L'autista tettona
Erano già dieci anni che la routine lo aveva inghiottito. Per dieci mesi all’anno la sveglia suonava alle 5,50, dopo una colazione veloce si preparava, un bacio al figlio che continuava a dormire dolcemente, un bacio alla moglie per svegliarla e dirle quanto l’amasse e poi di corsa alla fermata dell’autobus. Il numero 13 lo portava fino al parcheggio degli autobus, da lì con il 56 arrivava fino alla sede del lavoro, la fermata a poche decine di metri dall’ingresso. Prima di entrare comprava il quotidiano che leggeva nella pausa pranzo e scambiava due chiacchiere con l’edicolante. L’undicesimo mese era di trasferta in una sede all’estero e il dodicesimo di ferie. Tutto uguale da dieci anni, da quando si era sposato mentre il figlio era già in arrivo. Durante il viaggio in autobus guardava dal finestrino la città che lentamente mutava, in parte con le stagioni, in parte con il trascorrere del tempo, in parte per la situazione economica che stava facendo chiudere molte attività storiche soppiantate da moderni e luminosi negozi in franchising. Conosceva tutti gli autisti e buona parte dei controllori, la maggior parte dei viaggiatori che come lui usavano regolarmente quel mezzo di trasporto. Era talmente immerso nella routine che neanche osservava più i volti delle persone, non ne aveva bisogno, riconosceva gli habitué dall’abbigliamento, la borsa, la postura, la voce al momento del saluto. Erano in pochi a salire al capolinea, perciò ogni mattina aveva la fortuna di essere accolto in un autobus vuoto e ancora libero dagli odori di ogni viaggiatore che lo avrebbe occupato. Fu proprio un odore che quella mattina gli fece alzare gli occhi dallo scalino all’ingresso e guardare l’autista, perché era un odore nuovo. Un profumo. Un profumo penetrante, che lo colpì piacevolmente entrando nelle narici e arrivando dritto al cervello e al pene. Mai in quarant’anni di vita gli era successa una cosa del genere. Mai si era trovato eccitato con un respiro. Confuso da questa reazione inaspettata alzò gli occhi sull’autista. Due occhi colore nocciola lo stavano osservando, mascara blu e un filo di ombretto colore pelle li rendevano luminosi e magnetici. La pelle chiara del viso era solcata dalle rughe d’espressione di un ampio sorriso con mostrava due file di denti bianchissimi. Nel momento in cui i loro occhi si incrociarono una voce brillante e accogliente, inconsapevolmente sensuale, gli diede il buongiorno. Rispose balbettando e tra sé e sé si diede dello stupido per essersi emozionato come uno scolaretto. Il suo posto solito era tra gli ultimi nella fila dietro all’autista, rivolto in senso contrario al senso di marcia. Quel giorno si sedette in prima fila dal lato opposto, di fronte al grande specchio retrovisore, che a lui rendeva l’immagine della donna. Alle prime fermate non saliva mai nessuno, così fu anche quel giorno. La ragazza aveva notato che non le aveva tolto gli occhi di dosso per un istante, si sentiva lusingata dall’attenzione di un bell’uomo come quello. Allo stesso tempo era agitata, era ancora molto presto, le strade deserte e sull’autobus solo loro due e lo sguardo insistente di lui che non la mollava. Questa agitazione la fece distrarre, non aveva notato il semaforo giallo e dovette frenare all’improvviso perché vide all’ultimo istante scattare il rosso. Lo vide reggersi al bracciolo della poltrona:
“Questa sì che si chiama fermata decisa” esclamò una volta ripreso dalla sorpresa.
“Mi scusi, mi sono distratta un attimo e ho visto il semaforo rosso all’ultimo momento” rispose lei senza alzare gli occhi dalla strada.
“Deve scusarmi lei, probabilmente il mio sguardo insistente l’ha infastidita. Non è mia abitudine fissare le persone come ho fatto con lei, anzi mi dispiace per la mia maleducazione. È solo che il suo viso e il suo profumo mi hanno attratto immediatamente. Cioè…non vorrei che pensasse che sia un maniaco. Non mi fraintenda. Il suo profumo mi ha colpito appena aperte le porte; i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce mi hanno affascinato e sono rimasto imbambolato come un bambino davanti a una bellissima sorpresa.”
