Scomparsa

Capitolo 1 - scomparsa

sandra
2 days ago

I casi di persone scomparse, in Italia, è in aumento, solo nel 2023 sono state presentate 29.000 denunce di scomparsa, statisticamente le donne sono circa il 40%. Le ragioni delle scomparse sono diverse, dall’allontanamento volontario, alla violenza, allo sfruttamento, alla tratta delle persone, ecc. per fortuna, molti casi si risolvono positivamente.

Sono in una specie di cella, la porta ha le sbarre, non c’è nessuna finestra, le pareti sono in pietra, l’unico arredamento è una branda con sopra un materasso, un cuscino ed una paio di coperte, per terra, in un angolo, un secchio con un coperchio e su un tavolo un bacile di plastica ed un bidoncino pieno d’acqua.

Mi sono risvegliata sul letto, non ricordo come sono arrivata qui, ero ad una festa nella villa di alcuni amici conosciuti in discoteca. Ho provato a chiamare qualcuno, ad urlare, ma un uomo, dalla porta a sbarre, con una bastone in mano mi ha intimato di fare silenzio minacciandomi e facendomi vedere il bastone.

Mi chiamo Sonia, ho 17 anni, mi mancano i miei genitori che saranno preoccupatissimi, ma dove sono finita? E come? E cosa vogliono da me? non ho più i miei vestiti, ho addosso una specie di sottoveste leggera. Devo evacuare, vedo il secchio e penso sia per quello, sopra il coperchio un rotolo di carta igienica, dopo verso un po’ d’acqua nel bacile e mi lavo senza potermi asciugare.

Lo stesso uomo di prima, attraverso le sbarre fa cadere nella cella un sacchetto, dentro due tramezzini ed una bottiglietta d’acqua, non so neanche da quanto tempo sono qui, mi hanno portato via anche l’orologio oltre alla collanina, ai bracciali, ai due anelli ed agli orecchini.

Mi viene da piangere ma non serve a niente, non uscirò da qui piangendo, devo fare qualcosa, ma cosa?

Il solito uomo apre la mia cella e mi dice di uscire, il suo italiano è stentato, mi fa mettere davanti a sé e mi spinge per farmi camminare, il corridoio è largo e lungo, altre celle lungo le pareti, non riesco a fare in tempo a vedere se ci sono altre ragazze, mi spinge oltre una porta, dentro una stanza abbastanza grande, seduta ad un tavolo c’è una donna, in piedi, al suo fianco, un uomo enorme, non tanto il altezza quanto in larghezza, spalle massicce, pancia prominente, praticamente senza collo e senza capelli, due braccia che sembrano prosciutti.

Vengo spinta a sedermi su una sedia di fronte alla donna e subito comincio a farle domande, una sberla dell’uomo in piedi  che, contemporaneamente mi dice di fare silenzio, mi fa smettere.

È la donna che, con il mio portafoglio in mano, comincia a farmi domande, se non rispondo mi arriva uno schiaffo, dopo il terzo le dico tutto quello che vuole sapere: la verifica della mia identità, dove abito, cosa fanno i miei genitori, da chi è composta la mia famiglia, se la casa dove viviamo è la nostra  e poi altre molto più personali circa i miei rapporti con l’altro sesso, se ho un ragazzo fisso, ecc. alla fine vengo presa per le spalle, fatta alzare ed uscire sempre seguita dal mio carceriere col bastone.

Mi porta in quella che sembrerebbe un’infermeria, lì un’altra donna con un camice e dei guanti il lattice mi dà un telo da bagno e mi indica una porta dicendomi di fare una doccia, la cosa non mi dispiace, mi sento sporca e stanca, la guancia mi fa male. L’acqua è calda, un sollievo ed un toccasana, anche per il mio umore, l’acqua fredda, quella calda è finita, mi scuote e mi riporta alla realtà, mi asciugo ed avvolgo nel telo da bagno ed esco.

La donna mi dice di stendermi su un lettino, di quello da ginecologo, mi fa appoggiare le gambe sui supporti poi entra un uomo, anche lui con il camice ed i guanti, in aggiunta una mascherina che gli copre naso e bocca, la donna mi tiene per le spalle mentre lui mi infila due dita nella figa e poi sentenzia

-          No, non è vergine, ha detto la verità.

