una coppia moderna

Capitolo 14 - i mostri dentro

metzenbaum
6 days ago

capitolo quattordici

i mostri dentro…

“NON TI VOGLIO PIU’ VEDERE! VATTENE VIA DA QUI!!!!!!!” gridò ancora mentre piangeva a dirotto, “VATTENE VIA!” gridò isterica e poi il suo pianto si allontanò sempre di più fino a che non scomparve.

fui tentato di suonare ancora e di insistere ma non lo feci, aspettai qualche istante ma poi decisi di andarmene, dapprima con un moto di stizza pensando “ma chi cazzo me lo fa fare? non mi vuoi più vedere? ma vaffanculio, Gioia!” ma poi… poi ci pensai, no, non era giusto mollare così, e mi autoconvinsi dicendomi che era solo un inciampo, un intoppo, che dovevo… perseverare.

pensando che di lì a poco sarebbe venuta alla porta, l’avrebbe aperta e mi avrebbe fatto entrare, per parlarmi.

passò un minuto, poi i minuti diventarono due e poi tre, e dall’altra parte della porta c’era solo silenzio, allora… semplicemente me ne feci una ragione, almeno per quella sera capii che non dovevo insistere.

scesi giù per le scale e appena fuori fui accolto dal caldo torrido, mi sedetti in auto e nemmeno la accesi restando a lessare sudando copiosamente, poi presi il telefono e scrissi a Stella.

“non è andata bene”

ci mise qualche minuto, poi rispose.

“perché??????????” con le faccine allarmate.

“mi ha sbattuto la porta in faccia”

stava rispondendo ma restarono i puntini in sospensione per minuti interminabili, dentro l’auto arroventata stavo cuocendo ma lo consideravo… un qualcosa come una punizione necessaria e non feci nulla, proprio nulla, fino a che arrivò la sua risposta.

“ok”

solo ok?

sì, era solo ok, perché Stella si era disconnessa.

aspettai e quasi mi venne un mancamento per via del caldo, finalmente accesi l’auto e la brezza fresca del condizionatore mi riportò alla vita, ma ero… madido di sudore.

tornai a casa lentamente per via degli occhi arrossati e bruciati dal sudore, ero pensieroso ed ero diviso in due metà: la prima parte la odiava, la rifiutava, la detestava, ed era felice della sua reazione, e mi diceva ‘adesso finalmente te ne sei liberato, comincia a vivere e divertiti, tocca a te non avere più freni!’.

l’altra parte invece mi diceva di darle tempo, di… aspettare, che non poteva finire così…

rientrai in casa e pochi minuti dopo ero in piscina, in ammollo, una bottiglia di bollicine nel secchiello colmo di ghiaccio, un bicchiere in mano, occhi chiusi.

in due ore di permanenza in ammollo, con la testa bruciata dai pensieri contrastati, finii la prima bottiglia e ne finii anche una seconda e quando fu il momento di issarmi sul bordo andai giù dritto sott’acqua perché le braccia non mi sostenevano, riemersi “umiliato” sputando acqua salata e dovetti usare la scaletta faticando anche con quella per uscire, mi levai il costume piantandolo a terra (che poi erano i boxer perché non me l’ero neanche messo il costume) e mi misi sotto la doccia, ci restai sotto non so quanto e poi rientrai, nudo e gocciolante, e con quel senso di leggerezza da sbronza e con le orecchie che ronzavano mi lasciai andare sul divano crollando ubriaco marcio, senza nemmeno sentire le chiamate ricevute da Stella e da Enrico che mi tempestavano di telefonate.

mi svegliai a notte fonda pisciandomi addosso, faticai a raggiungere il bagno e dovetti sedermi sopra per farla perché barcollavo, e quando mi alzai mi guardai allo specchio.

“ci risiamo, eh?” sussurrai, “hai di nuovo mandato tutto a puttane?”

guadagnai la via della camera da letto (ancora quella degli ospiti, ovviamente) e mi lasciai andare ancora una volta finendo a pancia in giù con le chiappe per aria, mi addormentai ma mi risvegliai nuovamente sentendo un suono… un trillo, quello del mio telefono.

scesi dal letto e arrivai all’apparecchio solo quando ormai aveva smesso di suonare, guardai e mi venne da ridere, otto chiamate di Enrico e diciannove di Stella, tra le quali anche l’ultima di pochi istanti prima.

“pronto?” sussurrò quando la richiamai, “pronto! ma dove cazzo sei dottore?”

“sono… sono a casa… dormivo…” riuscii a sbiascicare.

“coglione… ti sei ubriacato…” sussurrò ancora, la sentii dire qualcosa a chi le stava vicino e capii che era Enrico.

“cazzo, ma dov’eri?” mi chiese allora lui, “sono venuto a casa tua, ho bussato, ho suonato al campanello come un matto ma non hai mai risposto!”

“stavo… dormendo…”

“cazzo, ci hai fatto preoccupare” mi disse, gli era passata la voglia di ridere, “non vogliamo romperti le palle, volevamo solo sapere se stavi bene…”

“ah, una favola…” risposi, “sto una favola…”

“ehi, amico, non fare stronzate, eh?” disse ancora Enrico, “guarda che se hai bisogno anche solo di parlare noi siamo qui, ok?”

“grazie… grazie ma non ho molta voglia di parlare…”

“vuoi che venga da te?” mi chiese ancora, ma subito gli dissi di no, che non era necessario.

“vuoi che venga io?” mi chiese allora Stella, forse erano in vivavoce e sentivano tutto.

esitai, un conto era lui, bravo ragazzo, un’altro era lei…

“non… non lo so…” mormorai, “non voglio… non voglio rompere i coglioni a nessuno…”.

“vuoi che venga lì con te?” mi chiese ancora insistendo, “dai, vengo lì? sto un po’ con te?”

cercai di trattenermi ma non ci ruscii, forse avevo i nervi più a pezzi di quello che immaginavo.

“sì… sì Stella… ho… ho bisogno di te…” risposi con voce rotta, ma senza cedere e mettermi a piangere.

“arrivo, tesoro, arrivo subito” sussurrò, “pochi minuti e sono da te, ok?”

