Vita e opinioni di un proprietario di schiave

Capitolo 3 - 2 salvata per i piedi

2 salvata per i piedi

Sono uno studente al terzo anno di Medicina, eppure intendo operare una giovane donna al ventre. «FOLLIA!» continuo a ripetermi. La sola idea mi terrorizza. Mi sono preso la responsabilità di una vita! Che poi è quello che fa un chirurgo abitualmente. Ma un chirurgo opera con una rete di sicurezza: le procedure, il supporto vitale, la diagnostica…

Io non avrò nulla di tutto questo.

L'unico pensiero che impedisce al mio cervello di esplodere è che senza di me Clio sicuramente morirà. Con me, ha qualche speranza. Forse.

Dubito di me. MALE!

Devo avere fiducia in me stesso.

Arrivo a casa in uno stato mentale di esaltazione, di pura follia. Mi sento leggero come se avessi bevuto. Poi pesante come una pietra. Forse drogarsi è un po' così. Non so, non ho mai provato.

Una volta fermato il furgone, è il momento di passare all'azione. Sono solo e non posso appoggiarmi ad altri. Serve una pianificazione, altrimenti va tutto a puttane prima ancora di incominciare. Prima di tutto: la sala operatoria. Cucina? Cucina. Non vedo alternative. Vivo in un casale fuori città, rinnovato e rimodernato. Al piano terra ho un 'open space', con un'ampia zona cucina. Piastrellata e pulitissima. Con un tavolo dove mi siedo quando mangio da solo. Posso ricoprirlo con della plastica per farne un tavolo operatorio. Ho comprato ad un'asta un set professionale da chirurgo, un po' vecchiotto e sicuramente demodé: bisturi, forcipi, divaricatori eccetera. Mi chiedo chi venda queste cose all'asta. Non mi chiedo chi le compri, perché già lo so: io!

Sempre ad un'asta ho comprato dei kit chirurgici d'emergenza, tipo quelli usati nell'esercito o dai soccorritori quando non possono portare la vittima in un pronto soccorso. Ci sono soluzioni fisiologiche, tubi, cateteri eccetera. Sono tutti un po' scaduti, ma da quando in qua un catetere scade? Beh, non saranno proprio sterili, ma meglio che niente.

Ho anche un po' materiale recuperato in ospedale e in pronto soccorso. Viene buttato via un sacco di roba ancora buona, che si può recuperare e sterilizzare nuovamente, se necessario. Beh, sembra da accattoni, ma quel materiale da nuovo costa una cifra. E spesso va acquistato a scatoloni, mica qualche pezzo solamente!

Quello che mi manca davvero, però, è l'esperienza. L'anno scorso sono entrato come volontario nella croce rossa, ho seguito due corsi per infermieri e per paramedici, e tuttora faccio dei turni in ambulanza. Di sangue ne ho visto parecchio. Ma da qui ad affettare la pancia di una fanciulla, ne corre…

Ho un punto a mio favore: la mia memoria eidetica. Grazie a lei, ho superato brillantemente e con la massima facilità esami faticosi e dolorosi come Anatomia. Mi sono pure concesso il lusso di portarmi avanti con gli esami, in modo da essere libero durante la stagione delle corse all'aperto. Ho quindi già memorizzato anche le procedure per le prime operazioni che i futuri chirurghi devono affrontare, come l'appendicectomia. Non le ho mai eseguite, ma so come farle.

Per fortuna, volendo esercitarmi nella chirurgia prima possibile, ho comprato in Cina delle telecamere per endoscopia (anale e esofagea), un ecografo e un radiografo portatili. Tutti questi strumenti hanno bisogno di collegarsi ad un laptop via USB e di un appropriato software. Insomma, meglio che niente del tutto. Certo, la mancanza di una TAC si farà sentire: dovrò operare alla cieca e scoprire cosa non va solo dopo aver aperto la pancia della paziente. Insomma, cent'anni fa TAC non esisteva, eppure si operava lo stesso.

Il primo scoglio da superare, comunque, è la logistica. Posso trasportare Irina e Adele da solo, una alla volta. Ma Clio? Per quanto mi sforzi, non mi viene in mente nulla. Sono costretto a prendere in braccio anche lei. Ovviamente, le somministro dei sedativi prima di muoverla, ma ho paura di dargliene troppi. Recupero dal garage una sedia a rotelle (comprata all'asta) e delle stampelle, di quelle antiche, di legno, che si infilavano sotto le ascelle e permettevano di usare le mani per eseguire piccoli compiti.

