Colpo di fulmine al cafè

Giovanna Esse
19 hours ago

Dai nostri file mi ha attratto questa storia raffinata, educata, sicuramente miele per chi vuole condividere le intense emozioni di una coppia gay. Un racconto di @Be_Wei


Eric è un ragazzo di 20 anni, frequenta la facoltà di arte presso la città di Mantova e il suo passatempo preferito è trascorrere i pomeriggi a disegnare sorseggiando una buona tazza di caffè, in una delle caffetterie vicino all’Ateneo, Da Lizzy. Era un pomeriggio come tanti altri, Eric sedeva su una delle poltroncine di fianco al finestrone che dava sulla piazza del centro, con una tazza fumante in una mano e nell’altra una matita, aspettava che gli si accendesse una scintilla di ispirazione. 

L’attesa fu breve, l’immagine piano piano si costruiva davanti ai suoi occhi, o meglio gli passò davanti. Era di una ragazza, non poco più grande di lui, alta e slanciata, con i capelli che cascavano morbidi sulle sue spalle. Non ci volle molto per capire che era lì per incontrare le sue amiche, infatti tutto ad un tratto la vide sorridere calorosamente e andare loro incontro. Ecco l’ispirazione! Si mise a disegnare, linee sottili, sfumature e ombre ed eccola: ora lo sguardo della ragazza era intrappolato nella carta. Sospirò soddisfatto del risultato, ritoccò qualche piccolo dettaglio sorseggiando la bevanda calda. 

Non si accorse però di una figura che lo osservava in un angolino opposto del locale. Non era la prima volta che lo vedeva, quel ragazzo riccioluto che passava il pomeriggio a disegnare, fin dal primo momento aveva suscitato in lui interesse e attrazione. Era un pomeriggio come tanti eppure questo prese una svolta diversa. La figura si alzò e cominciò ad avvicinarsi al tavolino di Eric. Questi percependo un movimento con la coda dell’occhio alzò lo sguardo, non era la prima volta che lo vedeva: occhi verde bosco, volto scolpito e qualche capello bianco che spuntava tra le sue ciocche castane. Non si erano mai presentati eppure era da qualche giorno che si osservavano l’un l’altro, una curiosità reciproca. 

“Posso sedermi qui?” – chiese la figura indicando il posto di fronte ad Eric. “Certo, certo” – rispose il giovane facendogli spazio sul tavolino. La figura era quella di un uomo sulla trentina, indossava un trench color cammello e portava un paio di occhiali da vista che gli incorniciavano il viso. “piacere mi chiamo Tommaso, puoi chiamarmi anche Tommy” – si presentò l’uomo con un sorriso. “Piacere, io sono Eric. Desideri un caffè? Pensavo di prenderne un altro” – il ragazzo non si fece troppi scrupoli, preferiva essere diretto e la risposta non tardò ad arrivare. “Con piacere. Cosa stavi disegnando?” – Eric guardò un secondo il disegno dimenticato per poi riposare gli occhi su di lui. “Disegno qualsiasi cosa sia fonte d’ispirazione”. Tommaso si chinò in avanti poggiando i gomiti sul tavolo. “Sono una fonte di ispirazione?” – chiese scherzoso ma con una punta di provocazione : stava flirtando con lui. Eric preso alla sprovvista arrossì abbassando lo sguardo sulla tazza ormai vuota, fece segno al cameriere e ordinò altri due caffè. Per un po’ i due rimasero in silenzio. 

Tommy continuava a tenere lo sguardo fisso sul ragazzo, era attratto da lui e non ne capiva il motivo, dopotutto era la prima volta che parlavano faccia a faccia. Lo stesso valeva per il ragazzo di fronte a lui che, nonostante la timidezza, alzò lo sguardo incontrando quello di Tommy: la prima volta. Entrambi provarono la sensazione viscerale di essere arrivati alla meta, di aver trovato quello che stavano cercando da tutta una vita.

“Hai qualche impegno domani?” – chiese Tommy rompendo il silenzio. La risposta non si fece attendere. “Nel pomeriggio sono libero, solitamente lo passo qui.” Ormai lo sai meglio di me. Pensò Eric. I loro sguardi erano incatenati. Tommaso si sporse in avanti: “hanno appena allestito una mostra su Kandisky al teatro comunale, ti andrebbe di andarci insieme?”. Eric, non appena sentì la parola “mostra”, si illuminò: -“mi piacerebbe molto, a che ora pensavi di andare?”- chiese il corvino.

