La consegna del cazzo
Le stava succhiando i capezzoli mentre la penetrava con vigore, ad ogni colpo il suo corpo sussultava e lei gemeva di piacere. Aveva la schiena muscolosa costellata dalle piccole mezzelune lasciate dalle unghie di lei, ad ogni affondo un nuovo segno, finché le dita non strinsero la sua pelle, come faceva quando l’orgasmo si avvicinava.
Drrrriiiiiiiiiinnnn
Chiara saltò sul letto al suono della sveglia, era solo un sogno. Un bellissimo sogno, sembrava vero… Ma sempre un sogno. Era ancora presto per alzarsi quel giorno, così iniziò a fantasticare tornando con la mente a ciò che la sveglia aveva interrotto. Chiuse gli occhi e si concentrò, rivide quel ragazzo, le tornò in mente il volto che aveva immaginato nel sonno, era il tipo delle consegne che vedeva ogni giorno in ufficio. Non gli aveva mai prestato troppa attenzione, ma inaspettatamente il suo cervello lo aveva ben impresso nella mente.
Ripensava al sogno e la mano scivolò lentamente sulla pelle accarezzandola. Sfiorò la pancia, con la punta delle dita girò intorno all’ombelico, poi salì seguendo la curva del seno. Con le mani aperte afferrò il petto, lo strinse come faceva il suo amante, come piaceva a lei. Poi strinse le dita, i capezzoli rimasero imprigionati. Le fece scivolare finché i polpastrelli non poterono stingerli, accarezzarli, pizzicarli con delicatezza. Intanto vedeva il volto eccitato del fattorino, così sexy con la divisa delle consegne, così eccitante nudo come era nel sogno. Con l’altra mano prese a carezzare la pancia sotto all’ombelico, poi l’inguine. Erano carezze passionali, come le faceva quando accarezzava il suo amante e nei punti in cui lei adorava toccare ed essere toccata. Mentre la mano si muoveva, sfiorava il pube, le grandi labbra che iniziavano a gonfiarsi per il piacere. Divaricò leggermente le gambe e la mano scivolò sugli slip, giù giù fino a poter stringere il proprio sesso. Sospirò, dette un’occhiata veloce all’orologio, era ancora presto.
Le dita strinsero il capezzolo. L’altra mano si intrufolò sotto lo slip di cotone morbido, scorse sulla peluria del monte di Venere, scese ancora fino a sentire il calore del proprio sesso. Con il polpastrello iniziò a massaggiare le piccole labbra allargandole, vi si introdusse e si trovò immersa nei propri umori. Si fermò un attimo, un altro sguardo all’orologio, poi spinse dolcemente il dito penetrandosi. Le piaceva masturbarsi con calma, ascoltando la risposta del suo corpo ai giochi che dedicava a se stessa. Ogni volta prendeva maggiore coscienza del proprio piacere. Lo fece uscire e scivolare sul clitoride, le dita che lo stuzzicavano diventarono due. Il movimento si fece più veloce e insistente, il piacere saliva piano piano. Con la mente rivedeva il fattorino nudo e sudato, come nel sogno, mentre la penetrava con forza. Le dita entrarono nel suo sesso, allargò di più le gambe e iniziò a scoparsi, col palmo sfregava sul clitoride, i sospiri da lievi diventarono più forti. La mano lavorava senza sosta, era sempre più bagnata, gli occhi chiusi e il fattorino impresso nella mente, l’altra mano strinse il seno mentre i gemiti salivano di volume, il suo corpo si tese, la schiena si inarcò, il respiro affannato e il cuore che batteva all’impazzata, un urlo controllato le sfuggì mentre raggiungeva l’orgasmo.
Rimase immobile, le dita ancora dentro di sé. Rimase immobile finché non riprese il controllo del suo respiro, finché i battiti non si fecero più lenti. Le dita erano bagnate, piene degli umori dell’orgasmo appena passato. Le leccò lentamente, prima una, dopo l’altra, poi insieme. Un ultimo pensiero all’orologio, vide che era l’ora di alzarsi per non arrivare tardi a lavoro.
