una coppia moderna
Capitolo 4 - le grandi manovre

capitolo quattro
le grandi manovre
dormii pacifico e sereno come non mi succedeva da giorni, e il mattino successivo mi svegliò un torrente di baci.
“mmm…. buongiorno amore mio…” mi sussurrò sorridente e dolcissima, e la prima cosa che vidi quando aprii gli occhi in quel radioso mattino fu il suo sorriso.
“hai dormito bene?” mi chiese, ma ancora prima che rispondessi aggiunse “io benissimo…”
“si vede…” le risposi, e allungano la mano gliela posai sulla guancia, poi gliela feci scivolare dietro la testa e la tirai giù verso di me facendole perdere l’equilibrio e facendola cadere, cacciò un gridolino e me la trovai sopra, felice come tanto tempo prima.
mi baciò a raffica, poi si staccò e cominciò ad accarezzarmi i capelli, sempre con il suo migliore sorriso.
“lo sai quanto ti amo?” mugolò, domanda retorica che non prevedeva una risposta.
scattai dandole un gran bacione e poi la tirai giù di nuovo stringendomela tra le braccia, ma mentre coccolavo mia moglie con il pensiero andai alla deriva, andai a quella dannata notte e anche a quella precedente, all’attrazione fatale che avevo per Stella, ormai era inutile che lo nascondessi, e a quell’avventura che stavamo per iniziare.
ed un’altra cosa che era inutile nascondere era che… non ero pronto.
sì, perché ragionando esclusivamente “da uomo”, un conto era scoparmi una supergnocca come Stella e finire in un giro di altre donne da portarmi a letto, un conto era dare in cambio mia moglie.
la donna che mi stavo coccolando nel letto.
non ero sicuro, non sapevo se ce la potevo fare… e per che cosa, poi?
per soddisfare quale desiderio? per rimediare a quale fantomatica crisi matrimoniale.
tutte le volte che ci pensavo il risultato era lo stesso, Gioia mi aveva manipolato per arrivare a quello che LEI voleva dalla nostra coppia, metterci in gioco e dare un po’ di ‘pepe’ al rapporto che ormai, questo glielo dovevo riconoscere, era un po’ stantio.
non eravamo la coppia della scopata canonica del sabato sera lui sopra e lei sotto, ma ci stavamo avvicinando pericolosamente.
“amore?” la sentii chiamare.
molto si era raffreddato nel rapporto, era stata sicuramente colpa mia perchè le avevo dedicato sempre meno tempo, sempre più preoccupato per il lavoro e l’andamento studio che per le sue… necessità di moglie, donna e compagna di vita, cercavo di soddisfarla come potevo ma non sempre ci riuscivo e molte sere la passavamo praticamente senza parlare, io perso nei miei pensieri e lei davanti alla tv o a un libro.
“amore…?”
“e quanto potevamo durare, così? volendo anche una vita ma… come?”
“e Gioia, si sarebbe appiattita sopra questo rapporto stanco e svogliato o si sarebbe ribellata?”
“ma… amore?”
“ecco, forse quella era la vera ribellione, arrivare a pensare che uno scambio di coppia era la soluzione ai nostri problemi…”
“o forse restava valida la prima idea di fondo, la prima in assoluto che mi era venuta, che quella dello scambio di coppia fosse una sua perversione, qualcosa legato alla pre menopausa, chi lo sa…”
“forse è così, dovrei parlarle e…”
“amore! ma mi senti?”
quasi trasalii, perso com’ero nei miei pensieri.
“stai bene?” mi chiese un po’ preoccupata, “mi sembri pensieroso, c’è qualche problema, vuoi parlarmene?”
dannate donne… “possibile che ti leggano così apertamente nel pensiero?”
sospirò.
“è per… ieri sera, vero?” mi chiese, quasi rassegnata, “amore, guardami, io non voglio che…”
“non è per ieri sera, no” le risposi, restando sul vago.
strinse le labbra e annuì, triste.
“è per… quella sera… là, giusto?” mi incalzò.
sembrava voler sparare alla cieca, ma ci aveva preso.
“sì, è così, ci penso e continuo a pensarci, non voglio dirti una bugia…” le risposi.
seguirono istanti di silenzio, poi Gioia si sciolse dal mio abbraccio e si venne a mettere in ginocchio accanto a me, seduta sui suoi talloni: i suoi bei seni tondi troneggiavano sopra di me e tra le sue cosce, anche se appena visibile, c’era quel cespuglietto nero appena abbozzato che attirava il mio sguardo.