Aveva già sentito parlare della mostra ma nessuno voleva accompagnarlo, inoltre con gli esami alle porte l’intenzione era scivolata in secondo piano.

Tommy, vedendo l’eccitazione del ragazzo, sorrise divertito. Voleva conoscere meglio quel ragazzo, scoprire le sue passioni, cosa gli piaceva e cosa non sopportava: per la prima volta provava il desiderio di conoscere una persona, in tutte le sue sfaccettature, fare esperienze con lei, vivere con lei. 

“Pensavo di incontrarci qui al locale nel primo pomeriggio, così da andare poi insieme”- propose Tommy. “Sono d’accordo, potremmo prendere un caffè d’asporto da bere lungo il tragitto.” – Eric era su di giri, sia per la mostra sia per il fatto che aveva appena accettato di uscire per un appuntamento.

I due decisero quindi di vedersi l’indomani. Parlarono del più e del meno. Eric venne a sapere che Tommaso lavorava presso uno studio di architettura vicino l’università e anche lui si era laureato lì; adorava la cucina thailandese. 

Lui, dal canto suo, parlò degli esami e dei nuovo progetti e delle mostre che stava organizzando con alcuni suoi compagni. Entrambi amavano la musica classica. Eric suonava il violino come autodidatta, non se la cavava pe niente male. Tommy gli chiese se un giorno gli avrebbe fatto ascoltare un pezzo. Il corvino acconsentì rimanendo sul vago.

Il cielo era ormai scuro quando i due uscirono dalla caffetteria e si separarono. L’aria era fredda, una leggera nebbia abbracciava gli edifici della piazza, la quiete regnava sovrana ad eccezione del rumore lontano del traffico stradale in periferia. Due figure su chiaro oscuro si separavano legate da un piccolo filo rosso.


L’indomani mattina, Eric si alzò abbastanza presto per andare in università per le lezioni. Era di buon umore, si fece una doccia e si vestì optando per un paio di pantaloni beige e una camicia bianca con un bottone slacciato sul davanti. Mentre si sistemava i ricci ribelli cercava anche di mettere in ordine i mille pensieri che gli frullavano nella testa: era un po’ nervoso per l’appuntamento che avrebbe avuto nel pomeriggio con Tommy, non sapeva cosa aspettarsi in realtà ma di una cosa era certo, era attratto da lui.La sua mente viaggiava un po’ troppo oltre, pensieri un po’ meno innocenti affiorarono in superficie ma vennero subito messi da parte: con calma.

Uscito dal bagno, prese le ultime cose e uscì di casa per dirigersi in centro dove era situata l’università.Era una bella giornata di inizio primavera, il freddo dell’inverno manifestava ancora la sua presenza con un lieve venticello portando però con sé i primi odori e colori delle stagioni più calde.

Eric inspirò profondamente, liberando la mente. La mattina avrebbe avuto lezione di scultura, aveva un progetto da terminare; con Tommy si sarebbero visti dopo pranzo alla caffetteria per poi andare insieme alla mostra.

D’improvviso una pacca sulla spalla lo distolse dai suoi pensieri.La mano apparteneva a Stefano, un suo compagno di corso e caro amico.“Ciao Er! Anche tu scultura stamattina?”“Hey Ste, sì dopotutto siamo nello stesso corso, non te ne sarai mica dimenticato?” – lo prese in giro Eric.

Stefano ed Eric si erano conosciuti al liceo, frequentavano la stessa classe. In un primo momento non erano molto vicini, ma al terzo anno durante un’uscita didattica scoprirono di avere molti gusti in comune tra cui la musica e la scultura: Ste suonava la chitarra in una band e lavorava con Eric su un progetto riguardo un gruppo scultoreo che avrebbe preso il posto di una vecchia statua posizionata sulla fontana del parco storico della città.

Erano molto legati e nonostante alcuni litigi sono sempre stati in grado di mettere da parte l’orgoglio e fare pace, rafforzando la loro amicizia ancora di più.

I due si incamminarono verso l’ingresso dell’ateneo discutendo riguardo le ultime modifiche al progetto.

La mattinata passò molto velocemente tra appunti e nuovi schizzi di anime intrappolate nella pietra. Eric era impaziente di andarsene tanto che non riusciva a stare fermo mentre seguiva gli ultimi rintocchi dell’orologio prima di segnare l’una.Finalmente la campanella suonò, le lezioni erano finite.Il ragazzo prese le sue cose e frettolosamente salutò Ste e alcuni dei ragazzi del corso.