A questo punto, devo fare una confessione. Sono pazzo, ma non completamente pazzo. Soffro invece di una specie di ansia da perfezionismo. Devo essere assolutamente super-preparatissimo quando devo affrontare un compito difficile. E per me, studente in Medicina, lo scoglio più arduo è proprio la sala operatoria. Non basta avere scolpiti nella memoria tutti i manuali, gli atlanti, le dispense, le riviste mediche, gli atti dei convegni. Ci vuole la pratica, l'esperienza. Mi hanno raccontato di innumerevoli studenti (e non solo femmine) preparatissimi nella teoria, brillanti durante gli esami, con ottimo curriculum accademico, che sono crollati di fronte al tavolo operatorio. Alcuni privi della benché minima manualità. Altri incapaci di affettare una persona, o di sopportare la vista di sangue e budella, o di ricordare come devono procedere quando sono sotto stress. Ottimi studenti che però finiscono per fare il medico di base, il ginecologo o l'informatore farmaceutico. O addirittura non riescono a laurearsi.

È una prospettiva che mi angoscia. Non posso farci nulla. La mia formidabile memoria non mi soccorre. Non basta che il mio corpo sia in forma, che il mio apparato muscolo-scheletrico riesca a sostenermi durante le lunghe ore al tavolo operatorio. DEVO fare pratica. DEVO essere il migliore del mio corso. I professori non devono trovare alcun difetto nel mio modo di operare. Senza esitazioni. Con naturalezza. Puro istinto. Routine.

Quindi mi sono procurato l'attrezzatura base per esercitarmi. Incredibile quello che si riesce a comprare alle aste online, dai cinesi o su Amazon. Cercando di non sperperare troppo. Non che i soldi manchino, per fortuna, ma penso ci siano modi migliori per spendere.

Inizialmente mi sono procurato dei polli. Morti. Mi sono rivolto alle fattorie qua intorno. Li volevo morti e spiumati ma integri. Le contadine erano un po' stupite e mi hanno chiesto cifre assurde, molto molto superiori al costo del pollame già eviscerato del supermercato. Sono poi passato ai polli vivi. Spiumarli è una faticaccia, anestetizzarli un'impresa. Ugh. È andata meglio con i conigli, che sono mammiferi e quindi fisiologicamente più simili a noi. Infine, il salto di qualità: maiali! I migliori! Senza contare che, alla fine, dopo averli fatti a pezzi ho surgelato la carne e me la sono mangiata. Magari non sarò un buon chirurgo, ma senz'altro potrei trovare facilmente lavoro come macellaio! Pensavo addirittura di cimentarmi con i manzi!

Oddio, i maiali non sono umani, anche se certi umani sono dei maiali, vedi Tom, ad esempio.

Mi ripeto che qualsiasi esperienza è meglio che nessuna esperienza. Devo convincere me stesso per prima cosa. Non so cosa possa pensare Clio a questo proposito, ma non importa. Non ha scelta. Deve affidarsi a me.

Piazzo Adele sulla sedia a rotelle, mi farà da infermiera. Dò ad Irina le stampelle. Seduta su uno sgabello, farà da anestesista, cioè terrà d'occhio le flebo, il pulsiossimetro e su mia richiesta avvierà il misuratore di pressione.

Le mando in bagno a lavarsi. Avrò bisogno di loro mentre opero, quindi devono essere il più possibile sterili. Mi fa un po' ridere l'espressione 'il più possibile sterili' perché o si è sterili o non lo si è, non c'è via di mezzo. Al posto dei camici metto loro delle t-shirt bianche taglia XXXXXL, non ricordo più perché le ho comprate ad un'asta, costavano poco e possono sempre servire. Infatti…

Dio, sono un pazzo ad operare in queste condizioni!

I fogli di polietilene dovrebbero essere sterili, sono sigillati in fabbrica. Li stendo e li fisso sul tavolo in cucina e su ogni superficie utile, ad esempio sul carrello portavivande. Porto dentro la paziente. Certo non ho bisogno di spogliarla, ma è tutt'altro che pulita. Dovrei andare in bagno e lavarla, ma come faccio con il punteruolo nell'addome? Fanculo la sterilità! La stendo sul tavolo. Faccio del mio meglio per pulirle l'addome e copro il resto con le magliette. Apro una via sulla vena del braccio sinistro e l'attacco alla flebo. Vai di fisiologica con una bella dose di antalgico e di antibiotico a largo spettro. Mi fa un po' ridere indossare guanti e mascherine visto che siamo in cucina, ma li indossiamo lo stesso. Spruzzo ovunque soluzione disinfettante. Sfrego alcol dappertutto. La cucina puzza come una sala operatoria. Confortante.

L'operanda è legata al tavolo. Le ho praticato un'anestesia locale anziché totale, non mi fido. Avrà un male cane. Suppongo sia abituata al dolore. Ho provato a farle un'ecografia, ma non ci ho capito nulla. Manco di esperienza. Comunque, so già cosa aspettarmi. Una bella emorragia interna, a giudicare dal pallore della paziente, dalla tachicardia nonostante sia mezzo addormentata e dalla pressione.