“ok…” risposi, poi misi giù.

avevo la gola stretta da una morsa, lasciai cadere il telefono (e si ruppe il display, per fortuna solo sull’angolo) e a passi veloci (per come riuscivo) arrivai in bagno e vomitai svuotandomi lo stomaco una, due, tre volte, ricadendo seduto all’indietro con il fiatone.

ci misi parecchio a rimettermi in piedi, mi ripulii e andai di nuovo a letto, e non so come ma mi addormentai senza nemmeno aspettare Stella, e quando riaprii gli occhi, forse pochi minuti dopo o forse dopo un’ora, accanto a me c’era lei che mi aveva fatto appoggiare la testa sulle sue gambe e che mi stava accarezzando i capelli.

“eccolo qui il mio stupidone, stupido testone…” sussurrò quando mi fui svegliato, “ci hai fatto preoccupare…”

“scusa…” riuscii solo a dire prima di chiudere ancora gli occhi.

“pensi che ubriacarti sia la soluzione?” sussurrò ancora, “eh, testone?”, si chinò e mi posò un bacio sulla fronte.

“ma guarda tu…” sospirò, “mi tocca anche farti da babysitter”

“G-Gioia?” mormorai ancora con la voce sottoterra, “come sta?”

sorrise scuotendo la testa.

“sta bene, Gioia sta bene” rispose sorridendo, “a modo suo sta bene, stai tranquillo…”

“credo… credo che sia finita, giusto?” le chiesi.

sorrise e alzò le spalle.

“non lo so…” mi rispose, “con due come voi… come faccio a saperlo? io… io non ho mai visto due che si amano alla follia dopo venti e passa anni insieme ma al tempo stesso si… mollano come fate voi” continuò, “siete davvero due… colossali stronzi, lo sapete?”

“scusa…” le dissi, “hai ragione…”

“idiota…” sussurrò.

“e… e per che cosa, poi?” continuò, “per che cosa avete rotto, per orgoglio? perché ti sei sentito… tradito come uomo? perché ha voluto divertirsi un po’ e non ha voluto dirti che aveva sbagliato e quanto l’aveva pagato quell’errore?”

‘ventisei volte’ pensai, ‘ventisei volte questa donna se n’era andata e poi era tornata…’

io ero solo alla terza, o alla quarta, praticamente un dilettante.

“cazzo ma io non vi capisco! né te né lei! scopri che… ha fatto certe cose, vi spiegate, state bene insieme, poi vi mettere a fare gli scambisti e va tutto bene e poi tornate a rompere perché saltano fuori dei dettagli?”

dettagli… li chiamava dettagli…

“io non volevo… non volevo fare cazzate…” cercai di dire ma girava ancora tutto e allora Stella sorrise, mi sussurrò “stai tranquillo, adesso passa…” e così chiusi di nuovo gli occhi e non mi ricordo più niente, solo del mio risveglio nel letto, quello sbagliato.

la stanza aveva smesso di girare, ma avevo un’arsura incredibile.

misi giù i piedi e provai ad alzarmi, ci riuscii e solo allora scoprii che ero nudo.

dopo aver preso un paio di boxer e una maglietta mi guardai attorno, tutto era silenzioso e immobile, claustrofobico.

andai in bagno e feci una pisciata da cavallo, mi lavai la faccia e guardandomi nello specchio scossi la testa.

ero… uno schifo.

mi asciugai mani e viso e poi uscii dal bagno ma appena girato l’angolo del corridoio mi trovai davanti Stella.

cacciò un grido di spavento e spalancò gli occhi, poi si appoggiò al muro con la schiena e si mise le mani al petto mettendosi a ridere.

“cazzo, Mauro, che strizza che mi hai fatto prendere…” disse.

era in costume da bagno, uno di quelli di Gioia che però le stava così stretto sul seno che…

mentre invece il pezzo sotto era troppo largo.

“non ti dispiace se ne ho approfittato, vero?” mi chiese indicandomi il costume, “ero qui e mi annoiavo e c’è la piscina libera…”

scossi la testa e mi stiracchiai, poi la ringraziai per essere stata con me.

“non dirlo nemmeno…” rispose, “è il minimo che possa fare…”

“già, il minimo…” risposi, sottotono, “dopo tutte le belle cose che ti ho detto quella sera…”

“bah! già dimenticato tutto…” ridacchiò, poi mi prese per mano e mi portò in cucina, mi fece sedere e mi preparò un caffè e scoprii che erano le undici e mezza del mattino.

“grazie…” le dissi, e il suo meraviglioso sorriso mi fece stare bene.

“e… Gioia?” le chiesi.

“è sempre da me, tranquillo che sta bene” rispose, “è un po’ così, ma le passerà…”

“ce l’ha con me?” le chiesi, e lei mi guardò storto.

“con chi ce la deve avere?” mi chiese ridendo, “con me?”

non risposi, sorseggiai il caffè e una volta finito la guardai mentre rimetteva a posto zucchero e altre cose che c’erano sulla tavola e proprio come faceva Gioia lavò immediatamente le poche stoviglie che c’erano nel lavandino, asciugando poi tutto con cura.

“allora” mi disse, “qual è il tuo programma di oggi?”

“che giorno è?” le chiesi.

“giovedì” rispose, “ancora due giorni e siamo in vacanza, eh?”

“ancora con questa storia della vacanza…” mugugnai, “l’ho già detto anche a Enrico, ma che cazzo ci vengo a fare io in vacanza?”

mi guardò divertita.

“ti devo fare un disegnino o…” ridacchiò.

“Stella, cazzo!” esclamai, “ho appena… rotto con mia moglie, p-pensi che ci vada in vacanza insieme?”

“mmm…” mugugnò anche lei, “pensavo che in vacanza fossi io tua moglie…”

“dai, Stella!” esclamai ancora, e allora alzò le mani in segno di resa dicendo “ok, ok, ok, capito…”

mi raggiunse da dietro e mi abbracciò le spalle, posandomi un bacio sulla guancia, e poi si sedette sulle mie gambe.

e mi venne… da ridere, sì, mi venne da ridere, perché avevo praticamente addosso una delle più belle bombe sexy che avessi mai visto, tutta desiderosa se non… vogliosa di giocare al ruolo della moglie con me e io… io la stavo praticamente allontanando?

“tu, invece?” le chiesi, “che programmi hai per oggi?”

alzò le spalle e rispose “oggi giorno libero…”

la guardai perplesso.

“e…. e Gioia?” azzardai a chiederle, “è… da sola?”

