”
“Ma si vede che non porto le mutande” nicchiò.
“Ma dai, siamo in Grecia, chi vuoi che ci faccia caso?” cercai di convincerla.Si infilò l’abito così, senza slip e senza reggiseno.Poi si spostò verso la finestra cercando di specchiarvisi visto che in camera non c’era uno specchio.
“Non riesco a vedere nulla. Si vede che sono senza intimo?” chiese.“No, non si vede nulla”. Se avessi avuto il naso di Pinocchio, sarebbe cresciuto di almeno un metro. In compenso il mio cazzo era bello gonfio…“Perché ti sei eccitato?” mi chiese vedendomi in quello stato.“Colpa tua, mi fai eccitare. Ora devi fare qualcosa!” le dissi.
Lei si inginocchiò, prese il mio cazzo in mano, gli si avvicinò e disse “Ora tu fai il bravo e ti prometto che più tardi ti farò divertire con la tua amichetta. Ora ti do un bacino e tu fai la ninna” gli parlò come a un ragazzino, quindi lo prese in bocca, leccò tutta la cappella, mi fece un po’ di su e giù e quindi si staccò, lasciandomi peggio di prima.
“Così impari!” mi disse facendomi un occhiolino.Che stronza!!!Pure io mi rivestii senza indossare l’intimo, e glielo feci notare.“Guarda che si vede tutto!” disse.“Bene, farò felici le altre!” risposi.
“STRONZO!”
Uscimmo dalla stanza ed andammo fuori in balcone dove c’erano già Patrizia e Andrea e Federica e Filippo.Mi accorsi che la tenuta di Francesca non era passata inosservata per le rapide occhiate che si erano scambiate le ragazze. Loro peraltro non erano da meno. Patrizia indossava un vestito bianco leggero e molto scollato, visibilmente senza reggiseno. Federica invece portava una tuta pantalone molto larga, a fantasia di colori a strisce, di un tessuto leggerissimo, quasi organza, stretta sopra il seno da un elastico e con due fessure sui fianchi che arrivavano in alto fino all’elastico ed in basso fino alla cintura. Anche lei non indossava reggiseno.“Dovremmo iniziare a muoverci. Ci vogliono una decina di minuti buoni ad andare a piedi e poi dobbiamo cucinare. Se andiamo di questo passo, ceniamo alle undici” dissi loro.Patrizia ne convenne.“E se intanto andassimo avanti noi tre con la pasta ed i pelati?” disse Federica rivolta a Francesca e Patrizia.“È un’idea!” risposi annuendo.
Anche Andrea e Filippo erano d’accordo.“Io credo che se scendiamo alla cabina del telefono potremmo chiamare Ioannidis e farci venire a prendere. In fin dei conti dobbiamo portare anche le bottiglie di vino” dissi.Scesi quindi alla cabina all’angolo e chiamai il numero del parcheggio di Ioannidis. Mi rispose un altro taxi al quale detti l’indirizzo e gli dissi dove doveva portare le ragazze.Dopo cinque minuti il taxi arrivò e facemmo salire le ragazze con la spesa ed il vino
“Iniziate, ora arriviamo”
“Ma non so come si arriva al porto”“Lo sa il tassista.”“E la barca, come si chiama?”“Lo sa il tassista.”
“Perché non vieni anche tu?” mi chiesero.“Paolo, vai anche tu. Così possiamo prendere solo un altro taxi noi quattro” disse Andrea. Era un suggerimento di buon senso che accettai di buon grado.Mi misi seduto accanto al guidatore e cercai di fare conversazione ma purtroppo parlava pochissimo l’inglese e non conosceva l’italiano. L’unica cosa che capimmo era che era un profugo libanese scappato in Grecia.
Arrivammo alla barca.Francesca mi sussurrò all’orecchio “Cerca di starmi vicino. Anche il tassista si è accorto che sono senza mutande!”.“Bene, vuol dire che stasera si farà una sega pensando a te!” risposi.
“PORCO!”.
La barca era un motorsailer in acciaio degli anni 70. Ormeggiata di poppa, aveva la passerella per salire a bordo piuttosto alta rispetto al pontile. Sullo specchio di poppa, c’era scritto il nome della barca, Áine, la dea irlandese dell’estate.
