Di nuovo noi....

Capitolo 4 - di nuovo noi parte quarta

Ironwriter2025
13 days ago

La notte era già scesa da un pezzo. La città scivolava fuori dal finestrino in ombre sfocate, luci rare e silenzi pieni. Nell’abitacolo, solo il suono regolare del motore e il fruscio dei pensieri.

Lui guidava con una mano salda sul volante, l’altra poggiata con naturalezza sulla sua coscia nuda, in quel gesto che parlava di appartenenza e gratitudine. Lei gli accarezzava la nuca con le dita leggere, sfiorando piano i capelli corti, quasi come se volesse imprimere su di lui un’ultima traccia della giornata appena trascorsa.

Non si dissero nulla. Non ce n’era bisogno.

Appena entrarono in casa, lasciarono che la penombra li avvolgesse. I corpi stanchi si muovevano con lentezza, come se ogni gesto avesse un’eco. Claudia si liberò delle scarpe al volo, lasciandole nel corridoio, poi si diresse in bagno, con passo calmo e felino.

Il bagno era immerso in una luce morbida e calda. L’acqua cominciò a scorrere, tiepida, avvolgente. Si spogliò lentamente, lasciando scivolare il costume sul pavimento con una sensualità ormai divenuta parte naturale di sé. Entrò sotto il getto e chiuse gli occhi. L’acqua lavava via ogni residuo della giornata — il sale, la sabbia, il sudore — ma non l’energia che la attraversava ancora, viva, pulsante.

Ogni goccia era una memoria. Ogni rivolo sulle cosce, tra i seni, sulla schiena, riportava alla pelle i ricordi più intensi. E lei li lasciò scorrere con piacere.

Quando uscì dalla doccia, non andò a cercare la solita camicia da notte. Quel tempo era passato. Aprì il cassetto in silenzio e ne tirò fuori una sottile sottoveste in seta nera, corta, con le spalline sottili e lo scollo profondo. La infilò con gesti lenti, lasciando che il tessuto freddo accarezzasse la pelle ancora calda. Si guardò un istante allo specchio e riconobbe qualcosa di nuovo nei propri occhi: una donna risvegliata. Più forte. Più desiderabile, ma soprattutto più viva.

Poi si spostò nella camera da letto, le lenzuola fresche la accolsero con dolcezza. Si sdraiò, il corpo disteso e appagato, ma la mente ancora attraversata da pensieri carichi di nuova consapevolezza. Il marito la raggiunse poco dopo, silenzioso come un’ombra benevola. Si posò accanto a lei, la mano sulla coscia, un bacio lieve sul fianco.

Il sonno l’aveva rapita lentamente, come una marea gentile che le avvolgeva i pensieri. E nel buio della stanza, con le lenzuola ancora fresche contro la pelle, la sua mente prese a vagare.

Le immagini non avevano ordine. Prima un corpo, forse il suo, immerso nell’acqua, ma il mare non era più quello del pomeriggio. Le onde erano più scure, più sensuali, e la sabbia quasi dorata sembrava vibrare. Due mani sconosciute si posavano sulla sua pelle bagnata, ma non c’era volto. Solo il contatto, deciso e rispettoso, come una danza tra l’audacia e il culto.

Poi un altro lampo: un soffio caldo sul collo, labbra morbide che percorrevano la sua spina dorsale mentre lei si inarcava appena, sorpresa da quel piacere improvviso. Ma non sapeva se stesse dando o ricevendo quel bacio. E questo la eccitava ancora di più.

Una stanza buia. Una luce rossa tremolante. Lei al centro, in piedi, solo un tanga di seta scuro e i capelli sciolti sulle spalle. Intorno, sguardi. Alcuni curiosi, altri sottomessi, altri ancora ardenti di desiderio. Non provava vergogna. Solo potere. Una consapevolezza nuova, rotonda, piena. Un uomo si inginocchiava davanti a lei, la fronte contro il suo ventre. Non servivano parole.

La scena si dissolveva, cambiava ancora.

Si vedeva dall’alto, come se galleggiasse sopra il suo corpo nudo intrecciato a quello di due figure maschili, i loro respiri mescolati, le mani in continuo movimento. Il marito? Forse. L’altro? Chissà. Ma il suo volto, anche nel sogno, era sereno. Appagato. Forte.

Poi l’ultimo frammento, il più vivido. Era sola davanti a uno specchio. Il rossetto sbavato, i capelli spettinati, le guance arrossate. E negli occhi, nel suo stesso sguardo riflesso, quella donna che aveva sempre sognato di essere e che ora stava affiorando: libera, sfacciata, lucida e dominante del proprio piacere.

Claudia si svegliò lentamente, accarezzata dalla luce morbida del mattino che filtrava dalle tende sottili. Il letto ancora caldo e avvolgente, il corpo languido e rilassato sotto la sottoveste nera che indossava. Le sue curve modellate dal tessuto, la stoffa fine che seguiva ogni movimento del suo corpo. Un sospiro, godendosi la sensazione di essere finalmente sola, di non avere più fretta, e si stirò appena, facendo scivolare le mani sul suo corpo ancora caldo dalla notte passata.

Si sollevò dal letto con una leggera spinta dei gomiti, i piedi che toccavano il pavimento freddo e iniziarono a camminare verso il soggiorno. Il marito non era ancora tornato dalla spesa, lo sentiva, era tutto silenzio in casa. Un'ombra di sorriso le attraversò il volto mentre si diresse verso la cucina.

Il caffè pronto, ma prima si concesse un attimo per osservare se stessa allo specchio del soggiorno. I capelli, sciolti e ancora un po' disordinati, incorniciavano il suo viso. Le labbra, appena sollevate in un accenno di sorriso, sembravano invitare il mondo a osservarla, come se ogni parte di lei fosse una dichiarazione di chi era diventata. Si gustò questo istante di tranquillità e consapevolezza, come se il tempo fosse tutto suo.

Mentre sorseggiava il caffè caldo, il profumo che riempiva l'aria le diede un senso di comfort, ma anche di attesa. Non voleva più indugiare troppo. Lasciò la tazza vuota sul tavolo e si alzò per dirigersi verso il bagno.

La doccia rapida, ma ogni movimento sembrava più intenso, più consapevole. L'acqua calda scivolava sulla pelle mentre si guardava nello specchio, il corpo bagnato che scintillava sotto la luce. Con movimenti fluidi, si massaggiò il corpo con il gel doccia, sentendo la pelle liscia e morbida, ammirando la sensazione di rinnovamento che le dava ogni gesto. Quando si sciacquò, i capelli bagnati le caddero sulle spalle, e Claudia si guardò una volta ancora, prima di prendere l’asciugamano e avvolgersi con delicatezza.

Il tempo sembrava dilatarsi mentre si preparava. Uscì dal bagno e si diresse nella sua stanza. Non era più la stessa di prima, e questo si riflesse anche nelle sue scelte di abbigliamento. Sentì che oggi meritavadi essere vista, meritava di sentirsi ancora più desiderata.

Si guardò nello specchio della stanza, i suoi occhi attenti a scegliere il giusto outfit. Decise di indossare il suo tanga nero, stretto sui fianchi, che esaltava la sua figura snodando la silhouette. Poi, il reggiseno a balconcino, che le sollevava e enfatizzava il seno generoso, disegnando un decolleté provocante, erotico. Con un gesto sicuro, Claudia scivolò in una maglietta aderente, scollata, che disegnava ogni curva e si adattava al suo corpo come una seconda pelle. La sensazione di indossare qualcosa che la facesse sentire potente la fece sorridere. Sotto, niente. Oggi il marito dovrà portarla a fare shopping, il vecchio guardaroba andava bene solo per la vecchia Claudia, ma non più per la nuova lei.