“no…” rispose, “è andata con Enrico a un meeting, sono partiti stamattina presto…”

ci rimasi male.

“m-meeting?” chiesi.

“tranquillo, non vanno a scopare, non sono soli in macchina” mi disse divertita, “ci sono un altro collega di Enrico e una loro… come cavolo si chiama, project junior?”

“e dove…” provai a chiedere, ma mi fermò mettendomi un dito sulle labbra.

“Trieste” rispose, “tornano stasera tardi, moooolto tardi!”

“e… e Gioia… lei…” chiesi ma Stella per tutta risposta mi bloccò le labbra con pollice e indice a pinza.

“non sono problemi tuoi quello che fanno” sussurrò, “te lo vuoi cacciare in quella zucca vuota o no?”

la guardavo… sgomento.

“mi sono fatta giurare da Enrico che non la toccherà, non la provocherà e non cederà neanche alle provocazioni, ok?” mi disse, “mi fido di lui, e devi fidarti anche tu!”

annuii.

“non te la scopa, non oggi almeno” ridacchiò, “me l’ha giurato…”

“se poi invece si mettono a fare una gangbang allora…” provò a dire ma scoppiò a ridere, abbracciandomi forte per poi restare con la fronte appoggiata alla mia, con le nostre labbra che si sfioravano.

“non pensare a quello che fa lei…” mugolò, “pensa a quello che puoi fare tu…”

“cioè?” le chiesi, anche se già sapevo dove voleva andare a parare…

“hai qui una… mogliettina servizievole, super sexy, disponibile per qualsiasi cosa, prepararti un piatto di spaghetti al pomodoro o farti uno di quei pompini che ti piacciono tanto, proprio lì di fuori in quella fantastica piscina che mi sogno anche di notte…”

“e visto che è tutta… sigillata e che praticamente non hai vicini… possiamo anche sfruttarla per… divertirci un po’...” sussurrò, “che ne pensi?”

“penso che stai… esagerando” le risposi, gettando acqua sul fuoco, “e che… dovresti saperlo che per me è un momento difficile…”

mi guardò a lungo, seria, poi sorrise.

“sei… una canaglia!” disse, “anche se mi rifiuti sento… un’attrazione… assurda verso di te!”

mi mise entrambe le mani sulle guance e poi mi posò un bacio sulla fronte.

“ho il massimo rispetto per i tuoi sentimenti” sussurrò ancora, ma sera, “e so quanto ti manca Gioia, e so che la vorresti qui, al mio posto”

non le risposi, non annuii né negai.

“credi alla tua amica Stella” continuò, “non l’hai persa, Gioia sta solo… elaborando una perdita”

aggrottai le sopracciglia.

“ha perso l’uomo che eri prima, e adesso deve… diciamo… ‘familiarizzare’ con quello nuovo, e dipende da questo signor ‘uomo nuovo’ quanto tempo ci metterà”, e per farmi capire se ce ne fosse bisogno chi era l’uomo nuovo mi picchettò sulla fronte con un dito.

“e io, da consulente, consiglio caldamente a questo uomo nuovo di dare un giorno o due alla sua donna, smettere di fare lo stronzo, preparare le valigie per andare in vacanza e lasciare qualche ora la casa per farla tornare e preparare le sue cose, senza trovarti tra le palle”

annuii.

“il viaggio in aeroporto lo facciamo noi due, e loro faranno la stessa cosa” continuò, “non si scopa, non si fa niente di niente, nessuno dei quattro”

ero silenzioso, obbediente.

e non mi piaceva perché dentro avevo ancora… di tutto!

“poi quando saremo là… vedremo che cosa fare, ok?” concluse, “ma tutto a suo tempo”

“ok…” le risposi.

“e visto che è quasi ora di pranzo… la tua consulente ti suggerisce di ordinare qualcosa di pronto al cinese, perché il tuo frigo è praticamente vuoto e quelle cose surgelate che hai nel freezer io non le tocco!”

sorrisi.

si alzò ed andò a prendere il mio telefono, me lo porse e due minuti dopo stavo ordinando sotto dettatura, e quando la gentilissima Mei mi chiese l’orario per la consegna, visto che sentiva perchè era in vivavoce, la guardai per chiederle quando lo voleva.

e Stella mi fece “una” con il dito indice.

“per l’una va bene?” chiesi, si poteva fare e allora confermai quarantacinque euro di “cibo spazzatura cinese”.

“l’una?” le chiesi dopo aver messo giù, “ma non avevi fame?”

“fame ho fame, ma non di… cinese…” rispose sensuale, e passandomi di nuovo dietro mi passò le mani dalle spalle al petto scendendo fino alla pancia, andando ancora più giù me le misi sulle cosce e poi mi sfiorò il pacco.

“abbiamo un’ora da ammazzare…” mugolò, “non vuoi… divertirti con la tua mogliettina Stella stellina?”

sorrisi.

“ti ho fatto da infermierina per tutta la notte…” mi sussurrò all'orecchio, “credo di meritarmelo…”

sì, se lo meritava senz’altro.

e anch’io!

mi alzai e quando mi trovai davanti a lei le incollai la bocca alla sua e in un istante stavamo limonando furiosamente, con una passione… letale!

mentre ancora le nostre lingue facevano gli straordinari la presi in braccio, Stella mi gettò le braccia al collo e si lasciò condurre non nella camera degli ospiti ma in quella vera, e il particolare non le sfuggì, la depositai sul letto e senza molte cerimonie le tolsi il reggiseno che esplodeva liberandole le bombe e poi anche gli slip, lasciandola completamente nuda ed indifesa, mi tolsi tutto anch’io facendo uscire l’affare già duro come una molla e senza nessun tipo di preparazione, senza nessun preliminare mi piazzai tra le sue cosce e glielo puntai, lo feci abboccare alla figa già bagnata e zac, la infilzai.