“lo so che è difficile da credere…” cominciò esitante, “hai visto… quello che ho fatto ma non hai visto… tutto…”
non sapevo se fosse una cosa positiva o negativa.
“non ho fatto niente” sussurrò, “non ho fatto nient’altro oltre a quello che hai visto, ci siamo… toccati, e accarezzati e provocati e… baciati” aggiunse, con la voce che scemava, “ma non abbiamo fatto sesso”
scosse la testa.
“non potrò mai… provartelo” continuò, “dovrai fidarti della mia parola, se lo vorrai”
non mi andava di continuare con quella conversazione, mi stavo innervosendo, ma poi… poi decisi di farle quella domanda che avevo pronta tante volte ma che per un motivo o per un altro non le avevo fatto.
“cosa avresti fatto al mio posto?” le chiesi.
non se l’aspettava.
“non lo so…” sussurrò, “non lo so, davvero…”
“forse… forse avrei fatto come hai fatto tu, o forse peggio…”
tirò su la testa e guardò oltre, e gli occhi si riempirono di lacrime.
ma non mi feci incantare.
“no, non è vero!” continuò con la voce rotta, “non avrei fatto come hai fatto tu, io… io sarei esplosa, ti avrei detto le cose peggiori del mondo e non avrei sentito scuse, ti avrei odiato e…” provò a continuare, ma non lo fece.
“ma io sono una donna, una che si porta addosso il suo carico di insicurezze” disse ancora, cercando di essere… su con la voce, “tu invece… tu sei un uomo, io… io non ti ho mai visto cedere una volta nella nostra vita insieme, io mi sono sempre appoggiata a te nei miei momenti più difficili perché sapevo che tu eri lì, saldo come una roccia e sempre sicuro di quello che facevi, perché se c’eri tu io ero al sicuro”
“io… avrei ceduto, tu invece… sei stato forte, hai tenuto insieme il nostro matrimonio e… poi… mi hai anche salvato la vita quella mattina…”
“questo non vuole dire nient…” provai a dire ma Gioia mi mise la mano sulla bocca, per poi toglierla ed accarezzarmi la guancia.
“so che ti ho fatto del male” ricominciò, “sono stata… stupida, e debole”
tirò su con il naso e poi si sforzò di sorridere, anche se amaramente.
“ma tu sei qui con me, e mi guardi… e mi tocchi, e mi accarezzi, e mi fai sentire amata…”
“non mi hai lasciata da sola, sei rimasto, e mi hai aiutata” concluse, “e io lo so che lo hai fatto per amore, hai tenuto le cose più brutte tutto qui, dentro al tuo cuore” mi toccò in mezzo al petto, “e a me hai dato solo amore…”
le sorrisi e le accarezzai la guancia.
“amore…” piangucolò, “non lasciarmi… non lasciarmi…” riuscì a dire, poi scoppiò a piangere e si coprì il viso con le mani.
la lasciai sfogare per un paio di secondi poi mi tirai su e l’abbracciai, stringendola a me.
un colpo al cerchio e uno alla botte, giusto?
“vuoi… venire a fare la doccia insieme a me?” le proposi.
restò con le mani sul viso, senza rispondere.
“l’abbiamo comprata così grossa per farla in due, ricordi?” le sussurrai.
scostò solo una mano e mi guardò con un occhione azzurro mentre l’altro era ancora coperto.
“f-facciamo l’amore?” mi chiese, ancora piagnucolosa.
“solo se lo vuoi…” risposi.
tolse la mano, mi guardò con quel suo viso da bambina troppo cresciuta e poi annuì.
“sì, voglio fare l’amore con te…” mugolò.
appena entrati in bagno ci baciammo, profondamente, e dopo quel lungo bacio Gioia mi mise le mani sul petto e lentamente piegò le gambe fino a mettersi in ginocchio, con le mani ancora alzate scese sulla mia pancia e poi mi afferrò il mollaccione e dopo averlo scappellato con le dita per liberare la cappella se lo riscucchiò in bocca: cosa poco onorevole presentarsi alla propria donna con il cazzo molle, ma quello era…
cominciò a ciucciarlo e a scappellarlo con le labbra fino a che non lo fece diventare usabile, lo leccò dalle palle fin sulla punta facendolo sparire in bocca per poi ricominciare con la lingua sotto le palle, il tutto mentre mi guardava negli occhi.
