La sfida 2

A lavoro Alessio è assolutamente professionale, preciso e rispettoso dei nostri ruoli. Sembra quasi distaccato, come se le nostre sfide sono solo una cornice alla sua vita, e forse è così. Forse per lui è solo un gioco, mentre io inizio a sentirne il beneficio. Sento il fermento e l’impazienza di scoprire quella che sarà la prossima sfida e devo resistere a fare la prima mossa e chiedere direttamente a lui che cosa devo fare.
È passata una settimana e delle mie mutandine nessuna traccia. Come le altre volte, tra una sfida e l’altra, fa finta di nulla. Siamo solo due persone che lavorano insieme, anche se l’ultima volta ho provato qualcosa che mi ha spaventato: gelosia. Ero gelosa della brunetta che stava avendo le attenzioni del mio assistente e questa emozione è molto pericolosa. Il nostro è un gioco in cui i sentimenti dovrebbero stare fuori. Io ho una famiglia, un marito, una figlia e un figlio e non posso permettermi di mandare tutto all’aria.
Sono confusa e sono convinta di dover fare chiarezza nella mia vita. Voglio capire cosa fare e dovrei farlo senza le sue continue tentazioni. Dovrei smettere con le sue sfide, ma sento che il mio corpo e la mia testa ne hanno bisogno.
Sono le 19 di venerdì e l’ufficio sta per chiudere. Siamo rimasti in pochi, tra cui c’è anche lui.
«Alessio, lunedì pomeriggio ricordati che abbiamo un colloquio io e te.».
«Sì, capo. Ho ricevuto la mail con l’avviso. E a proposito di lunedì… oramai abbiamo le nostre sfide da un mesetto, mi sembra giusto che la prossima sia speciale. Voglio che tu mi dica cosa desideri. Pensaci. Hai tutto il weekend. A lunedì, capo.».
Torno a casa più confusa che mai.
“Cosa desidero?”, la domanda mi echeggia nella testa, diventando quasi un’ossessione.
Passo tutto il sabato con la mia famiglia. Andiamo in un agriturismo fuori porta, mangiamo lì e nel pomeriggio i bambini fanno un giro sui pony. Una giornata stupenda che mi fa capire quanto i miei figli siano la priorità assoluta nella mia vita. È questa è la prima vera certezza che ho.
Ma questa era una certezza già in precedenza, il vero nodo da sciogliere è il rapporto con mio marito. Non ricordo più nemmeno l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore. Viviamo per i figli, ma tra di noi qualcosa non va. La riprova la ho di nuovo quella sera quando, messi a letto i nostri figli, mi avvicino a lui con fare da gatta – questo mio modo di fare lo eccitava parecchio. Inizio a baciargli il collo e poi mi dirigo verso la bocca. Ricambia il bacio, ma con un distacco che mi ferisce. Le mie mani scendono sul suo petto e si dirigono verso il suo sesso, ma lui mi ferma.
Si nega attingendo alle solite scuse. Litighiamo. Una volta ancora ho la convinzione che tra noi si sia rotto qualcosa e questo mi chiarisce molto le idee.
Non voglio buttare via nulla, ma rispettando il benessere dei miei figli, ho diritto a soddisfare le mie necessità.
Il colloqui di lunedì è sorprendentemente normale. Parliamo di lavoro, della sua posizione di mio assistente e della pubblicazione del suo manoscritto rielaborato.
Nessuno dei due tira fuori la “questione desiderio” ed io ho un po’ paura a farlo.
Credo che la percepisca e un po’ la rispetti, oppure è solo stronzo e vuole che sia io a fare il primo passo. Dopotutto ha ancora le mie mutandine dalla sera del locale e nessuna sfida mi è ancora stata lanciata. Il colloquio finisce e lui sta per uscire dalla porta.
«Alessio!».
Si ferma e mi guarda.
«Ecco, mi avevi chiesto una cosa venerdì. Non ti interessa la risposta?».
Non risponde. Continuo comunque a parlare.
Per l’occasione indosso una camicetta bianca, una gonna nera e delle autoreggenti. Lui non lo sa, ma da quando mi ha tolto le mutandine, sono sempre venuta a lavoro senza. Mi siedo sulla scrivanie e accavallo le gambe con fare seducente.
«La mia priorità assoluta sono i miei figli e questo devi sempre averlo in mente. Non farò nulla che distruggerà il mio rapporto con loro e che tolga loro la priorità assoluta. Però… voglio essere felice. Voglio sentirmi appagata, desiderata. Voglio godere. Io desidero affidarmi a te per questo. Rispetta i miei figli e le loro necessità e accetterò qualsiasi sfida. Ne ho bisogno. Ho bisogno di te.».