Mi fanno rialzare e la donna mi strappa l’asciugamano, poi mi fa delle foto e me lo restituisce, me lo avvolgo intorno al corpo prima che rientri il mio carceriere per riportarmi nella mia cella, adesso mi sembra usi dei modi più gentili, ma forse è solo per palpeggiarmi.

Si, nelle altre celle ci sono altre ragazze che forse hanno già subito lo stesso trattamento o lo subiranno, la porta della cella si richiude dietro la mia disperazione, mi sdraio sulla branda rannicchiandomi sotto le coperte.

 

 

 

Otto uomini e due donne stanno cenando intorno ad un grande tavolo discutendo di affari

-          Questo mese sono un bel gruppo, è andata bene

-          Si non ci possiamo lamentare dovremmo riuscire a ricavarne un buon guadagno

-          Le vergini  sono sempre meno e sempre le più richieste

-          È vero, su 15 ne abbiamo solo 3, per fortuna sono giovani e bionde, gli emiri pagheranno bene

-          Si da quelle tre dovremmo ricavarne almeno 150.000 euro, se non di più

-          Le quattro più vecchie le possiamo vendere al siriano per il suo bordello, ci faremo altri 100.000 euro, hanno più di 25 anni per una

-          Ne vorrà un paio anche il nigeriano, però lui ci paga in droga

-          Si ma tagliandola nel modo giusto ne ricaveremo altri 100.000 euro

-          Ne daremo una per uno al libanese, al marocchino ed all’algerino

-          Si, sono altri 90.000 euro

-          Due vanno nel nostro bordello in Turchia, ci renderanno bene, diciamo che per 5 anni dovrebbero portarci almeno altri 200.000 euro

-          E l’ultima, la rossa? Quella ha un corpo da sballo, e ha solo 17 anni

-          No, per quella chiediamo un riscatto, un milione di euro, i suoi venderanno anche la casa per riaverla, nel frattempo voi due ve la portate in Albania e la mettete al lavoro, però niente droghe, la restituiremo pulita, prima pagheranno prima la riavranno e meno cazzi le faranno prendere ahahahah.

 

 

Mi vennero a prendere in cella di notte, me ne accorsi perchè, una volta all’aperto vidi che era buio, mi fecero salire su un furgoncino e, dopo un breve tragitto, salire sul retro di un tir, verso la cabina era stato ricavato uno spazio non più largo di un metro e mezzo, mi ci misero dentro e poi sentii che altro veniva caricato, dopo circa un’ora, senza orologio calcolavo il tempo contando, il tir si mise in moto.

Quando mi fecero scendere ero stanca, infreddolita, affamata, entrammo in un cortile, poi da lì in un altro ed infine in un altro ancora, poi da una porta scendere una scala per ritrovarmi nell’ennesima cella, questa volta con un letto grande, una porta che conduceva ad un bagno ma, sempre, senza alcuna finestra. Su un tavolo del pane ed un piatto con quelle che sembravano polpettine che divorai bevendo acqua da una bottiglia, poi mi sedetti sul letto ad aspettare che qualcuno venisse a dirmi qualcosa.

Finalmente, dopo qualche ora, la porta si aprì ed entrarono i due uomini che avevo visto alla partenza.

-          Cosa volete da me?

-          Abbiamo contattato i tuoi genitori, sanno che stai bene, per ora , quando ci daranno quello che abbiamo chiesto ti rimanderemo a casa

-          Quanto tempo ci vorrà?

-          Non dipende da noi, nel frattempo verrai istruita

-          In che senso?

-          Nel senso che devi pagare per il tuo mantenimento

-          Ma non posso pagare

-          Certo che potrai farlo, verrai appunto istruita su come farlo, intanto comincia togliendo quei vestiti

-          Non voglio

-          Lo faremo noi ma sarebbe meglio lo facessi da sola, per te, intendo

Tolsi, lentamente, i vestiti che mi avevano dato per il viaggio, ma rimasi completamente nuda, non mi avevano dato biancheria, uno dei due poi mi venne vicino e mi prese per i capelli costringendomi ad inginocchiarmi, intanto aveva abbassato la cerniera dei suoi pantaloni estraendone l’uccello e facendolo strisciare sulla mia faccia

-          Sai cosa fare no?

