Incontro in pineta con amica tettona e porca
Ero arrivato a quel punto della pineta quasi con il pilota automatico. O meglio è un po’ quello che mi succedeva quando uscivo per fumare. Niente di mostruoso: sigarette e qualche volta una canna.
Camminavo e lasciavo dietro di me una nuvola di fumo bianco che velocemente si disperdeva nel caldo pomeriggio estivo.
Ero uscito di casa più per noia che per necessità. I miei sarebbero andati in spiaggia solo verso le 17 quando il sole non avrebbe potuto scottare la bianca carnagione di mio padre e mia sorella, io per fortuna avevo preso da mia madre e potevo vantare una bella abbronzatura. Frutto anche delle settimane precedenti di vacanza con gli amici.
Avevo un po’ perso la cognizione del tempo, quando arrivai sulla spiaggetta isolata dove ero solito venire con gli amici. Mi fermai misi a sedere su uno scoglio e continuai a fumare. I miei amici non sarebbero arrivati quel pomeriggio. La sera prima li avevano beccati a fumare i genitori ed ora erano chiusi in casa per punizione. Sarei stato da solo. O così pensavo.
«E’ uno spinello quello ?».
La voce femminile e inquisitoria per un momento mi fece temere il peggio. Mia madre non poteva conoscere quel posto? Mi voltai di scatto e mi trovai ad altezza viso due enormi seni chiari tenuti su da un costume rosso forse un po’ troppo piccino per quelle misure.
«Carla!».
Lo dissi quasi sospirando.
«Se lo sapesse tua madre!».
«Ma tu non glielo dirai, vero?».
Sorrise. Pericolo scampato.
«Come sei arrivata qui? Nessuno dei turisti conosce questo posto.».
«Camminavo sulla spiaggia, poi mi sono persa nella pineta.».
Non riuscii a trattenere una risata. Picchiai la mano sullo scoglio come per indicarle di sedersi. Invito che accettò. Il costume si completava con uno slip rosso che però risultava essere, come per il top, un po’ troppo piccolo rispetto alle sue misure. Carla era una donna molto socievole e gentile, sposata molto giovane con l’Avvocato, un uomo burbero e arrogante, molto più vecchio di lei. Era figlia di un russo immigrato in Italia per lavoro e di un’italiana; veniva da una famiglia molto povera e a soli vent’anni si era sposata con l’Avvocato che aveva quindici anni in più di lei. L’aveva portata via dalla povertà, ma l’aveva relegata ad una vita da casalinga e sotto il suo completo controllo. Carla non era una moglie libera e viveva un matrimonio infelice: l’Avvocato l’aveva sposata per il suo aspetto, la classica bellezza del nord-est, alta e bionda, carnagione chiarissima e occhi grigi. Ricordo che fin da giovane aspettavo che venisse a trovare mia madre per poter ammirare il suo corpo: un bel sedere generoso e un seno prosperoso. Seno che fu una costante nelle mie fantasie adolescenziali. Seno che diventò oscenamente enorme l’estate del mio diciottesimo compleanno, quando l’Avvocato spinse la moglie trentottenne a farsi una plastica per aumentare ancora di più la sua misura di seno, già molto generosa.
«Fai un tiro?».
Allungai la mano e le passai la canna. Rimasi un po’ sorpreso in tutta onestà, mi aspettavo un rifiuto netto.
Mi tolsi la maglia e la gettai all’asciutto dove avevo lasciato lo zaino e il telo mare.
«Ti è venuto un bel fisico, Davide!».
«Mi sono impegnato quest’anno, da quando…».
«Da quando Sofia ti ha lasciato?».
«Esatto! Mi ha lasciato per un palestrato di quinta, e ho iniziato a febbraio a mettermi in forma. L’intenzione era riprendermela, ma ho capito che non ne vale la pena. Ora mi tengo in forma per me.».
Facevamo un tiro per uno e la lingua si scioglieva sempre di più.
«Come sono andate le vacanze con gli amici?».
Avevo fatto le precedenti tre settimane in giro per la riviera adriatica.
«Molto bene. Zaino e tenda e abbiamo girato Emilia, Marche e Abruzzo. Un’esperienza molto bella.».
