Adriana
Capitolo 1 - ADRIANA
Il mio nome è Adriana, ho 40 anni e mi reputo una bella donna, sono molto corteggiata specie nel mio ambiente di lavoro. Sono dirigente in una azienda di marketing e da poco sono stata promossa Capo del servizio pubblicitario. Questo nuovo ruolo ha comportato orari di lavoro sempre più stressanti compensati da stipendio e premi aziendali molto più alti. Sono sposata da 8 anni con Enrico, dirigente di una multinazionale nel settore della componentistica. Il nostro è stato un amore a prima vista. Ci siamo conosciuti in un convegno della sua azienda dove la nostra società era stata assunta come consulente per curare la campagna pubblicitaria di un nuovo progetto aziendale. La sera stessa che ci siamo conosciuti siamo finiti a letto nel suo appartamento, un attico in centro città, e da allora la nostra vita sessuale è stata intensa e piena d'amore. Dopo due anni ci siamo sposati e abbiamo continuato per qualche anno ancora con la frenetica vita sessuale dei primi anni. Il nostro lavoro ci consente una vita molto agiata e ci ha consentito l'acquisto una grande villa autonoma fuori città dotata di tutti i confort, compreso una piscina rettangolare e un ampio giardino dove spesso riuniamo i nostri amici per serate di puro divertimento.
Purtroppo negli ultimi due anni gli orari e gli impegni di lavoro hanno preso il sopravvento e la nostra vita privata ha iniziato a soffrirne più di quando avevamo messo in conto.
Spesso siamo in viaggio e lontani da casa e anche quando siamo a casa, siamo così stanchi e stressati che il fare sesso è passato in secondo piano. Scopavamo di rado, due tre volte al mese, e la cosa cominciava a preoccuparci. Non avevamo più lo slancio dei primi anni tutto era diventato monotono e ripetitivo e il calo della libido ci aveva tolto anche la voglia di cercarci .Una sera a letto, mentre provavo a risvegliare Enrico che non riusciva a raggiungere una giusta eccitazione per un rapporto sessuale., decidemmo di affrontare l'argomento seriamente. Enrico mi disse che anche lui soffriva di questa situazione e che forse era il caso di fare qualcosa per risolvere il problema. Io gli proposi di andare da un sessuologo ma lui non era molto convinto di questa soluzione. Allora mi venne un'idea. Gli dissi che forse potevamo provare a vedere dei film porno per risvegliare la nostra fantasia e la nostra voglia. Enrico accettò la proposta e cosi iniziammo a cercare dei film porno da vedere insieme. La prima volta che lo facemmo fu un po' imbarazzante ma poi ci lasciammo andare e scoprimmo che ci piaceva. Iniziammo a farlo regolarmente e la nostra vita sessuale migliorò notevolmente. Cominciammo a sperimentare nuove posizioni e nuovi giochi erotici e la nostra passione si riaccese. Una sera mentre guardavamo un film porno particolarmente eccitante in cui un marito si masturbava guardando la moglie scopare con un altro, Enrico mi disse che forse potevamo provare a fare qualcosa di simile anche noi. Io gli chiesi cosa avesse in mente di preciso e lui mi disse che forse potevamo provare a fare un trio con un'altra persona. Io rimasi un po' sorpresa dalla proposta ma non la scartai a priori. Gli dissi che ci avrei pensato. Passai qualche giorno a riflettere sulla proposta di Enrico. Da una parte ero incuriosita dall'idea di provare qualcosa di nuovo e di eccitante, dall'altra ero un po' preoccupata per le conseguenze che potevano esserci nella nostra relazione. Alla fine decisi di accettare la proposta di Enrico e cosi iniziammo a cercare una persona con cui fare questa esperienza. Dopo qualche ricerca su internet trovammo un sito di incontri per coppie che cercavano terze persone per esperienze sessuali trovammo un annuncio interessante. Paolo 44 anni bsx villa indipendente sul mare ospitale per coppie con foto intere ed anche dei genitali. Devo dire che era un bell'uomo e se le foto dei genitali erano vere, anche molto dotato .Io e Enrico decidemmo di contattarlo e dopo qualche scambio di messaggi decidemmo di incontrarci per conoscerci meglio. Ci incontrammo in un bar vicino al mare e Paolo si presentò puntuale. Era un uomo molto affascinante, alto, con i capelli neri e gli occhi verdi. Si presentò con un sorriso smagliante e una stretta di mano ferma. Ci sedemmo e iniziammo a chiacchierare. Paolo era molto simpatico e aperto, ci raccontò della sua vita, del suo lavoro come architetto e delle sue passioni. Parlammo per un paio d'ore e l'atmosfera fu subito molto rilassata e piacevole. Alla fine dell'incontro ci salutammo con un bacio sulla guancia e decidemmo di rivederci per organizzare l'incontro a casa sua il sabato successivo. Durante la settimana io e Enrico ne parlammo molto. Eravamo entrambi eccitati all'idea di questa esperienza ma anche un po' nervosi. L'idea che Paolo fosse bsx turbava un po' Enrico ma alla fine concludemmo che nulla che non volessimo avremmo fatto. Il sabato arrivò e ci dirigemmo verso la villa di Paolo sul mare. Era una bellissima casa moderna con una vista mozzafiato sul mare. Paolo ci accolse sulla terrazza con un aperitivo. Indossava un paio di pantaloni bianchi e una camicia aperta sul petto che mostrava il suo fisico atletico. Ci sedemmo e iniziammo a bere e chiacchierare. L'atmosfera era rilassata ma si sentiva una certa tensione sessuale nell'aria. Dopo un po' Paolo ci propose di fare un bagno in piscina. Io e Enrico accettammo e andammo a cambiarsi nella camera che Paolo ci aveva messo a disposizione. Quando uscimmo in costume Paolo era già in piscina. Io indossavo un bikini rosso molto sexy che avevo