-          Non l’ho mai fatto

Dissi cercando di evitare il contatto e lui stringendomi più forte i capelli

-          Tira fuori la lingua, forza

Fece strusciare la sua cappella sulla mia lingua e poi mi spinse  l’uccello dentro la bocca

-          Adesso lecca e succhia e, mentre lo fai guardami, prima lezione.

Obbligata feci quello che aveva detto, intanto l’altro mi aveva preso per un polso e mi aveva fatto impugnare il suo membro guidando la mia mano a segarlo

-          Brava, impari in fretta, se continuerai così non saremo costretti a farti del male o peggio

Quindi, pensai, era quello il modo per ripagarli e tornare prima a casa, ma mi sbagliavo.

Mi fecero salire sul letto, poi, ed inginocchiarmi alzando il sedere, uno mi si mise seduto davanti a gambe larghe e sostituì il compagno nella mia bocca mentre l’altro, alle mie spalle, appoggiò la sua cappella alle mie grandi labbra e spinse penetrandomi con forza e cominciando, subito dopo a scoparmi con colpi lenti, lunghi e profondi mettendomi le sue mani sul sedere.

Non avrei voluto ma il mio corpo reagì naturalmente ed ebbi il mio primo orgasmo e, dopo un po’, un getto caldo di sperma inondò la mia schiena e, quasi contemporaneamente, un altro, la mia gola, cercai di liberarmi ma mi tenevano stretta

-          Ingoia, bevi tutto, puttanella.

Passarono con me diverso tempo scopandomi a turno ma, senza mai venirmi dentro, poi sazi uscirono dicendomi che era stata la prima lezione, ci volle un po’ prima che riuscissi a sollevarmi dal letto ed andare in bagno dove, per fortuna c’era acqua calda  restai seduta sul piatto della doccia sotto il getto bollente sfogandomi, finalmente, libera di piangere.

Il giorno dopo venne da me una donna, abbastanza vecchia, mi disse di sdraiarmi a pancia sotto, le dissi che avevo paura delle iniezioni ma , ridendo, mi disse che non mi avrebbe fatto una puntura, sentii il fresco di un liquido tra le chiappe che colò anche sulla mia passerina, sentivo il suo dito ossuto che lo spargeva bene e poi altro liquido e, sempre il suo dito che si infilava nel mio buchino, mi disse di rilassarmi, ma come potevo? Allora mi arrivò uno schiaffo sul sedere per ribadire quello che aveva detto poi qualcosa penetrò nel mio buchino, una strana sensazione, non mi faceva male, solo un senso di fastidio, per fortuna ero già andata in bagno perché mi disse di non tirarlo fuori e che sarebbe tornata, rimasi così ferma per almeno un paio d’ore e lei tornò, altro liquido, altro massaggino, poi estrasse quello che aveva inserito e continuò con il liquido fresco, ed infine sostituì l’ospite nel mio culetto con uno un po’ più grosso e fastidioso di quello precedente, la procedura venne ripetuta per altre 5 volte, ogni volta più grosso e lungo, il fastidio sempre maggiore, un paio di volte dovetti andare in bagno e pensò lei a ripulirmi  e lavarmi, , poi, alla fine, tolse l’ultimo e se ne andò, rimasi così , supina per qualche altro minuto e mi trovarono così i due uomini del giorno prima, non mi fecero alzare all’inizio, poi dopo essersi spogliati mi fecero rimettere in ginocchio come il giorno prima per essere ancora segati e leccati, dissero che dovevo imparare bene, dovevo leccare e succhiare anche lo scroto ed insalivare di più l’uccello, mi fecero sdraiare sul letto ed alzare ed allargare le gambe, ma, questa volta uno dei due puntò dritto al mio buchino che ancora non aveva ripreso la forma normale e mi penetrò, lentamente ma decisamente, ecco, adesso non era solo fastidio ma anche dolore che aumentò quando cominciò a muoversi per poi confondersi con un mio primo orgasmo leggero, questo li fece ridere e l’altro allora decise che non voleva fare da spettatore e infilò il suo uccello nella mia figa umida, adesso non era il dolore, era il piacere a farmi tremare tutto il corpo sotto gli affondi dei due uomini.