Il percorso fino alla caffetteria non fu tanto lungo, dopotutto era situata nella piazza del centro ad una decina di minuti dal campus. Lui era già lì, ad aspettarlo, gli sorrise. Eric, vedendolo, rallentò il passo cercando di calmarsi.

Tommy gli andò in contro: quel pomeriggio indossava un paio di jeans e un dolcevita nero che risaltava i suoi occhi smeraldo. Eric stava già sbavando, non gli erano mai interessati gli uomini più grandi di lui se non di qualche anno eppure eccolo lì attento ad ogni suo piccolo gesto.

“Hey, scusami se ti ho fatto aspettare.”“Non ti preoccupare, anch’io sono arrivato poco fa.” – lo assicurò Tommy sorridendogli e appoggiandogli una mano sulla spalla. Il gesto non passò inosservato ad Eric che ricambiò il sorriso.

“Qual è il programma di oggi?” – chiese Eric.“La mostra inizia alle 16, quindi è ancora presto, pensavo di proporti un caffè o comunque qualcosa da bere da Lizzy.”

“Volentieri, ne approfitto anche per mangiare qualcosa…” – ad un tratto lo stomaco di Eric prese a brontolare.“Penso che approvi l’idea anche lui.” – scherzò Tommy riferendosi al brontolio.

Le 16 arrivarono più in fretta di quanto previsto: il tempo vola quando si sta in buona compagnia.

I ragazzi uscirono dal locale in direzione della mostra: camminavano l’uno affianco all’altro e, ogni tanto, involontariamente, le loro mani si sfioravano mandando piccole scariche lungo le membra di entrambi. Un lieve contatto che però sia l’uno che l’altro necessitavano.

La mostra era stata allestita all’interno di una vecchia villa dell’800 in stile barocco. All’esterno, un tempo, doveva essere tutta colorata con vari motivi ma ora non ne rimaneva solo che qualche dettaglio.La prima stanza, una volta passato l’ingresso e un piccolo atrio a volta, era una grande sala da musica decorata con stucco e motivi dorati con il soffitto tutto affrescato. Molto elegante e un pochino più semplice (in senso positivo) rispetto allo stile tipico del barocco.

In prossimità delle pareti e del centro della sala erano stati posizionati i vari quadri secondo un percorso predefinito dall’ente organizzativo.

Eric era senza parole, non sapeva cosa guardare per prima e cosa per dopo, come un bambino quando vede la vetrina dei giocattoli. Tommy lo guardava divertito. Ad un certo punto la sua mano venne a contatto con quella di Eric, un tocco intenzionale. I due si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille discorsi, l’attrazione era quasi visibile tra i due.

Tommy strinse la presa e lo trascinò in disparte, dove nessuno potesse vederli. Eric non ebbe il tempo neanche di realizzare che era contro una parete di una delle stanze adiacenti a quella della mostra, una sorta di magazzino. Tommy era davanti a lui che gli bloccava la via, una mano dietro la sua schiena che disegnava piccoli cerchi e l’altra appoggiata sul muro.

“Che cosa mi stai facendo?” – chiese Tommy con voce roca. Il suo viso vicinissimo al più giovane, gli occhi che si spostavano dagli occhi alle sue labbra. Eric era senza fiato nonostante non avesse alcun sforzo fisico.

“Non lo so” – rispose dimezzando la distanza, ghignando divertito.“Se non mi fermi ora, non mi fermerò più” – la mano appoggiata sul muro piano piano si avvicinò al suo collo.“Allora non fermarti” – bisbigliò il più giovane afferrandolo per il maglione.

Il più grande non se lo fece ripetere due volte, era già su di lui. I due iniziarono un gioco di labbra e denti, le loro mani erano ovunque, frenetiche. Eric gemette, Tommy ne approfittò per inserire la sua lingua nella bocca dell’altro. Un sapore di caffè lo accolse misto a qualcos’altro di più dolce: il sapore di Eric.


Eric e Tommy erano impegnati in una danza di corpi, molto antica che trascende ogni epoca, vecchia quanto l’universo. Il ritmo e la musica erano dettati dai loro cuori. I loro baci erano ardenti sulla bocca dell’altro e nessuno dei due aveva il coraggio di chiudere gli occhi, volevano assaporare quel momento, tanto atteso. I loro fianchi si sfioravano cercando quel poco di frizione consentita dai vestiti opprimenti.

Tommy gemette con voce roca, tanto da far rizzare i peli sulla pelle di Eric. Il più giovane faceva fatica a reggersi in piedi, il fiato corto e le labbra gonfie: Tommy ricatturò le sue labbra in un bacio. La sua erezione premeva contro il fianco di Eric nel tentativo di trovare un poco di sollievo.

