Pompino di montagna
Quando ero piccolo venivo qua su con mio nonno, venivamo a trovare Marione il suo amico, un incrocio tra un orso e un eremita, si era trasferito qua su per sfuggire al mondo che cambiava anche se in paese dicevano per sfuggire ai debitori.
Questa baita era una catapecchia e con il sudore e la fatica l’aveva trasformata nella sua casetta, con nonno venivamo a dargli una mano nei lavori più duri dove non riusciva a fare da solo, altre volte invece semplicemente venivamo quando a casa tirava una brutta aria e nonno scappava qua su da Marione.
Poi il tempo gli impegni, la malattia del nonno e Marione non l’ho più rivisto.
Ma quando Marione morì, mi stupii che avesse voluto lasciare questo posto proprio a me, aveva diversi nipoti eppure l’ha lasciato a me, forse perché aveva visto l’amore che provavo per questo luogo.
La strada sterrata è stata allungata fino alla baita poco più sotto, baita che è stata trasformata in una casa con tutti i crismi, poi però bisogna inerpicarsi per il vecchio sentiero nel bosco per un altro chilometro abbondante, ma ne vale la pena.
La vecchia baita da su una valletta verde tra le montagne più alte, il bosco fitto è poco più sopra.
È cresciuta l’erba e il tempo l’ha un po’ segnata ma è esattamente come me la ricordavo, con le chiavi apro la porta, dentro è tutto come allora, il caminetto, la stufa economica, il tavolo, gli sgabelli, la sua vecchia poltrona e la libreria è tutto al suo posto, apro le finestre faccio entrare la luce, oltre la porticina c’è un altro ambiente che teneva come ripostiglio, nell’aprirlo scoppio a ridere l’ha trasformato in un bagnetto, alla fine aveva ceduto, lui l’irriducibile del “dobbiamo concimare i campi!” .
Le scale scricchiolano sotto il mio peso ma reggono ancora bene, il sotto tetto con il suo letto e i bauli in cui teneva vestiti e coperte, è tutto uguale, tutto rimasto come allora.
Scaccio una lacrimuccia e mi metto a controllare la situazione.
L’acqua arriva, certo gelida dalla sorgente poco più su.
L’elettricità…miracolo il vecchio generatore ha un filo di benzina e funziona ancora, non ci avrei mai scommesso.
Porte e finestre si aprono più o meno tutte, qualcuna sarà da sistemare ma nel complesso direi che va bene.
Anche il tetto sembra a posto.
La guardo bene è strano, è tutto in ordine tutto a posto, come se prima di andarsene Marione l’avesse sistemata…
Prendo la falce e pulisco attorno alla casetta, è un movimento che ritrovo subito, ipnotico, rilassante.
Ho voglia di fare fatica, prendo l’ascia e i tronchetti ancora da rompere e mi metto al lavoro.
Mi scaldo, mi sfogo su quei pezzi di legno, pensando al nonno a Marione, mi spoglio e continuo a colpire con l’ascia proprio come mi hanno insegnato loro, non so quanto vado avanti ma mi fermo solo quando sento dei passi lungo il sentiero.
Strano, non viene mai nessuno da questa parte, il sentiero muore alla mia baita, non si va da nessuna parte passando da qua.
Compare dalla curva un uomo più o meno della mia età, bermuda e polo firmata, barba curata ed occhiali con la montatura spessa, troppo elegante, troppo alla moda per questo posto.
“Ciao, scusa se ti disturbo, sono il proprietario della baita qua sotto, stai facendo i lavori per i nuovi proprietari?”
“In realtà sono il nuovo proprietario”
“Ah scusa non sapevo, ho visto il furgone giù di una impresa…”
“Sono un muratore, Marione ha lasciato a me questo posto”
“Piacere di conoscerti allora, io sono un informatico, ho trasformato la mia baita in una casa con tutti i confort, per poter lavorare lontano da tutto e tutti, se ti serve qualcosa…”
“Grazie, ma qui ho tutto quello che mi serve, non ho nessuna intenzione di snaturare questo posto”
“Certo…” si sistema gli occhiali, mi guarda in maniera strana, come se fossi un animale raro.
Mi guardo, sono a torso nudo, lucido di sudore, i calzoni senza la cintura scesi al limite della decenza…
Tendo un po’ i muscoli mi metto un po’ in mostra, ha un sussulto, si sistema nuovamente gli occhiali.
“Ok non ti disturbo oltre, per qualsiasi cosa sai dove trovarmi” mi lancia un ultimo sguardo poi si incammina lungo il sentiero da cui era comparso, prima di sparire dal mio sguardo si volta un’ultima volta a guardarmi.
Che strana persona, così fuori luogo in questo posto, eppure non mi ha infastidito la sua presenza, piuttosto direi che mi ha incuriosito, si è questa la parola giusta.
Nei giorni seguenti incontro spesso il mio strano vicino, sempre vestito in modo inappropriato, come quando raccoglieva funghi con la polo bianca o quando si aggirava per il bosco con la macchina fotografica e una camicia azzurra di lino, sempre perfettamente sbarbato, pettinato, profumato.
Ogni volta mi sento osservato, ogni volta che lo vedo mi scruta, ma anche quando sono da solo è come se qualcuno mi osservasse, mi sento costantemente osservato.
Per fare i lavori attorno alla casa sto spesso con dei semplici calzoncini della tuta senza nulla sotto, mi piace questa libertà, mi piace sentire l’aria che si infila nei calzoncini e mi rinfresca le palle.