comprato apposta per l'occasione. Enrico indossava un costume da bagno nero. Entrammo in piscina e iniziammo a nuotare e chiacchierare. Paolo era molto galante e mi faceva molti complimenti. Enrico sembrava divertito dalla cosa. Dopo un po' Paolo si avvicinò a me e mi baciò sulle labbra. Fu un bacio dolce ma passionale. Io risposi al bacio e sentii una scarica di eccitazione percorrermi il corpo quando sentii la sua lingua muoversi dentro la mia bocca. Enrico ci guardava con un sorriso. Poi Paolo si avvicinò a Enrico e lo baciò a sua volta, un bacio a stampo sulle labbra. Vederli baciarsi mi eccitò moltissimo e non sembro turbare Enrico. Poi Paolo ci prese per mano e ci portò in salotto. La villa era arredata con gusto moderno e c'era un grande divano bianco al centro della stanza. Paolo ci fece sedere sul divano e si sedette tra noi. Iniziò a baciarmi e accarezzarmi. Io mi sentivo eccitatissima e vedevo che anche Enrico lo era. Poi Paolo si alzò e ci disse di spogliarci. Io e Enrico ci guardammo e poi iniziammo a spogliarci lentamente. Paolo ci guardava con un sorriso sornione. Quando fummo nudi Paolo si avvicinò a me e iniziò a baciarmi il collo mentre con una mano mi accarezzava il seno e con l'altra mi sfiorava il clitoride. Io gemetti di piacere. Poi si voltò verso Enrico, lo invito ad avvicinarsi e iniziò e accarezzarlo allungando la mano verso i suoi genitali. Vederli insieme mi eccitò ancora di più. Poi Paolo si inginocchiò davanti a me e iniziò a leccarmi la figa. Era bravissimo e io gemevo sempre più forte. Nel frattempo Enrico si era avvicinato a Paolo e aveva iniziato ad accarezzargli il cazzo. Era la prima volta che vedevo Enrico fare una cosa del genere e mi eccitò moltissimo. Poi Paolo si alzò e mi disse di mettermi a pecora. Io obbedii e lui mi penetrò da dietro. Sentii il suo cazzo enorme entrarmi dentro e gemetti di piacere. Enrico si mise davanti a me e io iniziai a succhiargli il cazzo. Paolo mi scopava forte e io sentivo un piacere incredibile. Poi Paolo si voltò verso Enrico e gli disse di avvicinarsi e iniziò a fargli un pompino. Io mi misi a guardarli e mi masturbai. Vedere il mio marito spompinato da un altro uomo mi eccitò moltissimo. Poi Paolo fece stendere Enrico sul divano si voltò verso di me e mi disse di sederti sul viso di Enrico. Io obbedii e iniziai a sedermi sul viso di Enrico mentre Paolo mi scopava da dietro. Sentivo la lingua di Enrico leccarmi la figa e il cazzo di Paolo entrarmi dentro. Era un piacere incredibile. Poi Paolo venne dentro di me e io ebbi un orgasmo fortissimo. Enrico tolse il cazzo dalla mia fica e lo sperma colò nella bocca di Enrico che leccò fino all'ultima goccia. Ci abbracciammo tutti e tre e rimanemmo sdraiati sul divano per un po'. Poi andammo a fare una doccia insieme e ci vestimmo. Paolo ci offrì da bere e ci sedemmo in terrazza a chiacchierare. Ci disse che era stata una bellissima esperienza e che sperava di rivederci presto. Io e Enrico eravamo entrambi molto soddisfatti dell'esperienza. Salutammo Paolo e tornammo a casa. In macchina, il silenzio iniziale fu rotto dal mio sospiro soddisfatto mentre accarezzavo la coscia di Enrico. "Cosa ne pensi?" chiesi, guardando il profilo di mio marito illuminato dai lampioni notturni. Lui sorrise, con un'espressione stranamente rilassata dopo l'intensità di quelle ore. "È stato... interessante" ammise, cambiando marcia con calma. "Più di quanto mi aspettassi". "Ti è piaciuto quando Paolo ti ha..." iniziai, ma lui intuì la domanda. "Essere spompinato?" completò senza imbarazzo. "È stata una sensazione nuova. Piacevole, certo". Fece una pausa, le dita che tamburellavano sul volante. "Ma non è quello che mi ha eccitato di più". Mi voltai completamente sul sedile, incuriosita. "E allora cosa?". "Guardarti", disse, con una voce più bassa, più calda. "Vederti godere come non ti vedevo da anni, Adriana. Con quell'intensità... con quell'abbandono. È stato quello che mi ha fatto impazzire". Sorrise, un'espressione quasi timida. "Quando partecipavo attivamente, ero troppo concentrato su quello che facevo io, o su quello che sentivo io. Ma quando ti guardavo... era diverso. Più potente." Rimanemmo in silenzio per un altro chilometro, le sue parole che rimbombavano in me. "Quindi... mi stai dicendo che preferiresti essere solo spettatore?", chiesi, cercando di capire. "Che non vuoi più... fare sesso con Paolo? O con altri?" Enrico scosse lentamente la testa, gli occhi fissi sulla strada buia. "No, non è quello. Partecipare è stato eccitante, incredibile. Ma quando ti vedevo..." Fece una pausa, cercando le parole. "Quando ti vedevo perderti nel piacere, completamente libera, senza pensare a nient'altro... è stato come riportarti indietro nel tempo. Come quando ci siamo conosciuti, Adriana. Quella versione di te che pensavo sepolta sotto lo stress e le riunioni". La sua mano lasciò il volante per stringere la mia. "Ecco cosa voglio di più. Vederti così". "Quindi...", sussurrai, sentendo un brivido lungo la schiena. "La prossima volta preferiresti solo guardare? Vedere Paolo che mi scopa mentre tu sei lì, seduto?" Enrico sorrise, un'espressione carica di complicità che non vedevo da anni. "Esattamente. Vederti godere senza filtri, senza dover pensare a niente. Concentrarmi solo su di te". La sua mano strinse la mia. "Ti piacerebbe? Sentirti osservata, desiderata... adorata?" Il mio cuore accelerò all'idea. "Sì", sussurrai, immaginando la scena: io e Paolo avvinghiati, mentre Enrico assisteva da una poltrona con quegli occhi scuri che sapevano leggermi l'anima. "Ma Paolo...".
