Un viaggio a Roma

Vittorio Bongio
3 months ago

Dario era un ragazzo come molti altri, nato e abitante in uno dei diversi paesini nel catanese di cui poco importa la denominazione. S’era dopo non pochi sforzi riuscito a diplomare con un buon voto in un istituto di Catania, quale che fosse non è necessario che io lo riveli, c’è però un dettaglio che non posso omettere ossia che questo istituto fosse, essendo un tecnico, completamente al maschile. La popolazione femminile si aggirava intorno alle 8 unità, per questo motivo se si voleva avere qualche esperienza “romantica” questa doveva essere ricercata al di fuori delle mura scolastiche. Inutile dire che una cosa del genere per lui era impossibile.Ed infine quegli anni erano terminati e adesso davanti a se aveva la vita del maggiorenne; avrebbe potuto fare quello che avrebbe voluto ed era proprio questo il suo più grande problema vale a dire che sino a quando sei un ragazzino vorresti fare tutto e vorresti fare niente, questo era il suo caso, ma quella tua incertezza non durerà a lungo, non può, prima o poi dovrai decidere, e se a decidere metterai tanto ci penserà la vita con tutte le sue incombenze a spronarti.Era un ragazzo che aveva sempre vissuto in casa, i genitori erano stati con lui amorevoli e non gli avevano fatto mai mancare nulla nonostante la disponibilità economica non così generosa da permettergli tutti i capricci, nel tempo aveva imparato così ad adattarsi, ad accontentarsi di quel poco che la vita gli aveva riservato.Potremo dire che non aveva fame, forse perché come per un animale nello zoo era nutrito senza che lui dovesse nutrirsi.Di “amici” sia dentro la scuola che fuori ne aveva avuti, ma poiché nel corso dell’esistenza le strade si separano alla fine, tutti i compagni di classe e gli “amici” con i quali usciva s’erano dispersi e lui era rimasto solo, ma in fondo gli andava andava bene così. Come già detto lui bastava a se stesso, e dunque di queste cosiddette amicizie poco gli importava, per lui non avevano gran valore.Ora durante tutta la sua pur breve vita aveva sfiorato la possibilità di visitare Roma circa tre volte tutte sfumate o per un motivo o per un altro, una volta avrebbe avuto la possibilità ma era troppo piccolo, stiamo parlando della quarta elementare, e non si sentì di fare quel viaggio; un’altra volta alle medie non vi riuscì a causa dell’annullamento e l’ultima volta in quinta superiore per non aver raggiunto la quota minima di partecipanti nell’istituto.Aveva infine rinunciato.

Quell’anno però, una volta aver finiti gli esami ed essere tornato a casa, il padre l’aveva accolto con una bellissima sorpresa: aveva prenotato da qualche mese un soggiorno a Roma nella settimana del suo compleanno. Avrebbero festeggiato nella capitale.Inizialmente non ci credette, non poteva essere, poi dopo aver visto il resort dove avrebbero soggiornato incredulo venne colpito da un misto di paura e indifferenza. Lui non sentiva più il bisogno di andarci, certo forse una volta lo aveva magari percepito quel desiderio ma ora non più, viaggiare nella sua lista non era una priorità.Dovette fare buon viso a cattivo gioco e sembrare felice, ma i genitori se ne accorsero e la madre lo seguì in stanza.-Va tutto bene? Non sei felice?- gli chiese fermandosi alla porta-Sono felicissimo ma’- gli disse sorridendo e togliendosi le scarpe-Non sembri--Cosa dovrei fare? Mettermi a saltellare per la felicità? Sono contento del regalo--Va bene- gli disse andando via la donna. Era stato troppo scontroso? Non lo capiva, ormai da qualche tempo non sapeva più come comportarsi, come stare al mondo, cosa il mondo voleva da lui, come soddisfare tutti o se stesso.Tutte queste lacune erano frutto di una vita sociale per nulla invidiabile. Egli era solo, e sebbene non se ne avvedesse piano il suo animo si corrompeva e si annichiliva.Si cambiò e scese al piano di sotto, notò che il padre era deluso dalla sua risposta, ma lui non sapeva cosa fare. Anche la madre sembrava delusa, e lui era affranto per quell’ennesimo suo comportamento eccessivo e privo di logica, avrebbe dovuto sorridere e ringraziare come gli dicevano di fare tutti:-Sto ragazzino è troppo serio-; -Perché non sorridi mai?-; -Perché non parli mai?- erano queste le frasi che più si sentiva dire e ovviamente se si aggiungeva l’aria seria in volto a quel suo essere taciturno ecco fatto e finito un perfetto superbo!Ma anche questo il giovane inghiottiva.Di merda nel corso della sua vita ne aveva ingoiata tanta e alla fine aveva semplicemente fatto si che ogni parola, ogni giudizio, gli colasse addosso come indossasse un perenne impermeabile. Ma vedere i suoi genitori così avviliti da quella sua risposta lo aveva reso più triste di ogni altro insulto alla sua persona che avesse ricevuto.Alla fine però decise per il silenzio.