Si avvicinò al tavolo, si sedette di nuovo, e mentre aspettava che tornasse il marito, iniziò a pensare a se stessa non solo come una donna che ha trovato il suo piacere, ma come una donna che ha imparato a prendersi ciò che vuole, senza più timori, senza più incertezze.

Sentì la serratura scattare e il rumore della porta che si apriva, seguito dallo scricchiolio lieve dei sacchetti della spesa contro i fianchi di Marco. Non si voltò subito. Rimase seduta, gambe accavallate, con il busto eretto e il mento leggermente sollevato, lasciando che fosse lui a trovarla così: in tanga nero a vita alta, reggiseno coordinato e una maglietta bianca leggera e scollata che lasciava ben poco all’immaginazione. I capelli sciolti le cadevano sulle spalle, ancora un po' mossi dalla doccia, e un filo di gloss le luccicava sulle labbra.

Percepì il momento esatto in cui lui la vide. Non servì voltarsi. Il suono del suo passo esitò, seguito da un colpo sordo: uno dei sacchetti appoggiato troppo in fretta a terra. Sorrise, appagata, prima ancora di guardarlo. Poi si alzò, con la calma e la grazia di chi ha piena consapevolezza del proprio potere.

Si voltò e lo raggiunse in due passi decisi. Il suo volto si aprì in un sorriso luminoso, e senza attendere, gli si gettò tra le braccia. Lo baciò con passione, le mani che scorrevano sulla sua nuca, sul collo, sulla schiena. Era un gesto carico, che diceva "sono tua, ma sono anche qualcosa di nuovo."

Lui, ancora confuso tra desiderio e stupore, la tenne stretta senza sapere dove posare le mani, se non sulla curva dei suoi fianchi. Quando si staccarono, lui la guardò con aria rapita, la bocca leggermente aperta, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse le parole.

Gli accarezzò il viso con le dita, con lentezza, come se stesse esplorando una nuova pelle. Poi lo prese per mano e lo guidò al tavolo. Si sedettero l’uno di fronte all’altra. Non c’era fretta. Non servivano domande.

«Sai… non ho mai pensato che sarebbe potuto accadere davvero,» cominciò, con la voce morbida, quasi un sussurro. «L’idea… era sempre rimasta lì, sospesa come un gioco proibito, un sogno da ridere sottovoce nel buio del nostro letto. Eppure… quando è successo, quando mi sono sentita scelta da lui, desiderata come non mi succedeva da tanto, qualcosa dentro di me si è acceso.»

Abbassò lo sguardo sulle sue stesse mani, le unghie curate che si muovevano lentamente tra loro. Poi lo alzò di nuovo, e nei suoi occhi c’era luce.

«Non è stato solo il piacere fisico, anche se sì… quello è stato forte, travolgente. Ma è stato soprattutto sentirmi viva, potente. Essere guardata come se il mio corpo avesse ancora qualcosa da insegnare. Come se ogni curva, ogni respiro, ogni mio gesto contenesse una promessa.»

Si sporse un po’ in avanti, le braccia incrociate sul tavolo, il seno che sfiorava il bordo. La maglietta scollata accentuava le ombre e la morbidezza della pelle abbronzata.

«Mentre mi toccava, mentre lo lasciavo fare, non pensavo a te come tradito. Pensavo a noi come liberi. Pensavo che forse questo era proprio il modo per tornare a essere complici. Per ricordarci chi siamo sotto questa pelle invecchiata solo fuori.»

Fece una pausa. Poi, con un sorriso che sembrava disarmato e fiero allo stesso tempo, aggiunse: «Mi sono concessa, sì. Ma non come una donna che si arrende. Mi sono data come chi ha scelto. Come chi sa di avere in mano il proprio potere.»

Prese un respiro più profondo, quasi a liberarsi di un peso leggerissimo.

«E sai una cosa? Non mi sento in colpa. Non un istante. Perché sentivo il tuo sguardo addosso, anche se non eri lì. Era come se stessi guardando attraverso i suoi occhi, come se stessi provando il mio piacere anche tu.»

Si alzò in piedi con grazia, andò dietro di lui, le mani che gli accarezzarono le spalle, poi scesero lungo il petto. La voce le si fece più bassa, quasi roca.

Ed a te è piaciuto?

Rimase fermo, le mani ancora sulle sue. Poi si voltò appena, quel tanto che bastava per incrociare lo sguardo di lei. Lo tenne lì, immerso nel silenzio. Quando finalmente parlò, la voce era profonda, appena roca.

«Se mi è piaciuto? Claudia… non ho mai visto niente di più bello in vita mia. E non parlo solo del tuo corpo, che pure… Dio, lo sai quanto ti guardo. Ti ho sempre guardata, anche quando pensavi che non lo facessi più.»

Le prese un polso, lo portò alle labbra e lo baciò lentamente, come se volesse imprimere le sue parole sulla pelle.

«Ieri… ieri eri pura arte. Eri viva come non ti vedevo da anni. Eri desiderabile, sì, certo, ma soprattutto… sicura. Forte. E ogni tuo gesto, ogni tuo respiro, sembrava dire al mondo: “Io valgo. Io posso.”»

Si interruppe un attimo, come a cercare il centro di quel pensiero che da troppo tempo spingeva dentro di lui.

«Non so descrivertelo con precisione, ma sentivo di assistere a una rinascita. Non ero geloso. Non come si intende di solito. Non ero neanche spettatore. Era come se ogni tuo piacere fosse il mio, come se lo vivessi attraverso di te. Come se finalmente potessi vedere la donna che ho sempre saputo di avere accanto, ma che forse avevamo chiuso in qualche cassetto per bene, per abitudine, per paura.»

Si alzò anche lui, ora, e si mise davanti a lei, con le mani che le sfioravano le braccia, leggere.

«Non sei mai stata così bella. Ma non solo nel corpo. Nei tuoi occhi ieri c’era qualcosa di più. Qualcosa che non si può fingere. Una luce. Una fame. Una libertà… che mi ha fatto sentire fortunato. Onorato, davvero.»

Abbassò lo sguardo per un attimo, poi tornò su di lei.

«Mi è piaciuto? Mi hai fatto innamorare di nuovo.»

Si fece seria per un istante, abbassando lo sguardo mentre con le dita giocherellava con l’orlo della maglietta. «Sai, amore… ho pensato che forse… dopo quello che è successo ieri, potremmo avere voglie diverse, in momenti diversi. Potremmo voler vivere cose nuove, anche da soli. E questo potrebbe allontanarci, anche solo un po’.» Lo disse con sincerità, senza alcuna provocazione, quasi temendo che la libertà appena assaporata potesse chiedere un prezzo in cambio.

Si avvicinò lentamente. Le prese il viso tra le mani, con una dolcezza decisa. «Tu sei mia. Non perché ti possiedo, ma perché ti scelgo ogni giorno. E se ieri ti ho vista fiorire come non mai, oggi ho ancora più voglia di averti. Non meno.»

Lei alzò gli occhi e nei suoi c’era una luce nuova, qualcosa di caldo e liquido che tremolava tra emozione e desiderio. Lui la baciò con passione, senza fretta, e lei rispose allo stesso modo, con un’intensità che faceva dimenticare tutto il resto.

Non c’erano più domande, solo certezze.

E lì, in cucina, si amarono. Lo fecero con la fame di chi si è appena ritrovato. E con la calma di chi sa che non serve più correre.