“Potremo continuare a frequentarlo ma non necessariamente devo partecipare anche io potrai farlo da sola". Frenò all'incrocio, la luce rossa che illuminava la sua espressione seria. Il silenzio tornò a riempire l'abitacolo mentre la mia mente elaborava l'immagine: io e Paolo, nudi nella sua villa sul mare, con Enrico che osserva da una poltrona. "E tu?", chiesi, sfiorando il suo braccio. "Cosa proveresti? Non sarebbe... strano?". Enrico sorrise, un'espressione stranamente serena. "Strano? Forse. Ma quando ti ho vista stasera... completamente persa nel piacere..." Scosse la testa. "È stato come riaccendere qualcosa. Ecco cosa voglio: concentrarmi solo su di te, senza distrazioni". La sua mano strinse la mia. "Paolo sarà solo per te, io assisterò e lui capirà. Qualcuno che ti faccia sentire così, senza complicazioni". La proposta mi colpi come una scossa elettrica. Immaginai Paolo che mi scopava sotto lo sguardo fisso di Enrico, il suo respiro che si accelerava osservando ogni mio fremito. Un brivido caldo mi percorse la schiena. "Paolo... completamente per me?", sussurrai, sentendo un'umidità improvvisa tra le cosce. "E tu? Solo spettatore?". Enrico annuì lentamente, gli occhi pieni di una determinazione nuova. "Solo spettatore. Voglio vedere ogni tuo singolo spasimo, Adriana. Senza filtri". Arrivammo a casa nel silenzio carico di promesse. Appena varcata la soglia, Enrico mi spinse contro il muro dell'ingresso. Le sue labbra cercarono le mie con un'urgenza che non sentivo da anni. "Adesso", mormorò contro la mia bocca, le mani che già mi sbottonavano la camicia. "Adesso mostrami cosa hai provato". Lo seguii in salotto, i vestiti che lasciavamo cadere come scorie del mondo esterno. Mi fece sedere sul bordo del divano, poi si inginocchiò davanti a me. "Chiudi gli occhi", ordinò con voce roca. "Rivivi Paolo dentro di te". Obbedii. Le dita di Enrico mi sfiorarono le cosce mentre ripercorrevo mentalmente ogni spinta, ogni gemito, il peso di quel corpo estraneo che mi possedeva. "Raccontami", insistette lui, la bocca che intanto discendeva verso il mio ventre. "Dov'è che ti toccava? Come?". "La... la mano sulla gola", ansimai, la testa che cedeva all'indietro. "Mi stringeva appena... mentre mi prendeva da dietro". Sentii le sue dita imitare la pressione, leggera ma decisa, sulla mia trachea. Un brivido mi scosse tutta." E poi?", la sua voce era un ruggito soffocato contro la mia pelle. "Quando ti ha fatto sedere sul mio viso... com'era?". "Umido", sussurrai, le dita che si intrecciarono nei suoi capelli. "Caldo... la tua lingua... e lui che mi riempiva...". Non finii la frase. Il suo bacio fu una frana sul mio clitoride, un'ondata di piacere così immediata che mi contorsi, un grido strozzato in gola. Enrico non rallentò, succhiando con una ferocia che sembrava divorare il ricordo stesso di Paolo, sostituirlo con la sua possessività. Le mie mani gli artigliarono le spalle, cercando un appiglio mentre la stanza ondeggiava." Voglio sentirti venire", ordinò, sollevando il viso bagnato. I suoi occhi erano pozzi neri di desiderio concentrato. "Adesso. Per me". Non servirono altre parole. Il solo peso del suo sguardo, carico di quella nuova, elettrizzante intenzione di osservatore assoluto, fu la scintilla. L'orgasmo mi travolse come un treno, un tremito violento che mi fece inarcare la schiena contro il divano, le unghie che affondarono nella sua carne. Urlai il suo nome, un suono lungo e spezzato che echeggiò nella casa silenziosa. Quando riaprii gli occhi, Enrico era ancora inginocchiato, immobile. Mi studiava. Non con lo sguardo affamato di chi vuole partecipare, ma con l'intensità bruciante di chi sta assorbendo ogni dettaglio: il rossore sul mio petto, il tremore residuo nelle cosce, il respiro ancora affannoso. "Così", mormorò, una traccia di stupore nella voce. "Così sei perfetta". Mi aiutò ad alzarmi, le sue mani salde sui miei fianchi. "Ora andiamo a letto. Ho bisogno di tenerti stretta". Sotto le lenzuola fresche, il suo abbraccio fu diverso. Non un preludio, ma un contenimento. Le sue braccia mi cingevano la vita, il petto contro la mia schiena, il naso sepolto nei miei capelli. "Dimmi", sussurrò dopo un silenzio carico del mio respiro che tornava lento. "Quando Paolo ti ha scopata... cosa sentivi qui?". Una mano calda si posò sul mio basso ventre. Non per eccitare, ma per indicare un luogo preciso." Potere", risposi senza pensare, sorpresa dalla parola uscita dalle mie labbra. "Sentivo che... potevo essere chiunque. Solo desiderio. Senza dover essere la dirigente, la moglie, l'adulta responsabile". Sentii il suo sorriso contro la nuca. "Ecco. Voglio vederti in quel posto. Farlo diventare il nostro luogo segreto della tua trasgressione". Poi mi venne un'idea folle. Mi voltai verso di lui, le lenzuola che scivolavano giù. "Enrico", sussurrai, le dita che gli tracciarono la mascella. "Ho voglia che tu mi scopi. Ma non come facciamo di solito". Feci una pausa, il cuore in gola. "Voglio che mi scopi il culo. Voglio essere sverginata dietro". Enrico rimase immobile per un secondo, il respiro che gli si bloccò. Mi guardò, gli occhi che scrutavano i miei come per capire se scherzavo. "Il culo?", ripeté, la voce più roca del solito. "Non l'abbiamo mai fatto. Davvero vuoi...?""Sì", tagliai corto, guidando la sua mano giù, oltre l'addome, verso la curva del sedere. "Con te. Solo con te. Prima di qualsiasi altro". Era una demarcazione netta, un confine sacro. Quel buco stretto, vergine, dovevo offrirlo a lui per primo. Era il mio modo di dire che Paolo era stato un gioco, un eccitante diversivo, ma che certe soglie le avrei varcate per