MARTA - Tradimenti

Capitolo 1 - cornuto per necessità

Ci ho pensato a lungo. Molto a lungo. Sono diverse notti che non dormo. Troppi pensieri che si affollano nella mia testa.

Ho 40 anni, e sono sposata da 15 anni con mio marito Alberto. 

Ho sempre cercato di essere una buona moglie e una brava madre per i nostri due figli. E sono sempre stata fiera di me stessa, per non averlo mai tradito.

Ma ora devo farlo. Proprio per il bene di questa famiglia che voglio proteggere a ogni costo.

Devo farlo. Questo mi ripeto, nelle ultime notti, mentre mi giro e rigiro nel letto in cerca di un po’ di riposo.

Siamo schiacciati dai debiti. Mio marito ha problemi con il lavoro, la sua ditta rischia di chiudere, sono in ritardo con gli stipendi; e quello che guadagno io come impiegata non basta a coprire tutte le spese. Siamo in ritardo con l‘affitto, rischiamo uno sfratto. Alberto dice di non preoccuparmi, che non ci possono mettere in mezzo a una strada, non con due bambini, che dobbiamo tenere duro. Ma non ce la faccio, non sopporterei lo smacco di veder bussare i carabinieri alla nostra porta per intimarci di andare via. Che figura faremmo con i nostri vicini, gli amici, i compagni di classe dei nostri figli?

Non posso permetterlo, per questo devo farlo. Ma… è realmente così? Devo, o voglio farlo?

Forse sto solo nascondendo, dietro il dovere, ciò che in realtà desidero?

Perchè, da quando le cose sono peggiorate, mio marito mi ignora, mi trascura. Il suo tocco è freddo, non c’è passione nei suoi gesti, non c’è desiderio. Ho dedicato tutta la mia vita al dovere, e ho bisogno di sentirmi voluta, desiderata. Come donna.

Ma che sto dicendo, basta così, non devo pensarci. Devo farlo e basta. L’appuntamento è tra un’ora, e non è il momento nè per le giustificazioni, nè per i ripensamenti.

Non l’ho ancora detto a mio marito. Se mi sbrigo, sarò uscita di casa prima che rientri con i bambini. A quel punto gli dirò di non aspettarmi per cena, e poi… poi mi inventerò qualcosa.

Allaccio il reggiseno in pizzo nero, con le coppe semitrasparenti a balconcino, e osservo la mia immagine riflessa nello specchio: le collant nere avvolgono le mie gambe, dalle caviglie strette e le cosce e i fianchi larghi, creando un contrasto netto dall’ombelico in sù, con la mia pelle chiara. I miei lunghi capelli biondi sono piastrati da poco, lisci e lunghi fino alle scapole.

Mi infilo una camicetta bianca e una gonna a tubino nera, lunga fin poco sopra il ginocchio. Un leggero filo di trucco colora il mio viso, una matita nera ad esaltare i miei occhi, e un filo di rossetto sulle labbra.

Infilo un paio di scarpe decolletè nere con tacco a spillo. Prendo la giacca e la borsa. Sono pronta.

E prima che possa uscire di casa, la porta si apre. Merda.

Mia figlia e mio figlio sciamano in casa. La più grande ha 14 anni, il piccolo 12. E dietro di loro, mio marito Alberto. 

Mi vede così vestita e truccata di tutto punto, è perplesso “dobbiamo andare da qualche parte?” mi domanda.

Scuoto il capo. Saluto i bambini, li invito ad andare in camera loro. Il volto di Alberto è incredulo.

“vado a parlare col padrone di casa…” gli rispondo, con voce ferma

“cosa!? no! andiamoci insieme” obietta

“è fuori discussione. Ci vado io. Finora abbiamo fatto a modo tuo. Risolverò la cosa” lasciami andare, non trattenermi.

Qualcosa cambia nel suo sguardo. Gelosia, paura, terrore, rabbia, rassegnazione. Credo sia abbastanza chiaro cosa potrebbe succedere, e che anche lui l’abbia capito. 

 “non se ne parla, non te lo permetterò” mi afferra il braccio, e io lo scosto con un movimento brusco.

“non voglio litigare, e non ho tempo da perdere. Se ci tieni a salvare la nostra famiglia, lasciami andare” gli rispondo, cercando di addolcire il mio tono

“che cosa pensi di ottenere, cosa v…” inizia a sbraitare lui, alzando la voce. lo zittisco poggiandogli l’indice sulle labbra, e lo guardo con un sorriso

“sshhh… i bambini non devono sentirci. Risolverò tutto, te lo prometto. Fidati di tua moglie.”

Ci scambiamo un rapido bacio, ed esco prima che possa aggiungere altro o fermarmi.


è quasi mezzanotte, quando infilo delicatamente le chiavi nella toppa della porta di casa. Mezz’ora fa ho mandato un messaggio a mio marito: i bambini sono a letto? è tutto a posto. non chiederà lo sfratto. Torno. Non aspettarmi in piedi, ne parliamo domani ma non ha risposto.

Tengo le scarpe in mano, per non fare rumore coi tacchi. Nonostante la mia richiesta, mio marito è sveglio, in sala, ad aspettarmi. E nonostante la luce soffusa può benissimo vedere in che stato sono: quasi tutti i bottoni della camicetta sono saltati, la gonna è tutta stropicciata, le collant consumate all’altezza delle ginocchia. I miei capelli biondi sono arruffati e unti, il trucco e il rossetto sbavati.

“che hai fatto…” dice lui, quasi implorante, invitandomi a sedermi sul divano accanto a lui

“lasciami andare a cambiarmi e lavarmi” gli rispondo, ma il suo sguardo mi fulmina.