Questa fu, quando se ne andarono, dopo qualche ora, la seconda lezione ed io ripetei, come la sera prima, l’esperienza della doccia con l’acqua che lavava via anche le mie lacrime.

Passò una settimana dove tutti i giorni i due venivano ad usare il mio corpo, poi venni fatta uscire e portata ai piani superiori, venni messa in una stanza arredata con un grande letto in legno, le pareti erano rivestite con tappezzeria rossa, sopra il letto uno specchio e , lo stesso ai 4 lati sulle relative pareti, anche qui avevo un mio bagno e anche un tavolino da toeletta con sopra trucchi vari che la donna del trattamento presedente mi disse di usare, voleva vedere come mi truccavo, mi diede anche della biancheria sexy che prese da un baule ai piedi del letto e mi disse di indossarla.

Quando tornò mi fece cambiare perché non le piaceva quello che avevo scelto e ni corresse un po’ il trucco poi tornarono i due uomini.

 

-          Questo è il tuo posto di lavoro, riceverai degli uomini che faranno con te quello che gli pare, tieni presente che vediamo ed ascoltiamo tutto quello che fai, quindi non fare scherzi, potresti trovarti con la gola tagliata.

Se ne andarono chiudendo la porta a chiave, ecco mi usavano come puttana, com’era cambiata la mia vita nello spazio di neppure un mese, chissà i miei genitori, i nonni, il mio fratellino, li avrei più abbracciati?

Avevo una media di 5 clienti al giorno, nel periodo del ciclo ebbi solo qualcuno che si eccitava per il sangue, ma poi riprese normalmente, ormai, avevo calcolato, era passato un mese. U giorno dalla porta entrò l’uomo che avevo visto il primo giorno insieme alla donna che mi aveva fatto tutte quelle domande,

-          Allora puttana, mi dicono che sei diventata brava, sarà un peccato quando te ne andrai, per adesso vediamo un po’ cosa sai fare

detto ciò si spogliò, nudo era ancora più brutto, e aveva un cazzo non lungo ma tozzo e nodoso, la pancia quasi lo nascondeva, anche il suo odore faceva schifo, volle che lo prendessi in bocca, respiravo profondamente per non vomitare, ricordavo la violenza delle sue sberle, mi facevano male le mascelle, poi si sdraiò sul letto, se mi fosse venuto sopra mi avrebbe schiacciato e mi fece salire su di lui e, praticamente mi impalai sul suo attrezzo mentre con le sue mani strizzava e pizzicava la mia carne, mi sarebbero rimasti dei lividi che avrei dovuto coprire con il trucco, quando venne mi scaraventò praticamente di fianco e indirizzo il suo affare verso il mio viso dicendomi di tirare fuori la lingua, oltre il suo odore anche il sapore non mi piaceva ma dovetti anche ripulirgli il cazzo con la lingua.

Anche lui poi volle incularmi, era una cosa che, avevo visto, eccitava moltissimo gli uomini, per fortuna il mio sedere si era abituato, se no mi avrebbe fatto davvero male, questa volta si scaricò direttamente dentro il mio corpo inondandomi l’intestino, con lui non avevo raggiunto l’orgasmo, ormai mi capitava sempre più spesso.

Passarono altri due mesi, ormai avevo dei clienti abitudinari, uno di questi era un camionista italiano che veniva tutte le settimane, chiaramente non potevo dirgli nulla di me, sarei stata nei guai, ma lui era uno dei pochi gentili con il quale facevamo tutto con calma e con dolcezza e voleva anche i miei baci l’unica cosa che conosceva di me era il nome e l’età, non avevo ancora 18 anni, lui mi disse di averne 32, era siciliano ma viveva a Roma. L’ultima volta che lo vidi scrissi con il rossetto sulla sua pancia il mio numero di telefono di casa e help, aiuto in inglese, mi guardò strano ma non disse niente, più tardi seppi che aveva telefonato e parlato con i miei che gli avevano raccontato della mia scomparsa ed il resto, lui, gli aveva dato la buona notizia che ero viva ma, purtroppo gli aveva raccontato anche dove e come mi aveva conosciuto.

