La stanza chiusa
Capitolo 13 - Le verità sottopelle

L’estate era ormai alle spalle, ma le serate con Alyssa continuavano a essere uno degli spazi in cui Natasha riusciva ancora a respirare. A volte si univa anche Silvia, la ragazza che aveva accompagnato Alyssa al matrimonio. Aveva qualcosa di sfuggente, uno sguardo vivo e al tempo stesso pieno di ricordi. Con il tempo, Natasha imparò a trovarla piacevole. Addirittura, amica.
Fu proprio in una di quelle serate, sedute sul terrazzo con un bicchiere di vino, che Natasha si lasciò sfuggire una domanda che teneva dentro da settimane:
«Tu e Andrea… c’è mai stato qualcosa?»
Silvia rise, una risata bassa e priva di malizia. «No, mai. Lui sapeva chi ero. L’ho sempre amato… come si ama un fratello, a volte. Ma non nel modo in cui pensi tu.»
Natasha non rispose, ma qualcosa nel suo viso cambiò. Come se quel nodo che si era formato nel petto, quella gelosia sottile e mai ammessa, iniziasse a sciogliersi.
Silvia poggiò il bicchiere. «Sai perché è come è? Perché si chiude, perché sembra sempre trattenere il mondo a distanza?»
Natasha alzò lo sguardo. La curiosità si mescolava a qualcosa di più profondo. Un desiderio silenzioso di capire.
«Qualche anno fa» continuò Silvia, «aveva una compagna. Credeva sarebbe stato padre. Lei era bellissima, lo faceva ridere, gli parlava d’amore, di futuro. Ma non era sincera. Un giorno, il bambino nacque… e non era suo. Era di un altro. Andrea non ha mai raccontato tutto, ma c’ero anch’io quel giorno. Crollò, ma in silenzio. Come fa lui. Tagliò ogni legame, con lei, col bambino, con le emozioni.»
Un lungo silenzio cadde tra loro. L’aria sapeva di vino, malinconia e di quelle rivelazioni che lasciano un’impronta.
«E tu?» chiese Silvia con uno sguardo dolce. «Hai davvero scelto Salidù?»
Natasha esitò. Poi annuì. «Mi dà pace. Con lui non mi sento mai in guerra con me stessa.»
Silvia sorrise, ma i suoi occhi erano profondi. «Eppure… non sembri in pace. Solo più silenziosa.»
Quella notte, sola nel letto mentre Salidù era fuori per lavoro, Natasha ripensò a tutto. A Silvia, ad Andrea, a quel passato che non voleva saperne di rimanere tale.
Si domandò se la tranquillità bastasse. Se la stabilità fosse amore.
E se, forse, dentro di sé, non stesse ancora cercando qualcosa di diverso. Qualcosa che aveva avuto solo per un attimo. E che ora sapeva, con crudele chiarezza, che non era mai stato solo desiderio. Era stata possibilità.
Ma per ora, si disse, non era tempo di risposte. Solo di domande
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