la prima volta solo con mio marito. Con l’uomo che mi aveva visto sbocciare. poi avrei potuto farlo anche con qualcun altro senza dovermi porre dei limiti. Enrico trattenne il respiro, le dita che mi sfiorarono l’inguine con una riverenza nuova. "Sei sicura? È... doloroso la prima volta". Ma nei suoi occhi scuri bruciava una fiamma improvvisa, un misto di possessività e desiderio crudo che non gli avevo mai visto. La mia richiesta aveva toccato una corda profonda, primordiale. Quel passaggio non concesso a nessuno prima di lui era una dichiarazione d’appartenenza più potente di qualsiasi anello. Aprii il comodino, frugando tra i blister di pillole e le creme notturne fino a trovare il tubetto di gel lubrificante. Lo porsi a Enrico con mano leggermente tremante. "Spalmalo tu" sussurrai, voltandomi a pancia sotto, il viso affondato nel cuscino. "Prima di entrare... fallo lentamente". Lui scaldò il gel tra le dita, poi sentii la punta dell'indice, fresca e scivolosa, premere contro il mio rossetto stretto. Un cerchio lento, insistente, che mi fece contrarre i glutei per l'emozione. "Respira" mormorò, e mentre espiravo, la punta del dito sfidò la resistenza muscolare, penetrando con una pressione costante. Un bruciore sottile, subito placato dal gel, mentre la sua falange scivolava dentro, inesorabile, fino alla nocca. "Dio, quanto sei stretta..." sibilò, iniziando un movimento a uncino che mi fece gemere nel cuscino. La sua mano libera mi tenne ferma mentre il dito esplorava, allargando delicatamente il passaggio con movimenti circolari. Sentii il bruciore trasformarsi in una strana pienezza, poi, inaspettatamente, in un brivido di piacere quando sfiorò un punto interno che mi fece sobbalzare. "Qui?" chiese, ripetendo la pressione. Annuii, incapace di parlare, mentre un'ondata di calore mi invadeva le gambe. Aggiunse un secondo dito, più lentamente, dilatandomi con una pazienza che era quasi una tortura. Il dolore era un filo tagliente, ma intrecciato a un'oscura eccitazione che mi faceva premere il ventre contro il materasso. Quando le dita si ritirarono, sentii il vuoto, subito sostituito dalla punta fredda e turgida del suo cazzo, ben lubrificata. Premette contro l'ingresso stretto, un peso implacabile. "Respira, Adriana" ripeté, la voce rotta dallo sforzo di controllarsi. Espirai profondamente, e lui spinse. Un dolore acuto mi trafisse, un lacerarsi interno che mi fece urlare nel cuscino. Le mie dita afferrarono le lenzuola, le nocche bianche. Enrico si fermò, immobile, il respiro affannoso contro la mia schiena. "Stai bene?" ansimò. Annuiti, incapace di parlare, concentrata sul bruciore che sembrava espandersi. Poi, lentamente, iniziò a muoversi. Una frazione di centimetro in avanti, una pausa, un'altra frazione. Ogni micromovimento era un coltello, ma sotto la lama, qualcosa di più profondo pulsava. La sua mano mi teneva ferma all'anca, l'altra si intrecciò alle mie dita, schiacciando le mie nocche contro il materasso. "Sei... così stretta..." sibilò, la voce piena di meraviglia e sofferenza." Allargamelo tu, amore," dissi io, la voce strozzata dal cuscino e dalla tensione. Era un ordine, una supplica. Volevo che fosse lui a forzare quel confine, a prendersi quel passaggio vergine con la stessa determinazione con cui aveva conquistato il mio cuore anni prima. Non volevo delicatezza, volevo la sua possessività. "Fallo. Adesso." Enrico obbedì. Un respiro profondo, poi una spinta decisa, un affondo che strappò un grido soffocato dalle mie viscere. Il dolore fu un lampo bianco, acuto, che mi fece contrarre ogni muscolo, le unghie che graffiarono il materasso. Lui rimase immobile, incastrato in quel calore stretto, palpabile, quasi opprimente. "Dio... sei una morsa..." ansimò, il sudore che gli colava dalle tempie sulla mia schiena. Sentivo il suo cazzo pulsare dentro di me, un martello conficcato in un incudine di carne. Poi iniziò a muoversi. Non più tentennamenti, ma colpi profondi, ritmici, come un battito primordiale. Il suono umido del gel e della mia carne che si apriva, che si adattava a forza. Ogni spinta mi spingeva più in basso sul letto, il suo pube che schiacciava le mie natiche con un impatto sordo. "Così?" ringhiò, affondando più forte. "Così lo senti tutto?". Annuiti, la faccia schiacciata nel cuscino, il dolore che si stemperava in un calore inaspettato, una pressione piena che invadeva tutto, dall'inguine alla gola. Era invasione, possesso totale. Ogni nervo urlava la sua presenza. "Più forte," ansimai, la voce rotta. "Fammelo sentire bruciare". Enrico obbedì. Le sue mani mi afferrarono i fianchi, sollevandomi leggermente, e lui caricò. Colpi d'ariete, profondi, brutali contro le mie natiche. Il dolore si fuse all'istinto, un fiume in piena che travolgeva ogni barriera. Sentivo il suo scroto schiaffeggiarmi il clitoride a ogni affondo, un contrappunto di piacere crudo alla lacerazione dietro. Un gemito animale mi sfuggì, lungo, gutturale. "Così?" ringhiò lui, il respiro un mantice. "Così ti piace il culo in fiamme?". Annuiti, affondando le unghie nel materasso. Sì. Bruciava, Dio come bruciava, ma era una fiamma purificatrice. Ogni spinta allargava quel tunnel vergine, lo plasmava a sua immagine. Sentivo ogni centimetro del suo cazzo, ogni vena, ogni pulsazione dentro quel calore stretto, opprimente. Era invasione, sottomissione, appartenenza. Un confine violato solo per lui. "Sì, Enrico, così!" ansimai, la voce strozzata dal piacere-dolore. "Lo sento tutto... mi spacchi... fammi sentire una troia!". Le parole uscirono viscide, oscene, alimentate dal furore di quei colpi. Lui ringhiò, una bestia liberata. Le