Eric, in un attimo di lucidità, fece scendere la sua mano lungo il petto di Tommy fino ad arrivare alla fonte della sua frustrazione. Nello stesso momento si staccò da quel bacio ardente e fissò i suoi occhi sull’uomo che aveva di fronte: un tacito consenso, un’intesa. Tommy si lasciò andare al tocco del più giovane, soffocando i suoi gemiti nell’incavo del suo collo.

Eric si sentiva in controllo, vedere quell’uomo crollare davanti a sé lo faceva eccitare ancora di più di quanto non lo era già. Mentre continuava ad accarezzarlo, non perse l’occasione di stuzzicarlo un po’ mordendogli il lobo dell’orecchio. Tommy in risposta gli morse il collo per poi succhiare il lembo di pelle scoperta.

Il collo di Eric era pieno di segni rosso-violacei, ma al momento a nessuno dei due importava che qualcuno li vedesse anzi, era un segno di possessione, di appartenenza dell’uno all’altro.

“E-Eric….”- gemette Tommy socchiudendo gli occhi. Stava per raggiungere il culmine, molto rapidamente. Eric non era intenzionato a fermarsi, voleva farlo venire, voleva vedere la sua espressione mentre si lasciava andare al piacere che gli provocava.

Tutt’ad un tratto qualcuno bussò alla porta: “C’è qualcuno?”

 I due amanti si fermarono impietriti: senza fiato, i vestiti scomposti, i segni rossi sulla pelle. Tommy ringhiò basso prima di staccarsi da Eric. Si sistemarono velocemente, Eric intanto sogghignava vedendo in che stato aveva ridotto il più grande, era soddisfatto.

Tommy gli lanciò un’occhiataccia come per chiedergli cosa ci trovasse di divertente. Il più giovane lo ignorò andando ad aprire la porta: doveva inventarsi una scusa…bella e buona.

A bussare era stato uno membro dello staff che aveva organizzato la mostra, li guardava con un’espressione contrita e confusa. I due ragazzi cercarono di inventarsi una scusa, uno ridacchiando sotto i baffi l’altro cercando di nascondere, senza farsi notare, il “piccolo” problema che aveva a livello del basso ventre.

Il resto del pomeriggio passò molto in fretta, tra quadri e storie. La tensione tra i due, però, rimase: si era creata una bolla al cui interno c’erano solo loro.

Una volta conclusa l’esposizione, decisero di fare una passeggiata per il centro storico della città. Era una tipica serata di fine inverno: un venticello suonava tra gli edifici, il cielo era privo di nuvole e qualche stella cominciava a fare capolino come le lucciole sul fare del tramonto.

“Ti andrebbe di cenare da me?”- chiese nel mezzo della conversazione Tommy.

“Mi piacerebbe molto, hai già un’idea su cosa cucinare?”- camminavano fianco a fianco osservando le vetrine illuminate.

“Pensavo di farti provare la cucina thailandese, però se non vuoi posso preparare qualcos’altro, anzi potremmo cucinare insieme…” – voleva passare più tempo con il ragazzo.

“Allora potresti insegnarmi qualche piatto thailandese.” – propose Eric prendendo la sua mano e stringendola.

“Eh cucina thailandese sia allora!”- Tommy strinse la mano di Eric e fece strada. La sua casa non era tanto lontana dal centro storico, circa una quindicina di minuti. Era situata in una delle stradine adiacenti al Palazzo Ducale, all’esterno appariva come uno degli edifici del centro storico: le pareti in mattoni rossi, le ringhiere in stile liberty con motivo floreale. Il portone d’ingresso era in legno di quercia con gli infissi dorati, presentava ancora i pomelli che raffiguravano teste di leoni in bronzo. Eric era affascinato. L’appartamento di Tommy era al secondo piano però non aveva niente a che fare con l’edificio in cui era situato: era totalmente l’opposto, l’esplosione del moderno. L’ingresso si apriva con un breve corridoio illuminato da tanti piccoli led, sui muri erano appesi alcuni quadri di Monet e Degas, copie ovviamente. In fondo si apriva un ampio open space che si divideva in due ambienti: la cucina rustica sui toni del nero con la zona pranzo e la zona giorno con i divani beige e un mobile a muro con la tv al plasma. La stanza era illuminata di giorno da un ampia finestra che dava su un piccolo balconcino da cui si poteva vedere buona parte del centro: Mantova illuminata di notte aveva qualcosa di romantico e misterioso allo stesso tempo.