e quando fummo entrambi pronti mi guidò nella doccia, aprì l’acqua ed appoggiando le mani sulla parete piegò le ginocchia e sporse il bel culo verso di me: non la feci aspettare, mi inginocchiai per leccarle la figa già abbondamente aperta e dopo una buona lubrificazione glielo appoggiai e con una minima spinta entrai.
la scopai lentamente, quasi con una forma di rispetto, ma quando cominciò ad incitarmi con la voce roca dicendo “sì, sbattimi”, “così, fammelo sentire” e “dai, amore, aprimela in due” allora lasciai perdere il rispetto e afferrandola per le spalle cominciai a darci dentro.
il ciac ciac delle mie cosce contro le sue chiappe era fragoroso e sicuramente udibile in tutta la casa, e sicuramente a che i suoi gemiti di piacere sarebbe stati uditi senza lasciare ombra di dubbio su che cosa stavamo facendo.
me la scopai di brutto da dietro, poi la tirai su, la girai e dopo averle alzato una coscia per trovare spazio trovai la mia via anche dal davanti, la presi per le scapole e ricominciai a scoparla squassandole il corpo non proprio massiccio, in un tripudio di tette che ballavano ad ogni colpo ricevuto, ciac ciac ritmico di cosce e gemiti di una donna che veniva scopata e che si stava lasciando andare.
ero pronto a sborrarle dentro così, accelerai per concludere ma Gioia si fermò, “...no amore, aspetta, non così…” mormorò eccitata, rimise giù il piede e scendendo il basso si mise alla pecorina, con l’acqua della doccia che le inondava la schiena.
una posizione che sul letto facevamo… spesso, se non sempre, ma che in doccia…
“prendimi da dietro…” mi incitò con voce roca, “dai, prendimi, montami!”
montami? ma cosa cazzo succedeva? non l’avevo mai sentita dirlo…
inutile dire che fu pensiero di una frazione di secondo, scesi, mi piazzai dietro e la montai, come mi aveva incitato a fare, e anche se un po’ scomodo ricominciai a sbatterla arrivando a breve alla conclusione, e quando arrivai ancora una volta Gioia si voltò e accovacciata a terra lo prese in bocca dandogli le ultime “menate” per farmi venire, rigorosamente in bocca.
le sborrai in gola, la vidi strizzare gli occhi e deglutire a fatica cercando di non tossire, ingoiò tutto e ricominciò a ciucciare e visto che la situazione era ancora favorevole si tirò su mettendosi con il culo verso di me e mi chiese di continuare.
la penetrai nuovamente e nuovamente me la scopai sbattendola come si deve, con meno intensità e frequenza di spinte rispetto a poco prima ma comunque con quell’energia che bastò per farla venire (credo) e per portare a conclusione anche me, che stavolta “liberai” nella calda figa di Gioia, scaricando tutta la mia tensione repressa.
finito quello scontro sessuale ci baciammo profondamente, la baciai sulla bocca e sul collo, le succhiai i capezzoli e scesi sulla pancia (adorava quando le baciavo la pancia…) e poi risalii, le nostre lingue fecero nuova conoscenza e quando ci staccammo definitivamente Gioia sorrideva, come una bambina che ha appena combinato un guaio.
“wow…” mugugnai, “io non ho più l’età per fare certe cose…”
“non è vero…” rispose sollevandosi sulle punte dei piedi e gettandomi le braccia attorno al collo, “sei sempre un giovanotto quando si tratta di fare le brutte cose…” ridacchiò.
“mmm…” mugolò mentre mi leccava le labbra, “sei il mio giovanotto… il mio bel cazzone…”
ci baciammo ancora slinguazzando come forsennati, con la mano scesi sul suo bel culone e aprendole le chiappe le trovai il buchetto che stuzzicai facendolo contrarre e poi scesi a cercarle le labbra della figa, ormai slabbrata, ma quando la penetrai con due dita Gioia strinse le cosce.
“no amore che mi fai scappare la pipì…” ridacchiò.
e allora la guardai negli occhi.
“dai, falla…” la incitai.
