Legge e desiderio
Anna Marino
Emily roteò la manopola del volume nella sua autoradio. La musica inondò l’abitacolo. Prese a cantare a squarciagola le parole di una canzone Pop. Le dita affusolate laccate di rosso ticchettarono sullo sterzo. L’orologio digitale segnò le tre del mattino. Si sentiva estremamente ilare, forse più del normale. Probabilmente, merito di tutto l’alcol che aveva in corpo. Fuori dai finestrini parzialmente appannati, scorse dei lampeggianti. Rise e pigiò il piede sull’acceleratore. Non gliene fregava niente. Detestava tutto il genere umano. In particolar modo quello maschile. Incurante della sirena che echeggiava alle sue spalle continuò la sua avanzata fuori controllo. Aveva i nervi a pezzi. L’ultima settimana era trascorsa tra fiumi di lacrime e urla. Aveva scoperto che il suo fidanzato la tradiva.
ʺBasta!” si disse. Doveva smetterla di compatirsi. Non ne valeva la pena. Gli uomini erano tutti dei traditori, era nel loro DNA. La volante della polizia le sfrecciò accanto superandola. Emily frenò di colpo, evitando lo scontro per un soffio. Un agente in divisa nera scese dall’auto e avanzò minaccioso verso di lei. Fece segno di abbassare il finestrino. Emily sbuffò ma obbedì. Si pentì amaramente di averlo fatto quando si ritrovò faccia a faccia con lo sguardo duro e sensuale dell’agente: giovane, fisico atletico, spalle larghe e che dire di quegli occhi verde giada che la scrutavano intensamente! Emily sorrise amabilmente:
«Ho…ho fatto qualcosa di male?» Farfugliò
L’uomo gettò uno sguardo all’interno dell’abitacolo e puntò il fascio di luce della sua torcia verso la borsa.
«Esca dall’auto» Intimò.
Emily fece per protestare ma poi ci ripensò. In fin dei conti poteva rivelarsi un’interessante occasione. Aprì lo sportello e scese giù. Con passi malfermi avanzò verso l’agente. Sorrise civettuola:
«Non vorrà mica farmi una multa?»
«Signora…»
«Signorina, prego» Corresse lei.
«Bene, signorina» Sottolineò «da dove comincio? Dunque: non si è fermata allo stop. Guidava senza cintura di sicurezza. Ha superato il limite di velocità consentito. Ha ignorato l’Alt di un agente e da ciò che vedo… temo aggiungerò, guida in stato d’ebrezza.»
Emily finse sdegno, ma in realtà sarebbe scoppiata volentieri a ridere per la paradossale situazione. Lei che era sempre stata attenta e perfetta per non dar adito a chiacchiere. La serietà fatta persona. Esempio concreto di virtù.
«Non sono affatto brilla mio caro!» Protestò scuotendo il capo.
Il poliziotto sorrise: due fossette sensuali si disegnarono ai lati di quelle labbra carnose e invitanti.
«Mi faccia vedere» Replicò ironico «cammini dritto tenendo l’indice premuto sul naso».
Emily gli lanciò uno sguardo minaccioso che avrebbe impaurito solo un chiwawa. Gli sfilò davanti zoppicando. Si poggiò il pollice sul naso. Fece un paio di passi, ma tutto intorno vorticò. Perse l’equilibrio, cadde e si ritrovò tra le braccia muscolose dell’agente. Col fiato corto, allacciò le dita attorno alla sua nuca. Il succinto tubino nero che indossava si sollevò, scoprendo interamente le gambe snelle e toniche e la micro lingerie di pizzo nero. Scese un silenzio imbarazzante. Sorrise maliziosamente all’agente:
«Posso sapere come ti chiami?» Chiese passando direttamente al tu.
Indubbiamente, anche l’agente era teso. I suoi occhi lasciavano trapelare tutta la sua inquietudine.
«Alexander» Rispose roco. Nervosamente l’aiutò ad alzarsi.
Emily si passò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e si morse il labbro inferiore in modo suadente. Dalla volante s’udì la voce disturbata della radio trasmittente richiedere la presenza dell’agente. Alexander si allontanò senza perderla d’occhio. Aprì lo sportello e si accomodò sul sedile anteriore. Sollevò la trasmittente e rispose. Lei l’osservò ammaliata. Forse a causa dei vari cocktail o per la rabbia che le ribolliva dentro, prese una decisione folle. Ancheggiando in modo ridicolo sui tacchi raggiunse l’autopattuglia. Alexander alzò lo sguardo, fece per obbiettare ma venne messo a tacere dalla bocca vorace di lei. Emily lo immobilizzò salendogli a cavalcioni. La carica erotica di quel bacio spiazzò l’agente. Cedette. Assecondò la lingua di lei massaggiandola con desiderio. Quella donna era conturbante, sensuale, al punto di fargli perdere totalmente la testa. Le sue robuste dita s’insinuarono sotto la gonna. Raggiunse gli esili slip di pizzo, li scostò. Il contatto con quella pelle delicata, già eccitata gli procurò un fremito per tutto il corpo: la desiderava ardentemente. La voleva sua.
