Lorenza si fa puttana di notte
Da quando vivo da solo ho preso l’abitudine di stare a casa da solo vestito da donna, con tanto di tacchi e trucco. Peccato che, un giorno, mi sia dimenticato che nel pomeriggio sarebbe venuto l’addetto alla manutenzione della caldaia. Mi trovai costretto ad accoglierlo abbigliato da cameriera sexy.
Lui, un quarantacinquenne molto muscoloso, fu decisamente discreto. Finito il suo lavoro, mi allungò un luccicante biglietto dicendomi:
“Scusa, ma sono di fretta, venerdì sera mi trovi in questo locale notturno. Vieni anche tu, chedi di me all’ingresso e ti faranno entrare subito”.“Non macherò”, risposi con allegria.“Fatti bella – disse strizzando l’occhio – è un posto dove ci si diverte”.“A proposito, io sono Lorenza”.“Io Paolo”.
Venerdì sera ero pronto: autoreggenti nere, vestitino aderente leopardato, proprio come i tacchi plateau, intimo sexy e trucco. Assomigliavo a una puttana e così mi sentivo. Arrivai al locale notturno in autobus.
Il nome “Paolo” mi schiuse le porte argentate del locale. Uno spazio kitsch, immerso nella penombra, ma frequentato da notevoli esemplari di maschioni maturi, intenti a rimorchiare donne o travestiti, che abbondavano, per una notte di sesso e perversione. Paolo mi venne incontro, estasiato, mi presentò un suo conoscente e mi invitò a bere qualcosa al bancone. Ero fortemente attratta da quell’uomo. Finito il secondo cocktail, mi avvinghiai a lui, che mi infilò una mano tra le cosce. Poi, mi propose di andare al piano di sopra, dove si trovavano alcune camere a ore. Accettai.
La stanza era tinteggiata di rosso vivo e illuminata da una luce fioca. Lo spogliai lentamente, levandogli gli slip con i denti. Dopo una lieve spompinata, mi fece mettere a novanta. Appena cosparsomi il buchetto con l’olio lubrificante, cominciò a penetrarmi senza preservativo. Il suo cazzo, di lunghezza normale, ma inverosimilmente spesso, mi dilatava il retto in un modo mai provato prima, facendomi tremare la gambe. Mi sbatteva forte, sentivo il mio ano cedere sotto la pressione dei suoi colpi. Chiusi gli occhi e strinsi le lenzuola.
Al culmine del piacere, quando ormai ero prossimo alla seconda eiaculazione, vidi che altri due uomini stavano ora davanti a me, sul letto, senza vestiti. Per buona parte della scopata avevo tenuto gli occhi chiusi e non mi ero reso conto di quella repentina intrusione.
Uno dei due, panciuto e pingue, m’infilò il cazzo in bocca, dicendo “succhia, troia”; mentre il secondo mi tirò una mano e se la portò al pene, che iniziai a segare. Avevo tre uomini tutti per me. Non potevo chiedere di meglio.
Paolo si stancò di fottermi il culo e lascio spazio all’uomo pingue, che prese a incularmi sudando e ansimando, mentre l’altro sconosciuto continuava a menarsi l’uccello usando la mia mano. Il panciuto, con le sue mani sudate, mi afferrò i capelli, e iniziò a sbattermi la faccia sul cuscino e a darmi schiaffoni sul culo. Ansimava come un animale in calore. Poi, mi venne dentro.
Dopo averlo tirato fuori dal mio retto spampanato, con forza mi sfilò una calza e me la mise sul volto, come una maschera; nel frattempo l’altro sconosciuto, anch’esso muscoloso, mi fece sedere sopra il suo cazzo. Avevo il volto rivolto verso Paolo e l’amico che subito iniziarono a prendermi a schiaffi sul viso. La minchia dell’uomo muscoloso affondava nel mio retto slabbrato come una lama nel burro. Paolo, intanto, strappò l’autoreggente che avevo in testa all’altezza della bocca, si mise in piedi sul letto, e mi conficcò il cazzo in gola.
Il palestrato senza nome, soffocando un urlo animalesco, mi sborrò nel culo e, subito dopo, mi buttò giù dal letto. Mi ritrovai ai piedi di tre uomini, come sul set di un film porno, come avevo sempre sognato, che si masturbavano a pochi centimetri dal mio viso. Il panciuto lacerò, definitivamente, la calza che avevo sul volto e, uno dopo l’altro, mi schizzarono la faccia di sperma. Non paghi, mi sputarono in faccia, ripetutamente. Si misero a bere dello champagne da una bottiglia e mi sputarono addosso anche quello, chiamandomi “puttana” e dicendo frasi come: “ma lo sa tuo papà che ti fai scopare?” e “sei pattumiera per la sborra”.
Poi, uscirono. Avevo gli occhi chiusi da un impasto di fondotinta, saliva e seme maschile. Mi pulii la faccia con il lenzuolo del letto, macchiandolo. Ero eccitata come non mai. Paolo rientrò dicendo: “Sei stata brava, ti riporto a casa”.
Salii le scale coi tacchi in mano, per non fare rumore, fino al mio appartamento. Entrai. Mi guardai allo specchio del bagno. Vidi una battona da strada sfatta, senza una calza, con il volto ricoperto di trucco sbavato, fradicia di umori maschili. Ero contento. Amavo la mia doppia vita: bravo ragazzo di giorno e ignobile bagascia di notte.
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