mani mi serrarono i fianchi con forza da livido, sollevandomi a metà, e caricò. "Sei la mia troia!" ringhiò, il fiato caldo sul mio collo. "La mia puttana col culo stretto!". Ogni parola era una frustata, ogni spinta una conquista. Il dolore si fuse all'istinto, un fiume in piena. Mi abbandonai, lasciando che mi sfondasse, che mi marchiasse. Sotto di me, il lenzuolo si inumidiva di saliva, di lacrime? Non sapevo più. Volevo solo quel martellare, quel possesso totale. "Più forte!" urlai. "Rompimi!". Lui obbedì. Un ultimo affondo, un'impalatura che mi sollevò da terra. Poi il suo corpo si irrigidì, un grido soffocato. Sentii l'esplosione dentro di me, calda, profonda, un getto che sembrava riempire ogni fessura di quel passaggio violato. Tremai, un tremito convulso, mentre il dolore e il piacere raggiungevano l'apice in un groviglio inestricabile. Rimase immobile, conficcato fino all'osso, il respiro un rantolo. "Dio... Adriana..." mormorò, le dita che si rilassavano sui miei fianchi, lasciando il segno. Sentivo la sua sborra. Un calore intenso, vivo, che pulsava dentro il mio culo ancora stretto, quasi dolorante. Era un liquido denso, un possesso liquido che mi riempiva, sigillando quella violazione come un marchio. Il gelido iniziale del lubrificante era stato spazzato via da quel torrente caldo che sembrava espandersi, rivendicare ogni centimetro di quel tunnel appena aperto. Un fremito mi percorse la schiena, un misto di sfinimento e strana, oscura soddisfazione. Era dentro di me, nel posto più intimo, più vergine. Bruciava ancora, ma ora c'era quel calore a lenire la lacerazione, a trasformarla in un ricordo indelebile. Poi si ritirò. Lentamente, con un suono umido, viscido. Sentii un rivolo caldo scivolare lungo la mia coscia, un'effusione della sua conquista. Il vuoto che lasciò era enorme, doloroso, ma anche... vuoto. Mi voltai a fatica, il corpo un unico livido. Lo vidi in ginocchio sul letto, il cazzo ancora turgido, lucido di lubrificante, sangue e il suo seme biancastro che colava dalla punta. I suoi occhi erano fissi su di me, su quel buco ora leggermente aperto, arrossato, umido del suo possesso. C'era una reverenza in quello sguardo, una meraviglia crudele. "Guarda", sussurrò, indicando il rivolo sulla mia coscia. "Il mio marchio". Mi trascinai verso di lui, le gambe tremanti. "Lavami", ordinai, la voce roca. Non volevo pulirmi da sola. Volevo
che lui cancellasse la prova, ma sapendo. Che le sue mani toccassero ciò che aveva fatto. Enrico annuì, silenzioso. Si alzò, tornò con un asciugamano bagnato e tiepido. Si inginocchiò di nuovo dietro di me. Sentii il panno umido passare con delicatezza sorprendente tra le mie natiche, pulendo il sangue, il seme, la vergogna e la gloria mescolate. Ogni passata era un brivido, un riconoscimento. "Fa male?", chiese, la voce bassa. "Sì", sibilai. "Ma è un buon dolore". Un dolore che diceva: questo è tuo. Solo tuo. Poi mi voltai verso di lui, completamente nuda, ferita, posseduta. Lo guardai negli occhi scuri. "Ora", sussurrai, sfiorando la sua bocca con un dito. "Adesso puoi baciarmi". Era il sigillo. Il passaggio più osceno, più intimo, ora gli apparteneva. E io volevo il suo bacio su quelle labbra che avevano ordinato, ringhiato, posseduto. Volevo assaggiare la sua vittoria. Lui esitò un attimo, poi le sue labbra si posarono sulle mie. Un bacio lento, profondo, che sapeva di sale, di sudore, e di quel confine appena violato. Un bacio che diceva: sei mia. Ovunque. Ci addormentammo abbracciati, le mie natiche che pulsavano ancora di un dolore sordo, caldo. Un dolore che era una promessa, un confine sacro infranto solo per lui. Ma il sonno non fu pace. Fu una bufera .Nel sogno lo scenario cambiava completamente.
*** Eravamo sempre a casa di Paolo, ma io ero seduta in poltrona e al centro della scena c'erano Paolo ed Enrico. Enrico aveva fatto ingresso nella stanza vestito da donna con i miei abiti più eleganti: la gonna tubino nera che adoravo, il tailleur di seta color crema che portai al matrimonio di mia sorella. Truccato con maestria. Fondotinta coprente, ombretti sfumati, rossetto rosso bordeaux. Capelli corti nascosti sotto una parrucca lunga, castana, identica alla mia. Somigliava a me in modo inquietante. Paolo lo baciava con trasporto accarezzandogli i glutei. Io osservavo, immobile, gelida. Paolo sfiorava le labbra di Enrico con le dita mentre lo guardava negli occhi. "Ti voglio scopare forte" sussurrava Paolo. Enrico annuiva con un sorriso malizioso, girandosi a quattro zampe sul tappeto bianco della villa. Paolo si inginocchiava dietro di lui, sollevava la gonna tubino nera scoprendo le sue natiche bianche e glabre. Lo spalmava di gel con cura meticolosa. Enrico gemeva, fingendo la mia voce. Paolo premeva la punta del suo cazzo enorme contro il rossetto stretto di mio marito. Lo sfiorava senza penetrare. Enrico si contorceva, implorando: "Fallo, Paolo. Entra". Paolo spingeva. Enrico urlava, un grido acuto, femmineo. Paolo affondava con colpi profondi, brutali contro le natiche di mio marito. Enrico gridava ad ogni spinta: "Sì! Così! Più forte!". Paolo afferrava i suoi fianchi, martellando senza pietà. "Sei stretta, Adriana!" ringhiava Paolo, sudando. Enrico gemeva ancora più forte: "Sfondami!". Paolo gli afferrava i capelli della parrucca, tirando indietro la testa. "Vuoi che ti scopi come una troia?" sibilava Paolo. "Sì!" urlava Enrico. "Scopami come se scopassi mia moglie!".Paolo caricava, colpi d'ariete che sollevavano Enrico da terra. Enrico urlava, la voce sempre più simile alla mia. Paolo raggiungeva l'orgasmo con un ruggito, svuotandosi dentro mio marito.
