Ammanettato al letto
Capitolo 4 - La vera Vittoria

Strattono i ceppi ma non cedono ancora. «Vittoria, questa volta hai davvero esagerato!»
Lei si gira, si appoggia con una mano sui miei pettorali e si mette più comoda sul mio addome. «Con te non ho ancora finito, stronzo.»
«Ma vattene a cagare! Puoi trattarmi come vuoi, ma non devi permetterti di comportarti in…»
Vittoria prende dal copriletto il sex toy che vibra ancora. «Avevo immaginato che ti piacesse Linda.» Si batte il vibratore sul palmo dell’altra mano come gli sbirri con i manganelli nei film americani. «A chi non piace una tettona come quella? A te di sicuro.» Scuote la testa. «Quando le ho proposto di scoparti per vendetta, non mi aspettavo che le piacessi tu. Povera cogliona, una ventenne senza cervello…»
«Lasciami andare…» - spero di mantenere quanto sto per aggiungere - «…e non ti farò nulla.»
«Ho appena detto che con te non ho ancora finito.» Si alza dal mio addome e scivola giù dal letto. «Devo farti passare la voglia di segarti su di me.»
«Stai tranquilla che mi fai schifo a sufficienza per non…»
Lei mette la mano libera tra le mie cosce e mi solleva le palle.
«Che cazzo stai facendo?»
Lei alza il vibratore come a mostrarmi un razzo pronto a partire per la stratosfera. «Adesso che quella troietta ha finito di tenerselo per sé, posso usarlo come si deve.»
Mi dimeno, le gambe non hanno più libertà di movimento delle braccia. «Non permetterti di…»
Vittoria abbassa il vibratore tra le mie cosce e lo fa scorrere sotto i miei coglioni. Un oggetto tiepido e umido si appoggia contro il mio ano.
Lo serro, ma non riesco a chiuderlo se non appena. Mi sento privo di forze.
«Aspetta, Vittoria…»
La troia non ascolta. Spinge e non trova resistenza. Il vibratore apre il mio buco del culo, si muove come un gatto impazzito. Mi sprofonda nel retto.
Mi sta venendo il vomito, il cazzo sembra strizzarsi. Spingo ma la mano della donna blocca il vibratore.
Un sorriso malefico compare sul suo volto. «Allora?»
Deglutisco e stringo i denti. «Ho cagato stronzi più grossi.»
Lei afferra il mio cazzo in un’erezione dolorosa. È viscido per la sborra e il trasudo vaginale di due fighe. «Ti viene così grosso quando caghi?»
«Ti piace, troia?»
Mi scappella. «Inizio ad affezionarmici.»
«Allora facci un altro giro e fammi godere.» Devo avere le palle raggrinzite come uva passa, il glande mi fa male e l’uretra mi brucia. Ma l’idea che quella troia mi faccia godere un’altra volta, perché è così stupida da credere che la cosa mi dia fastidio mi fa venire voglia di ridere.
Se non fosse per il sonno che mi sta sopraffacendo…
Lei sale a ginocchioni sul letto e raggiunge il mio inguine. «Vediamo quante volte riesci a venire prima di implorarmi di smettere.»
Sbatto gli occhi, le palpebre si fanno pesanti. Quel cazzo di vibratore mi sta dando il voltastomaco. «Dillo che… che sei innamorata del mio cazzo e non vuoi dividerlo co… con nessun’altra.»
Vittoria mette in posizione l’uccello e si impala. La sua figa mi fa lo stesso effetto di una mano che si spara una sega, solo più bagnata e calda. «Mi sa che il sedativo sta iniziando a fare effetto, William.» Scende fino a inghiottire tra le sue grandi labbra quasi tutta l’asta. «Continuerò a fotterti anche se svieni, sappilo.»