Appena ripreso fiato uscì dalla stanza con un’energia diversa, leggera ma decisa, come se ogni passo la stesse portando sempre più vicino a una nuova versione di sé. Aprì l’armadio e ne scandagliò il contenuto con occhi critici, poi scelse con cura: una minigonna nera aderente, taglio dritto, che accarezzava le curve con insolente disinvoltura, leggermente elasticizzata, il giusto per disegnare perfettamente il proprio corpo. Sopra, una camicetta nera in seta, sagomata e lucida, con due bottoni sapientemente slacciati con noncuranza studiata. Le curve erano perfettamente sostenute dal balconcino nero, ma lei voleva esagerare, lo tolse e indossò il push up VS che strinse ed alzò ulteriormente il suo seno, ma soprattutto ne enfatizzò il solco tra di loro. Sorrise allo specchio pensando a quanti pensieri peccaminosi avrebbe suscitato oggi.

Ai piedi, un paio di décolleté nere, lucide, dal tacco alto e sottile, che disegnavano la sua camminata con eleganza e una sensualità che sembrava del tutto naturale, quasi inevitabile.

Si avvicinò allo specchio, pettinò i capelli sciolti con le dita, poi applicò un filo di rossetto, quello rosso fuoco che ormai sembrava far parte del suo nuovo modo di guardarsi. Lo stese con cura, poi sorrise al proprio riflesso. Non c’era più timidezza nei suoi gesti, solo il piacere di esistere e farsi guardare.

Marco, in piedi accanto alla porta, la osservava in silenzio. Lo sguardo si soffermava su ogni dettaglio, e nel suo cervello la fantasia già correva: immaginava sguardi maschili incerti, rapiti, occhi che cercavano di non sembrare troppo invadenti, ma fallivano. Immaginava mani che si sarebbero allungate solo nella mente, mentre lui le sarebbe stato accanto, testimone e custode di quella nuova, potentissima femminilità.

Lei si voltò, afferrando la borsetta con gesto fluido. «Mi porti a fare shopping? Ho bisogno di rinnovare tutto…»

L’auto scivolava fluida sull’asfalto mentre la città lasciava spazio ai grandi spazi aperti intorno al centro commerciale. Il silenzio nell’abitacolo non era pesante, ma carico di una complicità quasi elettrica. Lui guidava con una sola mano, l’altra posata con naturalezza sulla coscia della compagna, sfiorandola appena, ma mantenendo quel contatto costante, intimo. Lei, con le gambe accavallate e la minigonna che scopriva più di quanto coprisse, lasciava che la mano rimanesse lì, senza dire una parola, ma con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Persi nei propri pensieri, uno nell’altro. Marco cercava di immaginare le prossime sfide, i prossimi giochi. Claudia ripensava invece agli sguardi, ai desideri, a quella nuova pelle che sembrava starle addosso a pennello. E il tragitto passava così, lentamente, con la tensione che cresceva silenziosa, come un sottofondo invisibile.

Tra le vetrine luccicanti e il mormorio della folla, Claudia e Marco passeggiavano lentamente lungo i corridoi del centro commerciale. Lei, con la sua camicia di seta nera lucida, sbottonata quanto bastava per svelare l’inizio del décolleté, e una minigonna che accarezzava le cosce a ogni passo. Camminavano fianco a fianco, fusi in una complicità palpabile, ma ciascuno perso nei propri pensieri.

A un certo punto lei si era fermata davanti alla vetrina di un negozio e, senza pensarci troppo, aveva detto: «Provo quella blusa, mi incuriosisce.» Una scelta apparentemente banale, che non lasciava presagire altro.

Era entrata sola nel camerino, lasciando il marito fuori ad aspettare. Quando era uscita, dopo qualche minuto, con un’espressione neutra e il capo piegato su un lato, aveva detto soltanto: «No, non mi convince.» E aveva rimesso la blusa al suo posto, senza aggiungere altro. Poi lo aveva preso a braccetto, guidandolo via tra i negozi.

Marco camminava accanto a lei, ma qualcosa gli stonava. Una sensazione sottile, una discrepanza appena percettibile. Il tessuto della camicia sembrava muoversi in modo più libero sul suo petto. La consistenza della pelle, la totale assenza di cuciture o rilievi.

Claudia aveva un sorrisetto stampato sulle labbra, gli occhi bassi e le ciglia piegate in un gesto di malizia perfettamente controllato. Quando lui le lanciò uno sguardo più attento, lei inclinò appena la testa, come a sfidarlo.

«Hai notato?» mormorò senza guardarlo.

Lui strinse impercettibilmente la presa. «Cosa hai fatto?»

«Ho tolto tutto.» La sua voce era un soffio. «Nel camerino. Volevo sentire la seta sulla pelle.»

Claudia si fermò improvvisamente, puntando lo sguardo verso un negozio di calzature poco più avanti. Vetrine illuminate con cura, scaffali ordinati e, soprattutto, commessi pronti ad accogliere i clienti con sollecitudine. «Vorrei provare delle scarpe,» disse con un tono che a un orecchio inesperto sarebbe sembrato del tutto innocente. Ma Marco colse subito quella sfumatura appena più calda, quella sfida appena sussurrata.

«Andiamo in quello dove ci sono i commessi a servirti?» aggiunse, voltandosi verso di lui con gli occhi che brillavano.

Lui non disse nulla per un attimo, ma il lampo che gli attraversò lo sguardo raccontava di più di mille parole. Capì all’istante che, con lei così vestita e sotto la gonna solo la propria pelle, ogni movimento sarebbe stato un rischio calcolato. Ogni piegamento, ogni accavallamento, una possibilità. Eppure, non tentennò.

«Certo, tutto quello che vuoi,» rispose, con un sorriso che mascherava appena l’eccitazione crescente.

Lei lo prese per mano e lo trascinò all’interno, come una ragazza impaziente di giocare. I tacchi risuonavano sul pavimento lucido, la camicia di seta ondeggiava sulle sue forme senza nulla sotto a contenerle, e ogni passo sembrava orchestrato per provocare. Entrarono insieme nel negozio, accolti da un giovane commesso sorridente.

«Cerco qualcosa di elegante, ma audace,» disse lei, come se nulla fosse.

Marco rimase in piedi di fronte a lei, incantato dalla scena che stava prendendo forma.

«Mi piacerebbe un bel sandalo,» disse con un tono morbido ma sicuro, accarezzando con lo sguardo la fila di scarpe esposte lungo il perimetro del negozio, «con un tacco sottile, importante… ma con allacciatura alla schiava, alta, avvolgente.»

Il commesso, un ragazzo poco più che ventenne, alto, curato, le stava proprio davanti, ascoltando attentamente ogni parola. Quando Claudia aggiunse: «Di solito porto il trentotto, mi fai vedere qualcosa?», lui annuì prontamente.

«Certo signora, subito.» Le fece un gesto gentile, indicando una poltrona imbottita, bassa e rigida nella seduta, il genere che costringe a tenere la schiena ben dritta e le gambe un po’ allargate. Claudia si sistemò con grazia studiata, aggiustando con una mossa lenta e precisa la gonna aderente che sembrava sempre troppo corta. Marco si posizionò alle sue spalle, in piedi, e osservava tutto con il cuore che batteva più in fretta.

Il ragazzo sparì nel magazzino e tornò dopo qualche minuto con una pila di scatole. Le mostrò due modelli neri, uno rosso e infine un paio in velluto blu elettrico, col tacco a spillo da dieci centimetri che li rendeva slanciati ma portabili.

«Questi,» disse lei, indicando il modello blu con un sorriso languido, «mi ispirano molto.»