Stella mi accolse dentro di sé con il sorriso, quasi… maternamente, ma quando dopo essermi sistemato meglio con le gambe e averle aperto le cosce cominciai a pomparla allora lo sguardo materno se ne andò, e tornò la Stella di sempre, un troione da combattimento (parole di Gioia, non mie!) che godeva, e gemeva, e gridava, e mi incitava a spingere più forte perché lo voleva sentire dentro l’anima!

e non fu una semplice scopata… fu uno scontro titanico!

me la scopai da sopra in un crescendo di grida e di godimento, e applicando il filo logico di quello che avevo in testa la feci mettere a quattro zampe e la presi da dietro, come uno “sano” deve scopare Stella, afferrandola per le le spalle e sbattendola forte.

e ancora una volta il ciac ciac delle mie cosce contro le sue lo poterono sentire in fondo alla strada!

si lasciò scopare da dietro e anche montare, continuavo a pensare a quella parola, ‘montare’, non l’avevo praticamente mai usata in quasi trent’anni di onorata carriera amatoria ma nella mia nuova veste di… scambista mi capitava di usarla spesso ma anche di praticare, perché mettermi sopra la donna, piedi ben piantati sul letto, ginocchia piegate e… darci dentro come se fossimo due animali dava davvero l’idea del montare!

e comunque Stella gradiva, e molto, per lei il contatto fisico maschile era indispensabile nel sesso, amava le sensazioni forti e da dominatrice adorava essere dominata, e quasi sottomessa, almeno fisicamente.

capitava bene, con me, perché con la rabbia che avevo addosso…

le chiesi di cambiare posizione e di mettersi dall’altra parte del letto, sempre alla pecorina ma con il viso rivolto verso lo specchio del guardaroba, la volevo guardare in faccia mentre la scopavo!

lo fece immediatamente, e mentre la scopavo la guardavo negli occhi vedendo lo stesso fuoco di sempre: l’avevo… odiata, l’avevo chiamata puttana, le avevo addossato tutta la colpa per quello che stava succedendo, l’avevo minacciata, anche di farla fuori, le avevo vomitato addosso tutta la mia rabbia e il mio furore gridandole in faccia che non l’avrei mai più voluta vedere… e invece eccola lì, sottomessa (fisicamente, del tutto volontariamente, ma non mentalmente), da ‘usare’ per farmi sbollire la cattiveria che avevo dentro… e lei era qui, per me, senza chiedere niente in cambio che non fosse… essere considerata la mia compagna anche se solo per gioco, e per poche ore.

nell’impeto del sesso lo feci uscire e strusciandoglielo sopra glielo passai anche sul buco del culo, la guardai negli occhi attraverso lo specchio e la vidi… pronta a riceverlo anche lì, labbro inferiore stretto tra i denti.

e feci quella cosa che mi dava sempre un senso di… volgarità, le sputai sull’ano e usai il cazzo per spalmarle la saliva per lubrificarla, le feci abbassare la schiena e piegare bene le ginocchia e posizionandomi al meglio glielo appoggiai usando le dita come guida e poi cominciai ad applicare pressione.

“ah… sì…” mugolò di piacere quando entrai nel primo anello, ci andai piano (ma non troppo) stuzzicandola un po’ ma poi affondai e le entrai dentro dritto facendole fare un salto ma senza che mi chiedesse di fare più piano o di fermarmi, le diedi solo qualche istante per abituarsi alla presenza e poi ricominciai a muovermi prima lentamente e poi sempre più velocemente e con affondi secchi, non la guardai più negli occhi concentrandomi solo su quello che stavo facendo e fissando per l’eternità, quello volevo, l’immagine del mio affare ben piantato nel culo di Stella.

la sodomizzai per non so quanto, la parola giusta era quella perché dava l’idea di qualcosa di… subito, ma quando tornai a guardarla vidi che era davvero sofferente, stringeva i denti e ‘accusava’ ogni colpo che le infliggevo cercando di trattenere la manifestazione del suo dolore, e allora… allora mi sentii male.

mi fermai ma non glielo tolsi, Stella mi guardò attraverso lo specchio e mi accorsi che ansimava perché sicuramente aveva trattenuto il respiro per non farsi uscire nemmeno un lamento.

“oddio… scusa…” le dissi, sentendomi un verme, ma Stella non era Gioia (mi odiai per questo pensiero) e non fece altro che sorridere e dirmi “cazzo… che manzo che sei…”

non potevo continuare, non… non così, glielo tolsi lentamente e… non l’avessi mai fatto.

tutta quella stimolazione non fece del bene al suo intestino, e quando il tappo venne via… il contenuto si riversò fuori.

Stella se ne accorse subito e veloce come un gatto si mise sopra una mano per… per trattenere, rotolò giù dal letto e con una mano tra le chiappe, le cosce strette e camminando sulla punta dei piedi puntò dritta il bagno e si chiuse dentro.

“cazzo…” mormorai, anche parlando proprio con lui che era stato… testimone di qualcosa che non avrei mai voluto fargli provare…

usai l’altro bagno per darmi una lavata e quando tornai passando davanti al bagno dove c’era Stella lo trovai con la porta socchiusa (mai che fossi riuscito a sistemare la chiusura), e sbirciando dentro la vidi seduta sul bidet.

ovviamente tirai dritto e per non saper né leggere né scrivere mi rimisi boxer e maglietta e la aspettai davanti alla vetrata che dava sulla piscina, con ancora le impronte delle mie mani rimaste lì da quella sera fatidica.

e che probabilmente nessuno avrebbe più pulito fino alla fine di agosto, quando sarebbe tornata la signora Egle che ci faceva le pulizie “in grande” una volta alla settimana.

perché a quel punto dubitavo fortemente che Gioia sarebbe tornata.

e… sorrisi.

“e che cazzo ne faccio di una casa del genere, da solo?” mi chiesi, “che ci farò, ci porterò dentro un’altra donna? ci porterò Stella quando verrà a trovarmi per… spolverarmelo un po’?”

Stella tornò qualche minuto dopo mentre ero ancora immerso nei miei problemi esistenziali, silente, mi abbracciò da dietro quasi spaventandomi ed appoggiò la guancia sulla mia schiena.

ovviamente non facemmo cenno all’incidente… imbarazzante, e la nostra sfuriata sessuale si concluse così, senza né vinti né vincitori.

di lì a poco arrivò il cinese, Stella lo mangiò con gusto mentre io mi cacciai giù qualcosa per poi spingere tutto senza più appetito verso il centro della tavola, facendo restare davvero male la mia ospite.

“perché non mangi?” mi chiese delusa, “mi avevi detto che…”

“mangerò stasera” le risposi abbozzando un sorriso a cui rispose con uno identico, triste e amareggiato.

dopo che ebbi gettato via gli avanzi, alcune cose nemmeno le avevo toccate, le feci il caffé che bevemmo in piedi anche se non si fa, davanti a quella cazzo di vetrata che mi sarebbe venuto voglia di sfondare lanciandoci dentro il televisore.