Lei lo guardò sbigottita da questa affermazione.
“Mi perdona?” chiese lui con aria angelica preoccupato dal silenzio della donna.
Questa volta fu lei a balbettare: “Ehm… non… ehm… non deve… scusarsi, non ha nulla da… da…. da farsi perdonare, anche se… ho sentito… il suo… il suo sguardo… ehm… addosso e… ehm… e mi sono distratta.”
Lo guardò un attimo dallo specchio e sfoderò un sorriso mozzafiato.
“Anzi… mi scusi lei ” lui fu costretto a distogliere lo sguardo, come se non guardarla avesse reso meno evidente la sua erezione, per fortuna la ragazza doveva guidare e non poteva osservarlo altrimenti avrebbe sicuramente notato il rigonfiamento all’inguine, messo in evidenza dai pantaloni della tuta. Mentre pensava questo, nel silenzio dell’autobus vuoto, rotto solo dal rombo del motore, ebbe la sensazione di sentire una risatina soffocata. Alzò nuovamente gli occhi allo specchio e vide riflesso lo sguardo della ragazza che osservava il suo inguine, le labbra increspate da un leggero sogghigno, gli occhi lucidi di piacere.Lo fissò a sua volta negli occhi e sbottonò i primi bottoni della divisa fino a scoprire ampiamente il solco del seno. La prossima fermata era già vicina, nessuno in attesa, poi avrebbero preso la tangenziale e per qualche chilometro non ce ne sarebbero state altre. L’audacia prese il sopravvento sulla ragione e cominciò fare scivolare la mano sul membro turgido, sopra i pantaloni. Non le staccava gli occhi di dosso, percepì un rallentamento della velocità di crociera e lei che alternava sguardi alla strada e a lui riflesso nello specchio. Sbottonò ancora la camicetta azzurra e scoprì un reggiseno a balconcino in leggero pizzo dello stesso colore, abbassò il tessuto della coppa destra scoprendo un seno bianco e sodo con un capezzolo piccolo e chiaro, duro. Mentre guidava con prudenza e velocità ridotta, la ragazza iniziò a stringere il seno con la mano, strizzando il capezzolo tra le dita e facendo in modo che lui potesse vedere ciò che stava facendo. Questa cosa lo eccitò terribilmente e decise di abbassare i pantaloni facendone uscire un sesso nel pieno della sua virilità. Lei lo accarezzò con lo sguardo e lui si sentì ingrossare ancora di più. Un cenno di lei lo invitò ad avvicinarsi, con i pantaloni calati le andò vicino allungando una mano su quella mammella invitante e vogliosa. Il contatto con la pelle liscia e morbida del seno e quella ruvida e tesa del capezzolo lo eccitò ancora di più, poi sentì la mano di lei afferrarlo e perse completamente la testa. Il cielo stava schiarendo e era ben cosciente dello spettacolo che potevano osservare gli altri automobilisti, questa cosa lo rendeva ancora più voglioso. Se avesse potuto le avrebbe chiesto di fermarsi per possederla lì, in quello stesso istante, fino allo stremo. La donna lo stava masturbando e sul volto era evidente il piacere che stava provando, dato dall’avere quel membro duro in mano e dal trattamento che stava ricevendo il suo seno. Dolcemente lui scivolò via dalla mano calda e profumata, si inginocchiò e si mise a giocare con la lingua sul petto della donna. Bagnò ogni centimetro della soda rotondità con la saliva prima di arrivare al capezzolo che spingeva con prepotenza in fuori. La lingua morbida e bagnata ci passò sopra, soffiò sopra per vederlo indurire ancora di più poi lo strinse con le labbra e tirò. L’autobus ebbe un leggero sbandamento, la ragazza fece un sospiro profondo, lui capì che le piaceva e decise di spingersi oltre. Lo succhiò forte schiacciandolo con la lingua contro il palato, i sospiri aumentarono. Con una mano scese tra le gambe della donna, i pantaloni stretti e la posizione seduta non permettevano di fare molto, ma il solo contatto attraverso il tessuto lo fece eccitare tantissimo e fece capitolare lei. Accostò a una piazzola lungo la strada, non