Vacanze spagnola

Capitolo 6 - Le sorelle puttane

Peccati e Guai
3 days ago

L’ennesima serata a birre e gin sembrava non finire mai. La musica scozzese sparata, la gente che saltava sui tavoli, i boccali che tintinnavano a ogni angolo. Io e Nicola eravamo cotti, le gambe molli e la testa che girava. Elena e Chiara invece avevano ancora la fiamma negli occhi: due gatte ubriache con la voglia di ballare addosso.

«Andiamo a ballare!» gridò Chiara sopra la musica, prendendo per mano la sorella. Io alzai le mani. «Io torno a casa, basta. Domani voglio arrivarci vivo.» Nicola annuì subito: «Sì, io non mi muovo più di così. Andate voi, fatevi un giro.»

Elena mi guardò con la solita faccia da stronza: «Ci lasci da sole? Due sorelline ubriache?» Chiara ci mise il carico, ridendo: «Ma siete sicuri di lasciare sole due troiette come noi?» Nicola fece l’occhiolino: «Divertitevi. Fate le brave.» Elena rise, si sollevò la gonnellina e mostrò il culo nudo, coperto appena da un micro tanga: «Certo che facciamo le brave…»

E se ne andarono insieme, barcollando verso la discoteca dietro l’angolo, mentre io e Nicola prendevamo la strada di casa.

Buttati sul divano, due birre in mano, ridendo da ubriachi. La casa era silenziosa, il caldo denso, le persiane mezze abbassate. «Chissà cosa stanno combinando le due troiette,» disse Nicola, allungando le gambe. «Secondo me hanno già il culo in mano a mezzo locale,» risposi io ridendo.

Cominciammo a fantasticare, a dircele senza più filtri. Elena che si faceva infilare in bagno, Chiara che limonava con tre ragazzi in pista. «Sicuro stasera torniamo a casa più cornuti che mai,» ridemmo insieme.

Le birre finivano, ne aprivamo altre. Alla quarta eravamo già con i telefoni in mano. Mostrammo foto e video delle nostre ragazze. Elena con le gambe spalancate davanti allo specchio, Chiara che succhiava un dildo ridendo.

Il sangue ci era sceso tutto nei cazzi. Boxer tesi, gonfi, senza vergogna. Ci guardammo.

«Sai,» dissi io, con la voce sporca dell’alcol, «ieri… quando ho leccato Elena dopo che l’avevi riempita… ho assaggiato la tua sborra. E non era niente male.» Nicola mi guardò, un sorriso sulle labbra. «Stai dicendo che ti è piaciuto?» Annuii. Il cuore a mille. «Sì. E… mi piacerebbe succhiartelo.»

Non passò un secondo. Nicola abbassò il boxer e tirò fuori il cazzo duro, gonfio, la cappella lucida di pre-sborra. «Allora fallo.»

Mi chinai e glielo presi in bocca. Caldo, duro, pesante. La lingua lo avvolgeva, lo succhiavo lento, poi più forte, fino a farmi entrare la cappella in gola. Nicola gemette, mi mise una mano sulla nuca. «Porco… sì… così.»

Poi fu lui a piegarsi su di me. Mi tirò giù il boxer, prese in bocca il mio cazzo e cominciò a succhiarlo. Ci alternavamo, pompini reciproci, lingue che scivolavano, bocche che sbavavano, gemiti bassi che riempivano il soggiorno.

Il passo oltre lo presi io. Mi fermai, gli guardai gli occhi. «Nicola… voglio che me lo metti nel culo.» Lui sgranò gli occhi un attimo, poi rise nervoso. «Io non l’ho mai fatto con un uomo. Non sono sicuro di volerlo prendere… ma se tu lo vuoi, ti scopo.» «Lo voglio,» dissi, senza esitazione.

Mi girai, mi misi a quattro sul divano. Nicola sputò sulla cappella, mi aprì il culo con due dita e poi spinse dentro. Un bruciore, poi un calore pieno, enorme. Mi fece gemere forte. «Dio… sei stretto,» ansimò, spingendo più a fondo. Iniziò a scoparmi. Colpi lenti, poi più forti, il suo bacino che mi batteva addosso. Io mi segavo con una mano, la testa persa. «Pensa a loro,» disse. «Pensa a Elena e Chiara in discoteca, con cazzi dappertutto.» Io gemetti. L’immagine mi incendiava.