«Qualche amore estivo?».
La domanda era sicuramente frutto del fumo. Non avevamo mai parlato prima di questo genere di cose. E io non mi ero mai sbottonato troppo, ero sempre stato molto riservato sulla mia vita amorosa e sessuale.
«Come i marinai. Una sirena in ogni porto. Sirene straniere per lo più!».
Mi sorprendevo di aver risposto con tanta leggerezza e ancora di più fu la sua faccia, come se sperasse in un’estate di magra per me.
Feci un tiro ancora.
«E tu? Come va con l’Avvocato?».
Fece un tiro anche lei.
«Perché non lo chiami con il suo nome?».
«Sta sul cazzo a tutti. Credo di non ricordarlo neanche il suo nome. Senza offesa eh!».
«Nessuna offesa. Ti capisco!».
«Sta sul cazzo anche a te?».
Non rispose apertamente, ma il suo sguardo fisso sulla sabbia che si bagnava con il passare delle onde era più eloquente di mille parole.
«E’ mio marito. Non posso dire molto!»
«Non puoi o non vuoi?».
«Davide cosa vuoi che ti dica?».
«La verità, per una volta.».
«La verità è che mi sento un po’ in trappola, ma non posso farci nulla. Sposandomi mi ha tolto da una situazione davvero di merda. Sarei finita a fare la prostituta come mia madre. Devo molto a mio marito.».
«Sì, ma ti ha comprato di fatto. Ti tratta come se fossi una sua proprietà. Questo non è amore.».
«Non importa. Se mi ritiene una sua proprietà, allora sono una sua proprietà.».
«E ti sta bene pure che ti obblighi a fare interventi plastici?».
«Non ti piace il mio seno?».
«Carla, era già perfetto com’era. Hai un seno enorme ora. Era così necessario aumentarlo ancora?».
Carla fece un ultimo tiro allo spinello.
«Per giudicare bene…».
Si alzò e si mise in piedi davanti a me. I piedi che si immergevano ed emergevano dalle docili onde del mare. Si slacciò il top rosso del costume e liberò il suo grosso seno davanti ai miei occhi. Avevo davanti agli occhi una donna molto bella, dal fisico snello. Un corpo ben equilibrato, eccezion fatta per il seno siliconato che svettava prosperoso come due monti in mezzo ad una pianura.
Mi alzai da quello scoglio e la raggiunsi nell’acqua.
«Per giudicare bene, dovresti toccarle!».
Chiedete ad un qualsiasi diciottenne di palpare un bel paio di tette grosse e nessuno si tirerà indietro, come potrebbe? Affondai le mani in quei promontori sporgenti. Il confronto tra il seno naturale, anche se più piccolo della mia ex ragazza, e quello di Carla fu immediato. Ero e sono tutt’ora fan del naturale, ma le tette della mia vicina di casa siliconate o no erano fantastiche.
L’erezione nel mio costume era evidente e lei se ne accorse. Iniziammo a baciarci appassionatamente. Un primo contatto tra le nostre labbra mi diede una scossa di energia che mi trapassò tutto il corpo. Un primo bacio a stampo, che fu subito seguito da un secondo in cui le nostre lingue entrarono in contatto e ballavano attorcigliate nelle nostre bocche.
Sentivo i seni dei Carla premere sul mio petto nudo. I capezzoli duri che premevano come bottoncini sulla mia pelle. La sua mano che dalla mia nuca dove scendeva prima sul petto, poi sugli addominali e infine si andava a poggiare sopra il costume premendo il palmo sulla mia erezione.
«Non sai quante volte ho immaginato questo!».
Fu un commento che mi uscì del tutto involontariamente. La sua risposta fu ancora più sorprendente.
«Lo so. Un consiglio: quando ti masturbi in camera assicurati che le tende siano tirate, oppure una vicina curiosa potrebbe assistere tutta contenta allo spettacolo!».
La situazione che andava a crearsi era ancora meglio delle mie più fervide fantasie.
La mia mano senza pensarci iniziò ad accarezzarla da sopra lo slip proprio sul suo sesso. Il tutto mentre le nostre bocche non accingevano a staccarsi.
«Vieni.».