“terra a mauro…” sussurrò vedendomi perso, mi mise una mano sulla schiena e me la accarezzò, appoggiando la testa sulla mia spalla.

“dai, stai tranquillo…” mi disse, “adesso è così, vedrai che tra un paio di giorni… si risolve tutto…”

“cosa si risolve, Stella?” le chiesi.

“Gioia…” rispose, “vedrai che Gioia ci penserà e…”

“e io?” le chiesi, “io ci ripenserò?”

non rispose.

“Stella, sono io il problema” dissi, “non è Gioia”

silenzio.

“il vero problema tra noi due, anzi, tra noi… quattro, sono io!” continuai, “sono io che non voglio… non riesco, non posso accettare!” esclamai.

ancora silenzio.

“io… mi sono… sforzato, te lo giuro, ci ho provato, sono anche qui con te, cazzo!” continuai a dire, teso, “ma non ci riesco, io sono… fuori contesto, sono un filo slegato, sono… fuori da questo mondo!”

“si chiama amore…” sussurrò.

la guardai, ma toccò a lei a quel punto fissare il vuoto davanti a sé.

“quello che provi, verso Gioia, si chiama amore” continuò, “se vuoi fare… quello che faccio io, quello che faccio insieme a mio marito, quando… ci… diamo a qualcuno che non conosciamo per soddisfare le nostre voglie… malate, non è amore”

c’era una nota molto amara, e dura, nelle sue parole.

“Stella, non devi…” provai a dire, ma… cosa dovevo dire? aveva solo detto la verità…

“Mauro” mi disse mettendosi proprio di fronte a me, “non avere mai paura di dire a Gioia quanto la ami, e quanto la ami, e che lei per te è tutto!”

inspirai profondamente.

“una donna… ha bisogno di questo!” esclamò, “una donna ha bisogno di qualcuno che la stringa e le dice che la ama ma non perché… ci fa sesso insieme! o perché lei… si veste come una puttana e lo provoca e lo… lo…” aggiunse, ma si fermò.

“scusa, ho un po’ perso il controllo…” ridacchiò, “ma ogni tanto… ogni tanto capita, anche a me”

l’abbracciai, stringendola, e senza che ci dicessimo altro restammo abbracciati a guardare fuori.

“pensi che possiamo farci un altro paio di orette?” mi chiese, “che ne dici?”

sorrisi.

“perché no?” le dissi, “in fondo… non è casa tua, questa?”

“risposta esatta…” sussurrò, mi posò un bacio sulle labbra e scappò via in un movimento incredibile di tettone da quarta abbondante e di chiappe tonde, per poi tornare con un altro costume di Gioia, ancora più striminzito e ancora più… esaltante.

passammo non due ma tre ore in piscina, nel frattempo restò in contatto con Enrico che la tranquillizzò su Gioia e che addirittura le mandò una foto “rubata” di lei che ascoltava attentamente il relatore, quasi assorta.

mi chiese se la volevo vedere, ma dissi di no.

se doveva esserci distacco, meglio che lo fosse in modo totale.

scrisse ancora qualcosa, ricevette risposte e poi scrisse di nuovo, sorrise e poi posò il telefono.

“stanotte si fermano a Trieste” mi disse, “tutti e quattro”

“ok…” le risposi, ostentando… indifferenza, ma non potevo ingannarla.

“non te la scopa” sussurrò, “lo conosci Enrico, giusto?”

“lo conosco sì…” le risposi ironico strappandole una risatina.

“no, tu lo sai che cosa voglio dire” continuò, “è una persona fidata, se mi ha detto che non farà niente né accetterà provocazioni o anche proposte io gli credo, ciecamente, e dovresti farlo anche tu”

“eh, già…” le risposi dandole da pensare, “il mio… problema, non è Enrico…”

inspirò profondamente e poi esalò un sospiro lunghissimo, quasi rassegnato, come il “sigh” dei fumetti.

“hai bisogno di tempo” disse, “credevo che te ne servisse di meno, ma mi sbagliavo… dovremo lavorarci ancora sopra o…”

“...o trovare una soluzione alternativa” conclusi per lei.

Stella mi guardò in modo molto… intenso.

“sono scelte assolutamente vostre e solo vostre” mi disse, seria, “ma se parti con l’idea di mollare tutto senza neanche provare a recuperare… io mi chiamo fuori, voglio che sia chiaro”

e sembrava dannatamente seria.

“se hai deciso di dare una svolta alla tua vita sei libero di farlo, ma dimmelo subito” aggiunse, “non voglio… non ho intenzione di stare a guardare mentre distruggi te stesso e il vostro matrimonio”

annuii, avevo recepito perfettamente le sue parole: non stava recitando un ruolo, magari a lei tanto caro come la “vice” di Gioia, mi stava aiutando a recuperare una normalità come uomo ma anche come membro di una famiglia.

restammo in silenzio, io guardavo i riflessi del sole sull’acqua e lei sorseggiava l’ennesimo mojito analcolico, per fortuna, mi lasciò il mio spazio per pensare e poi… e poi tornò la Stella di sempre.

“allora” mi chiese, “dove mi porti stasera?”

dovetti fare un bel giro di telefonate per trovare un buco in un ristorante che non fosse qualcosa di banale perché Stella aveva ancora sul gozzo, diciamo così, il Koga.

ma lì era impossibile trovare posto.

gliene feci vedere un paio, consultò il sito internet, le recensioni degli utenti e ogni altra possibile fonte di giudizio e me li cassò tutti.

“ma perché non lo scegli tu, allora?” le chiesi, ma quasi si offese.

“eh no caro mio” rispose, “sei tu che inviti, sei tu che decidi, sei tu che fai l’ordine… io devo solo accompagnarti, far vedere a tutti quanto sono figa e quanto tu sia potente e ricco per permetterti una donna così e un ristorante di quella categoria, ecco qual è il mio compito”

“al limite… se la serata è stata di mio gradimento, posso sdebitarmi con un pompino, o magari con qualcosa di più, dipende da tante cose…”

“come… una escort?” azzardai a chiederle.

e il suo sguardo diventò sottile sottile sottile, e la sua voce… perfida.

“vuoi che ti butti in faccia questo drink?” disse.

sorrisi.

