Milena deflorata da babbino

Dalle confidenze più estreme ho tratto questa storia per voi: non amo giudicare ma credo di non far torto a nessuno se dico che, a volte, la povera gente può trovare un conforto anche nelle trasgressioni più turpi.
La notte era trascorsa tranquilla. Milena si era addormentata sul libro di analisi matematica; mancava poco agli esami. Si era svegliata verso l’una, tutta infreddolita con il capo riverso sulla scrivania, e il libro che era rimasto sotto le sue braccia conserte. Si era alzata, aveva riposto il libro e si era cacciata nel letto dopo essersi spogliata in fretta.
Erano le sei la sveglia suonò. Milena balzò in piedi sbadigliando. Si soffermò davanti allo specchio, soppesandosi le tette con le mani. Erano belle, gonfie, compatte, ne fu orgogliosa; come si rammaricò per la pancia ben evidente e per le gambe un po’ tozze. Il viso le aggiungeva gli anni: lineamenti troppo marcati, naso grosso, guance rotonde, occhi scuri e profondi. I capelli, lisci e castani, le arrivavano sopra alle spalle. Non si sentiva attraente, aveva paura del giudizio dei maschi, soprattutto di quelli strafottenti e aggressivi della sua età. La deliziavano gli sguardi degli uomini maturi, ma non avrebbe mai accettato proposte. Rispondeva con occhiate intense e furtive alle attenzioni degli uomini che incrociava sul bus per andare a scuola. Se qualcuno la fissava con più assiduità finiva per sentirsi in imbarazzo, e smetteva di corrispondere alle occhiate.
Quella mattina la scuola fu noiosa come le altre. Milena era brava e attenta, ma negli ultimi tempi un pensiero fisso sembrava tormentarla. Anzi, a voler essere sinceri, quel pensiero si era insediato nella sua mente già da alcuni mesi prima; ed aveva incominciato a farvi capolino almeno da un paio di anni. Milena giocava con i ricordi e con i sogni: i primi aumentavano in lei l’eccitazione prodotta dai secondi. Da qualche tempo si era attenuata la vergogna che le veniva arrecata da quei pensieri. Per lei era normale, era fatto così il suo mondo fantastico. Vergogna, paura e un’eccitazione tremenda si alternavano spesso nelle sue fantasie. Spesso si trovava con le intimità bagnate a causa di quei giochi mentali. Proprio come quella volta…
A scuola i maschi più maleducati la chiamavano “Cicciotta” o “Panzerotta”, ma lei non si sentiva offesa più di tanto, c’erano sempre i suoi sogni e il suo segreto.
Flavio era il padre di Milena, un uomo non bello che si apprestava ai cinquanta. Era alto dieci centimetri in più della figlia, uno e settanta; un ventre prominente e il volto dai lineamenti sfuggenti. Era sposato con Imelda, una donna piacente e formosa, che a suo tempo aveva attirato su di sé gli sguardi di molti maschi del paese. Su vari pretendenti Flavio l’aveva spuntata; nessuno seppe mai perché, dato che era il più brutto e nemmeno il più benestante.
Nei primi di matrimonio, a partire dalla nascita dell’unica figlia, Milena, il rapporto tra i due si andò logorando. C’erano spesso contrasti per motivi economici, e poi lui era geloso della moglie, a volte senza motivo. Circolarono voci secondo le quali qualcuno sarebbe riuscito a scoparsela, ma forse erano solo maldicenze. Imelda era vergine quando Flavio si fidanzò con lei; ciò non toglieva però che dopo avesse recuperato il tempo perduto.
In seguito, alla gelosia del marito incominciò a contrapporsi quella della moglie. Imelda andò incontro ad una grave forma di depressione, che finì per minare per sempre le sue condizioni psichiche. Dopo tredici, quattordici anni di matrimonio i due non avevano più rapporti sessuali. Imelda odiava il marito e non perdeva occasione di umiliarlo. Lui di conseguenza odiava la consorte, e prese a bere eccessivamente. La ragazzina voleva bene ad entrambi i genitori. Crescendo si trovò sempre più circondata dalle attenzioni del padre, le quali, anche a causa della situazione, incominciarono a divenire morbose. Milena comprendeva quanto le condizioni di salute della madre gravassero sulla famiglia. Imelda, senza rendersene conto, sfogava di fronte alla figlia l’odio per il marito; spesso le diceva che suo padre, oltre che un buono a nulla e un ubriacone, era anche un donnaiolo impenitente. Ciò produsse all’inizio un allontanamento di Milena dal padre, poi vi fu la reazione opposta.
