Una troia mancata
E’ iniziato tutto come un gioco. Mi piace esibirmi e mi piace essere comandata. Non ho mai pensato che tutto questo mi avrebbe inghiottita e che mi sarebbe piaciuto così tanto.
Ho conosciuto il padrone su twitter e ci siamo sentiti su una chat. Ha subito dimostrato interesse per le mie foto, anche se non sono miss Italia. Mi piace pensare che aveva già visto il mio potenziale da sottomessa. Sono bastati pochi messaggi per capire quanto fosse dominante e per sentire una certa eccitazione all’idea di parlare con lui. I suoi messaggi non sono stati volgari o intimidatori, era gentile ed educato eppure non ha mai chiesto, ha sempre ordinato. “Raccontami qualcosa di te!”. Un punto esclamativo al posto giusto e senza nemmeno rendermene conto, mi sono ritrovata a raccontare i fatti miei ad un perfetto sconosciuto. Ho raccontato del mio lavoro, della mia famiglia, di come mio marito, fotografo dei miei scatti pubblicati online, non sapesse del mio gioco d’esibizionismo. In men che non si dica ho consegnato a lui le redini del gioco. Lui ordinava quali foto caricare e io lo facevo. Ma non bastava, mi spingeva a sottomettermi completamente a lui; cosa a cui ho fatto resistenza perché non ho mai voluto tradire mio marito e rischiare di rovinare la mia famiglia.
Il caso ci ha portato poi al punto di non ritorno e da qui inizia il mio vero racconto.
E’ mattina presto e sono al volante della mia auto. Sono ferma ad un semaforo. Scatta il verde, parto, ma un animale attraversa la strada, inchiodo. La macchina dietro di me, mi viene addosso. Ci fermiamo per la constatazione amichevole, e qui ho la sorpresa. Sei tu padrone! Non ci siamo mai visti di faccia – per lo meno, io non ti ho mai visto in viso – ma mi bastano due frasi e il tuo tono autoritario per intuire chi sei. Poi quando finalmente riveli la tua identità ho un fremito. Fino ad ora ho mantenuto le distanze, c’era uno schermo a separarci e ad aiutarmi a resistere alle mie voglie. Questa barriera si è appena infranta davanti ai miei occhi. Ti guardo. Sei giovane, molto più giovane di me. Avrai circa 25/30 anni, mentre io ormai ho superato già il mezzo secolo. Eppure questo non importa. Non importa perché mi dici solo una frase:
«Ai danni penso io, ma ora tu appartieni a me!».
Non replico. Faccio di sì con la testa. E dentro di me sento un misto di felicità e paura. Sono contenta perché in fondo sento di voler essere la tua sottomessa, dall’altra ho paura perché non so come questo sconvolgerà la mia vita.
Ti lascio il mio numero di telefono e ci separiamo. Tu torni ai tuoi impegni, io corro a lavoro.
Per qualche giorno non ci sentiamo. Temo quasi che quello che è successo, sia stato un sogno. E come una ragazzina, mi ritrovo a fantasticare su di te e a toccarmi, dandomi piacere. Arrivo al punto da farmi montare da mio marito, immaginando che sia tu a possedermi.
Quando ricevo un tuo messaggio sono felice.
“Fatti bella! Venerdì sera ti porto in un posto!”.
Vado dal parrucchiere e mi faccio la ceretta. Ho ricevuto il dresscode e ho preso tutto quello che serve per non farti fare brutta figura.
Ho trovato una scusa per non destare sospetti con mio marito, ma non posso uscire come mi hai chiesto. Mi vesto casual e mi faccio trovare a due isolati da casa mia. Passi a prendermi.
«Sali!», mi ordini.
Eseguo. Usciamo dal centro abitato. Ti fermi in una piazzola sperduta nel bel mezzo del nulla.
«Scendi e vestiti come ti ho detto!».
Resto interdetta. E’ sera e siamo su una strada. Messa così sembro quasi una puttana.
«Ho detto cambiati!».
Mi ripete il comando, con tono più arrabbiato. Questa volta eseguo subito. Inizio a sbottonarmi il cappotto. Lo tolgo. Fa freddo. Mentre tolgo il maglione, vedo avvicinarsi delle luci in lontananza. Mi blocco.
«Continua!».
Mi vergogno da morire ma eseguo; questo perché la cosa mi eccita come non mai.
Le luci si avvicinano e io ho slacciato la camicetta che indosso. Ho il reggiseno nero che cela le mie tette. Passo a sbottonare i pantaloni. Proprio mentre li ho abbassati, le luci si fermano. E un uomo di mezz’età scende dalla macchina. Mi fissa. Ci guardiamo per qualche momento in cui smetto di svestirmi.
«Vuoi lasciare lo spettacolo a metà proprio ora che hai un pubblico?», mi rimproveri.
Continuo e in men che non si dica sono completamente nuda. L’uomo ha tirato fuori il suo membro duro. Se lo mena e si avvicina a me. Ammetto di essere eccitata, ma con l’avvicinarsi dell’uomo ho paura. Tu scendi dall’auto. Vieni accanto a me.
«Questa sera si guarda soltanto!» dici all’uomo.
Lui fa un cenno d’assenso.
«Però mi sembra scorretto lasciarla qui così, per cui prima ti andare può finire di segarsi. La nostra signora nuda qui sarà felice di essere apprezzata con qualche schizzo sulla strada!».
L’uomo sorride e fissa le tua mani che continuano a stimolare i miei capezzoli duri a causa del freddo. Il ritmo della sega aumenta. Quando mi scappa un gemito per il tuo ottimo lavoro coi miei capezzoli, il signore schizza felice il suo succo appena un metro davanti ai miei piedi.
«Ringrazia!» mi ordini.
«Grazie per il suo apprezzamento!» dico rivolta all’uomo.
Lui sorride e senza dire nulla risale in macchina e se ne va. Sto morendo dal freddo, ma sono contenta. Mi metto l’abito da sera e le scarpe coi tacchi che mi hai detto di portare e mi copri con una pelliccia. Mi scaldo. E sono grata perché ho vissuto un’esperienza mai fatta prima e so che tu ti prendi cura di me. Capisci la mia vera me e sei in grado di darmi ciò di cui ho bisogno senza mettermi in pericolo.
Risaliamo in macchina e ci dirigiamo verso la nostra destinazione. La serata è appena iniziata!
Racconto selezionato per il nostro archivio dalla redazione, scritto originariamente da: masterAce
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