Gioia ricambiò lo sguardo con quella sua espressione da eterna bambina, ci piazzò sopra un risolino e poi lasciò andare i freni: sentii il calore sulle mie gambe e quel tipico odore caldo e ambrato, e mentre la faceva scesi nuovamente con le dita e toccai il flusso bollente schizzando pipì dappertutto, giocando con il suo grilletto gonfio.
ancora una volta partì all’assalto e incollò la bocca alla mia, non so quanto durò quel profondo bacio, quello che so è che entrambi non volevamo interromperlo, troppo “presi” dalla passione e da quella che sembrava una specie di… rivincita della nostra coppia.
arrivai al lavoro con un po’ più di buon umore rispetto al preventivato, e tra l’intervento programmato e alcune urgenze in un attimo arrivò mezzogiorno.
tornato in ufficio chiamai Gioia ma non rispose, ci provai ancora ma nulla, allora controllai le telecamere di casa ma Gioia non c’era: il suo Whatsapp diceva che l’ultima connessione era di poco meno di mezz’ora prima, forse era uscita a fare la spesa o forse era andata a sistemarsi i capelli, pazienza, l’avrei chiamata più tardi o sarei stato richiamato.
ma… con una sorta di allarme interno riaprii l’applicazione delle telecamere e controllai le due che avevo deviato proprio sulla piscina, per fortuna deserta.
arrivò una delle assistenti perché c’era l’ennesima urgenza senza appuntamento, un cliente di vecchia data con problemi ad un impianto fatto pochi giorni prima, lo raggiunsi già in sala e nuovamente gli spiegai come doveva essere fatta la pulizia e già che c’ero controllai anche gli altri impianti, e mentre lo facevo entrò una delle segretarie.
“dottore, c’è una telefonata per lei…”
“sono… impegnato a momento, chiedi se richiama…”
la segretaria se ne andò e tornò di lì a pochi istanti, “era sua moglie” mi disse, “ha chiesto se la può richiamare”
mi rabbuiai.
“non ha detto… per che cos’era?” le chiesi.
“no, dottore…” rispose.
la ringraziai e continuai nel mio lavoro ma appena finito mi fiondai in ufficio e la chiamai, il telefono suonò, suonò, suonò sempre a vuoto fino a che alla fine rispose con un “pronto!” squillante.
solita Gioia, voleva solo sapere che cosa preferivo stasera per cena perchè questo e quello e quell’altro, e mentre parlava mi scoprii ancora molto… innamorato di mia moglie, sempre così premurosa e dolce.
e che sapeva ancora regalarmi delle sensazioni… uniche.
le dissi che mi andava bene qualsiasi cosa, poi… sembrò cambiare tono.
“volevo anche dirti un’altra cosa… ma forse… te la dico quando torni…”
“dimmi, Gioia…” la incalzai, sapeva che odiavo quel suo modo di lasciare in sospeso le cose.
“per… per domani sera…” mugolò, “io… non ho voglia di andare…”
quella fu una vera sorpresa.
“come mai?” le chiesi.
“così… non me la sento”
“non stai bene? ti senti ancora debole?” le chiesi un filo preoccupato, con tutto quello che aveva fatto per farmi accettare quella cosa adesso si tirava indietro?
“no, sto bene, sto bene…” si affrettò a rispondere, “è che… devo pensarci ancora un po’...”
sotto sotto la cosa mi fece stare bene, sapeva anche lei che cosa ne pensavo di questa nostra “avventura”, ma c’era comunque qualcosa che ora… rodeva, una specie di senso di fastidio per qualcosa che mi attirava e che ora non potevo raggiungere.
“mi fai un piacere grosso grosso grosso?” mugolò ancora, “puoi… chiamare tu Stella e dirglielo?”
“non puoi mandarle un messaggio?” le chiesi.
“no… meglio dirglielo a voce”
mmm… c’era qualcosa che non tornava.
“io… non ho voglia di sentirla, non adesso, poi sai come è fatta, comincia a fare mille domande…” mi disse, un po’ giù.
“sì, certo, la chiamo io” le risposi, “posso dire che non sei stata bene?”
“sì, sì, certo…” rispose, “dille così, va bene…”
indugiai ancora un istante poi glielo chiesi.
“sei sicura di stare bene?”
“che dolce che sei amore mio…” ridacchiò, poi però mi confermò che stava bene, solo che non aveva voglia di andare fuori, tutto lì.
“voglio stare con te, voglio che mi coccoli e che mi tieni stretta…” disse.
ci salutammo come sempre, mettendoci dei minuti prima di riattaccare, poi uscii dall’ufficio e controllai la lista del pomeriggio, feci alcune modifiche per quella del giorno successivo e poi dissi alle ragazze di andare in pausa, ci saremmo visti alle due.
“lei resta, dottore?” mi chiese la segretaria prima di andare via.
“sì, resto” risposi, salutai e poi chiusi tutto, tornai in ufficio, inspirai profondamente e poi chiamai Stella.