Alessio chiude a chiave la porta dell’ufficio.
«Vuoi me?» mi chiede.
Io non rispondo. Apro solo le gambe e mostro la mia patatina esposta sulla scrivania. Il pelo leggermente arruffato e la gonna che è salita fino alla vita.
Sorrido.
Lui si avvicina e si ferma a pochi centimetri dalla mia bocca.
«Vuoi me?».
«Ti voglio!».
Iniziamo a baciarci. Le nostre lingue si attorcigliano e si incontrano in una danza umida. Mi mordicchia le labbra e intanto la sua mano si poggia sul mio sesso umido. Mi piacerebbe rimanere così per sempre, ma siamo in ufficio e non abbiamo molto tempo.
Porto la mia mano sul suo pacco. È duro. Mentre accarezzo il suo membro da sopra i pantaloni, le sue dita si fanno strada tra le mie grandi labbra ed entrano in me. Dio, se è piacevole!
Sbottono i suoi pantaloni e libero quell’uccello in gabbia.
Le sue dita vengono sostituite dal suo sesso. Mi penetra lentamente ed è fantastico sentire qualcosa di vivo dentro di me. Sono mesi che non entra nessuno ed è una sensazione che mi è mancata tantissimo.
Bussano alla porta.
«Capo, ti aspettano nella sala riunioni tra 10 minuti!».
Cerco di non sembrare affannata.
«Va bene, 5 minuti e arrivo».
Guardo Alessio.
«Hai cinque minuti per finire!».
Lui sorride e inizia una vera a propria monta. So che non è molto romantico da dire, ma è così. Mi mette a 90 appoggiata alla scrivania e inizia penetrarmi molto velocemente e con vigore. Il mio respiro viene continuamente rotto dagli affondi del mio amante.
Dopo poco tempo vengo. Ho un bellissimo orgasmo, che viene coronato dagli schizzi impetuosi del suo sesso che si fanno strada dentro il mio tempio del piacere.
Mi alzo e lo bacio con passione. Poi mi inginocchio e pulisco il suo pene con la mia lingua. L’ho visto fare in un porno e da un sacco ti tempo volevo provarlo.
«Sistemiamoci che devo andare!».
Lui si tira sù i pantaloni e dalla tasca prende le mie mutandine di quella sera. Me le mette.
«Non vorrai lasciare tracce in giro?».
Sorrido.
«Dovrò prendere qualcos’altro per la prossima sfida.».
Mi guardo addosso. Mi tolgo la fede nuziale e gliela affido.
«Non ti sembra eccessivo?».
«Mio marito non se ne accorgerà nemmeno! Questo ti dice quanto tu sia importante per me. Non perderla!».
La mette subito al sicuro. Mi bacia. E se ne va.
Dopo un po’ esco anche io soddisfatta e alleggerita verso la sala riunioni. Felice e curiosa di sapere cosa comporterà la prossima sfida.
Ho creduto veramente che consegnare la mia fede nuziale mi avrebbe fatta sentire spoglia, nuda. Non l’ho mai tolta da quando ho sposato mio marito, così come non l’ho mai tradito prima di incontrare Andrea. Invece non è proprio così che mi sento.
Potete crederci o meno, ma mi sento libera. Non è stata una cosa che ho fatto alla leggera. Ho dato ad Andrea il segno del mio amore, le mie promesse nuziali e il simbolo della mia unione con mio marito come pegno per la prossima sfida. E la cosa che più mi spaventa è che non ne sono pentita.
Sono a casa e mio marito è rientrato ormai da diverse ore. Come ho immaginato, non si è accorto della mancanza dell’anello. Questo mi ferisce. Non mi guarda più nemmeno e questo capita già da prima della mia storia con il mio assistente.
Questa sera però è decisamente più sovrappensiero del solito. Continua a guardare il telefono. Va a farsi la doccia e ne approfitto per sbirciare. So che non si fa, ma non ho mai detto di essere perfetta. Ho scoperto sin da subito il suo pin anche se lui non lo sa.