Quando l’uomo tornava a casa ubriaco o di pessimo umore accadeva che con la moglie si comportasse in maniera violenta, mentre con Milena era quasi sempre gentile e garbato. La ragazza lo adorava e cercava di dargli tutto l’affetto che egli non riceveva dalla moglie.
Flavio era orgoglioso di sua figlia che era bravissima a scuola. La sera, quando lui tornava da lavorare, lei lo accoglieva con gioia, e spesso andava a sedersi sulle sue ginocchia, riempiendolo di coccole. Quando Milena crebbe per il padre giunsero i guai.
Da che il rapporto con Imelda si era logorato, Flavio era in astinenza praticamente completa. Nonostante la moglie lo dipingesse come una specie di satiro, la sua vita sessuale era alquanto vuota. Ritrovarsi spesso a diretto e prolungato contatto con quel corpo femminile che stava pienamente sbocciando divenne per lui un tormento. Cercava di moderare le effusioni della figlia, ma finiva egli stesso per incoraggiarle.
Una sera, quando Milena era ormai grande, si ritrovarono sul divano da soli. Lei innocentemente lo baciò a più riprese sulla guancia, lui, per il contatto di quella pelle giovane e delle tette di lei che gli premevano su un braccio, avvertì una nota sensazione sotto al basso ventre. Perse per un attimo il controllo e con le labbra cercò quelle di lei; la baciò superando la barriera delle sue labbra con punta della lingua. Milena provò un sottile piacere, ma comprese che stavano superando un limite che non avrebbe dovuto essere oltrepassato. Flavio accarezzò le cosce pingui della figlia sopra i jeans. Avvertì che lei si stava irrigidendo e si ricompose. Rimasero abbracciati in silenzio per alcuni minuti. Quella sera non successe altro e dell’episodio non si fece parola.
Nella mente dell’uomo il ricordo di quel bacio rimase vivido. Qualche notte dopo (egli da un almeno tre anni dormiva da solo) si svegliò con le immagini confuse di un sogno erotico ancora in testa. Era eccitato come non mai. Il cazzo era teso e duro. Vi si passò sopra la mano sinistra che accarezzò la cappella turgida e liscia. Il palmo e le dita si serrarono attorno all’asta e il braccio incominciò a muoversi. Flavio si masturbava spesso da quando non trombava più sua moglie. Quella volta però era diverso; Milena divenne l’oggetto delle sue fantasie erotiche. Sognò di avere sua figlia accanto a sé, di spogliarla, di baciarla, di leccarla, di toccarle la figa. L’eccitazione era più forte del pudore, e la fantasia continuò a dipanarsi nella sua mente surriscaldata. Si masturbava sempre più rapidamente, mentre un godimento intenso governava ormai ogni suo atto. Davanti ai suoi occhi socchiusi scorrevano veloci le immagini del corpo di Milena, generate dalla sua mente, poiché la figlia nuda non l’aveva più vista da quando era molto piccola. Ormai stava per schizzare. Si alzò di scatto e corse in bagno. Mentre attraversava il corridoio, passò davanti alla cameretta di Milena; solo uno sforzo di volontà sovrumano lo trattenne dallo spingere quella porta. Davanti allo specchio si guardò in cazzo teso, duro, con la cappella violacea. Un uccello dalle dimensioni notevoli, e di una rigidità davvero insolita per un uomo di mezza età. Si smanettò ancora febbrilmente, biascicando la parola: “Topolina, Topolina”. Era il vezzeggiativo con il quale chiamava Milena. Sborrò copiosamente nel lavandino. Il liquido denso e biancastro colava lento nella nicchia di ceramica. Flavio temette di stramazzare a terra per il piacere, tanto che dovette sorreggersi al bordo del lavabo con le mani, mentre il cazzo aveva già abbassato la testa e il glande lasciava cadere le ultime gocce di seme che andavano a sparire giù, oltre l’anello argentato dello scarico. Si riprese. Risciacquò rapidamente il membro e il lavandino sporchi di sperma, quindi se ne tornò a dormire con l’eccitazione non del tutto domata.
