La piccola troia di famiglia

Capitolo 7 - I soprusi della bibliotecaria - 2

Giulia la rossa
2 days ago

Il locale oltre la porta in legno è un ufficio non più grande della mia stanza da letto. Una vecchia cattedra sbreccata in un lato e cosparsa di impronte di bicchierini di caffè occupa buona parte del locale. Sopra c’è un vecchio monitor piatto, di quelli quadrati e non rettangolari, e una tastiera color panna da un lato, dall’altra pile di libri di varie dimensioni e colori in attesa di essere controllati o aggiunti a qualche database e un righello di plastica, rigato e con la metà dei numeri scomparsi. Un portafoto in legno come quelli che ha nonna è rivolto verso chi siede. Contro i muri, schedari di metallo con le serrature che danno l’impressione che basterebbe un coltello per scardinarli, coperti di polvere. Una finestra in fondo al locale lascia vedere il giardinetto interno del municipio, una persiana avvolgibile ocra sbilenca sembra implorare di non guardarla in quella posizione così imbarazzante.

Frida gira attorno al tavolo e si siede. Posa il tablet accanto alla tastiera.

Accenna alla porta con il capo. «Chiudila». Non sembra abituata all’educazione tra individui.

Accosto la porta esagerando i gesti necessari a non provocare rumore. Mi volto verso la bibliotecaria. Bibliotecaria part-time. «Prego, figurati».

Il suo sguardo lascia trasparire ancora più rabbia. La rende ancora più brutta. Nel suo volto non c’è nulla di gradevole, sembra la tipa nel quadro con l’uomo con il forcone, ma con la testa più schiacciata e rotonda. La luce che filtra dall’avvolgibile fa apparire unti quel groviglio di capelli neri che ha sulla testa.

La situazione sta diventando grottesca. Una che ha più rabbia che potere mi ha convocato in quella che considera l’equivalente della presidenza perché uso un’intelligenza artificiale. Cosa mi trattiene dal riprendermi il tablet, mandarla al diavolo e andarmene? Forse solo la curiosità di scoprire cosa si inventa Frida.

Incrocio le braccia. La pressione contro il mio seno mi causa un sorriso che a stento trattengo. Frida è invidiosa della mia bellezza, del mio corpo da diciottenne, le mie forme, i miei capelli rossi vaporosi. Io e lei siamo letteralmente la Principessa Fiona in formato umano e orchesco. No, la Fiona orca è decisamente più simpatica e non è secca come un palo.

La bibliotecaria part-time si accomoda meglio sulla sedia. Non mi propone di sedermi su quella accanto a me e non ho intenzione di darle la possibilità di riprendermi perché ne approfitto. E poi, stare in piedi mi dà un senso di superiorità nei suoi confronti.

Frida mi fissa. «Io so chi sei».

Mi fissa un po’ troppo le tette, mi sembra. Schiarisco la voce per farle alzare lo sguardo sul mio volto: queste non sono per i tuoi occhi, cara mia. «Bello sforzo, hai preteso di vedere mezz’ora fa la mia tessera della biblioteca, anche se sono qui tre volte alla settimana». O è una mia follower su Instagram? Beh, magari è meglio non chiederglielo, nel suo caso non ci tengo troppo a scoprirlo. Potrei anche bloccarla, ma sono pronta a scommettere che usa un profilo falso sui social.

Una smorfia di disprezzo contorce un po’ le labbra di Frida. «Non è questo che intendo. Tu sei una ragazza stupida che non riconosce il valore dello studio e della conoscenza». Prende il mio tablet, lo schermo si è spento. «Credi che io abbia mai usato un intelligenza artificiale per prepararmi agli esami di maturità?»

Alzo una mano. «No, fammi capire: tutta questa menata perché ai tuoi tempi - e parliamo di quattro anni fa? Cinque? -  non potevi usare ChatGPT e dovevi smazzarti Wikipedia e Google per fare una ricerca, mentre io posso?» Scuoto la testa. «Mi stai prendendo in giro?»