Siamo pronti? NO! Ma non saremo mai più pronti di così.

Mi faccio coraggio e brandisco il bisturi. Allungo il buco dove è entrato il piolo. Ringrazio il Cielo che non l'abbia passata da parte a parte. Nonostante sia rilassata, sento la durezza dei muscoli: con quanta forza è stato spinto il piolo per bucare dei muscoli di ferro? Clio si lamenta e l'improvvisata anestesista le parla sottovoce. Non credo che serva a qualcosa, ma la lascio fare. Purché non si distragga. Deve controllare la frequenza di sgocciolamento della flebo. Deve essere di circa due gocce al secondo. In dieci secondi deve contare circa venti gocce.

L'addome sta cacciando sangue. Insegno alla presunta infermiera come usare la pompetta aspirante manuale. Per fortuna è una ragazza intelligente e volenterosa, e ben presto il piccolo serbatoio si riempie di sangue. Non ho sacche né di plasma né di sangue, e tutto quel sangue nel serbatoio mi turba. Che sia il caso di rimetterglielo in circolo? Ma non ricordo di aver letto che qualcuno l'abbia mai fatto. Ci sarà una ragione…

Ho attaccato al torace della distesa un vassoietto che normalmente uso per servire tè o caffè ai rari ospiti. Mi servono gli strumenti a portata di mano e non ho nessuno che me li porga. Siamo messi peggio dei chirurghi nel film 'Mash', mi vien voglia di immortalarci in una fotografia, poi penso che sia meglio di no, potrebbe finire nelle mani sbagliate.

Pian piano, con dolcezza. Me lo ripeto come un mantra mentre estraggo il piolo. Maledizione, un fiotto di sangue! Una cascata! Un geyser! Irina caccia un mezzo urlo, Adele manovra freneticamente la pompetta con una mano e con l'altra passa un asciugamano sull'addome della paziente. Quest'ultima invece non reagisce, il che mi preoccupa. Non vorrei operare un cadavere! Ricaccio dentro il piolo, afferro il bisturi e allargo decisamente la ferita. Poche balle, devo infilare la mano fino al gomito nella pancia della ragazza. La mia assistente è sbiancata mentre tiro fuori il piolo, per fortuna è bello liscio, ci mancavano solo le schegge di legno. Infilo la mano destra alla ricerca dell'arteria recisa mentre con la sinistra uso un divaricatore per farmi strada. Questa è una delle tante occasioni in cui vorrei avere una o due braccia in più.

Sono costretto a chiedere alla mia infermiera di aiutarmi con altro divaricatore. Irina non può muoversi dallo sgabello quindi dobbiamo cavarcela in due. Adele è sempre più pallida. Accidenti, quanto può impallidire una ragazza prima di svenire?

Mi sembra che sia passata un'eternità da quando ho iniziato a tagliare. Non capisco cosa sto facendo. Ripasso mentalmente l'atlante di Anatomia per aiutarmi a trovare l'arteria maledetta, ma è tutto sbagliato! Niente corrisponde a quanto ho studiato! Aiuto! Sto andando nel panico. Ma chi me l'ha fatto fare di cacciarmi in questa situazione di merda! Per una sconosciuta! Non le ho manco mai parlato! Certo che è bellina. Proprio sexy. Un bel sederino sodo. Piedi piccoli e leggiadri. Eccoli lì che spuntano dalla maglietta che le ho messo addosso. Mi piacciono i piedi femminili, sottili e aggraziati. I suoi sono da manuale. Da mostra fotografica. Ne sono affascinato. Non mi stupirei se facesse la modella per i cataloghi di calzature.

Sarebbe un peccato se morissero dei piedi così belli.

Devo salvarli ad ogni costo.

Mentre ammiro i piedi della mia paziente (hey, quando dico 'mia' intendo proprio 'mia'! Me l'hanno regalata!), la mia mano non smette di aggirarsi fra le sue interiora. Per fortuna ho un cervello eccezionale, sia detto senza falsa modestia, un cervello che mantiene la rotta anche mentre ondivaga. Sono nella pancia di Clio fino a metà avambraccio, fra un po' potrò farle solletico alle tonsille. Non è possibile che quel cazzo di arteria si sia ritirata così tanto! Devo tornare indietro seguendo ogni qualsiasi cosa che possa vagamente essere un vaso sanguigno.

