Ricattata e usata sul treno

Giovanna Esse
a month ago
Ricattata e usata sul treno

Ciao, voglio mettere in guardia le ragazze che prendono il treno… ormai se ne sentono di tutti i colori! Questa è la mia esperienza diretta, che non posso raccontare a nessuno, nemmeno alle mie amiche del cuore perché, lo so per certo, verrebbe subito riferita al mio ragazzo.
Io sono molto giovane, te l’ho detta l’età… praticamente adolescente. Il mio ragazzo, il primo in assoluto, in 6 mesi siamo arrivati alla sega e al pompino, tutto questo raramente, non abbiamo dove andare. Lui voleva anche scopare ma io non mi sentivo ancora sicura e gli ho detto no!
E adesso? Adesso non so proprio come cavarmela, ecco perché chiedo consiglio a una donna esperta.


E' andata così...
Non ho il Green Pass, con la mia famiglia abbiamo fatto questa scelta, ma avevo impellente bisogno di andare a Roma per il fine settimana. Mio padre voleva accompagnarmi e poi venirmi a prendere… un casino, ma poi un amico di famiglia ci ha detto che sulla ferrovie, se prendi il vecchio e lento interregionale, non ti caga nessuno, e che un sacco di gente si sposta così.

Così, venerdì sera, mio padre mi ha accompagnato fino a una stazione piccola e deserta, Villa Literno.

Il treno effettivamente era semivuoto, dopo un po’ che procedevamo lentamente mi ero anche tranquillizzata. Sai, Giovanna, detesto ammettere di essere “piccola” ma penso che lo sai, quando ti ritrovi da sola le prime volte hai veramente il cuore in gola.

Dopo Formia era tutto tranquillo, una coppia di anziani era l’unica presenza nello scompartimento, anzi, dai sedili nemmeno si vedevano. Mi rilassai e mi misi ad ascoltare musica dalle cuffie.

Dopo qualche minuto mi sento ticchettare sulla spalla.

“Cazzo, il controllore!” presa di soprassalto e smarrendomi… gli mostrai il biglietto che tenevo a portata di mano ma lui nemmeno lo guardò, però disse:

«E il Green Pass?»

La carrozza era abbastanza oscura ma credo di averla illuminata io stessa diventando rossa. Balbettavo… non sapevo cosa dire, ero letteralmente nel panico.

«Clama, calma, signorina… semplicemente deve scendere alla prossima stazione, mi spiace.» sembrava gentile ma fermo, era anche un bell’uomo, in un’occasione meno tremenda io e le mie amiche lo avremmo spogliato con gli occhi…

«Aspetta… vedo che sei veramente spaventata, non fare così… quanti anni hai… sedici almeno, sì?»

«Sì! Per favore mi faccia la multa ma non mi faccia scendere… è già sera e non saprei come fare…»

Lui sedette nel seggiolino di fronte e mi scrutò dalla testa ai piedi.

«Facciamo così, sei una bella ragazza, se te la senti possiamo trovare un modo per venirci incontro…»

Capivo e non capivo. Il suo occhietto malizioso e il sorrisetto sulle labbra mi dicevano che non sbagliavo…

«Cosa vuole?» dissi con fare seccato.

«Se mi fai contento non ti faccio scendere, ok?»

Mentre parlava già si sbottonava la patta dei calzoni.

«E cosa dovrei fare?» speravo di ottenere un effetto facendo la finta tonta; tra l’altro, in quei momenti di panico, ritornavo la ragazzina ingenua e sperduta che ero veramente.

«Toccalo un poco» disse lui e con naturalezza, tirò fuori il suo arnese dalla patta dei boxer.

Avrei voluto gridare, offenderlo, chiamarlo “maniaco di merda”, ma poi pensavo anche tante cose… ai miei, alla figuraccia e, perché no? Al pericolo. Magari quel bastardo poteva veramente farmi scendere in una stazione sperduta… e fuori era buio già da un pezzo.