Il commesso si chinò davanti a lei. Claudia allungò la gamba con movimenti lenti, come a sottolineare ogni passaggio. Lui le prese il piede con delicatezza e, sfiorando appena la caviglia, le sfilò la scarpa che aveva indosso.

Fu in quel momento che accadde.

Il ragazzo si bloccò un istante, lo sguardo abbassato verso il piede nudo e la gamba liscia, gli cadde inevitabilmente oltre, verso l’interno della coscia, dove la pelle nuda cominciava a raccontare ciò che nessuna parola avrebbe potuto. Niente tanga, nessuna traccia di tessuto. Solo lei, sotto quella camicia elegante e quella gonna da cui ogni centimetro sembrava sfidare il pudore.

Claudia lo osservava con un’espressione placida, come se nulla fosse, ma dentro percepiva il cambiamento. Il ragazzo aveva colto il messaggio, ed era confuso, forse eccitato. Le mani gli tremavano appena mentre prendeva la scarpa nuova e gliela infilava con un gesto lento, quasi reverente.

Avvolse la fascia di velluto sul collo del piede, poi iniziò a legare il laccio alla schiava, salendo piano lungo la caviglia e il polpaccio. Ogni giro era un pretesto per sfiorarle la pelle, ogni nodo un attimo in più per guardarla. Claudia si lasciava toccare con distacco, con una calma glaciale, ma il sorriso che giocava sulle labbra tradiva un sottile piacere.

Marco assisteva alla scena in silenzio. Da dietro poteva vedere la nuca tesa del commesso, le spalle inclinate in avanti e il modo quasi devoto con cui maneggiava i piedi della moglie. Ma era l’altra immagine, quella che intravedeva appena, a catturarlo: la piega della gonna che si sollevava, la pelle liscia e sensuale che si mostrava senza pudore, senza filtri.

Terminata la legatura della prima scarpa, il ragazzo sollevò appena lo sguardo, senza osare troppo. Ma fu sufficiente un attimo per cogliere di nuovo quel dettaglio sconvolgente: la totale assenza di intimo. Non era l’idea in sé a destabilizzarlo, quanto la naturalezza con cui lei la portava. Come se non ci fosse nulla di strano, come se quella fosse la norma e lui il fortunato spettatore di qualcosa che avrebbe dovuto semplicemente osservare, in silenzio.

Con mani che cercavano di apparire professionali, prese il secondo sandalo. Le dita sfiorarono di nuovo la pelle del piede, un accenno impercettibile, ma per lui carico di significato. Iniziò ad allacciare il secondo laccio con gesti meno sicuri, più lenti, quasi riluttanti a chiudere quella piccola cerimonia.

Appena l’ultimo nodo fu fissato, lei si mosse. Non si alzò, non chiese uno specchio. Si piegò leggermente in avanti, le mani sulle ginocchia, per osservare meglio il risultato.

Il gesto, di per sé innocuo, fu devastante per il ragazzo. In quella posizione, la seta lucida della camicetta si tese sul busto e i primi due bottoni aperti divennero una finestra. I seni, trattenuti fino a quel momento solo dalla stoffa morbida della camicetta, si offrirono alla vista in un’onda piena, morbida, del tutto nuda.

Fu come se il mondo si fosse ristretto di colpo a quella visione.

Lui tentò di distogliere lo sguardo, ma fallì. Il rossore gli salì dal collo alle guance in un attimo, e subito dopo la fronte iniziò a imperlarsi di sudore. Deglutì a vuoto. Cercò qualcosa da dire, un appiglio, una frase per rompere quel silenzio denso e carico, ma le parole gli restarono in gola.

Claudia, invece, si sollevò con calma, le mani scivolarono sulle cosce per lisciare la gonna che non nascondeva ormai più nulla. Si girò verso Marco, che la guardava senza dire una parola, con gli occhi accesi di desiderio e stupore, ma non fece cenno a nulla. Gli prese il braccio con naturalezza e si voltò di nuovo verso il ragazzo.

«Queste le prendo. Posso tenerle addosso?»

La voce era ferma, gentile, ma aveva un retrogusto di comando. Il commesso annuì, come risvegliato da un sogno, e si chinò subito per rimettere le scarpe nella scatola, con movimenti rapidi, quasi nervosi.

Lei rimase immobile un attimo, sentendo il fiato caldo di Marco sfiorarle il collo. Il suo corpo reagì prima della mente: un fremito sottile lungo la spina dorsale, un impercettibile irrigidirsi delle cosce. Il sussurro le rimbombava ancora nelle orecchie.

«Se hai fatto venire voglia a me… immagina a lui.»

Un brivido più profondo, questa volta mentale, le accese lo sguardo. Non era solo complicità, era provocazione, desiderio, e anche una velata sfida. Marco aveva capito. Aveva visto tutto, ogni sguardo sfuggente, ogni gesto maldestro del commesso, ogni tremore del ragazzo mentre le mani si posavano sulle sue caviglie nude.

Fece un mezzo sorriso senza voltarsi, lasciandogli vedere solo il profilo teso della mascella, l’angolo della bocca sollevato. Era lei ad aver condotto il gioco, era lei ad aver acceso i pensieri degli uomini attorno — e adesso anche quelli del suo uomo.

La sua mano si strinse sul braccio di Marco, con un’intensità appena accennata ma inequivocabile. Poi sussurrò, senza voltarsi:

«Era giovane… e inesperto. Ma guardava come se stesse toccando con gli occhi.»

Continuarono a camminare lentamente tra i corridoi del centro commerciale, le luci bianche riflettendosi sulla seta lucida della sua camicia. Il tacco dei sandali nuovi scandiva il ritmo sul pavimento, mentre sotto la stoffa lei sapeva di essere nuda.

Mentre percorrevano i corridoi illuminati del centro commerciale, il ritmo dei tacchi nuovi di Claudia rimbombava con eleganza sul pavimento lucido. Ogni passo attirava sguardi. La lucentezza vellutata del blu elettrico ai suoi piedi rompeva l’armonia sobria della minigonna nera e della camicia di seta. Incrociando lo specchio di una vetrina, si voltò appena di lato, osservandosi con un’occhiata rapida ma precisa.

Il contrasto le saltò subito agli occhi. Quelle scarpe non erano solo belle, erano dichiarazioni. Ma il resto… no, non era all’altezza. Un sorriso malizioso si disegnò sulle labbra.

«Sai cosa?» mormorò voltandosi verso il marito. «Questo blu merita un degno compagno. Entro un attimo da Zara.»

Prima ancora che lui potesse rispondere, lei lo aveva già trascinato all’interno del negozio, gli occhi rapaci che scansionavano le grucce. Un top corto in satin blu notte attirò subito la sua attenzione. Poi una minigonna sottilissima nera, ma in pelle, con una zip dorata frontale.

Dietro la tendina del camerino, Claudia si muoveva con gesti lenti e sicuri. Sfilò la camicia nera lasciandola ricadere piegata sulla panca, poi la minigonna, facendo scivolare le dita lungo i fianchi. I movimenti erano precisi, quasi teatrali. Restò un momento solo con le scarpe ai piedi, assaporando quella sensazione di vulnerabilità e potere mischiati. Prese la nuova minigonna in pelle e la fece scivolare lungo le gambe, chiudendo la zip con gesto deciso. L'effetto era immediato: aderiva come una seconda pelle, scolpendo i fianchi e slanciando le gambe.

Aprì di scatto la tendina. La luce del negozio la investì, il seno nudo ben visibile, sostenuti solo dal naturale vigore e dall’eccitazione. Lo sguardo si posò su Marco, in attesa appena fuori, con le braccia incrociate e un mezzo sorriso sul volto. Ma non era il solo ad averla notata.