Frida si porta una mano sul petto piatto. «Io credo nel valore dell’istruzione, della conoscenza, tu no: questo ci rende diverse. Profondamente diverse».

«Ok…» Allungo la mano. «Brava, sei intelligente e sai con quante “b” si scrive biblioteca. Ti invidio. Adesso sgancia il tablet che penso che me ne andrò da qui e studierò a casa, da adesso in avanti».

Frida batte un pugno sulla scrivania con un ringhio. Il righello vibra accanto alla pila di libri; il portafoto sobbalza e cade, la foto resta puntata verso l’alto: c’è Frida in tuta da corsa, che permette di notare le costole e la totale assenza di seno, che bacia una donna con le spalle larghe quanto quelle di mio fratello e ha più muscoli di lui. Riesce ad essere meno femminile di Frida.

La bibliotecaria part-time mi punta il dito contro. «Non permetterti di rispondermi!»

Sospiro. «Ne hai ancora per tanto? Se mi lasci andare subito non vado a lamentarmi con nessuno».

«Tu troietta hai bisogno di una lezione…»

Alzo un dito. «Primo, “troietta” non me lo dice nemmeno mio fratello, con il quale ho un rapporto migliore che con te, bibliotecaria part-time», sollevo anche un altro dito, «secondo: stai inizian—»

 Frida pianta le mani sulla cattedra e si spinge in avanti. «I miei genitori mi hanno parlato di te, Giulia Grimaldi».

Una mano gelida si appoggia sulla mia schiena, entra nella mia pancia e mi strizza le budella. Porca merda… Come ho fatto a dimenticarmi che la stronza è figlia di due miei professori… e adesso che sta perdendo la discussione li tira fuori per incutermi soggezione.

Sorride, ha toccato un tasto dolente. Molto dolente, e lo sa. «Adesso hai smesso di fare la stronza, eh, troietta?»

«Cosa vuoi fare?» La mia voce ha perso la noia arrogante. «Dirlo a loro?»

Frida si siede, il ghigno che ha sul volto è viscido peggio di chi mi si avvicina per propormi una scopata come se non avesse visto una donna in tutta la sua vita. Prende la foto caduta, la contempla con dolcezza e sembra accarezzare la tipa muscolosa. La posa sul tavolo nello stesso posto di prima.

Appoggia i gomiti sulla scrivania e si sporge in avanti. «Mia madre e mio padre spesso mi raccontano dei loro alunni peggiori, e tra loro ci sei tu. “Quella troietta dai capelli rossi è una delle peggiori…”»

Il cuore mi manca un battito. Non intendono affatto me, io… cazzo, sono l’unica rossa naturale a scuola…

«Stai già rischiando gli esami,» Frida sembra divertita della cosa, «se li informassi che ho scoperto che usi l’intelligenza artificiale per fare le ricerche, sai cosa succederebbe?»

Nella stanza inizia a fare troppo caldo. La fronte si sta inumidendo, lo stomaco mi si è chiuso.

«Succederebbe che ti giochi l’anno scolastico e lo rifarai il prossimo».

Che stronza… non oserà davvero? Lei cosa ci guadagnerebbe?

Frida si appoggia allo schienale, soddisfatta. Torna a fissarmi le tette. Il sorriso le si allarga ancora di più.

Deglutisco. Oh, merda… Non può essere che… Lo sguardo mi cade sul porta foto. Lo sposto su Frida: non si è mossa, non ha preso il telefono per denunciarmi ai suoi, non sta facendo nulla. Attende.

Attende che la prossima mossa la faccia io. Non vuole essere lei a dirlo, ad ammettere che tutta questa messinscena serviva solo a questo. Lei comanda, io sono la sua puttanella.

Mi gratto una tempia. Non credo ci sia altra scelta. «Cosa vuoi per non farlo?»