Nello stesso stante fui colta in un orgasmo che sembrava reale e mi svegliai di soprassalto, il cuore in gola. Il dolore alle natiche era un martello ritmico. Enrico dormiva accanto a me, un braccio pesante sulla mia vita. Respiravo affannosamente nel buio. La stanza odorava ancora di sesso e dolore. Il sogno mi bruciava dietro le palpebre. Paolo che scopava Enrico vestito da me. Enrico che gemeva con la mia voce. La parrucca lunga, castana. Il rossetto bordeaux sbavato. Quel "Scopami come se scopassi mia moglie!" che ancora echeggiava nelle mie orecchie. Era solo un incubo? O una premonizione? Un desiderio mio nascosto di vedere Enrico sottomesso a Paolo che filtrava dal subconscio? Mi girai lentamente, cercando di non svegliarlo. Ero bagnatissima, passai le mani sulla fica, ero venuta realmente oltre che nel sogno. Quella situazione era stata molto eccitante per me, ora capisco cosa voleva dire Enrico quando parlava che guardare godere il proprio compagno era di una eccitazione ineguagliabile. Avevo veramente voglia di vederlo agire come una donna. La luce dell'alba filtrava dalle persiane. Enrico si mosse, svegliandosi. I suoi occhi mi scrutarono. "Hai dormito male?" chiese, la voce ancora roca dal sonno. "Un sogno... strano" mormorai, evitando i dettagli. Lui sfiorò il mio fianco, poi la mano scese verso le mie natiche ancora doloranti. "Fa ancora male?" "Sì" sibilai. Il suo tocco era leggero, quasi reverenziale. "Lo rifaremo?" chiese, gli occhi fissi sui miei. Annuiti senza esitazione. "Sì, quando vorrai". Un sorriso gli sfiorò le labbra. Quel dolore era un sigillo, un confine violato solo per lui. Mi strinse a sé, il naso nei miei capelli. "Sei perfetta". Ma il sogno mi bruciava dietro le palpebre. Paolo che affondava in Enrico vestito da me. Enrico che gemeva con la mia voce. Quel "Scopami come se scopassi mia moglie!" che ancora echeggiava. Mi alzai dal letto senza rumore. L'umidità tra le cosce era ancora fresca. Avevo veramente voglia di vederlo agire come una donna. Di vedere Paolo trattarlo come aveva trattato me. Di sentirgli urlare la mia voce sotto la spinta. Era un desiderio viscerale, osceno. Mi fermai davanti all'armadio aperto. La gonna tubino nera. Il tailleur di seta crema. Il rossetto bordeaux. Li sfiorai con le dita tremanti. Poi chiusi l'armadio di colpo, il cuore in gola. Enrico mi raggiunse in cucina mentre preparavo il caffè. Mi avvolse da dietro, le mani sul mio ventre. "Pensavo..." sussurrò contro la mia nuca. "Potremmo chiamare Paolo oggi. Per organizzare il prossimo incontro".
Mi irrigidii.
"Solo tu e lui?" disse, la voce più bassa del sussurro.. "Come abbiamo detto".
Mi voltai verso di lui. "E se..." esitai, le dita che gli sfiorarono la mascola. "E se invece... fossi tu ad essere osservato?".
I suoi occhi si strinsero. "Cosa intendi?".
Presi un respiro profondo. "Intendo che vorrei che Paolo scopi te. Mentre io guardo".
Un silenzio di ghiaccio. Poi una risata breve, nervosa. "Scherzi?".
Scossi la testa. "No". Gli presi la mano, guidandola verso la gonna tubino nera nell'armadio che sapevo già pronta. "Voglio vederti in quei vestiti. Voglio sentirti gridare come me". Il suo respiro si bloccò. Mi scrutò, cercando tracce di scherzo. Non ne trovò. "Tu... vuoi che mi faccia scopare da Paolo? Vestito da te?". "Sì" sibilai. "Voglio che Paolo ti tratti come ha trattato me. Che ti sfondi come ha sfondato me". Gli sfiorai le labbra con un dito. "E quando ti prenderà... quando sarai sotto di lui...". Mi chinai all'orecchio, il respiro caldo sulla sua pelle. "Gridagli di scoparti forte. Gridagli di scoparti come se scopasse me". Un brivido gli percorse la schiena. Vidi il conflitto nei suoi occhi: orrore, eccitazione, paura. Poi una luce nuova, oscura.
"Dio, Adriana..." mormorò. "Sei sicura?"
"Più di qualsiasi cosa" risposi. E lo ero. Volevo vedere mio marito diventare la mia copia. Volevo sentire Paolo ordinargli di aprire le gambe. Soprattutto, volevo sentire Enrico urlare quelle parole mentre veniva posseduto: "Inculami forte! Scopami come se scopassi mia moglie!". Il mio corpo tremava già al pensiero. L'ho sognato tutta la notte disse Adriana e nel sogno sono venuta solo a guardarti. Enrico rimase immobile, il corpo rigido contro il mio. Poi, lentamente, un sorriso storto gli contorse le labbra. Non era rifiuto. Era resa. "Allora chiamalo" disse, la voce roca. "Digli che... che abbiamo un nuovo gioco". Gli afferrai la mano, guidandola verso il mio ventre, dove l'umidità era già un fiume. "Prima" sussurrai, "fammi vedere come ti muoveresti. Come... come geme una donna". Lo trascinai in camera. Aprì l'armadio. La gonna tubino nera scivolò tra le sue dita. Il tailleur di seta crema. Li prese come fossero armi. "Indossali" ordinai. "Adesso". Si voltò verso di me, gli occhi neri di una sfida accettata. "Tu guardi". Si spogliò con movimenti esitanti, poi infilò la biancheria intima mia - un tanga nero che gli solcava i glutei maschili. La gonna lo strinse ai fianchi, il tailleur gli modellò le spalle larghe. La trasformazione fu agghiacciante. Con la parrucca lunga e il rossetto bordeaux, Enrico divenne un fantasma di me stesso. Camminò a tacchi alti, goffo. Poi si voltò davanti allo specchio.