riusciva più a guidare. Spengere il motore e fare affondare il pene in gola fu tutt’uno. Lui non trattenne un gemito di piacere dato dal gesto repentino e inaspettato, ma soprattutto dal sentirsi ingoiato completamente. Era brava, accidenti se era brava con quelle labbra carnose, la lingua che passava sul glande morbida e calda per diventare dura e curiosa quando arrivava al frenulo. E poi di nuovo lo ingoiava fino a fargli sentire il fondo della gola. Lo stava facendo godere tantissimo, stava diventando sempre più duro e gonfio. Stava per chiederle di rallentare perché sennò lo avrebbe fatto godere quando lei lentamente lo fece scivolare fuori dalle labbra. Si alzò in piedi facendo strusciare sul corpo dell’uomo i seni ormai scoperti entrambi, i testicoli massaggiati delicatamente, sfiorando con la punta delle dita l’orifizio anale. Un vortice di sensazioni lo stavano travolgendo. Quando la ebbe in piedi di fronte le slacciò i pantaloni della divisa e si intrufolò con entrambe le mani. Una afferrò il Monte di Venere con veemenza, allungò le dita alla ricerca del clitoride e trovato lo strinsero e schiacciarono, le gambe della donna iniziarono a tremare. L’altra scivolò dolcemente sulla sinuosità del sedere, accarezzando il culo sodo e perfetto. Sembravano le mani di due persone tanto era diverso il tocco, uno delicato e mite mentre l’altro ardito e impetuoso. Quando sentì la mano di lei scendere lungo il solco del fondoschiena e farsi spazio tra le natiche, raggiungerne il pertugio e iniziare a massaggiarlo, avvertì il pene farsi duro come il marmo e voglioso di riempirla. Godette del massaggio anale finché non ebbe la sensazione di scoppiare, la fece girare e appoggiare al vetro della cabina di guida, le abbassò i pantaloni quasi con violenza, mentre risaliva si fermò all’altezza del bacino allargando le mele e affondando la faccia nel solco. La lingua scivolò dal sedere alla vulva, la penetrò e assaporò gli umori dolci e saporiti. Risalì verso il didietro e si dedicò all’ingresso delicato del lato B. Ogni passaggio della lingua strappava nuovi gemiti alla ragazza. Continuò così finché si sentì inondare la bocca dagli umori dell’orgasmo della donna, a quel punto non riuscì a trattenersi oltre e la penetrò con un cazzo duro e gonfio, voglioso di quella carne calda e eccitata. La abbracciò da dietro e affondò nella donna tutto il suo vigore, la sentiva sussultare e gemere sempre più forte. E più forte si facevano i mugolii più importanti erano gli affondi dell’uomo, finché la sentì irrigidirsi, i muscoli della vagina contrarsi e pulsare forte stringendolo come a volerlo massaggiare. L’orgasmo della donna fu violento e travolgente, bagnato, talmente bagnato che lui sentì gli umori schizzare mentre le affondava dentro scopandola sempre più forte. Stava per venire anche lui, la avvisò come gli aveva chiesto. La vide spostarsi in avanti per farlo uscire, lo afferrò per il pene e si girò, lo fece scivolare tra le labbra socchiuse che subito succhiarono con maestria crescente, sempre più velocemente. Quando la ragazza sentì la cappella farsi dura e calda aprì le labbra tirò fuori la lingua offrendo all’uomo lo spettacolo del proprio seme che le schizzava dritto su labbra e lingua. Dovette reggersi mentre stava venendo tanto fu travolgente, rimase stordito dall’orgasmo mentre lei gli prolungava il piacere leccando via lo sperma dal membro che continuava a mostrarsi vigoroso e importante. Aprì gli occhi quando sentì la voce della ragazza che dolcemente gli sussurrava che erano arrivati al capolinea e doveva scendere. Il risveglio fu tanto dolce quanto deludente scoprendo che tutto era stato un sogno, tutto tranne l’erezione che gli faceva male perché imprigionata nella gabbia di tessuto dei suoi boxer.
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