Trovo anche un vecchio sdraio e nel tempo libero mi stendo al sole a riposarmi, tranquillo nella mia solitudine, anche se quella sensazione di non essere solo non mi abbandona mai.
Come adesso, sono steso a godermi i raggi di sole sulla pelle sudata, s’è una leggera brezza che mi accarezza, che si infila nei calzoncini, che mi solletica i peli, lentamente sento arrivare un certo languorino, una voglia, ho gli occhi chiusi, immagino che la mano che sta accarezzando il mio corpo muscoloso sia di qualcun altro e non la mia, immagino che non sia la mai mano ad infilarsi sotto l’elastico stanco di questi pantaloncini, immagino sia qualcun altro ad accarezzarmi le palle per poi stringere con forza il mio uccello duro e gonfio.
Mi sento osservato mentre inizio a segarmi lentamente, la cosa non mi disturba anzi mi dà una certa eccitazione in più.
Mi guardo attorno, non vedo assolutamente nessuno, sarà solo una mia fantasia.
Mi alzo e mi sfilo i calzoncini, ora sono completamente nudo, tendo i muscoli, tutti poi mi giro attorno, se c’è qualcuno nascosto mi avrà visto bene.
Mi ristendo, uso i calzoncini per coprire il viso dal sole e mi godo i suoi raggi su tutta la pelle.
Ma non resisto molto sono eccitato oltre misura, rincomincio a segarmi, mentre l’altra mano percorre il mio corpo carica di desiderio, i pettorali gonfi, gli addominali scolpiti, le cosce dure, le chiappe tonde, mi sto eccitando sempre di più.
Sento un rumore poco distante, non fermo la mia sega, chiunque sia nascosto a spiarmi ora si sta godendo un bello spettacolo.
Sento dei passi incerti avvicinarsi a me, li sento lievi nell’erba, si fermano ad un metro, un metro e mezzo da me, mi sporgo da quella parte per mostrarmi meglio, sento un sospiro.
Mi strappo dagli occhi i calzoncini e li guardo diritto negli occhi, come sospettavo è il mio strano vicino, fa un salto indietro, ma vedendo che non smetto di segarmi piano piano si riavvicina.
È ipnotizzato dal movimento della mia mano, ha gli occhi enormi fissi sul mio uccello, mentre si avvicina lentamente.
Arriva ad inginocchiarsi affianco allo sdraio, affianco a me, la mia mano si agita sempre più forte puntando l’uccello verso di lui.
“Ti piace!?”
“Sì”
“Lo vuoi!?”
“Sì”
Improvvisamente la mia mano si blocca e lascia libero il mio uccello.
Mi ricopro il viso con i calzoncini e mi stendo in attesa, gambe divaricate e braccia sopra la testa, esposto a disposizione.
Non mi interessa vedere di chi sono le mani che mi accarezzano i muscoli, non mi interessa vedere la mano che so essere attratta dal mio uccello, voglio solo godere.
Sono delicate e titubanti le dita che mi accarezzano, come se avessero paura, sono curiose di esplorare il mio corpo, passano sopra le linee dei miei muscoli che guizzano al passaggio.
Quando mi sfiorano l’interno coscia mi viene naturale allargarle, facilitargli il passaggio, espormi ancora di più a quelle mani così delicate.
Mani che si avvicinano sempre di più alle mie palle, mi rendo conto che sto aspettando questo contatto da troppo tempo, mi muovo per andargli incontro per incitarlo.
Quando finalmente arriva alle mie palle, al mio uccello, faccio un sospirone, non mi ero accorto di trattenere il fiato nell’attesa di questo momento.
Nessuno mi aveva mai fatto una sega del genere, delicata ed incredibilmente erotica.
Improvvisamente mi sento pungere su una coscia e subito dopo una lingua che mi solletica una palla, mi sta segando mentre mi lecca, mi ciuccia una palla gonfia di desiderio, allargo ancora di più le gambe, sono spalancato davanti a lui.
La sua lingua esplora le mie palle in ogni più piccola piega, ogni tanto scende un po’ più giù, come per saggiare il terreno, con le mani mi prendo le chiappe e le allargo, voglio quella lingua ovunque.
Non si lascia sfuggire l’occasione sento la sua lingua intrufolarsi nel mio culo mentre continua la sua sega con ritmo, mi sta facendo impazzire.
Sento che assieme alla lingua è arrivato un ditino, lo sento affondare dentro di me. “Cazzo! Mi stai facendo impazzire!”
La lingua lascia il posto ad un altro dito, ho due dita nel culo mentre sento risalire la sua lingua fino a percorrere tutto il mio uccello fino alla mia cappella gonfia.
Mi avvolge la cappella e lentamente scende giù, affondo nella sua bocca mentre le due dita continuano a stantufarmi il culo con dolcezza ma determinazione.
Perfettamente coordinato, dita e bocca, tutto fuori, tutto dentro, mentre con l’altra mano mi strizza le palle con forza.
Non resisto più, urlo fortissimo mentre parte il primo schizzo nella sua gola, poi mi agito mi contorco non riesco a stare fermo mentre lui mi costringe a scaricarmi dentro di lui, tenendomi fermo con le dita nel culo ben piantate, stringendomi le palle fortissimo, sto godendo come mai mi era successo.
Piano piano l’onda di piacere cala, lui lentamente mi lascia libero.
Non so quanto resto immobile, nudo, nel silenzio di questa natura che mi circonda, quando mi alzo sono da solo, vado verso la baita per darmi una lavata, mi rendo conto di aver lasciato i calzoncini sullo sdraio, alzo le spalle ed entro nella baita.
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