“io non sono una escort” aggiunge a voce bassa, quasi sensuale, “se vuoi puoi chiamarmi in tutti i modi che vuoi ma non escort, io non ho mai fatto e non farò mai sesso per soldi, ok?”

“ok…”

“e adesso va a cercare un ristorante degno, io mi prendo ancora del tempo per la mia abbronzatura…” mugolò stendendosi al sole, “e comunque… sarà difficile che mi schiodi da qui, sai?”

non dubitavo, Stella, proprio non ne dubitavo.

trovai un ristorante che non conoscevo fuori provincia, stellatissimo e incredibilmente “gettonato” dalla critica, chiamai spiegando la situazione quasi di emergenza e riuscii a trovare un tavolo per le otto e mezza, menù con scelta speciale dello chef e solo poche variazioni da decidere al momento, carta dei vini poderosa… prenotai!

arrivò sera, rassicurai Stella che avevo trovato un ristorante degno di lei e della sua presenza e allora andò a casa a prepararsi dandomi l’appuntamento non sotto casa sua (non le andava di farsi vedere mentre usciva con un altro uomo) ma in un parcheggio dove avrebbe lasciato l’auto, e alle sette mezza passai a prenderla.

“non sei una escort, vero Stella?” sussurrai quando la vidi.

abitino corto con la schiena nuda fino in fondo all’attaccatura delle chiappe, forme esplosive in vista, trucco degno dell’abito che indossava e capelli raccolti: raramente avevo visto donne più belle, e mai nella mia carriera ero uscito con una così bella.

e ancora una volta me ne vergognai, ma Gioia scompariva al suo cospetto.

fu un viaggio tutto sommato breve e arrivammo al ristorante, sperduto nella campagna, con forte anticipo, la scortai dentro tenendola stretta a me e prima ci accomodammo nel foyer per un aperitivo, e poi un elegantissimo cameriere ci portò al nostro tavolo.

“la signora gradisce?” le chiesi una volta rimasto solo con lei.

“è perfetto…” sussurrò.

parlammo molto e mangiammo poco, come si usa in quei posti, ma quel poco era di una qualità superlativa, così come superlativo era il vino ma anche l’assaggio di pasticceria fine che concluse il tutto.

“è stato tutto magnifico” sussurrò quando ebbi pagato (con quelle batoste dovevo davvero dare un’occhiata ai conti…), “forse… il più bel ristorante dove sia mai stata”

“quindi… me lo merito il pompino?” sussurrai.

Stella sorrise e si sporse verso di me, guardandomi fisso negli occhi.

“portami nel tuo letto, e stasera ti faccio impazzire…” rispose, con voce troppo alta perché i nostri commensali del tavolo a fianco non sentissero, ma ovviamente fecero finta di nulla perché da quello che potevo vedere e dai loro… atteggiamenti non erano molto diversi da noi, con la differenza che lei poteva avere sì e no ventiquattro o venticinque anni mentre lui ne aveva sicuramente più di cinquanta.

ma ci guardarono comunque con quell’espressione mezza schifata e scandalizzata che Stella captò subito.

“quando torna tua moglie?” mi chiese, sempre a voce alta.

capii al volo, e stetti al suo gioco.

“domani mattina”

“quindi… hai casa libera?”

“assolutamente sì…”

“mmm… interessante…”

“e tuo marito quando torna?”

“non ti preoccupare di lui, pensa a me…”

mi veniva da ridere ma tenni duro, ma per non scoppiare mi alzai e la raggiunsi aiutandola ad fare lo stesso, la vidi sorridere… enigmatica verso i due e con mossa assolutamente calcolata sollevò di quel tanto che bastava il vestito per far vedere un accenno di paradiso, poi si coprì e sorrise di nuovo.

arrivammo nel parcheggio e scoppiammo a ridere, come scemi, poi Stella mi abbracciò mettendomi le mani dietro al collo e mi tirò a sé, posando un bacio sulle mie labbra.

e fece quello che mi aveva promesso, appena salita in auto mi fece un pompino, fregandosene che ci avrebbe potuto vedere chiunque.

le guidai la testa su e giù facendola accelerare e quando arrivai al dunque le sborrai in bocca sentendola ingoiare e deglutire, continuò a ciucciare e leccare ancora per un po’ ma alla fine si staccò, sorridente e soddisfatta.

una dea…

restammo a guardarci, poi le misi una mano sul collo e la tirai a me, la baciai e le feci scivolare dentro la lingua: Stella rispose da par suo e ne nacque l’ennesima limonata folle con scambi di saliva e di umori, poi ci separammo ma restammo occhi negli occhi.

“adoro quando un uomo mi bacia dopo che mi è venuto in bocca” mi disse, “sei speciale anche in questo, dottore, lo sai?”

meno di un’ora dopo eravamo a letto, nudi, ma senza aver consumato e senza nemmeno averne l’intenzione, era giusto così.

“domani mattina prepari la tua valigia” mi disse, “e te ne vai, non mi interessa dove ma te ne vai e non rientri fino a stasera”

“ok”

“accompagno qui Gioia così può preparare la sua” aggiunse, “poi la portiamo a casa mia, va bene?”

“e torno qui per la notte, lei starà ancora da noi, ok?”

“sì, certo”

“ho scritto a Enrico, prima”

restai in silenzio.

“va tutto bene, si sono divertiti a cena” rispose, serena, “Gioia sta bene…”

“sono felice…”

“e ha chiesto di te…”

sorrisi.

“questo non me l’aspettavo”

“le manchi…” sussurrò, “ha confessato che le manchi, e che ha voglia di vederti, e di parlarti”

“spero che non sia per insultarmi…”

“è innamorata” disse, seria, “più innamorata di te di quanto tu lo sia di lei, lo sai questo, vero?”

non risposi.

“adesso dormiamo” sussurrò, posandomi un bacio sulla guancia, “domani sarà una giornata lunga…”

“buonanotte” le sussurrai.

“buonanotte…” rispose, e poi silenzio.

la mattina successiva mi svegliò prestissimo, nuda.