Durante il tragitto in metropolitana di solito leggeva, le piaceva comprare edizioni super economiche o libri di seconda mano per lasciarli sui vagoni una volta finiti di leggere. Quel giorno aveva il libro in mano, mancavano poche pagine alla fine, ma non andò oltre le prime due o tre righe, le tornarono in mente il sogno di quel mattino e quel momento intimo di autoerotismo che si era regalata. Non si spiegava come le fosse rimasto così impresso quel ragazzo se non lo aveva mai degnato di più di uno sguardo veloce. Solo una volta si era trovata faccia a faccia con lui, all’ascensore, lei entrava e lui usciva. Mentre rifletteva su questa cosa arrivò la sua fermata, poi la strada per l’ufficio, l’ascensore, i saluti d’ordinanza e la sua scrivania. Si muoveva in maniera automatica, ogni giorno la stessa strada, le stesse persone, routine. Ma quel giorno erano diversi i pensieri. Non riusciva a togliersi quel ragazzo dalla testa. Chiese distrattamente se le consegne fossero state già fatte, la risposta negativa fu come un secondo risveglio. Voleva vedere il fattorino per scoprire se davvero fosse lui quello che aveva sognato, era curiosa di scoprirlo.
Per tutta la mattina fu distratta dalla porta che si apriva, combinò poco a lavoro e continuò a rimuginare sulla sua fantasia notturna. Arrivò l’ora di pranzo con una velocità inaudita e portò con sé la delusione di Chiara che sperava di soddisfare la propria curiosità. Mentre i colleghi si avviavano alla mensa, lei si trattenne un minuto per finire il lavoro che stava facendo. Sentiva la porta che si apriva e si chiudeva ma non vi dava più attenzione poiché erano gli altri che uscivano. Salvò il lavoro e controllò che fosse tutto ok prima di chiudere il file, mentre sbrigava questa veloce faccenda sentì “ehm” alle sue spalle. Si voltò e vide lui, il fattorino che stava aspettando da tutta la mattina.
Era lì, davanti al carrello delle cose da spedire e con il carrello di quelle da consegnare, la stava guardando con un blocchetto in mano e lo sguardo interrogativo. Lei lo osservava con attenzione, lo squadrò da capo a piedi, studiò il suo volto. Cavoli, era ancora più bello che in sogno. Lui continuò a guardarla con aria interrogativa, poi alzò il blocchetto:
“Vedo che sei rimasta solo tu, puoi firmare la consegna e il ritiro? Altrimenti dovrò tornare più tardi”.
“Ah, certo, scusa. Non so come funziona, non mi sono mai occupata delle consegne” rispose Chiara andandogli incontro.
“Purtroppo” commentò lui sottovoce, ma non troppo per farsi sentire.
Quel commento accese una miccia in Chiara, le tornò l’eccitazione della mattina, lo guardò fisso negli occhi mentre si avvicinava e sbottonò un po’ la camicia mettendo in vista il seno prosperoso, sul quale cadde lo sguardo del ragazzo. Quando furono vicini lui le spiegò che cosa doveva compilare e dove firmare, Chiara si appoggiò alla scrivania lì di fianco per scrivere e il ragazzo poté vedere il suo splendido seno che il reggiseno faticava a contenere. Voleva provocarlo, aveva deciso che voleva sedurlo. Gli consegnò la cartellina, lo salutò e lasciò che uscisse. Attese alcuni minuti e poi si diresse verso l’atrio, sentì l’ascensore che stava salendo ma non lo aveva chiamato lei. Si appoggiò alla porta dell’archivio, di fronte a quelle degli ascensori. Come sentì le porte iniziare ad aprirsi, aprì anche lei la sua. Dette uno sguardo sopra la spalla per assicurarsi che fosse lui, lo vide nella sua divisa da lavoro, lasciò che la porta si richiudesse lentamente alle sue spalle. La mano del ragazzo la bloccò, entrò anche lui e chiuse la porta. Lei era appoggiata allo scaffale di fronte. Gli fece cenno di chiudere a chiave e poi di raggiungerla.