Senza dire niente ma con la faccia schifata, tesi lentamente la mano verso il suo inguine. Dopo tutto non era la fine del mondo, avevo già fatto delle seghe, sia al mio ragazzo che a un “vecchio” che mi aveva saputo eccitare, da piccola.

Il suo cazzo caldo, era gonfio ma non duro, non sapevo bene come comportarmi così mi lasciai un po’ andare, e fui spontanea.

Lui non era brutto, credo non arrivasse alla quarantina, lineamenti decisi, virili, fisico asciutto. Vestiva di scuro e il cappello da ferroviere gli dava un chè di militaresco che scaldò un po’ la mia vagina.

Carezzandogli il pene fui sbalordita dai coglioni. Il suo scroto era una grande sacca, bollente e scura, e le palle fluttuavano libere sotto il tocco delle mie dita.

«Ti piace?» chiese a bassa voce, mentre il suo cazzo si intostava e cresceva a dismisura… non sono esperta, ma credo di poter dire che era un “superdotato”.

Sono solo una ragazza, naturalmente quell’intimità iniziò a scaldarmi, nonostante facessi del mio meglio per non dimostrarmi condiscendente: lo odiavo!

Quando il cazzo, duro, fuoriusciva di buoni 20 cm. dalla patta, iniziai il classico movimento su e giù, per portarlo all’eiaculazione, sperando facesse presto, come Teo il mio ragazzo. Teo, amore mio! Ebbi un piccolo sussulto… cosa stava succedendo, cosa avrebbe significato questa sporca storia? Ero vittima di una violenza o lo stavo realmente cornificando?

Confusa ma eccitata, sperai comunque che quella manfrina finisse al più presto; dopo tutto un cazzo in mano non è poi la fine del mondo…

Lui, di fronte a me era eccitatissimo e se la godeva con evidenza, Tese le mani e, senza intoppi, le ficcò sotto il magione raggiungendo i seni liberi, dove i capezzolini appuntiti tradivano la mia eccitazione. Avrei una terza, ormai, ma quando posso evito il reggiseno, mi piace sentirle ballonzolare quando vado in giro, mi fa sentire nuda e libera.

Lo segavo sempre più veloce, ero di fronte e lui, ero scomoda per la masturbazione ma comunque cercavo di farla al meglio in attesa che venisse.

Allargai le gambe, magari aveva una spruzzata lunga e mi faceva schifo pensare di arrivare a Roma con la sperma sugli Jeans.

Mi squillò il cellulare!

«Staccalo!» disse imperativo.

Gli lasciai il pescione e presi il telefonino per spegnerlo.

Lui si alzò, credetti volesse sedersi al mio fianco per finire la masturbazione.

Invece no, le cose si misero… diciamo male, anche se ormai c’ero dentro ed ero eccitata a mia volta.

Il ferroviere, ora in piedi, si guardò intorno per assicurarsi che fossi alla sua mercé… la coppia, lontana sonnecchiava in attesa di giungere a destinazione.

Lui, senza vergogna, calo rapidamente calzoni e mutande e avvicinò deciso il suo cazzo al mio viso!

“NO, pensai spaventata… questo no… non posso accettare tanta mortificazione…” e da un perfetto sconosciuto. Io ero fidanzata, anche se da poco, e…

«Fammi il pompino… o preferisci scendere a Priverno, nel nulla?» disse malizioso e prepotente, purtroppo la sua forza ebbe la meglio sul mio arrapamento. Non senza voluttà, gli presi il cazzo tra le mani e me lo avvicinai al viso. Non aveva fatto molti bocchini in vita mia, forse una decina. Alcuni al vecchio, di più a Teo, che insisteva per avere di più! Essendo ancora vergine, nei momenti di maggior insistenza lo accontentavo di bocca per non farlo incazzare.

Il cazzo del ferroviere era anche molto spesso. Il solo pensiero di dovermi sottomettere al suo scettro, allargando la bocca al massimo per riceverlo dentro mi procurò un brivido elettrico e un eccitante senso di dominio.

Aveva la pellicina intorno alla capocchia rubizza come una fragola e tumida per effetto delle prime gocce del piacere.