Flavio amava Milena. L’aveva amata come figlia, poi vederla svilupparsi lo aveva spinto inconsciamente verso altri sentimenti, forse non comuni in un padre. Ma l’astinenza alla quale lo costringeva la moglie, le umiliazione che spesso gli infliggeva, lo spingevano a considerare Milena la sua salvatrice in tutti i sensi. Si rendeva conto di esser diventato anche molto possessivo nei confronti della figlia. Quando si rese conto di desiderarla sessualmente si vergognò e attribuì la colpa al bere.
“Quando ho bevuto non capisco più niente e farei anche… un servizietto a Milena. No, non vanno bene queste cose. Lei cosa penserebbe di me? “ Qualche volta aveva formulato questi propositi.
Cinzia era la migliore amica di Milena. Era più grande di lei di due anni e vantava un certo numero di esperienze sessuali, con uomini e con donne. Fisicamente era l’opposto dell’amica. Una biondina magra e slavata, alta uno e sessantacinque, seni piccoli, gambe allungate e magre, naso un po’ aquilino, occhi celestini che apparivano piccoli dietro alle spesse lenti. Cinzia era bisex. La sua amicizia con Milena incominciò a scuola. Era ripetente e si sentì attratta da quella ragazza più giovane che le ispirava tenerezza. Milena scorgeva in lei l’amica d’esperienza, che le dava quei consigli e quella sicurezza che non trovava in altri.
Milena era ormai pienamente cosciente della relazione scabrosa che si andava delineando tra lei e il padre. Era spaventata e eccitata. Dentro di sé sarebbe stata felice di dare una mano al babbo, dato che sapeva che tra Flavio e Imelda non c’era più nulla da molto tempo. Ma aveva timore dell’immoralità che percepiva in quella situazione. Nella mente ingenua e perversa di Milena generava attesa e desiderio l’idea di sedurre il padre. Avrebbe voluto che lui fosse la sua prima guida lungo la strada ignota dell’amore e del piacere. Ma poi non appena l’eccitazione veniva meno un senso di colpa enorme la schiacciava. Le girava per la testa una battuta maliziosa che le aveva pronunciato Imelda qualche tempo prima. Aveva insultato il padre, definendolo un maiale, e aggiungendo che non si sarebbe vergognato di nulla. Ma poi aveva concluso:
<< Ormai sei grande, non ci sarebbe niente di male se tu volessi provare. >>
Milena era rimasta sorpresa e quasi sconvolta dalla manifesta immoralità di sua madre. Aveva concluso che non ci stesse tanto di testa, ma probabilmente quelle cose le pensava seriamente.
La ragazza giocava con quelle idee, che e volte la facevano distendere e divertire, e rendevano umidi gli assorbenti che portava dentro alle mutandine. Mai sarebbe passata all’iniziativa. Spesso, nella fantasia, si augurava che suo padre si facesse avanti con proposte esplicite o che allungasse le mani in maniera da non lasciare luogo ad ambiguità, ma allo stesso tempo tremava di paura di fronte a tali pensieri.
Tra Milena e Cinzia si era stabilita un’ottima relazione di amicizia. Un pomeriggio, in cui si trovano sole a studiare a casa sua, Cinzia, spinta dai suoi desideri bisex, convinse Milena a spogliarsi insieme a lei. Si abbandonò alle carezze dell’amica. I suoi seni abbondanti furono miele per le labbra fameliche di Cinzia. Si baciarono e si toccarono reciprocamente. Le dita di Milena si insinuarono tra le grandi labbra dell’amica, fino a raggiungere l’apertura completamente bagnata e spingersi su. La ragazza gemette e accarezzo dolcemente la figa di Milena: era cespugliosa, ma chiusa. Non ardì violarla con le dita come l’altra aveva fatto con lei.
<< Non voglio essere io a violarti per prima, amore >> sussurrò Cinzia.
<< Tu sei già aperta, bella. >>
<< Certo, ho fatto le mie esperienze, Milena. >>
<< Cinzia, non so se ti posso confessarti una cosa. Mi vergogno da morire. >>
<< Di me non ti devi vergognare, dopo quello che abbiamo fatto insieme…>>
<< Beh, vedi Cinzia… Sono convinta che mio padre vorrebbe farlo con me. Con mia madre non fa più niente da anni. >>
Cinzia guardò quasi con tenerezza l’amica.