“buongiorno…” rispose, “ma che piacere sentirti… tutto bene?”
“sì, sì, certo…” risposi tradendo nervosismo e quella specie di felino predatore se ne accorse subito.
“ci sono problemi?” mi chiese subito, con tono più serio.
“s-sì, forse sì…” le risposi esitante, “Giulia non si sente molto bene e…”
“oh poverina” rispose subito, “ma è qualcosa legato a quello che è successo e al ricovero in ospedale?”
“n-no, non credo” dissi sincero, “credo lo faccia solo per me…”
la sentii inspirare.
“sì, lo credo anch’io” rispose, quasi rassegnata, “e forse… forse ha ragione, stiamo correndo troppo con voi due”
“correndo?”
“m-m” sospirò, “dobbiamo darvi più tempo per pensarci con calma e… essere convinti”
“intendi… io?”
“sì, ma non solo” replicò, “Gioia è molto innamorata di te ma è anche legata, legata nel senso… di legame, a corda doppia, capisci quello che intendo? non è pronta per essere libera di testa e seguire il suo istinto”
“non so se è pronta a… scambiare il suo uomo” concluse.
“eh, per quello nemmeno io mi sento pronto…”
“è vero” sussurrò, “ma in quello ti posso aiutare io…” buttò lì, decisa.
sentii il cuore balzare in gola.
“davvero?” le chiesi, “e cosa sarebbe il tuo, un gioco di seduzione?”
“mmm… dipende” rispose sensuale, “dipende dalle motivazioni… dipende da cosa c’è sul tavolo”
“è un gioco pericoloso…” le dissi, e la tensione aumentò, “è un gioco che comporta tanti rischi…”
“anche quello…dipende…” rispose, “dipende dalle tue motivazioni… come coppia che vi presenta al club io e mio marito abbiamo un compito che è quello di prepararvi”
“a che cosa?”
“è semplice, tu cedi tua moglie a Enrico e in cambio hai me…” mi disse, “e in questo devo essere io a prepararti, farti vedere il bello di quello che ci guadagni e non farti pensare a quell’altra cosa”
“e… Gioia?” le chiesi, punto nella gelosia.
“Gioia non è un problema tuo…” fu la sua risposta.
“però ricorda una cosa” continuò, molto seria, “nel nostro gioco ciò che non deve mai mancare è fiducia nel proprio partner, onestà e rispetto”
che fiducia è se mando mia moglie nel letto di un’altro uomo?
“quello che fai tu, lo fa Gioia” chiarì, “quello che fa Gioia lo fai anche tu, questa è l’onestà, e la fiducia è quella di concedere la tua donna ad un altro sapendo che lui la tratterà con tutta la delicatezza che merita, con lo stesso amore che le daresti tu, il rispetto è quello che serve per osservare le regole, senza eccezioni”
tutto molto chiaro, cristallino.
“prendetevi il vostro tempo” disse ancora, “e se non siete convinti di quello che fate lasciate perdere, ci vedremo ancora qualche sera, ma non parleremo mai più di club o scambi, ok?”
“ok…”
“grazie per la chiamata” concluse, “ti auguro una buona giornata e un grosso abbraccio anche a Gioia, ok?”
“ok, grazie a te”
ci salutammo e, lo confesso, un po’ fui deluso.
le due arrivarono in fretta e così anche le cinque e mezza, e quando l’ultima paziente se ne fu andata liberai le ragazze della segreteria e una volta sistemata la sala salutai l’assistente e chiusi tutto, scesi nel parcheggio e salii in auto, e mentre tornavo verso casa le parole di Stella non mi uscirono dalla testa.
il telefono si collegò e non so come partì una chiamata senza che lo volessi, e chiamai proprio lei.
“allora mi pensi così tanto?” mi chiese, facendomi quasi trasalire.
“scusa…” le dissi, “chiamata partita per errore…”
rise, ma già che c’eravamo parlammo ancora della “cosa”, del “gioco” e delle regole da osservare, regole che che vietavano tassativamente l’incontro di due “scambisti” senza che gli altri due partner facessero lo stesso, questo secondo il club voleva dire tradire la fiducia e l’onestà, e prevedeva l’espulsione immediata e il pagamento di un’ammenda cospicua.
“poi… nessuno la rispetta” ridacchiò, “ma queste sono le regole scritte…”
e mentre l’ascoltavo sentii il suo tono di voce cambiare, e capii che Stella era molto di più di quello che pensavo.
