La stanza chiusa
Capitolo 12 - Il ritorno del fuoco

Erano passati quasi due anni.
La casa che condivideva con Salidù profumava di legno caldo, spezie africane e bucato fresco. Era un luogo silenzioso, intimo, rassicurante. E Salidù… era un uomo buono, attento, presente. L’unico che fosse riuscito a prenderla per mano senza mai stringere troppo. Le dava sicurezza. Le dava un futuro. Le aveva dato un anello.
Natasha l’aveva accettato con emozione. Non era cieca di felicità, ma quasi. E bastava.
O almeno… sembrava bastare.
Quel giorno il sole splendeva limpido, come se volesse benedire ogni gesto, ogni parola. Il matrimonio fu semplice, elegante, circondato dalle poche persone che avevano davvero contato nella sua vita. Alyssa le aveva sistemato il velo, con quel sorriso dolce e quel tocco leggero che solo chi ti ha amata davvero può avere.
«Ti sei fatta bella, eh?» scherzò lei.
Natasha sorrise, stringendole le mani. «Non farmi piangere prima della cerimonia.»
Poi venne il ricevimento. Tra brindisi, musica e risate, il tempo sembrava sospeso. Finché Alyssa, in ritardo di una mezz’ora, arrivò con il suo “più uno”.
Silvia.
Natasha la riconobbe subito. Lo sguardo tagliente, il sorriso velato d’ironia, la pelle olivastra che ricordava troppo certe notti taciute.
Il nome rimase sospeso sulle labbra. Nessuno parlò di Andrea. Nessuno osò.
Ma bastò uno sguardo per spalancare quello scrigno.
Non c’era Andrea. Ma il suo profumo sembrava ancora lì. Quel pomeriggio lontano, quelle mani, quella voce. Il modo in cui la guardava come se sapesse già tutto.
Il desiderio, il rischio, l’abbandono.
Tutto tornò, come un’onda che rompe gli argini.
Quella notte, dopo la festa, dopo i sorrisi, dopo la danza lenta con Salidù nella penombra della stanza nuziale…
Dopo che lui si addormentò sereno, con una mano sulla sua pancia e il respiro profondo…
Natasha rimase sveglia. A occhi aperti nel buio.
Poi, piano, si addormentò anche lei. E il sogno la prese.
Era in una stanza che non riconosceva, eppure familiare. C’erano le tende mosse dal vento, la pelle che bruciava sotto le carezze, la voce di Andrea che le ordinava di non muoversi. Il suo corpo spogliato, desiderato, reclamato. Le sue mani forti la stringevano, le guidavano i fianchi, le toglievano ogni controllo. Era passione pura, cruda, animale. Era quello che aveva nascosto, rinnegato, dimenticato. E che ora le esplodeva addosso come un fuoco mai davvero spento.
Nel sogno lei gemeva, urlava, tremava. Si lasciava andare. Si lasciava prendere.
Quando si svegliò, era sudata. Il cuore in gola. Le lenzuola aggrovigliate e una vergogna silenziosa tra le gambe.
Accanto a lei, Salidù dormiva.
L’uomo che le aveva dato pace.
Ma il fuoco, sotto la cenere, era ancora vivo.
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