<< Ti aspettavi che io mi scandalizzassi, vero? >>
<< Avevo paura. >>
<< Sono una ragazza dalle vedute molto ampie e poi ti voglio bene.>>
<< Perché dici “dalle vedute molto ampie? “ >>
<< Perché so, Milena, che un padre può desiderare sua figlia. >>
<< Che cosa mi consigli di fare? >>
<< Se che pensi che una relazione così importante possa giovarti, approfondisci; altrimenti lascia perdere, evita. Fino ad ora che cosa è successo tra di voi? >>
<< Poco, solo un bacio a qualche carezza spinta. Ma a volte mi guarda in un modo… >>
<< Se ti può confortare, io l’anno scorso ci ho provato con mio padre: ero curiosa. Mi ha detto di no con molta dolcezza. Forse tu sei più avanti di me, quasi t’invidio. >>
Questa volta fu Milena a rimanere sorpresa.
<< Ne parli con una tale naturalezza… >>
<< Nei rapporti tra un uomo e una donna non c’è niente di innaturale. Un padre e una figlia non sono altro che un uomo e una donna. Se si è d’accordo… >> fece Cinzia serafica.
<< Tu non ragioni come gli altri, Cinzia. >>
<< Infatti, mi dicono che sono una gran troia!>> esclamò Cinzia ridendo di gusto.
Erano ambedue nude, distese sul letto e abbracciate. Il corpo voluminoso e morbido di Milena si fondeva con quello magro e longilineo di Cinzia. La pelle lievemente bruna della prima si distaccava dalla pelle assolutamente candida della seconda. Il pube ricoperto da rigogliosa peluria nera e l’altro da una esile e rada lanugine biondastra.
<< Che cosa ti saresti fatta fare da tuo padre? >> domandò Milena che si era rincuorata.
<< Mi sarei fatta trombare, nella figa. Credevo che sarebbe piaciuto anche a lui chiavare sua figlia. Invece… Penso che sia solo un represso e che lo desideri anche lui. >>
<< Voglio leccarti, Cinzia >> mormorò l’altra eccitata.
<< Senti, senti la verginella… – fece Cinzia accarezzando le cosce dell’amica – Dai, fammi sentire la tua lingua nella passera. Quanto siamo troie! >>
Si leccarono a vicenda per lungo tempo. Poi, stanche e soddisfatte, ripresero a parlare.
<< Che cosa pensi di fare con tuo padre, Milena? >> chiese Cinzia, attratta da quell’argomento.
<< Non lo so. Ma tu mi hai quasi convinta a lasciarmi andare. >>
<< Credo che sarà una bella esperienza per te, e farai felice anche lui, se è vero che non ha una donna da tanto tempo. >>
<< Ti terrò informata, cara. >>
<< Grazie, Milena, mi farai eccitare tantissimo. >>
La scuola finì e venne l’estate. Milena si fece via più audace con Flavio. Gli cingeva il collo con le braccia quando era seduto a tavola e gli faceva sentire le tette molto vicino al viso. Lui annusava la pelle della ragazza, l’afrore e inebriante che emanava dalla maglietta in cotone. La stringeva a sé e quasi le baciava i seni sopra la stoffa. Con il braccio le cingeva la vita; e la mano scivolava lentamente verso il culo rotondeggiante, finendo per accarezzarlo lievemente. Flavio sbuffava per l’eccitazione, Milena arrossiva. Una volta la madre li sorprese così e non risparmiò di dare del porco al marito. Una sera Flavio rientrò a casa tardi, aveva bevuto come altre volte. Trovò Milena ancora alzata, la salutò e tentò di baciarla. La ragazza cedette e si lasciò succhiare le labbra dal padre ubriaco.
<< Prima o poi, Milena… >> sbiascicò Flavio.
<< Prima o poi cosa, babbo? >>
<< Mi farai vedere la passerina, vero?>>
<< Ma cosa dici, babbino! >> esclamò lei sorpresa, eccitata e anche un poco offesa.
<< Credi che io non sia un uomo? >>
<< Certo. Lo so. >>
<< Ti piacerebbe che te lo dimostrassi? >>
<< Come? >> chiese Milena incuriosita.
<< Amandoti, Topolina. >>
<< Ma mi ami già, almeno come figliola. >>
<< Sì, io ti vorrei… >>
<< Cosa? >>
<< L’hai mai visto un bell’uccello? >> chiese Flavio pentendosi subito dopo.