“se poi… c’è qualcuno che sembra ancora indeciso…” disse, “beh, allora posso anche decidere di infrangere qualche regola e… incentivarlo, invogliarlo… farlo decidere…”
“davvero?”
“m-m” rispose sensuale, “con te, ad esempio, sarei pronta a farlo… ma non solo perché sei tu, perché… siete una coppia che secondo me sarebbe perfetta per il nostro club”
il cuore mi batteva all’impazzata.
“perfetta da scambiare?”
“proprio così…” rispose, “ci sono coppie che vengono appena tollerate e che per questo se ne vanno, anche sbattendo la porta, poi… poi ci sono coppie come voi… e gli altri se le contendono, vi fanno ponti d’oro per scambiare con voi…”
ero esterrefatto.
“e tu… sei per così dire una… facilitatrice?”
annuì.
“con voi uomini è facile…” mugolò, “se siete indecisi e non vi sapete muovere non c’è niente di meglio che farvi un pompino… con un bel pompino vi liberate la mente e si sblocca tutto…”
ero… basito.
“e… vuoi la verità?”
“sì, certo…”
“ho scommesso con Enrico che a te ne servivano almeno tre per farti decidere…”
“tre… pompini?” le chiesi, cercando di essere serio, “ma uno dietro l’altro o…”
non raccolse la provocazione.
“e vuoi sapere tutta la verità?”
“sì”
“credevo che il primo te l’avrei dovuto fare stasera” mi disse, “e mi ero anche preparata, pensa…”
“ti eri… preparata per farmi un pompino? stasera?” le chiesi, avevo la mano che reggeva il volante completamente sudata.
“m-m” replicò, “non ci credi?”
“no… non posso cred…” provai a dire ma non riuscii a completare la frase.
“dove sei?” mi chiese, seria, “dove sei in questo momento?”
glielo dissi.
“ok, ok, ok” mugugnò, “sì, ok… c’è il parcheggio della banca… non mi ricordo quale, quella con la scritta verde… lì da quelle parti, giusto?”
“s-sì”... le risposi, “l’ho appena passata la banca”
“ecco, torna indietro e scendi giù di sotto”.
“ma cosa…” cercai di dire, ma ancora una volta fui sopraffatto.
“ascoltami! ci troviamo lì, tra… cinque minuti” mi disse, “e preparalo già duro, non mi piacciono i cazzi molli”
“no, non mi sembra… giusto” le risposi, ma era fiato sprecato.
“tra cinque minuti” concluse, “trovati un posto in fondo, dove ci sono i parcheggi dei residenti, vicino alla sbarra”
sembrava che lo conoscesse molto bene, forse lo usava spesso…
“mi raccomando, cazzo di fuori e già duro, non abbiamo molto tempo, ok?”
“o-ok…” risposi, “bravo” replicò, mi mandò un bacio e poi mise giù.
no, non era possibile. non stava succedendo per davvero…
avrei potuto tirare dritto e non cadere nella trappola di Stella, che forse era davvero una trappola o uno scherzo crudele, ma… non riuscivo a resistere alla tentazione, non riuscivo a… connettere.
come un automa (facile pensare che sia una scusa, ma feci davvero così) scesi giù per la rampa e seguendo i cartelli con la P bianca su sfondo blu con sotto la scritta ‘residenti’ arrivai alla sbarra, trovai un posto isolato e lì mi fermai.
ero certo, anzi, matematicamente certo che Stella si sarebbe presentata ridendo come una pazza per avermi fatto cadere nel suo scherzo, ma dentro di me c’era anche qualcosa che mi spingeva a crederle.
poco cambiava, stavo comunque tradendo Gioia… e quel pensiero mi ammazzava!
ma avevo ancora davanti agli occhi le scene di quella sera, dei suoi baci, delle mutandine tolte e fatte roteare sulla testa come se fosse un trofeo per qualcuno…
“ok” sussurrai, “facciamolo!”
allungai le gambe e aprii la zip dei pantaloni, lo tirai fuori e muovendolo appena me lo trovai duro in mano, alla faccia della paura dello scherzo…
ci volle poco per mantenerlo così, ero eccitato e ancora sconvolto per quello che stava per accadere: i minuti non passarono più ma finalmente vidi arrivare dei fari, li vidi avvicinarsi e poi un colpetto di abbaglianti mi fece capire che era lei e che non dovevo metterlo via alla velocità della luce.
si fermò proprio davanti, scese e arrivò dritta da me lanciando un’occhiata soddisfatta a quello che avevo preparato per lei: infatti mi presentai con i piedi fuori dall’abitacolo, le gambe distese e l’affare di fuori, pronto per cominicare.