Quando le fu davanti lo attirò a sé per la giacca e lo baciò. Mentre le loro lingue si incontravano, le mani di lui aprirono la camicia intrufolandosi nel reggiseno, palpando e strizzando i seni morbidi e caldi, poi si impossessò dei capezzoli. Li strinse tra pollice e indice, poi portò le sue labbra sui seni. Li leccò, li baciò, li morse, si impossessò di quei bottoni duri e ritti, che chiedevano attenzione. Nel frattempo con le mani salì lungo le cosce, sotto alla gonna a tubino così professionale, seria, sexy.
Le afferrò il sedere, lo strinse e portò il bacino della ragazza contro il proprio, le fece sentire il proprio sesso che stava crescendo velocemente. Chiara non perse tempo, sbottonò i pantaloni al ragazzo e insinuò la mano negli slip, afferrò quel membro che ancora aveva voglia di prendere vigore e lo strinse forte, iniziò a masturbarlo e tastargli i testicoli con l’altra mano. Aveva una voglia incredibile di assaggiarlo, ma non fece in tempo a realizzare il suo desiderio perché lui si abbassò di fronte a lei. La gonna ormai alzata completamente lasciava il suo intimo scoperto, lui le sfilò lo slip e le aprì le gambe. Chiara sospirò forte quando sentì la lingua calda, morbida e piena di saliva che la stava leccando dall’ingresso della vagina fino al clitoride, aprendosi la strada tra le labbra. Poi prese in bocca quel frutto gustoso e cominciò a suggerlo, a leccarlo, a baciarlo.La penetrò con le dita, fu accompagnato da un sospiro profondo.Le stava mangiando il sesso e la stava scopando con le dita, i suoi umori copiosi lo stavano dissetando.Chiara non resistette più alla voglia di essere scopata.Lo obbligò ad alzarsi, lo baciò e poi gli intimò di fotterla.Preso dalla foga di possederla la penetrò in piedi, appoggiati al muro.
Iniziò a sbatterla con ardore. Erano così eccitati che entrambi erano già vicinissimi all’orgasmo, lei sentiva il cazzo di lui entrarle tutto dentro e diventare sempre più duro ad ogni affondo. Lui sentiva gli umori di lei bagnarlo.
Chiara stava per venire, affondò le unghie nella schiena del ragazzo, gli chiese di non fermarsi e di farla godere ancora di più, lui non aveva intenzione di fermarsi e le unghie nella pelle lo fecero eccitare ancora di più.I loro gemiti si mescolavano, il sudore, la saliva. L’odore di sesso aveva saturato l’aria.“Sì, vengo” le sfuggì a tutta voce, poi si morse le labbra per non urlare ancora.I colpi si fecero più energici e profondi, anche lui stava per venire, quando sentì lei che si irrigidiva e spingeva ancora di più le unghie nella carne si lasciò andare in un’eiaculazione potente, le schizzò dentro una, due, tre volte, poi rallentò continuando a spremere il suo seme nel ventre della ragazza.
Rimase ancora un po’ dentro lei, poi scivolò fuori lentamente e sentì i loro umori seguirlo. Li raccolse con le dita accarezzandole il sesso, lo offrì a lei con un dito, poi ne gustò il sapore lui, infine si baciarono.
Mentre si rivestivano le disse che aveva visto per caso il biglietto che gli aveva lasciato sul blocco con l’invito a scoparla, appena un attimo prima che lo ritirasse il suo collega.Si presentarono e si scambiarono i numeri di telefono, così avrebbero potuto darsi appuntamento nell’archivio senza rischiare che lo scoprissero altri.
Quando le porte dell’ascensore si chiusero per portarlo al magazzino, Chiara era di nuovo alla sua scrivania. Stava mangiando un tramezzino preso alla macchinetta quando i suoi colleghi rientrarono dal pranzo, si lamentò che un lavoro praticamente finito le aveva rubato tutta la pausa e riprese a lavorare.
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