Ossessione

Capitolo 25 - La futura scrittrice

«Ma è questa sera che sbloccano l’offerta?»

Le parole di Dario mi strappano dai miei sogni e mi gettano nella realtà. Il brusio del bar torna a occupare le mie orecchie, una cappa di aroma di caffè grava sull’aria, il pollice e l’indice mi fanno male per il peso della tazza di tè che sto sollevando da… da quando la mia mente è tornata a pensare ad Andri. Di nuovo. Nudo, che mi sorride, il suo cazzo in tiro. Per lo meno, questa volta era nello spogliatoio e non intento a fottere la tipa divorziata il cui marito mi ero scopata io…

«Marta…»

Scuoto la testa, come a scacciare del tutto quel pensiero. Dopo la discussione con Lucia, non riesco a togliermi da davanti gli occhi il mio ex collega.

Appoggio la tazza sul piattino, accanto alla brioche che non ho toccato. «Scusa, Dario. Cosa dicevi?»

Lui beve un sorso di caffè. «È da qualche giorno che hai la testa tra le nuvole.»

Sorrido. Deve apparire falso come una moneta da quattro euro. «È il… la storia del corso. Mi mette in agitazione.»

Certo, quando ti agiti fissi il vuoto come i gatti che contemplano gli angoli dei muri…

Dario finisce il suo caffè, prende il cioccolatino dal suo piattino e me lo offre. «Appunto: ti stavo chiedendo se l’offerta parte questa sera.»

«Grazie.» Prendo il dolcetto con un sorriso più sincero e lo metto nella tasca della giacca. «Sì. Ho dato un’occhiata sul sito, e questa sera ci sarà una diretta sul canale YouTube della scuola di scrittura e, quando il presentatore ne annuncerà il lancio, i primi venti potranno accedere al corso a prezzo scontato.»

La cameriera che c’è quasi tutte le volte che veniamo qui ci porta il piattino con il conto. Dario ci versa le monete esatte: da tempo prendiamo sempre lo stesso.

«Non penso che ci sarà tutta questa ressa.»

Finisco il te con un paio di sorsi. «Da quello che leggevo nei commenti sul sito, i posti vanno via come il pane. Basta mezz’ora di ritardo e tanti auguri, ci vediamo l’anno prossimo.» Mordo la brioche: la pasta scrocchia e si riduce in scaglie sotto i miei denti, una badilata di cioccolato si riversa nella mia bocca.

Andri è davanti a me, nudo. Mi sorride. È il mio primo giorno di lavoro. Indica le borracce sul tavolino della saletta d’attesa de “La Fritula”: “Ricordati di bere spesso, così la sborra non ti resta in gola, Marta.”

Un paio di dita schioccano davanti ai miei occhi. «Marta…» Quello stronzo mi strappa di nuovo dai miei sogni. «Sei ancora partita.»

Da quanto tempo sono con la brioche in bocca? Ne strappo via un pezzo, briciole grosse come francobolli cadono sul tavolino. Il cioccolato è una colata di cemento nella gola. «Scu…» Deglutisco a fatica. «Scusa.»

Lui fa una smorfia appena percettibile. «Non preoccuparti.»

Mi ficco in bocca l’ultimo pezzo della pasta. Il corno è ancora più duro del solito. Mando giù con tutta la saliva che riesco a trovare. Mi pulisco le mani su uno di quei tovagliolini infernali che sembrano catramati. «A posto, possiamo andare.»

****

Il traffico lungo la via è intenso, il tanfo di gas di scarico è nauseante e il rumore rimbomba tra gli edifici. In lontananza appare la cupola della Cattedrale di Pavia.

«Ah, Dario.» Mi fermo davanti a lui. Un paio di donne ci schivano procedendo nella nostra stessa direzione. «Ti sei ricordato di cancellare i racconti…» Lancio un’occhiata alle persone che ci passano accanto. «Sai quali.»

Il mio ragazzo solleva le sopracciglia. «Ma quelli con Giulia o quelli su “The Witcher”?»

Abbasso la voce. «Giulia.» Mi si stringe il cuore al pensiero che ho davvero scritto quella merda per vendetta verso di lei… Che stronza che sono stata…

Un angolo della bocca di Dario si inclina. «Peccato, mi piacciono: sono…» Si interrompe, ma l’accenno di sorriso lascia capire che cosa apprezzasse delle mie storie.

L’odore di scarico delle auto è ancora più intenso. Ho scritto delle storie per esorcizzare il senso di inferiorità che provavo – e provo – verso la bionda dalle tette grosse, e l’unica cosa che ho guadagnato è avere il ragazzo che mi tradisce con la sua versione romanzata…

L’immagine di Dario, a letto, con il suo cazzo in mano che rigurgita sborra e lui che ansima il nome di Giulia immaginando di sfondarle il culo o venirle in bocca riempie la mia mente. Una mano si stringe a pugno, il braccio si irrigidisce… «Le hai cancellate?»