Due donne, sedute sulla panca d’attesa, si scambiarono uno sguardo sorpreso. Un ragazzo con un paio di jeans appesi al braccio abbassò lentamente lo sguardo, come a non voler sembrare scortese ma incapace di ignorare lo spettacolo. Un signore più anziano finse di guardare l’orologio, mentre gli occhi restavano fissi sulla scena.

Lei restò così per qualche istante, dritta, col mento leggermente sollevato, una mano sul fianco, l’altra sulla tenda. Nessuna fretta. Poi chiuse lentamente il telo, trattenendo un sorrisetto divertito.

Dentro, si lasciò andare a una breve risata muta. Non era soltanto il corpo a essere nudo. Era l’audacia, la consapevolezza, la libertà che prendeva forma. Prese il top in satin blu e lo indossò senza allacciarlo, lasciando le punte del tessuto morbido appena appoggiate sul ventre.

«Amore, il top non mi convince…» sussurrò, tenendo tra le dita il capo di satin blu che aveva appena provato. «Mi prendi la giacca in pelle che avevo visto all’ingresso? Quella con il bottone singolo, sai quale… quella aderentissima. Vorrei provarla senza nulla sotto.»

Il marito si prodigò a prendere immediatamente quanto richiesto dalla sua Dea e la passò attraverso la tendina chiusa. La prese e la guardò già soddisfatta, ancora prima di provarla.

Il gesto lento, misurato. Sollevò la giacca con attenzione, lasciando che le maniche scivolassero sulle braccia nude, poi la tirò su fino a farla poggiare sulle spalle. Il raso della fodera le accarezzò la pelle con una carezza liquida, insinuandosi tra le scapole, lungo i fianchi, sui seni. Un brivido la percorse. Il contatto tra il suo corpo nudo e il tessuto freddo, lucido, la fece sospirare piano, come per non disturbare il piacere del momento.

La giacca, nera e morbidissima, aderì come fosse stata cucita su di lei. I lembi anteriori, coprivano esattamente le areole, ma non celavano la rotondità del seno. Al centro, tra un lembo e l’altro, restav scoperta la linea ben marcata, liscia e tesa, che tradiva pienezza e forma.

Poi, senza aggiustare nulla, afferrò con decisione la tendina e la spalancò.

Gli sguardi arrivarono immediati. Marco, per primo, restò col fiato sospeso, mentre due clienti poco più in là smisero immediatamente di parlare. La visione rapida ma indelebile: la pelle chiara, la curva libera dei seni, la giacca aperta che trattiene e svela. I lembi neri, tirati al limite, erano una cornice perfetta per quel corpo che non aveva bisogno di essere mostrato interamente per diventare irresistibile.

Lei attese il silenzio, il colpo d’occhio, la sorpresa trattenuta.

Poi, con la stessa calma, portò la mano al bottone solitario, al centro della giacca. Prese il bottone tra pollice e indice e con studiata lentezza lo fece passare nell'asola, e il capo si chiuse.

Immediatamente, la tensione cambiò forma. Quella che era nudità accennata diventò sensualità compiuta. La stoffa tirata segnava la curva dei seni, ne esaltava la pressione, ne delineava il solco. L’ombelico restava ben visibile sotto la chiusura, scoperto tra il bordo inferiore della giacca e l’inizio della minigonna, anch’essa in pelle nera, come un continuo di quella seconda pelle che ora la avvolgeva.

Claudia si volse lentamente verso il marito, e solo allora sorrise ammiccante. Sapeva bene che, chiusa così, la giacca non copriva: esaltava. Non nascondeva, concentrava lo sguardo. Non proteggeva, stuzzicava.

Mentre uscirono dal negozio di abbigliamento, Claudia si sistemò la giacca con un gesto lento, quasi teatrale. Il sorriso sempre lo stesso: malizioso, consapevole, soddisfatto. Camminava tra le vetrine del centro commerciale con passo sicuro, i tacchi che scandivano un ritmo deciso, mentre Marco la seguiva un passo indietro, ipnotizzato dalla sua figura.

All’improvviso si fermò davanti a una vetrina lucida, illuminata da faretti morbidi. I manichini indossavano reggicalze neri, body di pizzo, trasparenze audaci. Lei non disse nulla, ma lo sguardo si fermò su un bustino color carne con inserti neri e laccetti in raso.

Si voltò lentamente verso di lui, sollevando appena un sopracciglio. «Hai mai pensato a come potrei sorprenderti… sotto questa giacca?»

Marco la guardò un istante, poi sorrise appena. «Non credo sia possibile sorprendermi più di così.»

Claudia non distolse lo sguardo. «Credi davvero?»

La voce bassa, quasi un sussurro, ma incide come una lama gentile.

Senza abbassare gli occhi, lasciò scivolare una mano sul ventre, poi risalì lenta. Le dita sottili sfiorarono il bordo lucido della giacca di pelle, risalirono fino all’unico bottone che la teneva chiusa. Lo sfiorò. Lo tirò appena. Lo aprì.

La giacca si aprì di un soffio, quel tanto che bastava. Non servì spalancarla. I lembi si aprirono in modo naturale, lasciando scoprire l’abbondanza compressa dei seni nudi. Il chiaroscuro creato dalla fodera interna, lucida e setosa, contrastava con la pelle calda e lievemente arrossata dalla frizione del tessuto. I capezzoli appena nascosti dalle pieghe dei lembi, ma la curva piena dei seni e la linea verticale dell’ombelico sotto il bottone aperto erano un vero inno al corpo nella sua forma più femminile.

Marco sentì la gola seccarsi. Un battito più forte nel petto. Lei non aveva bisogno di muoversi. Stava solo lì, in mezzo alla luce calda del centro commerciale, davanti a una vetrina di desideri, e lui capì di non aver ancora visto tutto.

Il suo sguardo scivolò sulla pelle delle scarpe blu elettrico, risalì lungo le gambe tornite, sulla minigonna nera che seguiva le sue forme come una seconda pelle, e poi su, fino al volto. Claudia immobile, fiera, con quel sorriso che ora sì, era fatto leggero, quasi ironico.

Il sorriso di Claudia si fece quasi beffardo. Con un movimento improvviso si girò, lasciando intravedere per un istante le areole tese sotto la giacca accentuandone la rotondità dei seni e lasciando nudo l’ombelico. La giacca di pelle le avvolgeva il busto come una carezza, assecondando ogni curva. I sandali blu elettrico scandivano il ritmo deciso dei suoi passi sulla superficie lucida del pavimento mentre entrava nel negozio.

L’ambiente caldo, intimo, stipato di ornamenti pensati per il più straordinario dei capolavori: il corpo della donna. Ma in quell’istante, a colpire l’attenzione, non sono i manichini né i pizzi in vetrina, bensì la commessa.

Alta circa un metro e ottanta, la giovane donna dietro il bancone emanava un carisma difficile da ignorare. I capelli biondi, dritti, cadevano perfetti sulle spalle; il viso, scolpito e seducente, truccato con gusto audace. Le sopracciglia sottili disegnavano due perfette ali di gabbiano, in netto contrasto con le ciglia nere, folte e lunghissime. Gli occhi verdi, intensi, sembravano osservare il mondo con la sicurezza di chi ha scelto con determinazione chi essere. La bocca carnosa, forse ritoccata, disegnata con precisione millimetrica, e il naso dritto e sensuale completava un insieme dallo charme magnetico.