"Dio" mormorò, la voce volutamente più acuta. "Sembri...". "Sembri una puttana" tagliai io. "La mia puttana". Mi avvicinai, gli sfilai la giacca. "Adesso inginocchiati, mettiti alla pecorina".
Obbedì. Gli afferrai i capelli finti, tirando indietro la testa. "Immagina che sia Paolo" sibilai. "Immagina che ti spacchi il culo". Un gemito gli sfuggì, autentico. Le mie dita gli sfiorarono le labbra dipinte. "E quando ti entra...". Gli premo il pollice contro la bocca. "Grida. Grida che vuoi essere sfondata". Annuì, gli occhi chiusi, il respiro affannoso. Nel silenzio della camera, sentii il suo tremore. La sua eccitazione. La mia vittoria. Paolo sarebbe arrivato tra un'ora. Enrico rimase in ginocchio, la gonna nera spiegazzata sul pavimento, la parrucca leggermente storta. Il rossetto aveva lasciato una macchia carnosa sul mio pollice.
"Alzati" ordinai. Si sollevò a fatica, i tacchi che traballavano. Gli aggiustai la parrucca, lisciandogli una ciocca ribelle dalla fronte. "Cammina". Fece qualche passo incerto verso il letto, le anche troppo rigide, maschili. "Più morbido" sibilai. "Scivola".
Provò, oscillando le spalle con esagerazione. Ridacchiai. "Sei un trans fallito". Arrossì sotto il fondotinta. Quel rossore improvviso, femminile, mi eccitò. Mi avvicinai, sfiorandogli la nuca scoperta.
"Quando Paolo sarà qui...". Sentii un brivido percorrergli la schiena. "...ti farà inginocchiare così. Ti spalmerà il gel con le dita grosse". Le mie unghie gli graffiarono leggere la pelle tra la parrucca e il colletto. "Sentirai la sua punta contro il buco". Un sussulto. "E quando spingerà...". Gli affondai un dito nel fianco, simulando un'affondata. Enrico gemette, alto, stridulo. Un suono innaturale. "Troppo falso" lo rimproverai. "Devi crederci". Lo fissai. "Vuoi che ti sfondi?". Abbassò lo sguardo. "Sì" sussurrò, la voce roca, tornata sua. "Più forte". Sorrisi. Era pronto. O quasi. Il citofono ronzò alle tre precise. Paolo arrivava puntuale come un orologio svizzero. Enrico trasalì, la mano che istintivamente si portò alla parrucca. "Non muoverti" sibilai, spingendolo verso la poltrona. Si sedette, rigido, le gambe incrociate con goffa eleganza. Aprii la porta. Paolo entrò con un sorriso sicuro, gli occhi che mi cercarono prima di posarsi sulla figura seduta. Il suo sorriso si gelò. "Cristo..." mormorò, fissando Enrico vestito da me. "È... inquietante". Avanzò, circospetto. Enrico rimase immobile, il rossetto che luccicava sotto la luce del lampadario. "Saluta" ordinai. Enrico sollevò una mano, un cenno timido. Paolo scoppiò a ridere, un suono greve. "Dio, Enrico... sembri una drag queen di seconda categoria". Enrico arrossì di nuovo sotto il fondotinta. Quel rossore femminile mi trafisse il basso ventre. Paolo si voltò verso di me. "E quindi? Qual è il gioco?". Gli sfiorai il petto. "Vuoi scopare mia moglie?". Indicai Enrico. "Eccola". Paolo scosse la testa, ancora incredulo. "Scherzi?". "No" dissi, prendendo la mano di Paolo e guidandola verso la gonna nera di Enrico. "Scopala. Proprio come hai fatto con me". Paolo osservò Enrico, poi me. Nei suoi occhi scorsi un lampo di eccitazione oscura. "E tu?" "Io guardo" sibilai. "Come faceva Enrico con te". Faremo a turno una volta scoperai me una volta la mia sostituta, indicando Enrico.
Paolo annuì lentamente. Si avvicinò alla poltrona, afferrò Enrico per un braccio e lo sollevò. "In piedi, puttana". Enrico obbedì, tremante. Paolo gli girò intorno, valutandolo come una merce. Gli afferrò i glutei attraverso la stoffa, una stretta brutale. "Strettino" commentò. Poi lo spinse verso il divano. "A quattro zampe. Adesso". Enrico esitò un secondo. I nostri occhi si incrociarono. Vidi la paura, l'eccitazione, la resa. Si inginocchiò sul divano, poi si piegò in avanti, la gonna nera che si sollevava scoprendo le mutandine nere aderenti. Paolo estrasse il tubetto di gel dalla tasca. "Tienigli ferme le anche" ordinò, senza voltarsi. Mi avvicinai, le mani che si serrarono sui fianchi di Enrico. Sentii i suoi muscoli contrarsi. Paolo sollevò l'orlo della gonna, scoprendo completamente le natiche bianche di mio marito. Spremette una generosa quantità di gel freddo tra le chiappe. Enrico trasalì. "Zitto" ringhiò Paolo, spalmando con le dita grosse. Il suo indice cercò il buchetto stretto, premendo con insistenza. Enrico gemette, un suono strozzato. Paolo sfiorò l'ingresso. "Respira" ordinò. Enrico espirò. La punta dell'indice di Paolo sfidò la resistenza, penetrando con un movimento a vite. Enrico urlò, un suono acuto, quasi femminile. Le mie dita affondarono nella sua carne mentre lo tenevo fermo. Paolo muoveva il dito dentro di lui, allargando, esplorando. "Strettissimo" commentò, estraendo il dito lucido. Poi sentii lo schiocco della cintura. Paolo si sbottonava. "Adesso, troia" sibilò, premendo la punta del cazzo contro quel buco ancora contratto. "Preparati". Io mi accomodo per godermi la scena dissi raggiungendo la poltrona. Paolo caricò il bacino. Un affondo brutale. Il cazzo entrò di colpo, sfondando la resistenza. Enrico urlò nel cuscino del divano, un grido lacerante. Paolo rimase immobile, conficcato fino alle palle. "Dio... che morsa..." ansimò, il sudore che gli imperlava la fronte. Poi iniziò a muoversi. Colpi profondi, ritmici contro le natiche di Enrico. Ogni spinta lo spingeva in avanti sul