Quando la polizia italiana , insieme a quella albanese fecero irruzione e mi salvarono lui era fuori dalla casa con il suo camion, li aveva aiutati ad arrivare senza essere visti nascondendoli sul suo rimorchio, nella casa eravamo in totale 10 ragazze di diverse nazionalità, la più vecchia aveva 23 anni, la più giovane 15.

I miei, per fortuna, non erano riusciti ancora a vendere la casa, comunque la cambiammo dopo qualche mese, io non ripresi la scuola, dopo un periodo passato in una clinica dove ebbi anche l’assistenza di uno psicologo andai dai nonni materni in Piemonte fino alla fine dell’anno scolastico e venni coccolata amorevolmente, quando tornai a Milano rividi salvatore, Turi per gli amici, che si era tenuto in contatto con i miei, venne invitato a cena e si presentò con un grosso mazzo di rose rosse, ci fu un po’ di imbarazzo iniziale, visto il modo in cui ci eravamo conosciuti; non andava più in Albania, aveva cambiato tratta adesso andava settimanalmente in Germania, trasportava materassi all’andata e molle d’acciaio al ritorno. Ma non ci rivedemmo più, per me era troppo doloroso il ricordo. Rimasi in cura da una psicologa per altri due anni e ne passò un altro prima che ricominciassi ad uscire con qualcuno.

Pensavo, all’inizio del mio percorso di recupero di non poter più provare stimoli sessuali, invece dopo solo qualche mese sentii il bisogno di masturbarmi, ne parlai alla psicoterapeuta che mi disse che andava bene e che volevo avrei potuto usare qualcosa che mi avrebbe aiutato e così, usando la carta di credito che mi aveva dato papà iniziai a comprare online quelli che consideravo supporti alla mia guarigione, ovetto vibrante, alcuni dildo di dimensioni e foggia diverse, lubrificanti e anche della biancheria sexy, a volte decisamente sfacciata.

Mi chiudevo in cameretta e davo sfogo alle mie necessità soffocando i miei gemiti con il cuscino, mi aiutò moltissimo ma, andando avanti sentivo sempre di più la necessità di un rapporto umano o sarebbe meglio dire un rapporto CON un umano, non credevo ne avrei sentito mai più la necessità ma, forse, voleva dire che il mio percorso di psicoterapia era arrivato alla fine ed aveva sortito il risultato sperato.

Ormai avevo vent’anni, mi ero diplomata ed ero ancora indecisa circa l’università, anche se, giusto per curiosità andai a vederne alcune a Milano, la Statale, la Bocconi, il Politecnico, tutti pieni di giovani della mia età o poco più grandi, mi fece bene cominciare a frequentare i loro stessi locali nei dintorni degli atenei.

La sera non uscivo mai anche se, presa la patente, papà mi aveva comprato una Suzuki Jimni molto divertente da guidare. Poi, finalmente, una sera decisi che era il momento, mi truccai con attenzione, i miei capelli rosso tiziano ormai erano lunghi e mi cadevano voluminosi sulle spalle, misi della biancheria di pizzo di seta nera, un miniabito sempre nero e dei sandali con tacco 8, uno scialle sempre di seta nero per l’aria fresca primaverile, andai sui navigli che erano pieni, ormai, di locali carini, non volevo fare tardi , volevo solo immergermi in una situazione di normalità, o almeno così credevo.

Lasciai l’auto non fu facile trovare un parcheggio e mi incamminai, musica usciva dai vari locali, alcuni con tavolini all’esterno ma tutti con  diversi gruppi di persone in piedi con bicchieri in mano lungo la strada fuori dai locali, presi anch’ìo qualcosa da bere , rigorosamente non alcolico, un ragazzo, decisamente non italiano, probabilmente sudamericano voleva offrirmi da bere ma gli feci vedere il mio bicchiere di plastica ancora pieno poi…

-          Cerchi qualcosa?

-          No no, niente

-          Se ti serve qualcosa posso procurartela

-          No davvero, non mi serve niente

-          Allora cosa fai qui?