Il suo corpo atletico e armonioso: vita sottile, fianchi pieni e definiti, sottolineati da un paio di leggings in pelle che si insinuavano audaci nel solco delle natiche come una seconda pelle. Indossava una canottiera rossa fuoco, aderente, sotto la quale si intuiva chiaramente un seno libero. Due rilievi leggeri in corrispondenza dei capezzoli denotavano la presenza di piercing, dettaglio che sfuggiva alla maggior parte dei clienti, ma non a Claudia.

Appena la porta del negozio si aprì, la commessa si voltò istintivamente verso l’ingresso, pronta ad accogliere la cliente successiva. Ma quella figura che le si parò davanti le mozzò il fiato in gola.

Alta, elegante, padrona di sé. I sandali affondavano nel pavimento con un’andatura lenta e decisa, quasi provocatoria. La gonna seguiva le linee di quel corpo con devozione. Ma la parte superiore ruba tutta l’attenzione.

La giacca, in pelle morbidissima e lucida, era aperta. Il bottone slacciato solo pochi istanti prima permette ai lembi del capo di aprirsi a ogni passo, sfiorando i lati dei seni pieni e sodi. E mentre Claudia avanzava, i seni si muovevano, sobbalzando con eleganza sotto il ritmo dei suoi tacchi, si sollevavano e ricadevano in piccoli moti lenti, coperti appena dalla pelle che li accarezzava solo ai margini. Le areole ancora coperte, ma chiaramente suggerite; visibili nel profilo, nel turgore, nella pelle tesa. Il decolletè nudo fino all'orlo della minigonna, fiero, e sotto, l’ombelico fungeva da punto d’attrazione per ogni sguardo.

La commessa deglutì, il cuore accelerò impercettibilmente. Non era solo l’audacia dell’outfit, era il modo in cui Claudia lo indossava. Il modo in cui sapeva di essere osservata e lo accettava come si accetterebbe un tributo. Non cercava attenzione. La meritava.

E lei, che avrebbe dovuto accogliere una cliente, si ritrovò inchiodata in silenzio, lo sguardo che scivolava su quel seno che danzava ad ogni passo, sui fianchi che ondeggiavano, sulla camminata fiera e sull’aria beffarda che illuminava il viso di quella donna bellissima.

Ma poi respirò a fondo e si ricompose. Con sguardo tecnico — o almeno, ci provò — scrutò ogni dettaglio: pelle liscia, seno perfetto, postura da regina e una sicurezza da togliere il fiato.

Lei la squadrò con un solo sguardo, prima di fermarsi davanti al bancone. Poi, con un tono di sfida e un pizzico di complicità, lanciò la provocazione:

«Mio marito crede che non ci sia nulla che possa rendermi più seducente di così… vogliamo disilluderlo?»

«Ha ragione suo marito…» mormorò infine, con un mezzo sorriso e la voce bassa, quasi roca. «Sarà molto difficile migliorarla…»

Poi, dopo una brevissima pausa, con occhi lucidi di sfida e un ghigno che le curvava le labbra:

«Ma io adoro le sfide.»

La commessa fece un passo avanti, lasciandosi guidare da un impulso più forte della ragione. Le mani lungo i fianchi, lo sguardo rapito, si posizionò di fronte a Claudia e, senza dire nulla, la prese con delicatezza per le spalle, girandola appena fino a trovarsi vis-à-vis, a pochi centimetri da lei. Gli occhi verdi, intensi, catturarono quelli della donna con una naturalezza quasi magnetica.

Per un attimo rimase così, in silenzio, come se volesse imprimere nella memoria quella visione. Poi, senza fretta, alzò la mano. La punta dell'indice, sottile e curata, si posò appena sotto il collo, lì dove la pelle si fa più morbida e sensibile. Claudia non si mosse, ma la tensione tra loro si fece palpabile. Il dito tracciò una lenta linea verso il basso, scivolando tra i seni, sfiorando la pelle, fino a fermarsi appena sopra l’ombelico nudo.

«Non sei una da robettina», mormorò, quasi con riverenza. «Tu sei una donna di classe… raffinata, pericolosa, magnetica. E meriti il meglio. Devo scegliere con attenzione.»

Si voltò, lasciando la frase in sospeso nell’aria, e si immerse tra i cassetti ordinati del retro. Tornò poco dopo con una selezione scelta con evidente cura: un corpetto in raso color champagne, morbido ma strutturato, che avvolgeva e sollevava il seno con discrezione elegante; un tanga coordinato, sottilissimo, ornato da piccoli dettagli in pizzo lucido; calze autoreggenti dalla trama leggermente velata e reggicalze tono su tono, con chiusure sottili e rifiniture in metallo lucido.

«Questo… potrebbe fare al caso tuo. Il corpetto è costruito per esaltare, non per coprire. Le calze sono fatte per essere slacciate lentamente… e il tanga? Beh, quello è un invito.»

Fece scorrere il dorso della mano sul corpetto, poi tornò a guardare Claudia. Un attimo di esitazione, poi le mani si sollevarono, lente, e si posarono sul davanti della giacca. Con naturalezza, come se quel gesto le fosse consentito, ne accarezzò la superficie. E infine, con la delicatezza di chi sa esattamente cosa sta facendo, le mani si posarono sotto i seni, soppesandoli lievemente.

Il sorriso si allargò, malizioso.

«Una quarta, vero?» sussurrò, senza aspettarsi risposta, come una constatazione inevitabile.

Claudia osservò con attenzione la selezione che la commessa le porgeva. Accarezzò con le dita il raso del corpetto, fece scorrere la mano sul bordo del tanga, ne studiò il taglio, la sottigliezza delle cuciture, il gioco elegante dei riflessi. Sollevò lo sguardo con un sorriso che diceva molto più di quanto le parole potessero esprimere, poi fece un passo verso la ragazza.

Si voltò leggermente, con naturalezza, come se stesse valutando il modo in cui l’insieme si sarebbe armonizzato con il proprio corpo. Ma nel movimento, la sua mano si abbassò, lenta e decisa, a posarsi sul gluteo della commessa. Le dita seguirono la curva perfetta modellata dal leggings in pelle lucida, affondando appena nel tessuto teso, come per testarne la morbidezza, la resa, l’effetto.

«Bellissimo, davvero», mormorò, sfiorando ancora. «Questo leggings… è incredibilmente modellante. Scolpisce e accarezza, insieme. Molto sensuale…»

La ragazza non si mosse. Non fece un passo indietro, non mostrò imbarazzo. Restò immobile, solo un battito di ciglia più lento, e le labbra che si curvarono in un sorriso enigmatico, quasi soddisfatto.

«Ne deduco che l’intimo che ti sto proponendo… non sia di tuo gusto?»

La commessa si avvicinò con passo sicuro, il sorriso appena incurvato e lo sguardo complice. Carezzò con naturalezza il fianco di Claudia, poi commentò con tono seduttivo ma professionale:

«Direi che un perizoma, ora, sarebbe quasi... superfluo. Ma lasciami proporti qualcosa che potrebbe davvero valorizzarti.»

Si allontanò solo per un attimo, poi tornò con due capi minuscoli e audaci tra le mani. Li mostrò con una certa teatralità: uno era un body in tulle trasparente, modellato per aderire come una seconda pelle e tagliato in modo da valorizzare ogni curva; l’altro, una canotta dello stesso materiale, pensata per avvolgere il busto con un effetto di trasparenza studiata.

«Guarda tesoro, questi capi non coprono, esaltano. Mettono in risalto ciò che già è perfetto, suggeriscono senza nascondere. Chiunque avrà la fortuna di vederti così, farà fatica a dimenticarti.»

Claudia li prese in mano con lentezza, soppesandoli con gli occhi, poi guardò la commessa con un sorriso acceso.

«Posso provarli?»