“Hey people, requesting the permission to board!” urlai dal pontile.“Come on board, mate!” mi rispose la voce roboante di John.“Dai, salite su. Avete bisogno di una mano?” ci chiese sporgendosi dalla battagliola.“No, credo di no. Non so le ragazze” risposi. In effetti tutte e tre indossavano i tacchi: strano che nessuno avesse loro ricordato che a bordo si sta a piedi nudi, di solito. Comunque, né John né Sean obiettarono nulla quando le ragazze misero i piedi sul ponte, anzi, entrambi guardarono con ammirazione e malcelato interesse.
“E gli altri?” chiese Sean.“Ora arrivano. Dede e Adriano erano un po’ in ritardo. Però ho portato il vino” dissi mostrando loro le bottiglie di vino e di ouzo che avevamo comprato nel tardo pomeriggio.Dal boccaporto emerse la testa riccioluta di Caitlin.“Hey gals, I’m waiting for you! Come down and reach me in the galley!” disse, chiedendo alle ragazze di raggiungerle in cambusa.Dopo qualche secondo uscì anche Rebecca, vestita con una gonnellina corta, una canottiera ed un grembiule da cucina.“Voi ragazzi iniziate ad aprire il vino mentre noi cuciniamo!” disse.Ci accomodammo nel quadrato a poppa, ove c’era un tavolo circondato da un po’ di sedie da regista ed un paio di divanetti.Mentre preparavamo i beveraggi iniziammo a chiacchierare. Scoprimmo che Caitlin era la figlia del proprietario della barca, un piccolo imprenditore irlandese. Sean, il suo ragazzo, lavorava nell’impresa come impiegato da dopo il college e lì conobbe Caitlin. Ora era responsabile delle mostre e degli eventi in Irlanda.John invece era invece da poco laureato in economia ed era uno sportivo, un velista con alle spalle la partecipazione a molti campionati di vela e, ovviamente, la patente nautica. Lavorava nell’azienda di famiglia da tempo ma si era preso un po’ di mesi di riposo sabbatico. Rebecca era la sua fidanzata fin dai tempi della scuola e lavorava anch’essa nell’azienda di John.Dopo qualche minuto arrivarono Dede, anche lei stupenda con un abito di maglina lungo e molto attillato che ne evidenziava le forme (e le tette!), accompagnata dal suo Adriano e dagli altri amici. Anche Dede raggiunse subito le ragazze sotto coperta in cambusa.
Noi invece stappammo una delle bottiglie di vino bianco fresco del posto e facemmo il primo giro di brindisi, scambiandoci informazioni sulle nostre attività, lavoro, famiglie, studi, ecc.Raggiungemmo poi le ragazze sotto coperta in cambusa, in realtà poco più di un angolo cottura, però c’era tutto: fornelli del gas a 4 fuochi, forno, frigo, ghiacciaia, insomma, tutto quanto si sarebbe trovato in un grosso camper.
Le ragazze erano tutte al lavoro, tutte con un grembiule. Chi preparava l’antipasto, chi stava cuocendo il sugo per la pasta (“Franci, amore, ricordati l’origano!”), chi tagliava a fette degli enormi pomodori locali che avevo già avuto il piacere di assaggiare in spiaggia la mattina.
“Ragazzi, salite su e portate a tavola l’antipasto e qualche bottiglia” disse Rebecca rivolta a noi.Prendemmo un paio di vassoi e due bottiglie di bianco ghiacciato esattamente identiche a quelle che avevamo portato noi.“Abbiamo scoperto anche noi questo vino locale, è molto buono ma deve essere mandato giù gelato!” disse John.Dopo un po’ salirono le ragazze portando un altro vassoio di antipasti.
“L’acqua per la pasta è pronta. Visto che ci vogliono dodici minuti di cottura, iniziamo a mangiare qualcosa poi scendo in cucina a buttarla giù” disse Francesca che aveva preso il controllo delle operazioni di cottura della pasta. Era quasi maniaca e mi coinvolgeva sempre per controllare la giusta salatura e cottura.
Iniziammo a mangiare un antipasto a base di carpaccio di tonno e di pesce spada al limone, un po’ di insalata di mare e qualche alicetta marinata.Il vino cominciava a scorrere a fiumi…Francesca mi chiese di accompagnarla giù in cambusa, ma si unì a noi Rebecca “così mentre cuoce la pasta ne approfitto per andarmi a cambiare che così ho caldo”. In effetti indossava una sorta di felpa leggera, sicuramente utile per non sporcarsi ma probabilmente un po‘ troppo calda per stare davanti ai fornelli e poco elegante per una cena con le nostre ragazze. Si, perchè le donne amano mettersi in competizione. Se una si veste elegante e le altre hanno modo di cambiarsi, troveranno la scusa per allontanarsi ed andare a vestirsi differentemente. “Mi ero macchiata, avevo caldo, c’era un buchino, il colore attira le zanzare” ed altre balle del genere.