«Non capisco il motivo, ma sì…»

Riprendiamo a dirigerci verso il mio appartamento, fendiamo la folla che si accalca sui marciapiedi. Un qualche campanile segna l’ora: sono le otto.

«Questa sera cosa fai, Marta?»

Mi volto verso Dario. «Mi guardo il video che ti dicevo, con la pagina dell’offerta aperta in un’altra scheda del browser. Appena annunciano il lancio, tasto F5 per il refresh e mi fiondo a prendere il mio posto nella scuola di scrittura.»

Lui annuisce. «Brava. Devo dirti che non credevo riuscissi a tenerti i soldi che hai guadagnato quest’estate fino a ottobre per comprarti il corso. Le pagano bene, in Svizzera, le bariste.»

La mano nella tasca del giacchetto stringe il Samsung che ho comprato un mese fa, un’offerta che mi ha catturata e costretta ad acquistare un cellulare nuovo. Mi sembra di toccare un oggetto alieno, demoniaco. Una parte del capitale raccolto facendomi sfondare quest’estate è rimasto nel negozio di telefonia per una cazzata… un’altra all’Unieuro per il mio nuovo portatile, altri soldi nel negozio di scarpe a Sondrio, quella volta che sono uscita con Lisa ed Emma prima di tornare a Pavia…

Ho controllato questa mattina, per sicurezza: sulla Postepay ho pochi euro più dei milleottocento richiesti per l’acquisto del corso…

«…insieme e ordino due pizze.» Dario solleva le spalle. «Tre, se c’è anche la tua inquilina.»

Sbatto gli occhi, come se questo mi faccia tornare meglio alla realtà. «Cosa?»

Lui sospira. «Stavo dicendo che potrei venire da te, questo pomeriggio, così mi porto dietro il tablet e ti aiuto a prendere il posto nel corso. Questa sera, poi, ordiniamo le pizze e ci guardiamo insieme la trasmissione su YouTube.»

Sorrido. «Non penso apprezzerai molto sentire parlare di narratori diegetici o livelli di focalizzazione…» Non più di quanto io impazzirei alla prospettiva di vedere un tutorial su come erigere armature e gettare. «Ma apprezzo la tua compagnia e il tuo impegno a supportarmi.»

Lui mi appoggia una mano sulla spalla. «Voglio che tu possa davvero pubblicare con quella casa editrice e diventare la migliore autrice di…» Guarda un paio di persone che ci passano accanto. Torna a me, un sorriso divertito compare sulle sue labbra. «…tu sai cosa.»

****

Le mani di Dario stringono le mie tette, le sue gambe sono tra le mie, il suo cazzo per metà nella mia figa. Spinge con il bacino come se stesse cercando di infilarmi qualcosa nell’utero con un bastone. Non cambia velocità o posizione nemmeno fosse stato imbullonato sul posto.

«Dario…» sussurro. Emetto un gemito, ma non ne comprendo il motivo. Deformazione professionale che non mi sono ancora scrollata di dosso da quando lavoravo al bordello? «Dario… scopami la bocca, amore…» Dammi una volta la soddisfazione…

Il mio ragazzo ha gli occhi che gli luccicano come sempre quando sta per venire. Emette un grugnito.

Cazzo, non starà già per finire… Sospiro e mi lascio andare sulle coperte del letto. D’accordo che deve correre in facoltà per la seconda ora, ma cerca di trattenerti. Come aveva detto di fare Andri, quando glielo avevo chi—

Mi si mozza il fiato. Sto ancora pensando a lui? A… al suo corpo muscoloso, al suo sorriso strafottente, al suo grosso, maestoso cazzo…

A quella volta che gliel’ho baciato in punta, mentre eravamo nello spogliatoio… Il desiderio che ardeva nel mio petto, la mia figa che piangeva tra le mie cosce lacrime di desiderio insoddisfatto, il bisogno di amarlo ed essere amata da lui, il…

Le mani di Dario stringono i miei fianchi, lui si blocca con il suo stupido uccello, un fottuto colibrì nella mia passera. Gli sfugge un sospiro come se avesse cagato per la prima volta da giorni, singhiozza un paio di volte. Una sborrata miserrima si sfoga nella mia vagina.

Solleva la testa, espira e sorride, lo stronzo. Si abbassa su di me e appoggia le labbra contro le mie. «Grazie, amore…»

Metto sul mio volto il sorriso finto migliore che trovo, ma non è certo qualcosa di decente.