La ragazza annuì con entusiasmo. «Certo, ma permettimi di rendere l’esperienza speciale. Un attimo solo.»

Con passo deciso si diresse verso l’ingresso del negozio, prese un piccolo cartello e lo appese con naturalezza alla porta: “Torno subito”. Tirò giù la serranda a metà, poi tornò da loro con un accenno di danza nei fianchi.

«Adesso siete solo miei.»

Indicò a Marco una poltroncina accanto ai camerini, invitandolo con gentilezza a sedersi. Poi si rivolse a Claudia e la guidò dietro una tenda ampia e spessa, chiudendola dietro di se e la donna con un gesto morbido.

Dietro la tenda, la luce era più calda, filtrata da una lampada angolare che ammorbidiva ogni contorno. Claudia si voltò verso la commessa con un sorriso sicuro, leggermente increspato dall’adrenalina. La ragazza si avvicinò e, con movimenti naturali e gentili, allungò le mani sulla giacca in pelle nera, sfiorando appena le spalle della cliente. Le dita affusolate scivolarono sotto il colletto, e con un gesto lento ma deciso, gliela sfilò dalle braccia. La giacca frusciò appena, rivelando il corpo nudo sottostante, ancora scaldato dal tessuto foderato di raso.

La commessa la tenne in mano, lasciandola appesa sul braccio piegato, senza staccarle gli occhi di dosso. Per un istante le due rimasero in silenzio. Claudia, perfettamente consapevole dell’effetto che stava producendo, prese la canottiera in tulle trasparente e la sollevò, osservandola in controluce. Il tessuto era impalpabile, quasi invisibile.

La fece scivolare lentamente su di sé, passandola prima sul capo, poi lasciandola scendere lungo il petto. Il tulle si stese sulle curve con una tensione elastica sensuale, aderendo al seno con una pressione inesorabile. I seni, pieni e naturalmente alti, compressi ma non nascosti: il tessuto si adattava alla forma, esaltandola, incorniciando le rotondità e lasciando in vista il disegno netto dei capezzoli che, tesi, spingevano contro la trama sottile.

La commessa inspirò piano, senza parlare. I suoi occhi verdi scivolavano dai contorni delle spalle fino alla linea tesa del ventre, poi tornavano a indugiare sulla curva dei seni trattenuti ma non domati dal tulle.

«Perfetto…» mormorò. «È come se fosse cucita su di te.»

La commessa si avvicinò silenziosamente e con un gesto delicato posò la giacca nera sullo schienale dello sgabello. Poi prese Claudia per i fianchi, la fece girare lentamente, ammirandone la figura slanciata, le curve disegnate dalvelo della canottiera in tulle.

«Guardati…» mormorò, passandole un dito leggero tra il collo e la spalla. Scivolò poi lungo il braccio, poi più giù, fino a sfiorare appena il fianco. Si fermò davanti al petto, dove il tulle aderente comprimeva il seno tondo e pieno, facendone emergere con forza i contorni. Un capezzolo, in particolare, disegnava con chiarezza il proprio rilievo sotto la stoffa.

«Dovresti pensare a un piercing… come i miei,» sussurrò, e con naturalezza indicò la propria canottiera, dove l’acciaio si intravedeva appena.

Poi, con la stessa disinvoltura, si avvicinò ancora. Le loro labbra si sfiorarono. Un contatto leggerissimo, più una promessa che un gesto vero. Il rosso lucido del rossetto di Claudia si fuse appena con quello più cupo della commessa. Non c'era urgenza, solo una corrente sottile che correva tra loro, fatta di pelle che sfiora pelle, di sguardi che parlano prima delle parole.

Claudia, col petto che ora respirava appena più forte, la guardò negli occhi con un’espressione che diceva tutto. Le mani si posarono leggere sulle anche dell’altra, stringendola appena.

La commessa restò a pochi centimetri dal volto di Claudia, il respiro appena più corto, lo sguardo acceso. Le sue dita si posarono con leggerezza sul punto dove la clavicola sfumava verso il collo, poi risalirono lente, disegnando un gesto più intimo di quanto qualsiasi parola potesse suggerire.

«Hai capito, vero?» sussurrò, con un sorriso sfuggente.

Claudia la fissò, sorpresa. Non era chiaro a cosa alludesse, ma il tono era carico di qualcosa di non detto, come un invito.

L’altra piegò leggermente il capo, il sorriso ora più morbido, come se stesse svelando un segreto. «Sono una donna... con qualcosa in più.»

Lo stupore negli occhi di Claudia fu sincero, spontaneo.

«Una trans, tesoro.» Le dita della commessa sfiorarono la linea del fianco, lente. «E in questo momento ho una gran voglia di te.»

Claudia la fissò per un lungo istante, incredula. Le sue mani però non si allontanarono dal corpo dell’altra, anzi, rimasero ferme sui fianchi, come a voler trattenere la sensazione appena provata. Fece un passo indietro, ma solo per poterla osservare meglio, con occhi lucidi di sorpresa e di crescente curiosità. Lo sguardo le scivolò dai capelli ordinati alle spalle, agli occhi verdi profondi, alle labbra carnose ancora leggermente macchiate del suo rossetto. Scese sul collo, sulla curva morbida dei seni sotto la canottiera rossa, sull’addome piatto, sui fianchi larghi che il leggings abbracciava come una seconda pelle.

«E come avrei potuto capirlo, tesoro mio?» sussurrò infine, con un mezzo sorriso. «Sei una stupenda femmina.»

Fece una pausa, il tono basso e roco, complice.

«Ma se hai anche altro… per farci divertire…» le dita disegnarono un cerchio lento sul fianco dell’altra, «…ben venga.»

Le parole di Claudia rimasero sospese un istante, come una miccia appena accesa. Poi la commessa le si fece ancora più vicina, le mani che tornavano a scivolare sui fianchi della donna con una delicatezza sapiente, come chi ha imparato da tempo l'arte dell’attrazione.

Le labbra si unirono di nuovo, ma stavolta non fu un bacio fugace. Fu un incontro lento e profondo, carico di elettricità, in cui i respiri si confondevano e i movimenti diventavano un’esplorazione attenta, ma trattenuta, dei corpi così vicini.

Le mani si muovevano leggere lungo le curve, accennando carezze senza superare il confine del desiderio dichiarato. I seni premevano gli uni sugli altri mentre le lingue danzavano all'interno delle altrui bocche, le mani correvano a cercare, sentire, toccare i corpi ancora inesplorati delle due donne.

Poi prese l'iniziativa, le infilò i pollici all'interno dei leggings e li spinse verso il basso, senza interrompere il bacio. Quando le braccia furono tese in un sussurro di passione le disse, resta qui, torno subito. Scese sui tacchi accovacciandosi davanti alla ragazza abbassando i leggings fino alle caviglie. Le prese dolcemente un piede e le disse di alzare il piede e di toglierli, la ragazza ubbidì, sotto indossava un perizoma in tessuto elastico e lucido, ma ancora non vedeva nulla di strano. Finchè la ragazza non allargò leggermente le gambe e infilando una mano al di sotto del cavallo fece fuoriuscire un minuscolo pene dal perizoma contenitivo. La costrizione lo aveva tenuto a riposo, ma appena libero cominciò ad acquisire vigore.

Non riusciva a credere a quello che stava vedendo, una Femmina vera e reale con l'attributo di un maschio, non riuscì a non chiedersi come una donna avrebbe fatto l'amore con lei. Sicuramente aveva intenzione di scoprirlo a breve.