In effetti, riapparve dopo una decina di minuti giusto mentre Francesca stava per scolare la pasta. Indossava anche lei un abito di tessuto leggero color lilla allacciato al collo che le lasciava la schiena completamente nuda e che le fasciava i fianchi, arrivando poco sopra il ginocchio.“Rebecca, per favore, prendi la pentola del sugo e versala dentro la ciotola” disse Francesca alla rossa, mentre scolava la pasta con il mio aiuto. Versai la pasta dentro la ciotola, Francesca aggiunse il sugo rimasto e poi un po’ d’olio d’oliva a crudo mentre Rebecca mescolava il tutto.
Mi dettero il compito di portare a tavola il piatto da portata mentre loro si toglievano i grembiuli.Fummo accolti da un applauso innescato dai nostri ospiti. In effetti, nella sua semplicità quella conca piena di spaghetti fumanti così ricchi di sugo era uno spettacolo e stimolava l’appetito.
Lasciai a Francesca e Rebecca il compito di fare i piatti e mi misi a sedere accanto a Caitlin.Mangiammo con voracità e di buon gusto tutta la pasta, non disdegnando di fare la scarpetta, imitati in questo anche dai nostri amici irlandesi, a digiuno di certe tradizioni forse poco diffuse nel bel mondo ma molto gradevoli e piacevoli.
La cena scorse leggera tra una chiacchera ed un brindisi, e svuotammo parecchie bottiglie.Terminato di mangiare, le ragazze si alzarono per portare giù in cucina i piatti e per sparecchiare lasciando noi ragazzi a chiacchierare.
Sean da ottimo padrone di casa tirò fuori una delle bottiglie di ouzo che avevamo portato ed una bottiglia di whiskey irlandese.Inutile dire che il suo liquore ebbe un successone mentre l’ouzo rimase lì in attesa che qualcuno lo aprisse. John invece fece girare una scatola di sigari cubani. Anche in questo caso, l’offerta fu apprezzata da tutti.
Arrivarono dopo un po’ le ragazze che si sedettero accanto a noi. Francesca si mise al mio fianco tirando le gambe sotto le cosce, mostrando peraltro il vistoso spacco che arrivava quasi alla vita. Non se ne fece una ragione e mi abbracciò stretto. Anche le altre si accoccolarono accanto ai propri partner.
Anche quella serata sembrava destinata a chiudersi per me e per gli altri con un alto tasso alcolemico, perchè le ragazze assaltarono la bottiglia di ouzo e la finirono in poco tempo.Ma alto tasso alcolemico coniugato con ragazze e vacanza significa quasi sempre guai.Guai piccoli, ma fastidiosi.
Iniziò Patrizia che era quella meno avvezza a bere e che sopportava meno di tutti l’alcol. Attanagliata dal mal di testa e dalla nausea, si sentì male e non fece in tempo a mettere la testa fuori bordo che dette fuori anche l’anima sporcando un po’ la murata e parte della coperta, ma soprattutto bagnò e sporcò tutto il suo vestito assieme ai pantaloni ed alla maglietta di Andrea che era andato in suo soccorso. Non contenta, subito dopo ebbe un attacco di risa isteriche da farsela letteralmente sotto. Dopodiché, in preda ad un attacco isterico, si sfilò il vestito rimanendo nuda. Si, nemmeno lei portava le mutande.
Andrea non si era accorto di nulla perché nel frattempo stava cercando di sfilarsi la polo tutta sporca cercando di non bagnarsi in viso, aiutato da Filippo e da Dede. Poi chiese la manichetta dell’acqua per sciacquarsi e per togliere i resti di vomito dalle gambe e dai pantaloni.Nel frattempo Caitlin era scesa sotto coperta a prendere una felpa ed un paio di mutande per Patrizia oltre ad un telo per asciugarsi.
Noi “sobri” iniziammo cercammo invece di ripulire il macello della coperta e della murata.Con una sorta di mocio ed un po’ di secchi d’acqua di mare ripulimmo dal vomito la zona imbrattata. Per fortuna, fu una cosa quasi agevole.Più complicato da gestire fu il problema dei vestiti sporchi e bagnati.