“mmm… un bel cazzone dritto e duro, eh?” mugolò, si piazzò tra le mie gambe dopo averle aperte e subito lo prese (e la sensazione della sua mano calda e sconosciuta fu una vera scossa), lo scappellò un paio di volte e poi ci si tuffò sopra a bocca aperta e cominciò a succhiarmelo e pomparmelo.
senza volerla offendere o fare paragoni, Gioia… aveva solo da prendere nota… e imparare.
un pompino così… energetico e avvolgente non l’avevo mai subito: forse fu complice anche il mio stato, super esacerbato ed eccitato, ma tutto quel lavorio di mani, labbra, lingua, gola… mi fece durare forse un paio di minuti.
“vengo…” grugnii quando sentii arrivare il piacere e a quel punto Stella si staccò con la bocca e continuò a menarmelo con la mano mentre con l’altra mi tastava le palle, e portandomi all’acme eruttai quello che avevo nelle palle schizzando sul pavimento una, due, tre, quattro volte prima di impiastricciarle la mano con la colata lavica.
ansimavo, lei invece sorrideva soddisfatta, e forse anche eccitata.
mi lasciò sfogare poi dalla tasca dei jeans tirò fuori dei fazzolettini Scottex e si pulì le mani, dedicandosi anche alla pulizia del mio affare che ormai si era ammosciato, e quando ebbe strizzato per bene la cappella facendo uscire anche l’ultima gocciolina allora me lo rimise nei boxer e mi fece l’occhiolino dicendo “dai, rimetti via tutto adesso…”
una volta messo via tutto chinai la testa, deluso da me stesso e affranto, sì, affranto per aver… tradito Gioia.
“ehi, che c’è?” mi chiese vedendomi giù.
“fai così per un pompino?” mi chiese, seria.
“ho appena tradito mia moglie” le dissi, duro.
“no, non l’hai tradita” mi rispose, “un pompino non è mica sesso…”
per poco non mi infuriai con lei, ma… restai calmo perchè “tanto” pensai, “è solo questione di tempo, no?”
“credi davvero che perché ti ho fatto un pompino hai tradito Gioia?” mi chiese.
“guarda che… non è così” continuò, “è stato solo un bacio il nostro, un bacio, non sulla bocca ma sul pisello…”
scossi la testa, e continuai a dirle che Gioia l’avevo appena pugnalata e che non se lo meritava, ma questo la fece incazzare.
“guarda che l’ha fatto anche lei, quella sera…” mi disse.
“no” le risposi, “mi ha giurato che non ha fatto sesso!” esclamai.
stavo difendendo la verità che mi aveva detto Gioia o quella verità che faceva più comodo a me?
“Mauro, è così” cercò di convincermi, “è solo un bacio, e l’ha fatto anche lei, è la prova che doveva superare…”
sentii qualcosa dentro che stava per esplodere.
“ha… mentito?” le chiesi.
“no, non ha mentito” rispose, serena, “ha detto che non ha fatto sesso, e non l’ha fatto… non poteva farlo, non è consentito…”
“ma perché… hai detto…” provai a dire, ma Stella vedendomi sconvolto decise di giocare ancora più duro.
mandò un messaggio, poi un altro e restò in attesa, ricevette una risposta, selezionò quello che voleva e poi girò il suo telefono verso di me.
e… mi mancò il terreno sotto ai piedi.
la foto era… assurda da quanto era reale: Gioia faceva la V di ‘vittoria’ con una mano in favore di obiettivo, aveva le labbra strette su una cappella e un altro cazzo nella mano, puntato alla sua bocca.
ero… di ghiaccio.
“questa è la prova che doveva superare” mi disse Stella, “e l’ha superata, ma si è fermata qui”
“non… non ti credo…”
Stella sorrise e mi accarezzò il viso.
“Mauro…” mi disse, “Mauro, ascoltami…”
chiusi gli occhi e abbassai la testa, deluso e amareggiato, ma Stella mi mise due dita sotto il mento e me la fece alzare.
“Gioia… io… io non ho mai visto una donna così innamorata di un uomo, marito, compagno, amante che fosse”
“adesso va a casa” mi disse ancora, dolcissima e amorevole, “abbracciala, stringila forte, baciala, fa l’amore con lei!”
inspirai profondamente e guardandola negli occhi annuii, prima debolmente, e poi più decisamente.
non ero convinto al cento per cento, ma per un buon novanta per cento sì.