“non farti strane idee” mi disse, “sono appena uscita dalla doccia, e adesso tocca a te, forza!”

un colonnello, altro che…

e fu davvero una giornata lunga, a cominciare da quella mattina: preparai la mia valigia seguendo le sue indicazioni, preparai anche un porta abiti e la borsa delle scarpe ed avevo finito, e alle dieci Stella mi cacciò da casa mia.

inutile descrivere quello che feci in quella giornata, è del tutto irrilevante, a sera Stella mi chiamò e mi disse che “ero autorizzato a tornare”, lo feci e trovai la mia… mogliettina che mi stava aspettando.

per fortuna che non avevo vicini…

mangiammo una pizza che feci arrivare, birrette, serata in piscina perché Stella adorava la piscina illuminata la sera e poi andammo a letto, rigorosamente nudi ma rigorosamente “casti”.

e il mattino dopo… arrivò davvero la resa dei conti.

alle cinque eravamo svegli, alle cinque e mezza già in auto e un’ora dopo in aeroporto.

parcheggiai lasciando l’auto in custodia e carico come un mulo seguii Stella fino all’area di attesa, e dopo qualche minuto in cui cercavo con lo sguardo dei visi noti… tonfo al cuore.

“ciao” sentii dire da dietro, mi girai di scatto ed eccola lì.

“c-ciao…” riuscii solo a dire.

Gioia aveva i capelli raccolti, occhiali da sole sul viso e un mezzo sorriso.

“mi… sei mancato…” provò a dire ma la voce si ruppe e allora si voltò, quasi non volesse farsi vedere debole, e a quel punto intervenne Stella.

“ok, ragazzi” ci disse sospirando, “perché non facciamo imbarco separato e poi quando arriviamo… parlate, ok?”

era la cosa più giusta da fare, ma anche il solo vederla mi era bastato.

poi le cose presero a correre, check-in, imbarco, assegnazione dei posti, e ovviamente qualcosa andò storto perché i biglietti erano nominali e i nostri posti a sedere erano vicini…

ci pensò Stella, convinse lo steward a scambiare lei con Gioia e per fortuna risolse la cosa, ma fu solo per il viaggio.

ma non me la sentii di continuare così, non potevamo evitarci per sempre!

e così, appena sbarcati, presi Stella e glielo dissi.

“ok…” rispose, “provateci…”

le lasciai il mio bagaglio e corsi a cercare Gioia che era più avanti rispetto a noi, Enrico mi vide arrivare e mi sorrise, la toccò sulla spalla facendola fermare e vidi che le stava dicendo qualcosa, ma ormai ero da lei.

“non… posso… continuare… così… le dissi con il fiatone, erano bastati cinquanta metri di corsa per farmi ansimare come un cane con la lingua di fuori, “io… devo parlarti”

si tolse gli occhiali da sole e abbozzò un sorriso.

e annuì.

“non voglio che tu smetta di vivere la tua vita e le tue passioni” le dissi, erano cose che mi ero preparato ovviamente, “non ti voglio più… condizionare, né impedire di divertirti come e quando vuoi”

mi guardava, dolcemente.

“voglio solo fare parte della tua vita” continuai, “anche non… non come eravamo prima, ma non voglio che tu te ne vada, io ho troppo bisogno di te, ho troppo bisogno di te…”

“anche io ho bisogno di te” rispose, “tanto, più… più di quanto tu ti immagini…”

ero pronto ad un’esplosione delle sue, ma non arrivò.

“ma ho bisogno… di tempo” sussurrò, mogia, “lo capisci?”

“mi capisci?”

sorrisi e annuii.

“certo, certo che ti capisco…” le risposi, ma a quel punto Gioia si voltò cercando Enrico come se fosse una ciambella di salvataggio e lui prontamente arrivò, la prese sottobraccio e me la portò via lasciandomi solo a guardarli mentre si allontanavano, ridendo tra loro.

“coraggio, andiamo cuore infranto…” mi sentii dire da dietro da Stella, carica come un mulo con il suo bagaglio e anche il mio che prontamente mi scaricò addosso.

“dalle tempo…” disse dandomi una gran pacca sulla spalla, “dalle tempo e andrà tutto bene! promessa di Stella!”

le diedi retta e mi sforzai di non pensarci, non potevo avere alleato e compagno di viaggio migliore in quella vicenda.

e del resto Stella fece di tutto per aiutarmi in questo comportandosi come una brava mogliettina, standomi vicino e accudendomi in tutto, arrivando anche ai bacetti furtivi senza che Gioia ci vedesse.

ma faceva un gran caldo, c’era un caos generalizzato, tutto era confuso e frenetico: arrivammo in hotel dopo un’ora e mezza di viaggio avventuroso, caricati su due navette stracolme di gente proveniente da mezza Europa che protestava in tutte le lingue del mondo, in mezzo alla disorganizzazione più totale e al menefreghismo dei lavoratori isolani “allergici” al turismo di massa, ma il posto almeno era meraviglioso…

sbarcammo dalle navette proprio davanti all’hotel e ci ritrovammo, Gioia ed io, sorridevamo ma la vedevo… tesa, non si fidava e soprattutto non voleva né fidarsi di me né di quello che poteva succedere se restavamo soli: la capivo, la capivo benissimo, ma non potevo permettermi di farle anche solo credere che non la consideravo!

ci separammo di nuovo poco dopo l’ingresso e come già immaginavo ci vennero assegnate le camere a coppie “scambiate”: Gioia ed io ci guardammo a lungo, poi Enrico intervenne (quei due avevano già organizzato tutto, evidentemente) e la prese sottobraccio, le disse qualcosa che la fece ridere ancora una volta la portò via.

“te lo stacco quel braccio…” pensai, ma poi Stella fece la stessa cosa con me.

“stasera… parleremo, tutti insieme, ok?” mi disse all’orecchio.

“ok…” risposi, “speriamo…”

sorrise più apertamente.

“dovete un po’... resettarvi, ma poi tornerete quelli di prima” mi disse ancora, indaffarata con borse, borsette, marsupi e trolley, “avete bisogno di uno shock, ma a quello ci penso io…” aggiunse mentre io guardavo Gioia ed Enrico che sparivano dietro le porte dell’ascensore che si chiudevano.