Ci spostammo sotto gli alberi lontano dalla riva. Recuperai il telo che avevo nello zaino e lo stesi per terra. Ero in piedi, mentre lei si mise in ginocchio sul telo. Mi abbassò i pantaloni e iniziò a leccare con dovizia la mia asta. Leccava le palle e le succhiava. La lingua esplorava ogni centimetro di pelle del mio membro depilato.
Poi provai una sensazione strana. Carla aveva preso completamente in bocca un mio testicolo e succhiava. Un’esperienza mai provata prima. Se devo essere onesto, non la migliore ma nemmeno la peggiore. Fu decisamente meglio quando a sparire nella sua bocca larga fu il mio membro. Il calore della sua bocca, la sua saliva umida e la lingua che lo sosteneva dentro di lei. Il rumore di lei che risucchiava la saliva ogni volta che lo toglievo da lei. La sua mano sinistra indirizzava la mia mazza tra le sue labbra, mentre la destra sosteneva e massaggiava i miei testicoli. Una sensazione piacevolissima.
Non sarei durato a lungo.
Quando glielo dissi si fermò di colpo.
«Devi giudicare bene il mio seno!».
Non capivo cosa volesse dire, almeno fino a quando non lasciò colare una grande quantità di saliva nel solco tra i sue enormi seni.
Quella sarebbe stata l’estate della mia prima spagnola. Guidò il mio membro tra quei due promontori e stringendoli alla mia asta con le mani iniziò a segarmi con il suo seno.
Preso dall’enfasi inizia a dettare il ritmo dando colpi di bacino. Era come se stessi scopando il suo seno. Prima lentamente e poi sempre più velocemente. Sentivo lo stac stac della mia pancia sui suoi promontori. Un suono bellissimo che mi fece eccitare ancora di più. Il suo fiato era affannato, la sua pelle sudata e i suoi seni insalivati e sudati. Non resistetti e non durai un affondo in più. Venni copiosamente. Il mio seme finì sul suo mento, sul collo. Lo vedevo colare giù tra i suoi seni.
«Non sono così male le mie tette eh?!».
Rideva.
La bacia d’impulso e con la stessa frenesia la girai. Era a gattoni sul telo mare. Il suo bel culo grande mi guardava, con quel misero slip rosso che divideva le due natiche. Lo scostai di lato. Accarezzai dolcemente il suo sesso umido e senza indugi piantai il mio membro ancora duro dentro di lei.
A raccontarlo oggi un po’ me ne dispiaccio, ma al tempo ero fuori controllo. Non usai dolcezza mentre la penetravo. Gli affondi erano sempre forti, sempre vicini tra loro. I suoi gemiti erano rotti dalle continue penetrazioni vicine tra loro. Non mi fermavo. Volevo godere ancora. Continuai anche quando lei iniziò a tremare in preda ad un forte orgasmo. Sentivo la sua passerina contrarsi attorno al mio membro, e mi piaceva. Continuai fino a che non fui di nuovo pronto a venire e venni dentro di lei.
Mi lasciai cadere sul telo, sfinito.
«Cazzo!».
Si sdraiò accanto a me. Mi guardava sorridendo.
«Sei stato un po’ rude! Ma mi piace l’uomo deciso nel sesso. È stato stupendo!».
«Si, stupendo!».
In quel momento mi venne in mente che avrei potuto metterla incinta. Ero venuto dentro di lei. Scattai in su per parlare, ma mi anticipò, come se mi avesse letto nel pensiero.
«Tranquillo. Non resterò incinta.».
Mi lasciai andare sollevato. La guardavo mentre sorrideva. E come un fulmine a ciel sereno, col sorriso sul volto parlò.
«E’ stato bellissimo. Ma è stato un errore. Sono sposata e tu sei il figlio di una delle mie più care amiche. Questo non capiterà più.».
Sorrideva, ma i suoi occhi erano tristi. Quelle parole erano state difficili da pronunciare. Era stata felice per un momento e quella felicità era stata frutto di un tradimento. Mi baciò un ultima volta e, dopo essersi pulita e sistemata il costume, se ne andò da dove era arrivata.
Racconto selezionato per il nostro archivio dalla redazione, scritto originariamente da: Cantastorie28
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