“Mantua è’ molto bella di notte.” – sussurrò Tommy che si era avvicinato a lui.

Eric si voltò verso di lui e fu come vederlo per la prima volta, il desiderio di perdersi in quegli occhi verde bosco, conoscerne ogni sfumatura e riflesso. Il suo sguardo si posò sulle sue labbra schiuse per poi ritornare sui suoi occhi: un altro consenso. Tommy senza interrompere il contatto visivo si avvicinò lentamente, era ammagliato da quel particolare ambra che illuminava i suoi occhi, il modo in cui le lunghe ciglia li incorniciavano in un quadro perfetto.

La distanza divenne più breve, i loro respiri seguivano lo stesso ritmo, l’uno poteva sentire l’odore dell’altro ormai familiare. Fu il più grande a ridurre le distanze appoggiando le sue labbra sue quelle soffici di Eric: un bacio dolce, lento, un unico sapore. Non c’era fretta in quel semplice ma profondo contatto: era una continua scoperta dell’altro.

Lentamente Tommy si allontanò appoggiando la sua fronte su quella di Eric, gli occhi ancora chiusi, le mani ai lati del collo del ragazzo.

“Direi che la cena può aspettare.” – sussurrò dolce.

“Direi proprio di sì.” – disse Eric mordendosi il labbro e riavvicinandolo a sé circondandogli il collo con la mano, le dita che giocavano con i capelli. Un altro bacio, più intenso, non innocente come il primo, primitivo.

Tommy lo prese per i fianchi e lo avvicinò a sé, le loro erezioni premevano l’una contro l’altra. Eric gemette nel bacio: il più grande non perse l’occasione per inserire la sua lingua nella bocca dell’altro, ancora quel sapore caratteristico, ne era dipendente. Senza dividersi, Tommy guidò entrambi verso il divano. In un attimo Eric si ritrovò sdraiato, Tommy era su di lui che si sosteneva sugli avambracci, il respiro rapido e le pupille dilatate.

Si abbassò su di lui e, partendo dall’angolo della bocca, cominciò a lasciare una scia di baci sul collo fino all’ombelico; le sue mani scoprivano nuova pelle sotto la maglia. Eric non riusciva a stare fermo al che Tommy gli afferrò entrambi i polsi e li portò sopra la sua testa.

“Devo ricambiare il gesto di prima” – disse Tommy riferendosi a ciò che era successo nel magazzino. Riprese la sua lenta tortura sfilandogli pian piano l’indumento: pelle bianca, una leggera peluria ricopriva la zona addominale per poi proseguire sotto i pantaloni. Risalendo, Tommy si accorse dei segni che aveva lasciato qualche ora prima, piccole chiazze porpora: un capolavoro che solo lui poteva vedere.

“Sei bellissimo” – sussurrò prendendogli una mano e baciandole il dorso, tutto questo senza staccare lo sguardo dal suo.

Eric non si aspettava di sentirsi dire quelle parole, nessuno gli e lo aveva mai detto con tale sincerità, nessuno gli aveva mai fatto provare le sensazioni che gli provocava quell’uomo: non era più successo da quell’ultima volta.

Scacciò vecchi ricordi baciandolo con trasporto.

I vestiti in un batter d’occhio formarono un tappetto sul pavimento della sala. Erano nudi uno di fronte all’altro, nessun imbarazzo, solo la curiosità di conoscersi e dare piacere all’altro.

Eric fece sedere Tommy per poi mettersi a cavalcioni su di lui. L’eccitazione del più grande premeva contro di lui ardente e umida, Eric soffocò un gemito.

“Lo senti…l’effetto che hai su di me?” – chiese Tommy muovendo i fianchi contro quelli del ragazzo, il gesto fece gemere entrambi.

Eric prese coraggio e avvolse la sua mano intorno ad entrambe le erezioni, una lieve pressione. Tommy imprecò: era già al limite. Non era l’unico ad esserlo. Il ragazzo cominciò a muovere la mano, prima piano poi via via aumentando di velocità. Nell’appartamento risuonavano i gemiti dei due amanti, il suono che faceva il contatto tra i loro corpi: una melodia solo loro.

Entrambi si stavano avvicinando al culmine. Tommy avvolse la sua mano intorno a quella di Eric e allo stesso tempo lo baciò. I due vennero investiti da una scarica di piacere che li lasciò senza fiato, i loro umori si mischiarono marchiandoli entrambi. Il più giovane si portò una mano alle labbra e ne succhiò le dita, poi, si chinò in avanti per baciare Tommy: un sapore totalmente diverso lo accolse, il loro sapore.