«Grazie per l’impegno che ci metti, ma confesso che preferirei Linda ad abusare del mio corpo, troia…» Sospiro, stento a tenere sollevata la testa. Il movimento di Vittoria fa gemere la rete del letto, ormai stanca quanto me; la donna si allunga e appoggia le mani sul mio petto.
È insaziabile, la troia.
Peccato sia pazza.
Spingo con gli addominali e i glutei per espellere il vibratore. È conficcato troppo in fondo e si muove solo di qualche centimetro.
Vittoria continua a fottermi, ha i denti piantati nel labbro inferiore, gli occhi socchiusi. Glielo pianterei in gola, il vibratore, a questa troia…
Riprendo a spingere, trattengo il fiato e mi concentro con tutta la forza che ho in… Le palle mi si strizzano, si ritirano nell’inguine. Il buco del culo mi si stringe sul vibratore per il crampo. La sborra esce dal meato con lo stesso piacere che mi dà l’urina durante una pisciata.
Ansimo per la stanchezza. La testa mi gira troppo.
«Mi sa che stai per cedere, eh, stronzo?» Vittoria si ferma e si siede con il culo sulle mie gambe. La cappella resta nella figa che gronda sulle mie palle. «Finché il vibratore te lo tiene duro non ho intenzione di smettere, te lo dico.»
«Vai a cagare…» L’ho detto o l’ho solo pensato?
Lei ride. «Non riesci proprio a smettere di pensare al mio culo, eh, stronzo? Bravo, continua così che mi…»
⁂
Apro gli occhi. Il rettangolo di luce che attraversa il copriletto marroncino stropicciato e sporco di macchie secche ha raggiunto i miei occhi, il sole compare per un pelo nella parte superiore della finestra. Lo stomaco mi duole e nella testa mi sembra di avere il cotone. Mi giro dal fianco destro e mi sdraio. Il cazzo mi brucia e le palle mi fanno male.
Sono libero, le manette sono abbandonate agli angoli del letto matrimoniale. I polsi sono arrossati e ci sono un paio di escoriazioni.
Mi appoggio ad una mano e mi sollevo seduto. Una smorfia sale al mio volto per il dolore al culo. Il vibratore è fermo, abbandonato tra le mie gambe. L’ho espulso mentre ero stordito o l’ha fatto…
Il petto mi si infiamma, la mano appoggiata stringe il copriletto.
Vittoria!
Quella troia ha schiaffeggiato Linda e l’ha fatta piangere!
I miei vestiti sono gettati accanto a me. Mi vesto in un attimo senza controllare se le mutande e la maglietta sono diritti o d’inverso e sono fuori dalla stanza.
La donna è in cucina, seduta al tavolo. Indossa abiti diversi da quelli aveva che addosso quando sono arrivato. Sta bevendo dell’altro tè. Solleva la tazza e un sorriso strafottente compare sulle sue labbra. «Ben sveglio, eh. Una tazza di tè?»
«Così mi droghi un’altra volta, troia?»
«Quanto la metti giù dura.» Ride e appoggia la tazza prima che altre gocce strabordino. Si alza in piedi e mi raggiunge. «Ammettilo che ti è piaciuto farti fottere.» Mette una mano sul mio petto e muove le dita come se camminasse verso il mio collo.
Le prendo il polso. «Hai trattato male Linda, e questo non te lo perdono.»
«Ti ho preso a sberle e messo un vibratore nel culo e te la prendi per lei?» La sua allegria scompare dal suo volto. Sgrana gli occhi «Sei scemo? Puoi avere me e ti interessi di quella zoccoletta? Sei un pezzo di merda!»
Non faccio in tempo a schivare il suo schiaffo. La guancia mi brucia. Le prendo anche l’altro braccio. «Mi fai schifo.»
Mi sputa in faccia. «Ma il mio culo te lo sognavi, eh, stronzo?»
La volto e la getto sul tavolo. Le blocco la testa con una mano e con l’altra le afferro l’elastico dei pantaloni da palestra.