Andrea era a torso nudo con la polo che era stata messa a bagno in un secchio d’acqua, ma i suoi pantaloni iniziavano a puzzare. Decise di toglierli, rimanendo anche lui in mutande che, essendo bianche, da bagnate erano totalmente trasparenti ed aderivano al suo “pacco”, e per questo fu oggetto di sguardi curiosi un po’ da tutte le ragazze presenti, compresa la mia Francesca che pizzicai a spizzare con lo sguardo lo spettacolo involontario.
Chiamammo dalla cabina telefonica antistante la barca un tassì per portarli a casa. Fu complicato convincere l’autista che i due non erano né esibizionisti né pervertiti, ma solo due che avevano bevuto troppo, ma alla fine con la promessa di 5.000 lire di mancia i due partirono.Rimanemmo noi a chiacchierare cercando di smaltire l’eccesso di alcool.
Scoprimmo che Caitlin, pur vivendo a Dublino, era nata a Roma e vi era rimasta fino ai sei anni di età e che Sean, il suo fidanzato, non era irlandese ma americano di Boston e che aveva frequentato la John Cabot University a Roma prendendovi un Bachelor of Arts prima di andare a Dublino a trovare una vecchia zia. I due si incontrarono per caso, praticamente scontrandosi dietro un angolo e poi rincontrandosi dalla parte opposta della città. Quando si dice il destino.
Poi, purtroppo anche Federica si sentì male, ma fece in tempo ad andare a prua e buttare la testa fuori bordo senza sporcare nulla.Filippo, cercando di tenerle la testa per aiutarla, sbattè con un piede su una galloccia e si fece male.John, andando ad aiutarli, inciampò in una scotta che si era staccata dall’albero e urtò a sua volta la testa contro una sartia bassa. Mi alzai a mia volta per andare a vedere la situazione ma nel fare ciò feci cadere Francesca a cui si aprì del tutto la gonna mostrando ai presenti che non portava slip, e provocando la sua incazzatura nei miei confronti, ovviamente perché le avevo detto che non si vedeva nulla.Insomma, in pochi minuti ci fu un’ecatombe.
John disse “So io come farvi passare la sbronza: vado a preparare una caraffa di caffè!” e scese in cambusa seguito al volo da Rebecca.
Sentimmo un po’ di strepiti venire da sotto, poi tutto tacque fino a che ci fu un po’ di rumore di cose che cadono e di cocci che si rompono.
Mi affacciai con circospezione al boccaporto cercando di capire cosa fosse successo e mi accorsi che Rebecca stava a pecorina con le mani appoggiate alla macchina del gas mentre John la trombava a ritmo sostenuto.
“What’s up?” chiese Sean tornando da pruna con Caitlin“Uh, nothing, I suppose somehing broke down and Rebecca is collecting the pieces…” barai.“BIG PIECES!” aggiunse Francesca ridacchiando, visto che si era accorta anch’essa di quanto stava succedendo.“COME!” Rebecca urlò da sotto.“Do you need some help Reb?” chiese Caitlin“Noooo… I said DON’T COME, it’s a plenty of broken glass! I’m fixing the mess” rispose Rebecca ansimando.“Vabbè… crediamoci” pensammo tutti.
Continuammo a chiacchierare un po’ ma eravamo un po ‘ a disagio.Se ne accorsero Caitlin e Sean i quali cercarono di scusarsi per la figuraccia.“Ma quale figuraccia? Ma beati loto che scopano!” aggiunse con voce impastata Federica. “A me da un po‘ non capita più, HAI CAPITO FILIPPO?” proruppe nei confronti del suo ragazzo.“Ma dai, lascialo in pace!” le rispose Francesca.“E tu fatti i cazzi tuoi” ribattè Federica. “A te sta bene perché Paolo fa pure gli straordinari con te. E’ da Atene che state a scopare dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina!” concluse.“C’è qualcuna che è invidiosa, qui?” si intromise Dede.“Parla quella che si lamenta che il ragazzo ce l’ha piccolo!” rispose piccata l’altra.
Sean e Caitlin non riuscivano a seguire le battute, non conoscendo l’italiano.Provai a tradurre ma poi, visto che si rischiava di esagerare, Adriano, Filippo ed io decidemmo di prendere le nostre ragazze per le mani e portarle via.
“We promised ourself to not drink anymore this night!” gli spiegai.“Someone did not comply to that promise, and this is the result!” aggiunsi.
Promesse da marinaio greco.
Alla fine ci salutammo e ci demmo appuntamento al mattino successivo giurando che sarebbe stato un giorno senz’alcool.
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