Lo leccai: leccai la testa, poi l’asta da sotto, lungo un gonfio canale (credo quello da cui poi sarebbe passata la sperma). Ero ipnoticamente attratta dalle palle ma non sapevo se prendergliele in bocca, sarebbe stato considerato come una resa incondizionata… ma ormai c’ero.

Gli avevo masturbato e leccato il pesciolone, che onore avrei potuto cercare di salvare? Mi stava facendo tutto contro la mia volontà, ecco! Quindi la mia eccitazione “meccanica” non giustificava il fatto che lui rimaneva un pezzo di merda, lo odiavo… ma amavo già perdutamente il suo cazzo.

Scavai con la lingua sotto la pellicina, un gusto un po’ acido, arrapantissimo, invase la mia bocca e mi penetrò nel naso, pungente.

Ora gli tenevo lo scroto in mano ma non osavo dirigere il pene più dentro la bocca.

«Apri la bocca più che puoi…» disse, quasi roco. Guardava dall’alto la mia resa al bocchino.

La aprii più che potevo… chissà? Forse intendeva mettermi le palle in bocca?

Invece lui, con estrema delicatezza, lento lento fece entrare il suo pesce tra le labbra, superando i denti, quasi senza sfiorarli; penetrava, penetrava, mentre io potevo solo intuirlo ma senza sentire la presenza del membro in bocca, né sulla lingua.

Forse fu lui, forse fu il movimento del treno, ma la testa calda e morbida del lungo cazzo mi toccò l’ugola, facendomi sobbalzare: lo avevo praticamente in gola.

«Chiudilo in bocca, troia!» ordinò, ed io eseguii senza sentirmi offesa.

Allora quel depravato se lo prese lui stesso in mano e, tirando la pellicina, mi scapocchiò il glande in bocca… che meravigliosa sensazione, quel contatto liscio e caldo. succhiare con tutto il cuore era il minimo, e lo feci spontaneamente.

Credo che sia stata quella la prima volta che ho capito come si fa un vero pompino e come possa goderne una donna… fino ad ora avevo semplicemente, e meccanicamente, “masturbato” con le labbra i cazzetti dei miei amanti. Ora tenevo il cazzo in bocca di un esperto e, goderne profondamente era spontaneo.

Lui fece di tutto nel mio cavo orale, e lo fece bene.

Il cazzo mi sfondava la gola, che cedeva in maniera quasi dolorosa e io ne godevo fino alla fessa; lui si fermava e mi soffocava col glande, e io soffrivo e desideravo che si spingesse oltre… mi lasciai andare. Io stessa mi alzai la maglia offrendogli lo spettacolo dei mie grossi seni acerbi, se avessi potuto mi sarei strappata i Jeans di dosso pur di offrirgli la mia vulva vergine.

Ero ormai semi sdraiata, semi nuda e incurante di chi, passando per caso, avrebbe potuto assistere al mio sputtanamento.

Mi ero sempre ritratta quando il vecchio o il mio Teo stavano per venire… con questo stronzo nemmeno ci pensavo, anzi. Non avevo mai “bevuto” ma avevo sentito l’odore inconfondibile di quel succo d’uomo, opalino e speciale, e intimamente ne avevo goduto. Ora non sapevo come sarebbe andata ma di sicuro non avrei disdegnato di ricevere un po’ di sborra sulla lingua… lo desideravo, sarei arrivata al punto di chiedere “per favore”.

E fui accontentata oltre misura, quando, ormai quasi sdraiato sulla mia faccia, lui mi precipitò addosso e il suo cazzo mi dilatò l’esofago, fiottando sborra feroce nel mio corpo, direttamente in pancia, credo. Poi si ritrasse, il carico non era finito, continuò, a piccoli fiotti, a irrorarmi la lingua e il palato.

«Bevimi, puttanella, succhia… voglio che mi pulisci il cazzo.»

Dopo pochi minuti, senza una parola in più, senza un minimo di delicatezza, uscì il cazzo dalla bocca, che ormai era barzotto. Se lo controllò per vedere che era pulito e si rivestì metodicamente. Poi andò via senza degnarmi di una sola parola.