-          Nulla, ascolto la musica, e bevo qualcosa

Non era molto alto, bruno con la camicia mezza aperta per far vedere il petto muscoloso ed i tatuaggi

-          Però se vuoi divertirti un po’ io ci sto, sei molto bella

-          Grazie, sto bene così

Mentre parlava mi accarezzava un braccio e mi stava vicinissimo, io non mi scostai e, quindi, si sentì autorizzato a continuare

-          Dai c’è un posto qui dietro dove possiamo stare tranquilli, ci divertiamo un po’…..

-          No, ma io…….

-          Così ci conosciamo meglio, tu mi piaci molto

Continuava ad accarezzarmi il braccio e poi mi prese la mano, mi si avvicinò ancora e mi baciò sulla bocca. Non lo respinsi ma non risposi al bacio, le sue labbra allora passarono alla mia guancia ed al collo e l’altra sua mano si posò sui miei fianchi, facemmo qualche passo insieme fino ad arrivare ad un cancelletto che era aperto, mi guidava per mano, oltre il cancelletto un giardino incolto ma, non ci inoltrammo, appena entrati mi spinse contro il muro, senza violenza, cominciò a baciarmi e questa volta risposi, le sue labbra erano calde, la lingua umida, io mi stavo bagnando, avevo le sue mani dappertutto, sui seni, sui fianchi e poi sotto il vestito, lasciò le mie labbra per scendere con la faccia tra le mie gambe scostandomi il bordo degli slip e assaporando l’umidore della mia figa, io con le braccia che mi puntellavano contro il muro lo lasciavo fare, durò, piacevolmente qualche minuto, poi si rialzò, mi fece girare appoggiandomi al muro e sentii il suo membro forzare, senza sforzo le mie grandi e piccole labbra e penetrare dentro di me, non era più un fallo di gomma, era carne, calda e pulsante e mi stava scopando con mia soddisfazione, si scaricò contro il mio sedere nel momento del mio orgasmo, mi misi il pugno davanti alla bocca per non urlare.

In quel giardinetto c’era una panchina di pietra, mi ci portò

-          Avevo detto ci saremmo divertiti no? Tutto bene

-          Si si

-          Voglio vederti nuda, togli il vestito

-          No ma qui, qualcuno potrebbe……

-          Non viene nessuno qui, dai ti aiuto

Il mio scialle finì steso sulla panchina con il mio vestito, la mia biancheria nella mia borsa, rimasi solo con i sandali, lui tolse solo la camicia ed i pantaloni con la patta aperta, mi sedetti sulla panchina e glielo presi in mano portandomelo poi alla bocca mentre lui stava in piedi di fronte a me.

Una voce ….

-          Luis sei lì

-          Sono qui fratello

Alzai lo sguardo, non capivo, poi a fianco al ragazzo apparve un altro tipo di colore che mi guardava

-          Io e la chica ci stiamo divertendo un po’

-          Vedo

-          Se vuoi puoi divertirti con noi, non mi sembra la tipa che ha dei problemi

Intanto mi teneva il cazzo in bocca e la mano sulla testa ed il suo amico calò la cerniera ed anche lui ne estrasse un cazzo, nero e già irrigidito e me lo strisciava sulla faccia ed il suo amico gli cedette la mia bocca.

Poi il nero si sdraiò sulla panchina e l’amico praticamente mi sollevò mettendomici sopra e mi ritrovai un uccello nero, duro come il ferro, nella mia figa, le loro mani erano dappertutto, sul mio sedere il nero mi teneva le chiappe allargate per permettere al suo amico di forzare il mio buco posteriore ed accomodarsi all’interno, quando cominciarono a scoparmi insieme iniziarono anche i miei orgasmi, durarono parecchio i due amici trapanandomi, a volte con forza a volte delicatamente, non ebbero molti riguardi, comunque e, quado uscirono da me puntarono i loro uccelli sulla mia faccia riempendomi di sperma che inizia a leccare. Se ne andarono lasciandomi così, nuda, mentre rabbrividivo per la brezza primaverile, distesa su una panchina, mentre se ne andavano il sudamericano si voltò e disse

-          Torna quando vuoi, la sera mi trovi qui

E mi lanciò un bacio. Mi ripulii con dei fazzolettini, sia il viso che la figa ed il culetto, poi mi rivestii e, un po’ malferma, mi diressi verso la mia auto, beh, per essere stata la prima volta, dopo tanto, era stato……interessante.