Il giorno della partenza comunque era arrivato nonostante tutto e lui aveva iniziato a sentirsi male una mezz’ora prima della partenza, così come per rimarcare il fatto che non volesse partire.Alla fine però s’imbarcò sull’auto piena di bagagli pronto nel bene o nel male a quel viaggio.Il sole stava ancora risucchiando nella sua luce il cielo notturno quando, messa in moto l’auto, la famiglia partì.Prima del primo casello, viste le condizioni del giovane, fecero una sosta per permettergli di riprendersi.Dario che aveva trattenuto lo stomaco sino a quel momento quando arrivarono all’autogrill si diresse in bagno e lì si vomitò pure l’anima.Il caldo era asfissiante sebbene fossero solo le sette e cinque ed il sole faceva capolino da mezzo le montagne.Il ragazzo nella fretta di correre in bagno non aveva lasciato la fotocamera in macchina e ora la attivava per poter fotografare quel pezzo di cielo azzurrino che si vedeva tra il verdeggiare dei monti. Vi era un lato positivo in tutto questo, lo spettacolo della natura infastidito solo dal frastuono delle auto in movimento.E mentre lui si godeva e cercava di catturare quanto meglio potesse ciò che lo circondava inavvertitamente in una delle foto si palesò una figura di rara bellezza: aveva una pelle bianca come la neve ed indossava magliettina scollata e smanicata che reggeva un seno importante sorretto da un reggiseno nero. Un paio di pantaloncini che gli terminavano poco più in alto della metà coscia che contenevano due gambe sode e snelle che terminavano in un sandalo bianco che lasciava ammirare un piedino grazioso dalle unghie smaltate di nero, come lo erano anche quelle delle mani.Il giovane scattò nuovamente per poterla riprendere ancora una volta, quest’ultima però gli venne sfocata.La ragazza vedendo che la stava immortalando in una qualche foto, e forse mossa a compassione del giovane rimasto a bocca aperta come un pesce lesso, gli abbozzò un sorriso e continuò per la sua strada.Rimase abbagliato dalla bellezza di tre particolari della giovane che gli si stagliarono vividamente in mente: il viso, il seno e sfortunatamente i piedi.S’era sempre vergognato di quel suo strano feticismo come un ladro smascherato dalle indagini.Egli non solo non era attraente ma oltre il danno anche la beffa, la natura l’aveva fatto un viscido a cui piacevano i piedi.

Mestamente ritornò in auto e dopo qualche momento ancora di riposo si riprese la marcia che fu abbastanza lenta data la paurosa coda, nonostante tutto però almeno quella parte del viaggio fu più tranquilla e il giovane tirò parecchi sospiri di sollievo.Di tanto in tanto andava a riguardare quella foto scattata alla ragazza la quale per coincidenza sorrideva ferma vicino la macchina da cui era scesa mentre aspettava di potersi muovere verso l’autogrill.Non voleva che quella diventasse un ricordo sbiadito e venisse semplicemente archiviato nella memoria ma il motivo non lo sapeva. Poi gli venne in mente il Dante e si vide innamorato di una giovane che aveva visto di sfuggita solo per qualche attimo

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