Milena arrossì e non seppe che cosa rispondere, mentre le mani del padre la accarezzavano lascivamente dappertutto. Si sentiva piena d’imbarazzo e un po’ offesa della volgarità del babbo; ma, ricordandosi delle parole di Cinzia, decise che si sarebbe lasciata andare, magari pian piano. Si sentiva un vuoto nello stomaco, perché il passo che stava decidendo di fare era grave e irreversibile.
<< No, babbino, non l’ho mai visto >> rispose fingendo quasi indifferenza.
<< Non hai un fidanzato? >>
<< No. >>
<< Sei vergine? >>
<< Sì, babbino. >>
<< Mi piacerebbe essere il primo. Ormai hai già diciotto anni… >> le sussurrò Flavio all’orecchio, leccandole il lobo.
<< Grazie, babbo, di avere pensato a me. Io debbo ancora decidere, dammi tempo >> rispose Milena, liberandosi dall’abbraccio di suo padre e correndo in camera sua.
Flavio si versò un altro bicchiere di vino e se ne andò a dormire con il sapore della figlia ancora sulle labbra.
Milena si addormentò tardi per l’eccitazione. Voleva che succedesse, e allo stesso tempo era spaventata. Voleva raccontare a Cinzia come suo padre l’aveva scopata, ma provava un desiderio misto a repulsione, una curiosità sovrastata dalla paura, che la lasciavano incapace di agire e di pensare.
Cinzia era al mare, l’avrebbe rivista solo qualche settimana più tardi.
La mattina dopo, Flavio si alzò presto per andare a lavorare e quando Milena si svegliò in casa c’era solo la madre. La ragazza non fece naturalmente parola su quanto successo la sera prima. Quando Flavio rientrò a casa, aprì la porta, venne avanti e incontrò la figlia nel corridoio. Si abbracciarono d’istinto e si baciarono. Ma non dissero nulla riguardo alla loro ultima conversazione. A cena Flavio fissava la figlia come si guarda un’innamorata, lei lo ricambiava. Dopo il caffè si sedettero insieme in salotto da soli.
<< Ieri sera ho un po’ esagerato, vero Topolina? >>
<< Tra padre e figlia non ci sono segreti >> rispose interlocutoriamente Milena.
<< Forse, se succedesse dopo sarebbe un guaio >> affermò Flavio, mettendo una mano distesa sul ginocchio rotondo di Milena e risalendo lentamente.
<< Se lo volessimo davvero tutti e due… >>
<< Che bello sentirti parlare così, figliola cara! >>
<< Perché? >>
<< Perché vuol dire che anche tu ci stai pensando. >>
<< Certo, babbo, io ti amo e voglio la tua felicità. >>
<< Succederà, Topolina, succederà. Restiamo tranquilli e vedrai che verrà da sé quel momento tra noi due. >>
<< Ci ameremo, babbo? >>
<< Se ci piacerà. >>
Milena rimase sorpresa dalla naturalezza con cui lei e suo padre stavano parlando del loro incesto. Ci sono cose che avvengono senza che mai riusciamo a capirne il perché. Anche Flavio provò lo stesso stato d’animo.
Perché succedeva? Milena non trovava risposta. Il padre era un uomo decisamente brutto, con una pancia prominente e il viso un po’ paonazzo da bevitore. Lei era una ragazzotta obesa, dalle movenze goffe, dal portamento sgraziato. Eppure si desideravano.
Il sabato successivo si svolgeva la festa del paese. Milena uscì con un’amica che non vedeva da tempo e con lei trascorse gran parte della giornata. La sera c’era la festa danzante in piazza, come ogni anno il venti di agosto. Faceva molto caldo e la piazzetta del borgo era piena di gente. Flavio, insieme ad alcuni amici, si era appostato non lontano dalla mescita, e da lì osservare coloro che danzavano. Non perdeva d’occhio nemmeno la figlia che si trovava a non più di una ventina di metri da lui insieme a un gruppetto di giovani.
Milena era vestita con una maglietta che metteva in mostra il suo seno prosperoso e una gonna leggera appena sopra il ginocchio. Si notavano i suoi polpacci troppo voluminosi e le sue ginocchia grosse. I capelli erano raccolti dietro la nuca, e ciò contribuiva a farla sembrare più matura dei suoi diciotto anni, compiuti da poco. Flavio la sbirciava e avrebbe voluto trovarsi da solo con lei.