Apro il telefono. Whatsapp. Scopro una chat davvero shoccante con un tale Pietro. Lui e mio marito si scambiano, come dire, foto del cazzo, messaggi romantici e altri ancora più spinti. Commentano un incontro romantico in cui a quanto pare, Pietro ha inculato mio marito, con sommo piacere della mia dolce metà. Sono sconcertata. Arrabbiata e ferita. Non tanto per il tradimento in sé, io per prima l’ho fatto, ma, piuttosto, per Pietro. Perché mio marito non mi ha detto che è gay, o per lo meno bisessuale?! Non credeva ti poter rivelare questo suo lato. Questo mi ferisce più di tutto.
Chiamo al telefono Andrea.
«Sofia, che succede?».
«Posso parlarti?».
«Vuoi che ci vediamo?».
«Sai dove abito. Vieni a prendermi.».
Avviso mio marito ed esco. Lui non fa nemmeno domande su dove sia diretta. Disinteresse puro, oppure ha altro per la testa.
Ci dirigiamo in un bar vicino a casa.
«Che cosa c’era ti tanto urgente?».
«Mio marito mi tradisce!».
Andre resta un attimo in silenzio.
«Non dici nulla?».
«Sofia, anche tu lo tradisci. E poi siamo sinceri, in fondo dopo tutto il suo disinteresse nel sesso con te, non dirmi che non ci avevi già pensato a questa eventualità!?».
«Non è il tradimento il problema, ma con chi. Lui si chiama Pietro!».
«Pietro?!».
«Pietro! Mio marito mi tradisce con un uomo. Gli succhia il cazzo e si fa inculare. Capisci? Il padre dei miei figli, ama il cazzo tanto quanto me! E io in tutti questi anni non l’ho nemmeno notato.».
La mossa di Andrea mi stupisce. Tira fuori dalla tasca dei pantaloni la mia fede nuziale. La poggia sul tavolo e la allunga verso di me.
«Che significa?».
Mi guarda negli occhi.
«Significa … che devi parlare con tuo marito. Devi dirgli che sai di lui e Pietro, devi dirgli di noi e devi prendere una decisione. Sofia, io mi sono innamorato di te. Però hai una famiglia, hai dei figli. Sta a te scegliere. Questa è la tua più grande sfida: scegliere.».
Quattro anni dopo
Luci soffuse, tende scure tirate. Un grande letto matrimoniale con delle lenzuola rosso sangue – chissà quanti corpi nudi e carichi di passione hanno avvolto? C’è una musichetta di sottofondo. Non conosco questa canzone però ha il curioso effetto di rilassarmi. Non c’è nessuno oltre a me.
Noto un pezzo di stoffa nero sul comodino, con un biglietto appoggiato sopra: “Spogliati e indossa la benda!”.
Slaccio la camicetta bianca e la faccio cadere a terra, così come il reggiseno in pizzo nero. La mia terza è libera da qualsiasi vincolo e per una donna che va per la quarantina … è un gran bel seno. I capezzoli sono già duri, eccitati dalla situazione. È la volta poi della gonna e degli slip. Tolgo le scarpe. Indosso la benda. È veramente spessa. Non vedo nulla, nemmeno qualche piccolo spiraglio di luce riesce a trapassare il tessuto.
Resto in piedi al centro della stanza.
«Sono pronta! Ho fatto come da indicazioni!».
Spero che qualcuno mi senta.
Nel buio e nel silenzio della camera posso sentire chiaramente i battiti del mio cuore che tradiscono una vena di nervosismo che la situazione mi crea.
Sento un leggero rumore. La porta che si apre e si richiude. Dei passi si avvicinano. Dietro di me.
Sento il respiro di qualcuno sulla mia schiena nuda. Mi provoca i brividi e mi fa inturgidire ancora di più i capezzoli.
Le sue mani scendono lungo la schiena e mi afferrano le natiche. Ho un bel culo pieno e sodo e mi piace che sia afferrato in questo modo rude. Inizia a schiaffeggiarlo. Mi piace. Una mano mi afferra il seno destro, e con il pollice preme sul capezzolo. È sensibilissimo. Un misto tra piacere e dolore che scopro piacermi molto. Allargo le gambe d’istinto e la mano scende sul mio sesso. Sento le sue dita che si spostano sul pelo del mio monte di Venere e che poi iniziano a stimolare il mio clitoride. Bello. Sento tutto il piacere. Senza distrazioni.