Nicola accelerò, mi prendeva senza pietà, il suono del suo cazzo nel mio culo era bagnato e sporco. «Sto per venire,» disse. «Vieni dentro,» risposi io. «Riempimi.»

Con un ultimo colpo affondò e si svuotò. Sborra calda, a fiotti, che mi riempiva le budella. Io mi segai più forte e venni sul divano, spruzzi bianchi sulle lenzuola.

Restammo un attimo immobili, ansimando. Poi ci guardammo e scoppiammo a ridere. «Meglio farsi una doccia prima che tornino,» dissi. Così fu. Una doccia rapida, boxer rimessi, un’altra birra in mano. Tornammo sul divano ad aspettare.

Le quattro del mattino. Tacchi sulle scale, risate ubriache. La porta che si aprì con un colpo. Entrarono Elena e Chiara. Visibilmente distrutte. Trucco colato.

L’odore ci investì addosso: un’ondata di sesso consumato, pesante, acre, impossibile da ignorare.

«Ciao porcelli,» disse Elena, barcollando verso di noi. «Vi siamo mancate?» Si buttarono davanti, buttando vestiti e scarpe a terra. Niente mutandine.

«Avete perso le mutandine?» chiese Nicola, ridendo e già duro sotto il boxer. Chiara rise: «No, i ragazzi se le sono volute tenere. Ricordo della serata.» Elena sollevò la gonnellina, culo nudo. «Abbiamo fatto le brave… ci siamo fatte scopare e riempire in ogni buco.»

Chiara si accovacciò davanti a Nicola, allargò la figa con due dita. La sborra colava fuori lenta, bianchissima, gocce che scendevano sulle cosce. «Guarda qua.» Elena si mise a novanta davanti a me, si aprì le chiappe con le mani. Il buco del culo spalancato, arrossato, grondante di sperma. «Guarda qui. Ci hanno usato ovunque.» «Troie,» dissi con la voce strozzata. «Sì,» risposero insieme. «Troie. E ci piace.»

Non resistemmo un secondo. Le tirammo giù sul divano. Elena montò Nicola, cavalcandolo con la figa piena, lo sperma che usciva a ogni colpo. Chiara si abbassò su di me, infilò il mio cazzo dentro di sé con un urlo, e a ogni spinta mi inondava di sborra vecchia e nuova.

L’odore era fortissimo, il divano un lago. Ogni affondo era uno schizzo, un fiotto, un suono sporco che riempiva la stanza. «Sai quanti erano?» urlò Elena, cavalcando Nicola. «Cinque a testa! Ci hanno sborato in bocca, nel culo, ovunque!» Nicola ruggì: «Porca puttana, che troie!» «Sì!» urlò lei.

Chiara mi guardava negli occhi mentre mi scopava sopra lo sperma di sconosciuti. «Adesso… sono la tua troia.»

Io e Nicola ci guardammo un attimo. Poi ognuno prese la sorella sbagliata, le mise a pecora sul divano, culi spalancati davanti. Entrammo nei loro culi contemporaneamente.

Le loro urla furono un coro. «Sì! Riempiteci il culo! Fateci finire come vere puttane!»

Le scopammo fino a esplodere. Io dentro Chiara, Nicola dentro Elena. Le riempimmo di nuova sborra, mescolata a quella dei cinque di prima. Le due sorelle vennero urlando, i corpi piegati, i buchi che ci strizzavano i cazzi fino all’ultima goccia.

Restammo un attimo incastrati, cazzi ancora dentro, fiato corto. Poi ci staccammo, lo sperma colava ovunque: cosce, pavimento, divano. «Troie,» dissi guardandole sfatte. «Le vostre troie,» rispose Elena, con un sorriso distrutto.

Le mandammo a farsi una doccia perché puzzavano da morire. Camminavano barcollando, liquidi che gocciolavano ancora giù dalle cosce, ridendo come pazze.

Io e Nicola restammo sul divano, con i cazzi ancora sporchi, delle nuove corna in testa e le birre sul tavolo, ma soprattutto un odore che non sarebbe mai andato via. Ci guardammo e scoppiammo a ridere.

Non c’era più un limite. Non c’era più un filtro. Solo noi quattro.