Frida si alza dalla sedia, gira attorno alla scrivania. «Sai, troietta, io odio le ochette come te, che vi credete chissà chi solo perché avete un bel faccino…» Ma non è il mio faccino che guarda, è una spanna sotto che i suoi occhi mi fissano. Devo trattenermi dal nascondere i miei seni dalla sua cupidigia con le braccia.

La lingua passa tra le labbra pallide di Frida. «Avete sempre avuto tutto dalla vita facendo vedere un po’ il vostro corpo, come se essere fighe possa essere considerato un pregio». Si passa una mano sui capelli corti che sembrano essere stati pettinati con un avvitatore elettrico. «Non avete mai dovuto faticare per ottenere qualcosa nella vita, e questo vi—»

Non riesco a trattenermi. «Ah, falla finita! Io sono nata figa, tu no. Sei invidiosa di me, è inutile che ci giri tanto attorno. Non posso farci nulla. Io sfrutto la situazione? Sì, sarei stupida a non farlo. Tu invece no, giusto?»

Frida mi vorrebbe fulminare con lo sguardo. «Io—»

«Mi hai appena minacciata usando i tuoi genitori perchè miei professori». Ecco, l’ho detto. E non sono sicura di aver fatto bene…

La bibliotecaria part-time si alza dalla cattedra. Serra le labbra quanto stringe il pugno. Non riesce nemmeno a dire una parola tanto è incazzata davanti alla verità.

Indico il mio tablet. «Adesso me lo riprendo e me ne va—»

Gli occhi di Frida sono in fiamme, mi afferra per la maglietta e mi strattona.

La mia maglietta! «Ehi, stronza! Lasciala!»

Mi getta all’indietro. È magra che sembra uno scheletro, ma ha una forza non indifferente. Faccio qualche passo indietro ma rimango in piedi. Abbasso lo sguardo: se mi ha sgualcito la maglietta, la…

«Quella Ananas Fashion vale più di quanto una come te possa permettersi». La guarda con disprezzo. Quel disprezzo che nasce dall’invidia. «A chi l’hai succhiato per averla, troietta?»

Le mie mani passano sul tessuto della maglietta. «Non permetterti! Me l’ha regalata mio fratello».

«Conosco tuo fratello, è un fallito che non ha voluto studiare e adesso fa un lavoro adatto ad un analfabeta».

«Non permetterti di parlare in questo modo di mio fratello! Sta scrivendo un rom—»

Sul brutto volto di Frida compare un ghigno. «Siete tutti degli scarti della società». Si volta e prende il telefono. «Mi hai stancato…» Preme qualcosa sullo schermo.

Vuole chiamare i suoi. Sputtanarmi.

«Aspetta!»

La bibliotecaria part-time solleva gli occhi dallo smartphone verso di me. Non dice nulla, resta ferma. Un dito è a pochi centimetri dal touch screen.

Cazzo, mi tocca inventarmi qualcosa. È una stronza ipocrita, ma resta comunque quella che ha il potere tra noi due. «Ho capito cosa intendi. Mi hai dato una lezione e ci penserò. Smetterò di usare le IA per scuola», o più esattamente farò più attenzione a non farmi scoprire, «e…»

Frida abbassa il telefono e lo appoggia sul tavolo. Sorride soddisfatta. «Non basta. Mi hai risposto male, non hai rispettato la mia autorità».

Dovranno venire i carabinieri per liberarmi da questa? «Mi spiace».

«Devo punirti per questo».

Che cosa vuoi fare? Stracciarmi la tessera della biblioteca? Vietarmi di ritirare libri per sei mesi? Bloccarmi l’accesso al wi-fi? «Cioè?»

Le labbra di Frida si stringono a culo di gallina. Contrastano con il suo volto come il sole con la luna, è qualcosa che stride al punto tale da farmi credere che sto avendo le traveggole.

Sta cercando di apparire… seducente? Si sta eccitando?

Un senso di paura stringe il mio petto e infiamma i muscoli delle gambe come nemmeno la minaccia di chiamare i suoi genitori mi aveva infuso.