Finalmente, sento sulla mano qualcosa che assomiglia ad un fiotto che pulsa. Non è facile afferrarlo, è scivoloso e posso usare una mano sola, ma è lui, il bastardo! Vieni fuori di lì, bastardo! Fatti prendere! Chiedo ad Adele di lasciare la pompa ed usare i divaricatori con entrambe le mani, ho bisogno di spazio e con la sinistra devo usare la pinza emostatica. Lei è uno spettacolo, schizzata di sangue dalla testa ai piedi. Le dico che sembra un quadro di Pollock, e mi risponde che anch'io lo sembro. Anche istruite, queste schiave!

Insomma, per farla breve, dopo essere riuscito a chiudere l'arteria con la pinza, tutto sembra facile. Non dico MOLTO facile. Facile, ecco. Ci dedichiamo ad aspirare e ripulire tutto il sangue che ristagna nella cavità addominale, poi mi metto a chiudere ogni squarcio che riesco ad individuare. Persino l'anastomosi, cioè la riparazione dell'arteria, viene liscia. Geez! Sto usando del catgut come un secolo fa! Da non credere! Non dico di aver fatto un capolavoro. Ma sono soddisfatto. Di me. Delle mie assistenti involontarie. Della paziente, che è ancora viva. Di tutto e di tutti, insomma. Pura euforia.

Clio deve avere più acqua che sangue, nelle vene, ma va bene così. Avessi avuto più tempo… ma è inutile pensarci. Prima di operare le altre due, o di riaprire la prima se necessario, mi procurerò senz'altro strumenti più nuovi, filo di sutura, medicinali e soprattutto donatori. Dovrò fare uno screening per conoscere il gruppo sanguigno di tutti i possibili candidati. Ho già in mente chi reclutare: il padrone spero mi consentirà di prelevare una o due fiasche di sangue dalle sue schiave.

Metto alla sopravvissuta il drenaggio e la ricucio, punti da materassaio, come una volta. Spero di non doverla riaprire. Ormai l'effetto degli anestetici è passato, si agita contro le cinghie che le bloccano cosce e torace contro il tavolo. È finita, e anche la flebo è quasi vuota. Devo prepararne un'altra. Adele sta soffrendo. Anche lei ha bisogno di altro analgesico. Finché era sotto stress per l'operazione è riuscita a ignorare il dolore, ma ora si sta rilassando.

Clio sonnecchia, ancora legata al tavolo in cucina. La ripulisco dal sangue e la copro con un lenzuolo e una coperta. Per ora resterà lì. Porto le altre due in bagno, le ficco sotto la doccia e le lavo. Piangono entrambe per il dolore al piede, ma sono irremovibile. Si asciugano sedute sul bordo della vasca mentre mi lavo anch'io, l'acqua è rossa nel piatto della doccia. Ho un solo spazzolino di scorta, quindi lavo i denti ad entrambe con quello. Sono insonnolite per i farmaci. Hanno fame, ma mi rifiuto di cenare con la cucina in quelle condizioni, e loro sono d'accordo.

Non so dove mettere a dormire le ragazze. Non sono preparato. Ho delle brande da campo, residui bellici, con la struttura in legno e la tela in iuta. Pesantissime. Faccio spazio in camera mia e riesco a disporne tre. Tutte le ragazze sono infortunate, non solo l'operata, devo tenerle d'occhio anche di notte. Preparo i giacigli con lenzuola e coperte. Le brande sono dure, ma le schiave dormono in condizioni anche peggiori. E, comunque, non c'è scelta.

Metto a nanna le prime due. Irina trova che la branda sia comodissima. Buon per lei. Normalmente, dorme su pancacci in legno.

Sono sfinite, ma si mettono a chiacchierare anziché dormire. Donne!

Vado a prendere la terza, che dormicchia sul tavolo. La slego, la prendo in braccio e trascino il supporto della flebo fino in camera da letto. Per fortuna la stanza è al piano terra. Uso le solite cinghie per bloccare le braccia, il torace e le cosce di Clio alla branda. Non voglio che si agiti e strappi i punti o il drenaggio. Svuoto la sacca che raccoglie l'urina. Zittisco le due chiacchierone e spengo la luce.

Sono sfinito, ma devo ripulire. Che palle! Possiedo tre schiave, ma tocca a me lavorare come un mulo.

Metto a scongelare delle brioches per la colazione di domani e del pane e della carne per il pranzo. Chiamo Alex al telefono, gli spiego la situazione e gli dico che mi prendo qualche giorno per sistemare le ragazze. Lui non è felice. Passerò domani per restituire il furgone.

La cucina è tornata a splendere, il bagno è pulito, ho lavato il pavimento dell'ingresso e del corridoio. Mangio un cono gelato all'amarena e mi butto sul letto. Sembra incredibile, ma le ragazze ancora chiacchierano. Le minaccio di imbavagliarle se non la smettono. Mentre mi addormento, le sento sussurrare. Donne!