Poco prima delle undici i ragazzi e le ragazze del gruppo di Milena rientrarono a casa. Lei si diresse verso il padre con l’intenzione di farsi accompagnare. Flavio la salutò con una carezza e un’occhiata intensa.
<< Andiamo, Topolina >> disse.
Si avviarono per i vicoli semibui del paesetto. Milena si stringeva al padre che prese per mano. Quando giunsero nei pressi di un vasto spazio tra le case, dove sorgeva un bosco di pini, un luogo totalmente buio, Flavio pensò di sferrare l’attacco decisivo.
<< Ti va se ci fermiamo qui al fresco, Milena. Non si respira. >>
<< Certo, babbino >> disse lei accarezzandogli dolcemente i capelli grigi.
Si fermarono un istante. Flavio si avvicinò alla figlia e la strinse a sé. Approfittando del fatto che non c’era anima viva ed erano protetti dall’oscurità, la baciò con passione. Milena si abbandonò totalmente senza dire nulla. Seguirono altri baci. Poi Flavio propose alla figlia di seguirlo nella piena oscurità del boschetto. Si inoltrarono tra i cespugli, per mano come due ragazzini. Giunti ad un piccolo spiazzo d’erba ben protetto, il padre fece sedere a terra la figlia e si sistemò accanto. Si baciarono ancora a lungo. Poi le mani di lui si inoltrarono sotto la gonna della ragazza, palparono a lungo e avidamente le coscione pastose. Milena si era tolta la maglietta e il reggiseno; e Flavio raggiunse le tette, due grosse bocce di carne, con la bocca: le baciò e le leccò a lungo. Milena prese a gemere piano.
Si udiva il frinire dei grilli, mentre un soffio di vento accarezzava la pelle nuda della ragazza, facendola fremere. Ma i brividi più intendi glieli provocavano le carezze e le parole di suo padre.
<< Sei bellissima, figliola… Sei morbida come il velluto. >>
<< Sono tutta, babbino. Stasera ti darò il mio corpo, stasera tromberai tua figlia! >>
Le mani di Flavio le avevano abbassato le mutandine fino alle ginocchia. Adesso la mano destra massaggiava avida il pube cespuglioso di Milena, e le dita dure e callose lambivano dolcemente la fessura. La ragazza impazziva a quella carezza paterna, tanto che gettò un grido e colmò di caldo liquido la mano di Flavio.
<< Sei venuta, bambina! Mi hai riempito la mano >> diceva mentre le sua dita si erano inoltrate al di sotto dell’inguine e solleticavano il buchetto del culo.
<< Non ti posso chiavare qui. Se ci scoprono lo sai come finisce? >> constatò Flavio.
<< Dove vuoi farlo? Se non vuoi… >>
<< No, o adesso o mai più, prima che ci ripensiamo… Qui vicino c’è la casa dei tuoi nonni, la mia casa natale. Ho la chiave con me. Andiamo là e ti svergino sul letto. >>
Si ricomposero e si avviarono verso la casa disabitata. Entrarono e raggiunsero la camera. Milena si spogliò in un attimo. Di fronte alla vista della figlia completamente nuda Flavio perse la testa. Il suo cazzo divenne duro come non succedeva da molti anni. Percepì l’odore delle sue mani che avevano frugato le intimità di Milena, credette di distinguere l’afrore acuto della figa da quello dolciastro del culo. Raccolse le mutandine bianche della figliola abbandonate sul letto, le portò alla faccia, le annusò e ritrovò l’odore delle sue mani. Si tolse i vestiti di dosso, quasi gettò via le mutande. Nudo si avventò sul letto, abbracciando stretta la carne della sua adorata congiunta. La baciò ancora, le succhiò i seni, le leccò la passera. La sua faccia annegava in quelle carni abbondanti e fresche. Milena strinse tra le sue mani il membro duro come il ferro, quello stesso uccello che l’aveva generata.
<< Ti piaccio, babbo? >> domandò.
<< Certo, Topolina. Sei la mia vita. >>
<< Voglio darti la passera, babbino! >>
<< Parli come una donna adulta. >>
<< Perché non lo sono? >>
<< Devi fare esperienza. Te la faccio fare io. Apri bene le cosce, Milena, e tieni le ginocchia in alto. >>
Flavio di distese in mezzo alle coscione larghe della figlia. Poi si tenne su, appoggiandosi sulle ginocchia. Milena avvertì il ventre pingue e villoso del padre quasi aderire al suo.
<< Che pancione! >> affermò lei scherzando.