“lei è tua!” esclamò, “lei è tua! è solo tua!!! e non sarà di nessun altro, lo capisci o no?”
“giocherete… separati, ma giocherete comunque insieme, uno in simbiosi con l’altra”
“e quando vi ritroverete… sarete ancora più coppia, ancora più innamorati”
se ne andò con la stessa velocità con cui era venuta, rimasi lì ancora per qualche minuto e poi tornai a casa.
e il viaggio di ritorno fu… assurdo, per la ridda di pensieri che affollavano la mia mente, ma una cosa potevo dirla, non provavo né odio né risentimento verso di lei, solo tanta voglia di rivederla.
e quello, lo capii poi, fu il primo passo verso la nostra nuova dimensione.
arrivai a casa e inspirai profondamente prima di cercarla, arrivai in soggiorno e trovai Gioia stanca e piuttosto pallida.
e nel vederla così… non pensai più a niente, né alla sua foto né al pompino di Stella, pensai solo a lei.
aveva la pressione parecchio bassa forse per colpa del caldo, preparai la tavola vincendo le sue proteste e mangiammo velocemente un po’ di insalata di pollo e poi ci rifugiammo in soggiorno, e Gioia mi si incollò addosso quasi volesse fondersi insieme a me.
eccola qui, quella che prende in bocca i cazzi di due sconosciuti “per superare la prova”.
ma incredibilmente lo tolleravo, stavo bene, anzi, ero… felice per lei, perché aveva superato quella prova.
la coccolai come mi aveva “ordinato” Stella ma Gioia non stava bene, ma forse il suo problema non era solo fisiologico.
passò un’ora buona senza che aprisse bocca, e allora toccò a me.
“perché non mi dici che cosa c’é?” le chiesi improvvisamente, già pronto a sentirle dire che andava tutto bene e che era solo stanca, ma non andò così.
“quella cosa… non la voglio più fare” rispose, esitante: aspettava solo me, aspettava che facessi io il primo passo per liberarsi.
lo sospettavo già.
“e… perché?” le chiesi, “è successo qualcosa?”
scosse la testa.
“non devi… darmi giustificazioni” le dissi, cercando di prenderla con le pinze, “volevo solo capire se è successo qualcosa o no, e…”
“non me la sento più” sussurrò, “non voglio… andare con un altro uomo”
“...o con altri uomini…” aggiunse subito.
rimasi in silenzio.
“sto ancora… male per quello che ho fatto quella sera” mormorò, “volevo essere a tutti i costi quella che non sono mai stata, volevo… stupire te e anche me stessa ma ho solo rischiato di perderti…”
“ma perché…” provai a dire, ma dovetti aspettare il mio turno.
“non voglio farlo più, non mi interessa più, è stato solo un errore” disse, poi si tuffò nella mia spalla e lì rimase, in silenzio.
“è stato uno schifoso errore…” la sentii dire, e poi più nulla.
e d’improvviso si erano ribaltate le cose, ora ero io a… spingere, e lei a fare da freno.
“ma che cazzo succede?” mi dissi, “ma che cazzo succede?”
“cazzo, Stella, ma cosa stai architettando?”
e avvolto nei miei dubbi vidi Gioia tirarsi su e poi alzarsi.
“vado a nanna…” mugolò, e sfilandosi la maglietta fece uscire le bombe, ma senza malizia, gettò a maglietta sul divano e poi si levò anche i pantaloncini sotto ai quali non portava gli slip, e rimase nuda.
“ti va di venire a letto?” mi chiese dolcemente, “dormiamo nudi?”
“sì, certo…” le risposi.
mi tese la mano e mi lasciò solo il tempo di spegnere la tv prima di trascinarmi con sé in camera da letto, togliermi maglietta e boxer lasciandomi nudo e precedermi sotto le lenzuola lasciandomi il posto accanto a lei, e poi abbracciandomi così forte da farmi male.
“non voglio più… toccare un altro uomo” sussurrò, “non lo farò mai più, te lo giuro…”
“non lo farò mai più” aggiunse, e poi solo silenzio e il suo respiro che si faceva regolare e profondo.
e mi sentii male, molto ma molto ma molto male. mi sentii una merda, un traditore fedifrago e… un grandissimo figlio di puttana.
“oh cazzo, che cosa ho fatto…” pensai, “che cosa ho fatto…”
“questa me la paghi, Stella…”
“me la pagherai cara”
fine capitolo quattro
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