Sonia & Tommaso

Capitolo 6 - LA MONETA E LA STRADA

Sonia
2 days ago

L'aria notturna, fredda e umida, mi accarezzava la pelle nuda sotto il miniabito, e i miei piedi, nei sandali a tacco alto, affondavano leggermente nella sabbia. Mario ed Enzo erano in auto, le loro figure indistinte nel buio. La coca mi ronzava nel cervello, annullando ogni residuo di paura e lasciando solo un'incredibile, bruciante eccitazione. Ero lì, io, Sonia, a battere, e una parte di me, quella più oscura e selvaggia, fremeva all'idea.

La prima auto, un furgone scuro, rallentò e si fermò qualche metro più avanti. Il cuore mi balzò in gola. Era un uomo di mezza età, con un viso stanco e uno sguardo affamato. Aprì il finestrino. "Ciao, bella. Che ci fai qui tutta sola?"

La mia voce era un sussurro rauco. "Ciao... ho bisogno di soldi. Cinquanta euro."

Lui mi guardò con un sorrisetto sardonico. "Per cosa, bella? E cosa mi dai per cinquanta euro?"

Mi sentii avvampare, ma la coca mi diede l'audacia. "Tutto quello che vuoi," dissi, la mia voce ora più ferma, quasi sfacciata. Un brivido mi percorse.

Lui si accigliò, poi annuì. "Ok. Sali." Salii sul furgone. L'abitacolo era sporco e sapeva di fumo e gasolio. Tirò fuori un profilattico dalla tasca, e capii subito le regole del gioco. Fu un pompino veloce e sbrigativo. Non era il piacere travolgente di Mario, ma la sensazione di essere usata da un estraneo anonimo, di essere una puttana a tutti gli effetti, mi diede un senso di degrado che, sorprendentemente, mi eccitò in modo inconfessabile.

Dopo il primo, fu un susseguirsi inaspettato di incontri. Il traffico sulla statale era più intenso di quanto avessi mai immaginato. Non c'erano solo camionisti. C'erano uomini d'affari in giacca e cravatta che si fermavano con auto di lusso, giovani in cerca di un brivido.

L'iniziale stretta allo stomaco svanì rapidamente. Ci presi gusto, con un cinismo disarmante.

Alcuni volevano solo sesso orale, veloce. Infilavano il preservativo e io li accontentavo, prendendo i loro cazzi in bocca con una familiarità che mi sconvolgeva. Sentivo la loro sborra calda riempire il profilattico. Altri volevano di più.

C'era un uomo, un signore sulla cinquantina, distinto, in una berlina scura. Mi chiese di salire, mi portò in una stradina isolata. "Voglio fare una scopata rapida, puttanella," mi disse. Indossavo ancora il mio miniabito, senza mutandine. Lui mi tirò su il vestito. Prima di penetrarmi, si mise il preservativo con una fretta quasi disperata. Mi allargò le gambe e mi prese da dietro, il suo cazzo che si spingeva nella mia figa già bagnata. Gemetti. Non era violento, ma la sensazione di essere posseduta in quel modo, come un animale in un luogo nascosto, mi diede un piacere inatteso.

Un altro, un ragazzo giovane, scese dall'auto. Era più spudorato. "Voglio che mi fai un pompino qui, in piedi, sul ciglio della strada," mi disse. Obbedii, inginocchiandomi sulla terra sporca e fredda, il suo membro protetto in bocca, mentre le auto passavano. Alzai gli occhi, e il pensiero che qualcuno potesse vedermi, la paura mescolata al rischio, fu un brivido di eccitazione proibita che mi fece stringere le labbra sul suo cazzo.

Non c'era un prezzo fisso. Prendevo quello che mi davano, infilando le banconote nella borsetta. Le loro mani mi accarezzavano, i loro corpi si strusciavano sul mio. Non provavo disgusto; solo una strana, crescente sensazione di potere nel dare e nel ricevere, nel vivere il lato più oscuro della sessualità. Ero una puttana, e stavo scoprendo una capacità di godere nell'essere usata che mi eccitava in modo incontrollabile. Volevo ancora, volevo di più.

L'orizzonte iniziava a tingersi di rosa pallido quando sentii la voce di Mario che mi chiamava. "Sonia! È ora di andare, cagna!"

L'auto si accostò, e salii. Mario ed Enzo mi guardarono. "Allora, puttanella, com'è andata? Ti è piaciuto battere per noi?" chiese Mario.

Non riuscii a nascondere il mio sorriso. Era un sorriso stanco, ma anche profondamente soddisfatto. Nonostante il degrado, avevo provato un piacere osceno e inaspettato. "È andata... bene," risposi, la voce roca. "Sono passati tanti... più del previsto."

Enzo rise, una risata gutturale. "Brava cagnolina! Si vede che sei nata per questo."

Arrivammo davanti all'hotel che le prime luci dell'alba illuminavano già la facciata. Un cenno rapido a Mario ed Enzo, e io mi infilai furtivamente nell'hotel. Aprii la porta della camera con la chiave, piano. Tommaso era lì, nel letto, proprio come lo avevo lasciato, addormentato profondamente, ignaro di tutto ciò che avevo fatto. Lo guardai, e un misto di colpa e un'inquietante senso di trionfo mi pervase.

Andai in bagno. Avevo bisogno di lavarmi. Un rapido bidet per ripulirmi dai segni di quella notte. L'acqua fredda era un sollievo per la mia figa ancora indolenzita e un po' gonfia. Poi, mi infilai sotto le lenzuola, accanto a Tommaso. Caddi in un sonno profondo, ma non prima che un'ultima immagine mi attraversasse la mente: il pensiero del denaro che avevo in borsetta e la sensazione del culetto sverginato.

Al mattino, Tommaso si svegliò, stiracchiandosi con un sorriso soddisfatto. "Che dormita, Sonia! Non mi capitava da anni. Mi sento rigenerato!" La sua voce era allegra.

Io, invece, ero a pezzi. Il corpo dolorante, gli occhi pesanti, ma la mente stranamente lucida. Lo guardai, e un sorriso furbo, quasi malizioso, si insinuò sulle mie labbra. Lui non aveva idea di quanto mi fossi "rigenerata" io, in modi che lui non avrebbe mai potuto comprendere.