Le sue dita iniziano a penetrarmi. Mi portano vicina all’orgasmo. Sento che sto per venire, ma proprio in quel momento. Spaf. Una sberla dritta sul mio sesso. Sento come una scarica elettrica che mi lascia confusa, come se qualcuno avesse premuto il tasto reset sulla mia fica. Quando il bruciore diminuisce ecco che riprende a penetrarmi con le dita, un ditalino di prima categoria. Sento ancora una volta l’orgasmo che arriva, è lì. Sempre più vicino. Bussa alla porta per poter uscire, ma ecco ancora. Spaf. Spaf. Due schiaffi che sono elettricità pura per i mie sensi. Il mio sesso è caldissimo e bagnato. Scotta al tatto. Ecco ancora le sue dita che riprendono e questa volta non riesco più a resistere. Le gambe tremano in un orgasmo fortissimo. La mia patata schizza umori su tutto il pavimento e le gambe ad un certo punto sono sul punto di cedere. Lui mi sorregge, credo sia un lui. Le mani sono grandi e forti, tipiche di un uomo.
Mi sdraio a pancia in su. Mi prende per i piedi e mi gira. Allarga le mie gambe e sento il suo fiato sulle cosce. Si avvicina sempre di più al mio tempio del piacere. La barba punge sull’inguine, ma è piacevole. Sento il fiato che si avvicina e finalmente, la lingua che prende possesso del mio sesso. La lecca, la assaggia. Assapora i miei umori. Si sta nutrendo della mia fica.
«Mordila!».
Credevo di averlo detto nella mia mente, invece sento i suoi denti che mordicchiano leggermente il clitoride e le labbra. Un piacevole dolore.
Quando allontana il suo volto dal mio pube, capisco che è il momento. In breve sento il suo membro farsi strada dentro di me. E’ duro, largo anche se non troppo lungo. Sembra fatto su misura per me. Mi riempie. Mi godo gli affondi prima lenti e poi via via sempre più veloci e violenti. Il respiro mi si spezza ad ogni colpo, ma sento anche il suo veloce e affannato. È bellissimo. Le sue mani sono prima suoi miei fianchi, mi tengono ferma mentre lui affonda il suo cazzo dentro di me. La destra poi si stacca e inizia a schiaffeggiarmi un seno. Il dolore e il piacere si mischiano in una matassa irresistibile. L’apice del piacere però arriva quando mi prende per il collo con entrambe le mani. In quel momento, sotto la spinta costante del suo membro dentro di me, ho un altro intenso orgasmo. Lui lascia la presa e fa passare l’aria proprio al momento giusto. La sento bruciare mentre passa nella mia gola e associo tutto questo al piacere mostruoso dell’orgasmo appena avuto. Si alza. Mi tira a sé. Mi mette in ginocchio per terra, tirandomi per i capelli. So cosa vuole. Apro la bocca e aspetto che infili il suo membro duro tra le mie fauci affamate.
Ci sono dei segnali che sin dall’inizio il mio corpo ha percepito. Il respiro famigliare, quell’odore buonissimo della sua pelle. Il tocco delle sue mani e ora il sapore del suo membro nella mia bocca. Piccoli segnali che portano alla verità.
Una verità che il suo cazzo nella mia gola rivela come una visione divina, proprio mentre lui viene dentro la mia bocca. Il sapore squisito del suo caldo sperma rivela alla mia mente ciò che il mio corpo aveva già percepito.
Ingoio tutto quel prezioso ben di Dio.
Mi metto seduta sul letto. Lui mi abbraccia. Mi tiene stretta come se fossi una sua preziosa proprietà, e, Dio solo sa quanto io senta di appartenergli.
«Quattro anni fa ho scelto mio marito. Ho creduto di poter tenere unità la mia famiglia. Siamo anche andati in terapia, ma è stato uno sbaglio. Ho perso qualcosa, qualcuno, che era troppo importante per me. E di questi quattro anni, tre e mezzo li ho passati cercando quelle sensazioni che lui mi dava e di cui avevo disperatamente bisogno. Il controllo che lui aveva su di me. Ho lasciato che decine di uomini e donne, in gruppo o da soli, facessero quello che volevano con il mio corpo, ma non l’ho mai trovato. Oggi dopo quattro anni, ho trovato quelle sensazione. E il tuo sperma caldo nella mia bocca mi ha aperto gli occhi. Curioso come proprio da bendata ho potuto vedere la verità. Una verità che il sapore del tuo seme mi ha rivelato. Quello di cui avevo bisogno non erano le sensazioni, ho che qualcuno avesse il controllo del mio corpo. Avevo bisogno che quel controllo lo esercitassi tu, che quelle sensazione le provocassi tu. Avevo bisogno di te, Andrea!».
La benda mi viene tolta e i mie occhi possono finalmente vedere il tuo volto. Il volto dell’uomo che amo e di cui ho bisogno. Il tuo volto, Andrea.
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