<< Anche tu, amore, non scherzi >> ribatté lui.
Flavio avvicinò con la mano la sua cappella turgida alle grandi labbra di Milena, e con la pressione delle dita provò a farla scivolare dentro. Il glande scomparve all’interno. Milena gemette piano. Flavio iniziò a spingere con i fianchi, sorreggendo il membro con la mano. Avanzò di un paio di centimetri, strappando un primo gridolino di dolore alla figlia.
<< Fa male, Topolina? >>
<< Un po’. Non ci fare caso, spingi ancora! >>
Flavio esaudì il desiderio della ragazza. Sferrò un colpo di reni più deciso. Milena gridò e l’asta entrò per metà. Si ritrasse un poco, e giù… un altro colpo d’ariete. Ancora un grido della figlia e lui si trovò sprofondato dentro di lei. La figa stringeva da morire e per qualche secondo egli rimase fermo, bloccato. Milena si sentì piena di lui e prese a gemere sommessamente. Flavio prese a muoversi lentamente su e giù. Si erano ormai adattati, l’uno all’altra, e il piacere sovrastò il dolore.
<< Te l’ho aperta, hai visto? >> chiese lui mentre incominciava a pompare sempre più velocemente.
<< Sì, sì, babbo, sì… >> rispose lei tra i sospiri.
<< Non mi chiamare “babbo”, mentre ti monto, tesoro. Chiamami Flavio; è più eccitante. >>
<< Sì, Flavio, sì. Sbatti, sbatti, spingi forte, più forte. >>
<< Non c’è più quel dolore, vero troietta? >>
<< No, no. Che bello! >>
<< Ah, che gusto! >> le fece eco lui, mentre ansimava come un mantice ad ogni affondo.
Le loro carni si scontravano con schiocchi lascivi. Flavio a volte grugniva. Milena cacciava gridolini acuti.
<< Il tuo cazzo è tutto mio, non uscire mai più, bab… Flavio. >>
<< Sto per allagarti il ventre, Topolina. Ora ti faccio assaggiare la sborra. >>
Si ritrasse dal sesso ormai aperto di sua figlia. Lei gridò, implorò, per averlo ancora dentro. Aiutandosi con le braccia lui si portò più in su, fino a far combaciare il suo cazzo, appena estratto dalla figa, con la bocca della ragazza.
<< Prendilo in bocca, Milena! >>
Lei riuscì a catturarlo con le labbra. Succhiò istintivamente il cazzo lucido dei suoi umori e sporco del suo sangue. La sborrata calda e amarognola le riempì il cavo orale, mentre il padre gridava e soffiava come un pazzo.
Rimasero tutti e due inerti sul letto. Poi Milena si alzò traballando, con il suo passo pesante e ondivago. Raggiunse il bagno e si fece un lungo bidè con l’acqua fredda. Flavio guadagnò il water per pisciare.
<< Dopo che ho scopato mi viene sempre da pisciare, figliola >> disse come per sorvolare sull’oscenità estrema di quella situazione.
<< È stato bello, babbo, vero? >>
<< Era da più di un anno che non mi godevo una figa. Come ce l’avevi stretta! >>
<< Sono contenta di esserti piaciuta, anche se sono brutta! >>
<< Perché io? Guarda qua che tino! >> disse Flavio tirandosi su la pancia con le mani.
<< Io sono grassa, dondolo quando cammino… >>
<< Ma sei giovane, sei bona, e sei la mia figliola. >>
Si abbracciarono nudi, in bagno, e si baciarono a lungo. Flavio avvertì i segni di una nuova erezione. Milena glielo prese in mano e incominciò a segarlo lentamente.
<< Una bella stanga, babbino! – esclamò non appena il cazzo fu eretto – Me lo hai messo dentro tutto, prima? >>
<< Fino alle palle. >>
<< Lo sai che mi fa sempre un po’ male la pancia, qui in basso? >>
<< È normale, Topolina. Eri vergine. >
<< Mi chiaverai tutti i giorni vero, adesso? >>
<< Certo. Come si dice nel nostro caso? Quando il babbo tromba la figliola, o la mamma e il figliolo, o tra fratelli… >>
<< Incesto >> rispose Milena.
Rientrarono a casa che era notte fonda. Imelda non si accorse di nulla. Qualche settimana dopo Milena incontrò la sua amica Cinzia; ma questa è un’altra storia.
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