“no. Vieni qui e dimmelo. Me lo devi”

Sospiro, e mi siedo accanto a lui. Guardo verso il vuoto. “non farà la richiesta di sfratto, e potremmo pagare gli arretrati quando avremo i soldi” gli dico, con fare sbrigativo

“e come l’hai convinto?” c’è rabbia e disperazione nei suoi occhi

“lasciamo perdere…” faccio per alzarmi, ma lui mi blocca

“racconta. Tutto.” la sua mano stringe forte sul mio braccio. Annuisco.

“sono andata nel suo studio, gli ho detto di tutti i problemi che abbiamo in questi mesi”

“li sa già, con tutte le mail e le telefonate che gli ho fatto” mi interrompe Alberto, stizzito.

Annuisco “infatti ha detto di esser già stato molto paziente con noi data la nostra situazione, ma che la sua tolleranza è finita. io gli ho detto di essere disposta a fare qualunque cosa per dissuaderlo…” lascio cadere in sospeso la frase, mio marito mi guarda con occhi lucidi

“...posso andare a cambiarmi ora?” gli chiedo, ma lui fa cenno di no con la testa e continua a stringermi il braccio. La sua presa si fa più serrata.“qualunque cosa… anche fare la puttana…” sibila, gelido, ignorando la mia domanda.

“amore, ascolta…” 

“amore un cazzo!” sbraita, stringendo forte il mio polso

“fai piano ti prego…” lo imploro, sia riguardo la voce, sia per quella stretta che inizia a farmi male.

“ora mi racconti per filo e per segno cosa è successo” ordina, e lascia la presa sul mio polso.

“gli ho detto che ero disposta a tutto, e ho accavallato le gambe, giocando con i lembi della camicetta, vicino alla scollatura. Volevo solo stuzzicarlo un po’, sedurlo…”

“risparmiati le scuse e vai avanti”

“lui mi ha guardato con quella sua aria da porco. Rispetto all’ultima volta che l’abbiamo visto è molto ingrassato, ma ha sempre quell’aria da maniaco. Ricordi come mi guardava, vero?”

“...ti spogliava con gli occhi” risponde lui, annuendo

“Esatto. Si è alzato, ha aggirato la scrivania, mi è venuto davanti, e ha tirato con forza la camicetta, facendo saltare via i bottoni. Ha… ha detto che ho la… possibilità di… renderlo… più… tollerante”

“continua…”

“mi sono tolta la camicetta, lui si è abbassato i pantaloni. Amore basta per favore, il resto lo puoi immaginare da te…”

Mio marito continua a fissarmi, con aria severa, “non voglio immaginarlo. Voglio saperlo da te, quello hai fatto. Quindi continua, e non risparmiarti alcun dettaglio”

Prendo un profondo respiro, ma distolgo lo sguardo. Non riesco a continuare guardandolo negli occhi 

“Il suo… il suo cazzo spuntava sotto la pancia e penzolava tra le sue cosce. Nonostante fosse ancora moscio era largo, si capiva che era imponente. Mi ha afferrata dalle spalle, e fatta inginocchiare per terra, davanti a lui. Le sue mani mi toccavano, mi palpavano, mi ha fatto togliere il reggiseno, e messo le mie mani sul suo cazzo. L’ho accarezzato, ho tastato i suoi testicoli. Ho sentito la sua erezione crescere tra le mie mani…”

“dimmi cosa pensavi. Sincera.”

“non lo so, davvero.. Solo.. a un grosso cazzo, all’odore di maschio, e al desiderio”

“continua…”

"mentre lo sentivo diventare sempre più duro… l’ho preso in bocca…”

“...mi hai sempre detto che non ti piace…”

Confessargli tutto mi fa sentire molto in colpa. La nostra vita sessuale è sempre stata molto ordinaria. Un tempo era piacevole, ma con lui non sono mai riuscita a esplorare molto. Mi ha sempre frenato la paura che lui mi considerasse una poco di buono, una troia, e non ho mai preso particolari iniziative. Ed anche dietro sua richiesta, come nel caso dei pompini, il risultato è sempre stato deludente, spingendoci a ritornare sempre sul classico. Ultimamente, dati i nostri problemi nell’intimità, ho provato a stupirlo, ad esempio prendendoglielo in bocca, ma sempre con scarsi risultati.

“lo so, è… è strano. Ti prego non giudicarmi, ma in quel momento volevo dargli piacere, e lo desideravo. Mi ci sono sentita attratta, mi sono sentita…”

“ti sei sentita puttana” mi interrompe lui

“si, dillo pure, se ti fa stare meglio. Dovevo essere porca come lui. E quell’arnese.. mi ha fatto perdere la testa” confesso

“...è molto più grande del mio?”

“non prendertela amore, ma… si, molto più grande del tuo”“continua”

“gli ho leccato la cappella, l’ho presa tra le mie labbra. Lui mi ha afferrata dai capelli… e ha iniziato a scoparmi la bocca. Teneva ferma la mia testa mentre il suo cazzo mi riempiva fino alla gola, fino a farmi lacrimare”

“lo hai preso tutto in bocca?”

“no, avevo la lingua di traverso e stavo rischiando di strozzarmi con la saliva. Quando lo ha tirato fuori, per lasciarmi respirare, era enorme, con quelle vene che pulsavano lungo l’asta, la cappella lucida per la mia saliva. Mi ha schiaffeggiata, e infilato di nuovo il cazo in bocca, premendo contro la guancia”

“come ti sei sentita”

“umiliata, usata, a sua completa disposizione. Diceva che ho una bella bocca, ma che si vede che non sono abituata a scopare con un vero maschio, e… che mi insegnerà lui”

Mi volto lentamente verso mio marito, che intanto continua a fissarmi con gli occhi sbarrati, e… dai suoi pantaloni si vede benissimo che ha un’erezione.