divano. Io osservavo, immobile, le gambe strette per contenere l'eccitazione. Enrico gemeva tra un colpo e l'altro, la voce rotta, un misto di dolore e sottomissione. "Più forte!" urlò improvvisamente, la voce stranamente simile alla mia. Paolo ringhiò, afferrandolo per i fianchi. "Vuoi essere sfondata, puttana?". "Sì!" strillò Enrico. "Scopami come se scopassi mia moglie!". Paolo caricò. Colpi d'ariete che sollevavano Enrico da terra. La parrucca gli scivolò di lato. Il rossetto era sbavato sul cuscino. Io mi mordevo il labbro, sentendo il calore salirmi tra le cosce. Enrico urlava ad ogni affondo, perdendo ogni mascolinità. Era la mia copia, posseduta. Paolo raggiunse l'orgasmo con un ruggito, svuotandosi dentro di lui. Enrico tremò, un gemito lungo. Poi crollò sul divano, esausto. Paolo si ritirò con un suono umido. Il seme colava lungo la coscia di Enrico. Un rivolo bianco sul pallore della pelle. Il mio marchio liquido su di lui. Mi alzai lentamente ed raggiunsi Enrico sul divano gli allargai le natiche e cominciai a leccare lo sperma di paolo come avrebbe fatto lui con me poi inserii una mano sotto d lui e raggiunsi il suo pene rigido cominciando a masturbarlo. Quando mi accorsi che stava per venire lo girai di colpo e lo feci sborrare nella mia bocca, se lo era meritato. Enrico tremava ancora, il respiro affannoso. Paolo si stava riabbottonando, gli occhi fissi su di noi. "Beh?" chiese, un sorriso ambiguo sulle labbra. "Soddisfatta?". Annuii senza distogliere lo sguardo da mio marito. Enrico sollevò la testa, il trucco completamente distrutto. Mi guardò. Nei suoi occhi c'era vergogna, dolore, e una strana, bruciante eccitazione. "E adesso?" sussurrò. Gli sfiorai le labbra sporche di rossetto e sperma. "Adesso" dissi, "fai una bella doccia" Lo aiutai ad alzarsi. Tremava sulle gambe, la gonna nera macchiata. Lo guidai in bagno sotto lo sguardo impassibile di Paolo. Aprii la doccia. Il vapore riempì rapidamente la stanza. "Togliti tutto" ordinai. Enrico obbedì, strappando via la parrucca, sfregando il rossetto con furia. Entrammo nella cabina. L'acqua calda gli sciolse il fondotinta in striature nere sulla pelle. Mi chinai, prendendo il sapone. "Girati". Gli lavai le natiche con cura meticolosa, sciacquando via il sangue, il seme, l'umiliazione. Lui gemeva ad ogni mio tocco sulle ferite. "Fa male?" chiesi. "Un inferno" ansimò. "Ma è il mio inferno". Gli passai la spugna sul petto. "E Paolo?". "Fuori" risposi. "Aspetta". Quando uscimmo, Paolo era in piedi vicino alla finestra. Si voltò. Enrico nudo, tremante, con le mie mani sui suoi fianchi. "Allora?" chiese Paolo. Enrico abbassò lo sguardo. "Grazie" mormorò, la voce roca. Paolo rise, breve. "Non ringraziare. È stato un piacere... Adriana". Il nome mi trafisse. Enrico trasalì. Paolo si avvicinò, sfiorando il mento di Enrico. "La prossima volta, scoperò tua moglie". Poi se ne andò senza aggiungere altro. La porta si chiuse. Nella stanza improvvisamente silenziosa, Enrico mi guardò. "Sei contenta?". Lo strinsi a me, sentendo il suo cuore martellare. "Più che contenta" sussurrai contro la sua pelle. "Ho visto te diventare me ed e stato favoloso". Le mie dita gli esplorarono le natiche ancora contratte. "Questo dolore... è nostro". Lui annuì, seppellendo il viso nel mio collo. "E adesso?". Sorrisi, sfiorandogli l'orecchio. "Adesso" dissi, "tu mi scopi. Come solo mio marito sa fare". Lo guidai verso la camera. Sul divano, una macchia scura luccicava sotto la luce. Il nostro gioco era appena iniziato. lo voglio nel culo, voglio sentire lo stesso tuo dolore per compensare. Mi spinsi sul letto, sollevando le anche. "Usa quel dolore" ordinai. "Fammi sentire cosa hai provato". Enrico estrasse il lubrificante. Le sue dita erano ferme quando mi penetrarono, preparandomi con una precisione chirurgica. Ogni tocco era un promemoria del suo martirio. "Sei pronta?" chiese, la voce roca. Annuiti, afferrando le lenzuola. "Fammi urlare" .La sua penetrazione fu un coltello di fuoco. Urlai, le unghie che si conficcavano nel palmo. Lui rimase immobile, conficcato fino alle palle, proprio come Paolo aveva fatto con lui. "Respira" sussurrò, imitando Paolo. Un gioco nel gioco. Espirai. Lui iniziò a muoversi. Colpi profondi, misurati, che trasformavano il dolore in un calore elettrico. "Più forte!" gemetti. Ogni affondo mi sollevava dal materasso. Vidi nei suoi occhi la stessa follia che aveva illuminato Paolo. La stessa sete di possesso. "Sei mia" ringhiò. "Tutta mia". Sentivo il suo sudore cadermi sulla schiena. Il ritmo aumentò. Non ero più Adriana. Ero il suo fantasma, posseduto come lui era stato posseduto. Il dolore e il piacere si fusero in un unico grido quando raggiunsi l'orgasmo, le sue dita che mi martoriavano il clitoride. Lui seguì poco dopo, svuotandosi dentro di me con un ruggito. Tremammo insieme, due animali feriti. Ci sdraiammo fianco a fianco, il respiro affannoso. Il mio culo pulsava come se fosse stato sfregiato da un ferro rovente. Lui sfiorò le mie labbra. "Parità" mormorò. Sorrisi, assaggiando il sale sulla sua pelle. Paolo aveva aperto una porta. Ora noi la attraversavamo insieme, scoprendo nuovi modi per appartenerci. La stanza odorava di sesso e verità. Fuori, il sole tramontava. Il nostro gioco era finito...per oggi.
FINE
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