Lei si agita, allunga una mano verso di me ma non riesce a fare nulla se non prendere il mio braccio disteso. «Cosa… cosa vuoi fare?»
«Prendermi il tuo culo per davvero, troia.»
Gli occhi le si sgranano. «No! No!» Boccheggia. «Sono vergine, lì.»
Le tiro giù le mutande con uno strattone. Il suo splendido sedere è, alla fine, davanti a me nella sua magnificenza. Le afferro una chiappa: è soda, ben distaccata dall’altra. Il buco del culo si contrae e si rilassa come un occhio che batte la palpebra per liberarsi da qualcosa.
Lei ansima, si scuote sul tavolo. «Le tue ex mi dicevano che ti piace il sesso rude! Volevo sedurti con quello!» I suoi sforzi sono inutili, non la lascio andare. «Ti prego… sono vergine, lì!»
Infilo la mano nei pantaloni e tiro fuori il cazzo. Me lo meno per cercare di convincerlo a fare un ultimo straordinario. L’odore di scopata esala dalle mie mutande con una intensità vomitevole. «Lo ero anch’io… ma la tua supposta non conta.»
Infilo l’uccello tra le chiappe di Vittoria e la cappella si appoggia al suo ano.
La donna respira a stento, mi fissa con gli occhi spalancati. «Ti prego, no…»
Le afferro una ciocca di capelli neri con una mano e il fianco con l’altra. «Non avresti dovuto picchiare Linda, troia.»
Spingo. Il buco del culo non offre quasi resistenza e il cazzo è bagnato dalla scopata: si apre e scivolo dentro di lei. Il glande entra nel retto bollente, umido. Lei non urla ma resta a bocca aperta quasi quanto i suoi occhi.
Esco quasi del tutto, spingo di nuovo, il mio inguine sbatte contro le sue chiappe. «Non avresti dovuto, troia.»
Lei ansima, la saliva le esce dalla bocca e si riversa sul legno lucidato del tavolo. Allunga una mano per toccarmi. «Mi… mi spiace, William. Ho fatto…»
Spingo ancora, il cazzo mi fa male, la cappella mi brucia. Il suo culo non è nulla di che, quello di Linda era molto meglio. Non mi voglio fermare, anche se vorrei sputarle addosso e andarmene.
Non sono nemmeno sicuro sia un orgasmo quell’ombra di piacere che provo. Forse sono solo i miei coglioni che sono tanto vuoti che fingono di farmi godere perché io smetta. Lascio i capelli di Vittoria e mi spingo indietro da lei appoggiando le mani sulle sue chiappe.
Il suo buco del culo sembra chiudersi al rallentatore e schiuma bianca cola sul suo perineo.
Lei resta abbattuta sul tavolo, il suo respiro è roco e fa il rumore di qualcuno con il naso chiuso.
Rimetto il cazzo nelle mutande e mi passo la mano lercia sulla gamba dei pantaloni. «Con questo possiamo dirci pari.» Più o meno. «Ma voglio che tu chieda perdono a Linda.»
Vittoria si solleva sugli avambracci. Una smorfia che comprendo arriccia le sue labbra. Mi guarda con lo sguardo di un cane bastonato. «Io… non…»
Raggiungo la porta della cucina. Ogni passo è un dolore all’altezza dell’inguine, quasi più davanti che dietro. Mi giro a lanciarle un’ultima occhiata. «Scusati con Linda. E non preoccuparti che non avrò più altro interesse per il tuo fottuto culo del cazzo.»
Lei prova ad alzarsi in piedi, una smorfia le distorce il viso. Sta facendo più scena che altro.
La porta d’ingresso è accostata, uno spiraglio di luce pomeridiana disegna una riga nell’ombra del corridoio: Linda non l’ha chiusa quando è fuggita. Andrò da lei a consolarla, a stringerla tra le mie braccia.
Dopo una doccia, ma prima una sosta alla fontana per togliermi la sborra secca in faccia.
FINE
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