Emily con gesti frenetici slacciò uno a uno i bottoni della divisa. Mise a nudo il torace muscoloso del poliziotto. Odorava di maschio. Strinse i suoi pettorali sodi senza smettere mai di baciarlo. Era droga pura per lei. Gemette e divaricò maggiormente le gambe quando l’agente s’introdusse con l’indice dentro il fiore della sua femminilità, stuzzicandola. Alexander la strinse con prepotenza. Le sue labbra presero a giocare prepotentemente, assaporandola come il più dolce dei frutti. Era ormai, fuori controllo. Emily sospirò di piacere lasciandosi andare a quei baci infuocati. Dio quanto aveva desiderato tutto ciò. La sua vita era sempre stata monotona. Persino fare l’amore era diventata una tediosa routine. Un atto dovuto per soddisfare il suo partner. Ma adesso non le importava più di niente. Voleva sentirsi libera da ogni tabù. Libera di vivere l’amore così come l’aveva sempre desiderato. Il conturbante agente abbassò la lampo del suo abitino e lo sfilò. Poi fu la volta del reggiseno. Istintivamente si chinò sui suoi capezzoli turgidi. L’inumidì con la lingua disegnando attorno alle areole. Emily inarcò la schiena offrendosi a lui. Era così abile, così virile! Sapeva esattamente dove toccarla e come toccarla. Era passionale ma al contempo delicato. Si fermò un istante. Si guardarono negli occhi. Le loro labbra umide rischiarate dalla luce fioca della luna. Il cuore aumentò i suoi battiti nel momento in cui Alexander si sfilò la cintura e con disinvoltura si liberò degli ultimi indumenti, se pur goffamente, data la posizione. Lei rise. Ma non vi era imbarazzo, solo desiderio puro e genuino. Lui la prese per i fianchi sollevandola leggermente. Il pulsante membro si fece largo dentro di lei nonostante l’iniziale resistenza. Non aveva mai provato nulla di simile. Mugolò di piacere, lo bramava, lo desiderava ardentemente. Era folle ciò che stava accadendo, ma troppo tardi per fermarsi. Si lasciò andare alla passione godendo di ogni suo tocco, ogni affondo. Lo sentiva prepotente muoversi dentro di lei. Con vigore senza darle tregua. Strinse le sue mani e lo accompagnò in quella danza paradisiaca sin quando non raggiunsero entrambi l’apice del piacere. Alexander inarcò la schiena. Annientò ogni centimetro che li separava e si lasciò andare a un orgasmo intenso, liberatorio. Emily poggiò la guancia su torace muscoloso e chiuse gli occhi in attesa che i battiti del suo cuore tornassero alla normalità. Appagata e serena contemplò la perfezione di quel corpo mascolino accarezzandolo con dolcezza. La ricetrasmittente Spezzò quella magia. Esigevano l’intervento del poliziotto. Alexander con i capelli arruffati blaterò qualche imprecazione. Emily si sollevò per guardarlo negli occhi: non le importava di finire in prigione, ma il solo pensiero di perderlo le causò una fitta allo stomaco. Lo guardò mesta. Lui sorrise. Come se le avesse letta nel pensiero disse:
«Senti non sono bravo con le parole ma…» Si passò una mano tra i capelli imbarazzato «insomma, io…vorrei rivederti.»
Emily ebbe un sussulto a quelle parole inaspettate. Il cuore perse qualche battito: «Mi stai dicendo, che non sono più in arresto?»
«Ti sto dicendo, che sei la cosa più bella che mi sia capitata e non voglio perderti».
«Quindi…Niente più multa agente». Ironizzò con rinnovata speranza.
Alexander sorrise: «Nessuna multa. Ma fossi in te eviterei d’ubriacarmi, almeno che tu non voglia, essere ammanettata?»
«Non saprei agente, l’idea mi alletta parecchio. Ti lascio il mio numero, se vuoi».
«Non occorre. Ho già quello della tua targa» La schernì baciandola a stampo.
Emily rise e ricambiò quel bacio con trasporto. Per una volta forse, aveva fatto davvero la cosa giusta. Quella follia l’aveva liberato dalla schiavitù chiamata senso di responsabilità. Perché fare l’amore non deve essere un dovere, ma solo un…Piacere.
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