“ma mi vuoi aiutare o no?” esclamò vendendomi ancora imbambolato.

e allora lasciai perdere tutto e la aiutai, arrivò l’ascensore e ci portò nella nostra camera, veramente bella.

ma era tutto così confuso…

scambio totale, l’avevano chiamato, ma un conto era dire “sì, bello” quando erano solo parole, un conto era trovarsi faccia a faccia con questo scambio totale: e… lo sentivo dentro, non mi piaceva più quell’idea.

ma Stella sembrava lanciatissima, e mi trascinò, e una volta sistemate le cose mi prese sottobraccio e mi portò di sotto, nella hall, dove di lì a pochi minuti ci raggiunsero anche gli altri due.

e vederla… cazzo, al solo vederla con lui sentivo dolore.

riuniti tutti e quattro parlammo del viaggio, del caldo, della bellezza del posto, dell’hotel e soprattutto del programma per la sera, trovarci un bel ristorante e festeggiare adeguatamente il nostro primo giorno di vacanza, sembravamo quelli di sempre ma gli unici che non si parlavano direttamente eravamo proprio io e mia moglie!

restammo più di un’ora al bar a bere alcolici e mangiare stuzzichini e noccioline, e nonostante i programmi dei giorni precedenti nessuno ebbe voglia di andare a vedere la spiaggia o i dintorni, e decidemmo di starcene lì ed aspettare l’ora di cena mentre facevamo telefonate per prenotare quattro posti.

lo trovò Enrico un bel posto, il Rifugio del Corso si chiamava, nome caratteristico, prenotò menù pesce per le otto e mezza, di lì a un’ora, e visto che c’era comunque un po’ di strada da fare, pigri e anziani com’eravamo diventati prenotammo il taxi, anzi, due taxi, crepi l’avarizia.

toccò a me pagare perché ero quello il cui compleanno era più prossimo (che regola del cazzo…), le signore salirono in camera per incipriarsi il naso e così restai solo con Enrico.

“ehi, amico…” mi disse soltanto, “fidati di me, ok?”

lo guardai e poi scossi la testa, disilluso.

“la rivuoi, Gioia?” mi chiese prendendomi per un braccio, “allora lascia fare a me, intesi?”

“ok… come vuoi tu, bello…” risposi.

“lascia fare a me, e segui quello che ti dice di fare Stella” sussurrò perché eravamo tra la gente, “seguila e lascia fare a noi!”

“va bene, va bene amico…” gli risposi, e solo allora mi lasciò andare il braccio.

le signore tornarono, allegre, e visto che gli anni passati insieme non si dimenticano in poche ore Gioia venne dritta verso di me salvo deviare verso Enrico che la accolse tra le braccia chiamandola “mon amour” e facendola ridere, e di nuovo me la portò via.

“e tu?” mi chiese sdegnata Stella, “tu non mi chiami mon amour?”

l’abbracciai, e stavolta Gioia mi vide, ma non riuscii a vedere la sua espressione, ma vidi bene che si allontanava sottobraccio ad Enrico ma si voltava per guardarci.

e… cominciai a credere che forse Enrico aveva ragione, che dovevo lasciar fare a lui, anzi, a loro!

di lì a poco arrivarono i taxi, salimmo a coppie rigorosamente invertite e dopo un altro viaggio al limite dell’assurdo tra traffico impazzito e manovre spericolate degli autisti arrivammo al ristorante, guadagnando a fatica il nostro tavolo scortati da un enorme cameriere che dovette fendere la folla che reclamava quel tavolo vuoto senza sapere che fosse prenotato, e guardando torvo chi si stava lamentando fece gentilmente sedere le signore offrendoci subito la carta dei vini.

e il tempo passò, ridemmo tutti insieme, ci raccontammo le solite stronzate e soprattutto mangiammo e bevemmo in allegria tanto che la maliconia passò ed anche Gioia ed io tornammo a parlarci e a ridere, e a scambiarci battute anche molto provocatorie e pesanti ma nessuno dei due si tirò indietro, anzi.

non la “vivevo” da tre giorni, e mi sembrava già così distante… e il solo pensiero di perderla mi faceva impazzire!

era lì davanti a me, mi bastava allungare la mano per toccarla ma… non era mia!

finita la cena pagai di nuovo io, sempre per quella regola assurda della vicinanza del compleanno e visto che la serata era meravigliosa decidemmo tutti insieme di fare una passeggiata fino giù al porto, a vedere il mare e le onde che si infrangevano sugli scogli, Enrico e Gioia davanti a noi e Stella ed io a seguire, abbracciati come coppiette.

ero nervoso, e anche incazzato, ma quello che successe di lì a pochi istanti fu un vero shock, quello che Stella ed Enrico mi avevano anticipato.

eravamo finiti in una specie di vicolo, di fronte a noi il mare e gli scogli, dietro di noi nessuno.

e vidi Enrico toccare il culo a Gioia, palparla senza ritegno e lei… ridere, lasciarsi andare proprio come faceva con me: pensavo che fosse tutta una manovra di… avvicinamento, di preparazione, tanto sapevo che quella sera sarebbero finiti a letto e avrebbero trombato come ricci, esattamente come avremmo fatto Stella ed io, ma non ero pronto a… quello!

Gioia indossava un abito estivo, non troppo lungo ma leggerissimo, e stando dietro a loro di circa sei o sette metri vidi tutto, lui che le sollevava il vestito scoprendole il culo fasciato da uno slip striminzito e che con le sue manacce le entrava dentro, ravanandole tra le cosce.

in un impulso automatico feci uno scatto per… impedirglielo ma Stella che vedeva tutto mi trattenne, e mi sorrise.

e arrivammo a quel punto.

Enrico la mise contro il muro, le sollevò il vestito facendoglielo reggere e le levò gli slip mettendoseli in tasca, le fece piegare le ginocchia aprendole le cosce e si abbassò dietro di lei per andare a leccarla facendola gemere, poi si alzò, lo tirò fuori e piegando anche lui le ginocchia la penetrò facendole emettere un altro gemito, roco.

inorridito guardai Enrico scoparsi mia moglie, che con le mani al muro, addossata con il corpo su quel muro si stava facendo sbattere.

sapevo che scopavano, sapevo tutto, ma non li avevo mai visti prima.

e mentre lui la sbatteva da dietro vedi Gioia che mi guardava, eccitata, e un istante dopo cominciò ad incitarlo per sbatterla ancora più forte, e farglielo sentire ancora di più, a scoparla come una troia davanti a tutti.

e allora non ci capii più nulla, mi liberai dalla presa di Stella che gridava “No! Mauro! NO!” e cercava di trattenermi per un braccio senza riuscirci, e andai a farmi giustizia.

fine capitolo quattordici