Prese delicatamente in mano il pene flaccido, delicatamente come se fosse un bocciolo sul punto di schiudersi, l'altra mano passò dietro di lei a sentire il turgore di un gluteo marmoreo e scolpito da ore e ore di palestra. Pensava a quanti uomini avevano già goduto del suo fiore più nascosto e soprattutto a quanti uomini la avevano accolta dentro di loro. Lentamente, quasi religiosamente, cominciò a muovere la mano, muovendo delicatamente la pelle scoprendo il glande.

La mano dietro si infilò nel solco delle natiche setose al tatto, fino ad arrivare a stimolare la rosellina del suo piacere. Quel semplice tocco diede vita al vigore maschile, che crebbe nella sua mano fino a raggiungere una ragguardevole consistenza ma soprattutto dimensione. Nulla da invidiare a tanti uomini. Posso baciarlo? Chiese in un soffio, la risposta non arrivò verbale, ma paraverbale, la ragazza aiutandosi con una mano indirizzò il glande verso la sua bocca.

Mentre stava per aprire la bocca notò un movimento dietro la tenda, vide un occhio, chiaramente di suo marito, sbucare al lato della tenda, lo vide spalancarsi, lo specchio dietro di lei gli dava la possibilità di vedere entrambi i lati della ragazza, il femminile con una mano di sua moglie ad abbracciarlo, ed il maschile con un grosso pene eretto che stava per profanarle la bocca. fece per aprire la tenda.

Ma ecco il gesto che già Claudia fece al mare quando si buttò in acqua, la mano si staccò dal gluteo e si alzò in segno di ammonimento. Eccolo nuovamente tagliato fuori dal recitare nel film, il suo posto era in platea, certo prima fila, ma unico spettatore.

Claudia aspirò profondamente il glande quando arrivò a sfiorarlo e tutto sparì immediatamente nella sua bocca. Le labbra si chiusero subito sotto l'anello, all'interno la depressione generata dalle sue labbra intente a risucchiare tutto quanto era all'interno della sua bocca e la lingua che correva indiavolata su quel tessuto così liscio teso e pulsante, fecero impazzire di piacere la donna, la quale si impegnò con la sua massima maestria a dare piacere alla ragazza.

La mano che prima era sul gluteo ora si infilò sotto la maglietta della ragazza per raggiungere il seno, la consistenza dei bordi denunciava un intervento chirurgico, ma i capezzoli eretti attraversati dal piercing e la piacevolezza del tocco su un seno appartenente ad una donna maschilmente dotata le mandò in cortocircuito il cervello. La ragazza la fece fare ancora per pochi istanti, la donna stava prendendo un ritmo che l'avrebbe portata sulla via del non ritorno a breve.

La fece alzare, la baciò profondamente, le sussurrò un grazie all'orecchio, seguito da un imperioso girati.

La donna ubbidì, appoggiò le mani allo specchio del camerino e sporse in fuori i suoi glutei contenuti nella minigonna. La ragazza si spostò di lato, fece salire la mini arrotolandola sulla schiena e colpì vigorosamente entrambe le natiche in rapida successione con la mano aperta. Poi con dolcezza scese lungo il solco e andò a sincerarsi del livello di eccitazione della donna. La trovò aperta, pulsante e bagnata.

Come ogni essere dotato di pene si portò dietro di lei e lentamente penetrò a fondo, spingendosi addosso alla donna fino a che il suo pube aderisse perfettamente al sedere. Una volta dentro, cominciò a contrarre i muscoli pelvici per produrre un ulteriore irrigidimento del membro ed un movimento dello stesso dal basso verso l'alto.

Emise un profondo e rauco gemito mentre la ragazza entrava in lei quasi come se l'aria spinta dalla penetrazione uscisse direttamente dalla bocca attraverso la gola. Rimase immobile a godere di quel movimento dentro di lei, e alzando gli occhi vide lei un viso angelico che sormontava due seni invidiabili, e quella donna era sprofondata dentro di lei con il suo membro duro e pulsante.

Questo pensiero abbinato al primo colpo che la ragazza le inferse le fece raggiungere un orgasmo imperioso, i polmoni si svuotarono di tutta l'aria per le contrazioni del diaframma in preda allo spasmo, gli occhi si sbarrarono e fu lì che lo vide di nuovo, aveva aperto la tendina quel tanto che serviva per farlo vedere bene e si stava masturbando furiosamente, in quel momento dubitava che suo marito si sarebbe aspettato una scena del genere quando aveva accettato di portarla a fare shopping.

La ragazza la prese bene per i fianchi e cominciò a usarla per il loro piacere. L'ingresso era duro, veloce, profondo, un'assalto netto e profondo ogni volta che entrava, fino a spingerla con il viso sempre più vicino all specchio. L'uscita era lenta e sensuale per poi ripartire. Ti piace provocatrice? Si tesoro adoro averti dentro... E sei pronta a toccare il paradiso? la risposta non fù completamente articolata, fu più un sussurro, un sibilo.......siiiiiiiiii.

Prese forte i fianchi e aumentò il ritmo, fino a farlo diventare forsennato, le penetrazioni si susseguivano con un incedere furibondo, ma la durata fu quello che più impressionò la donna, proseguì per un tempo interminabile, senza cedimenti, senza rallentamenti senza incertezze.

L'eccitazione continuava a salire nella donna che incapace di qualsiasi reazione poteva solo godere del rapporto ripetutamente. Ogni volta che l'orgasmo la coglieva il suo livello di eccitazione saliva fino ad arrivare ad un punto in cui l'orgasmo divenne continuo, perpetuo, spinto e urlato a tutta gola. Non era una dilatazione del tempo, questa donna la martellava da un tempo incredibile e non accennava a volere smettere, Claudia cominciò a sentire le gambe molli, il corpo squassato da fremiti continui.

Come era entrata uscì da lei, con pochi rapidi gesti le fece capire che la voleva davanti a lei, tra le sue gambe. Incapace di qualunque resistenza si accucciò sui tacchi alti e dal membro eretto sentì il suo odore, il suo sapore. Diede tutto quello che ancora aveva in corpo per darle piacere e alla fine riuscì. La lunghezza della preparazione fece sì che il quantitativo del piacere fosse troppo abbondante per poterlo inghiottire, ne sentì il sapore su tutte le papille gustative della lingua assaporandone i vari gusti presenti mischiati con il proprio sapore di donna fece di tutto per non farne uscire dalla bocca e inghiotti tutto il suo piacere.

E infine si placò, gli spasimi di piacere che sentiva sul suo membro ì, sulle sue gambe, sul suo ventre, si calmarono, si chetarono, tutto rallentò e i soli respiri affannati testimoniavano quanto appena successo.

La donna coccolò quel membro cosi in contrasto con il corpo a cui era connesso, lo ripulì dei piaceri di entrambi e poi posò un bacio leggero sulla pelle che aveva già ricoperto il glande, grazie gli sussurrò.

La ragazza la aiutò a rialzarsi sulle gambe malferme e la sorresse dolcemente, si premurò di abbassarle la gonna e solo in quell'istante si rese conto del marito che le stava guardando dalla tendina. Gli sorrise, senza dire una sola parola, poi, ancora con il membro penzoloni accompagnò Claudia sulla poltrona per riprendere fiato. Si accucciò di fianco a lei, baciandole dolcemente le labbra, le guance ed il collo. La domanda, dopo l'intensità del momento giunse come una sferzata, Claudia chiese alla ragazza il suo nome. La risposta breve e concisa, ma pregna di significato. Eva tesoro e tu? Con un sorriso dolce e disarmante insieme Claudia le prese la mano e gliela strinse, come tra amici, sono Claudia, è stato un vero piacere conoscerti.

Spero che vi stia piacendo, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com