Mi lasciò sola con le mie paure, i miei pensieri… la mia vergogna. Ora, passata l’eccitazione, provavo quasi disgusto per me stessa e vergogna per avere tanto goduto in una situazione amara e umiliante.

Mi ripresi, mi controllai la maglia, poi richiamai il mio papà per mentire e dirgli… “tutto ok!” Nonostante mi fosse piaciuto mi sentivo sporca, soprattutto pensando a Teo, a come era diverso, delicato… mentre io non avrei mai pensato di cedere, felicemente, a tanta volgare e aggressiva virilità.

Mancava meno di un’ora alla stazione Termini.

Cercai di chiudere gli occhi per raccogliere le idee e gli stracci della mia personalità…

Ma dopo poco, tragicamente, il porco si ripresentò…

Sedette al mio fianco come niente fosse.

«Sai, mi è piaciuto molto, mi sono arrapato ancora… ti aspetto nel bagno.»

«Ma tu sei matto.» trovai il coraggio di dirgli « Smettila… e… io sono ancora vergine.»

«Appunto,» disse con un sorrisetto malizioso «non vorrai sporcare il seggiolino? Vieni nel bagno, ti aspetto là.»

Se ne andò ignorandomi.

Giovanna cara, io non so cosa mi ha preso. Se quel magnetismo che mi ha fatto sentire “sua” fosse una debolezza mia o è condiviso da tutte le donne, in certe situazioni… comunque, combattuta e controvoglia, mi alzai e lo raggiunsi.

Aveva ragione riguardo al pericolo di sporcare il sedile… oltre che bagnata mi sporcai un po’ di cacca quando me lo mise in culo, in piedi, nell’angusto spazio del cesso.

Mi aveva subito girata, abbracciata, incastrata… ero così preoccupata per la mia verginità che all’inizio non capii che “ero salva” ma solo di figa.

Si abbassò, mi lecco il culo, e io stavo già quasi venendo per quella pratica sconosciuta. Quando si alzò, e mi inculò, lo fece con maestria, il dolore fu relativo, anzi, ripensandoci mi porta gioia, eccitazione e desiderio. Dopo la prima spaccatura, si ritrasse, poi riprese dopo un minuto o due, penetrò fino in fondo e poi di nuovo fuori. Si pulì con un fazzoletto, io arrossii.

«Non ti preoccupare, è normale… non mi fa schifo»

Con gratitudine lo ripresi nel culo felice, mi inarcai e mi aprii per permettergli un gioco facile e profondo.

Duro parecchio, senza alcuna lamentala da parte mia, senza problemi mi venne dentro, in profondità… ero piena della sua sperma, di sopra e di sotto.

Andò via dopo avermi usata, ma non lo odiavo più, anzi… avrei voluto corrergli dietro per gridargli: “Aspetta, adesso sono tutta tua… aspetta, fammi anche davanti, lo desidero!”

Mi pulii, mi sistemai; praticamente ero a Roma.

Raggiunsi il mio posto, raccolsi il borsone e, una volta in stazione, scesi con lentezza dal predellino.

Non ero venuta completamente ma mi sentivo spossata come se avessi provato un lungo, incessante, orgasmo psichico. Ero stanca, anzi no, ero calma, rilassata, ovattata, come se avessi passato un paio di ore in un sogno ad occhi aperti.

Vidi i due uomini a pochi metri, mentre percorrevo il marciapiede, e quasi non mi resi conto che uno era lui. Anche l’altro era vestito di scuro.

E poi sentii, ancora una volta, la sua voce:

«Ah, capo… la cercavo. Penso che questo è suo, l’ho trovato sulla cappelliera, vicino alla mia borsa.»

L’altro rise: «Sì, grazie, non lo sopporto questo maledetto cappello, così lo poggio dove capita e poi me ne scordo, grazie veramente.»

E lui, lanciandomi uno sguardo di fuoco: «Ma non si preoccupi, per me è stato solo un piacere…»

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