Esce dal mio corpo, il suo cazzo che gocciola sul mio copriletto. Dovrei mettere una coperta come faccio sul divano quando mi sgrilletto dopo le sue scopate infime.

Si alza in piedi e si solleva i pantaloni. «Allora arrivo alle cinque e mezza?»

Mi abbasso la maglietta sulle tette sprimacciate. «Ok.»

«Così preparo il tablet e ci colleghiamo alla pagina dell’offerta.»

Sollevo i pantaloni. «Ok.»

Apre la porta della mia camera e fa quasi un salto indietro nel vedere Lucia. Lei non è meno sorpresa, quasi fosse stata scoperta mentre faceva qualcosa di imbarazzante.

Ci stava ascoltando scopare? Spero di no, con lo schifo di questa prestazione, si sarebbe depressa più che eccitata.

Il mio ragazzo esce dalla stanza. «Lucia, questa sera vuoi unirti a noi? Ordiniamo le pizze e aiuto Marta a prendere il suo posto nel corso di scrittura.»

La mia coinquilina mi lancia un’occhiata e il suo volto si illumina con un sorriso cortese. «Se non sono di troppo, volentieri.»

Se la tua presenza scoraggia quello stronzo a farmi perdere ancora cinque minuti con il suo cazzo nella mia figa, sei più che ben accetta. «Ma certo, noi ragazze parliamo di qualcosa di interessante, mentre lui gioca a fare l’hacker.»

Dario mi fa la linguaccia e l’occhiolino. È un bravo ragazzo. È un fottuto bravo ragazzo senza palle che sta con una troia infoiata che non riesce a soddisfare.

Lui fa un cenno a Lucia e mi manda un bacio. «Vado a lezione, ci vediamo questa sera.»

Annuisco. Trovo solo vuoto dentro di me, nulla su cui appoggiare un sorriso da rivolgergli. «A questa sera.»

Dario si allontana, la porta d’ingresso si apre e si chiude.

Lucia mi sorride di nuovo, le scintillano gli occhi. Resta diversi secondi senza muoversi, guardandomi.

Stringo le labbra, confusa e senza sapere cosa dire. Un tempo c’era un rapporto più freddo tra noi due, due quasi sconosciute che vivevano sotto lo stesso tetto, ma da qualche settimana… Boh, Lucia è diventata quasi fastidiosa.

«Io…» balbetta senza distogliere lo sguardo da me. «Anch’io devo andare in facoltà.»

«Va bene. Io oggi resto a casa, non ho lezioni e…» Indico il portatile nuovo. «Mi vedo qualche video di scrittura per entrare nello spirito giusto per quando inizierò il corso.»

«Non so se ne hai bisogno. Scrivi davvero bene.»

Peccato tu non sia la editor che ho chiamato a maggio, e quella non era della stessa opinione. «Ah,» abbasso un po’ la voce, mi sento una cretina a chiederglielo, «hai cancellato i racconti di Giulia che ti avevo mandato?»

Lei si morde le labbra, sospira e abbassa lo sguardo. «Sì… capisco che tu voglia farlo per chiudere un capitolo della tua vita e riconosci che Giulia è una persona che merita rispetto, però…»

Ottimo. Ho cancellato le mie copie sul tablet, quelle sul cloud e Dario mi ha assicurata che anche le sue sono state distrutte: se anche Lucia l’ha fatto, non restano più tracce del mio comportamento infantile. Sospiro. Quanto sono stata stupida…

«Lucia, non dirmi che ti piacevano le storie…»

Lei sorride abbassando di nuovo lo sguardo. «Ammetto che un paio di scene mi hanno… rallegrato alcune serate.»

Lancio un’occhiata al comodino accanto al letto. È lì che ho messo la Postepay con i soldi per comprare il corso? Devo controllare e poi metterla in un posto dove non perderla o farò qualche casino, questa sera.

Lucia si passa una mano sul collo e si sposta una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. «Magari, una sera che non c’è il tuo ragazzo o il mio, potremmo uscire a bere qualcosa.»

«Va bene.» O la scheda è nel portacarte? La giacca è appesa alla spalliera della sedia accanto al letto. Merda, dove l’ho messo?

«Comunque, io adesso vado.» Lucia mi sorride. «Sì, mi hanno davvero divertito i tuoi racconti.»

Annuisco. «Ne sono felice.» Cazzo, che rompipalle…

La ragazza mi saluta con una mano. «Ciao, Marta, a questa sera.»

«Sì, ciao.»

La porta d’ingresso si apre e si chiude di nuovo.

Sollevo la giacca dalla sedia e controllo la tasca. Scontrini, un pacchetto di fazzoletti di carta, il cioccolatino che mi ha dato questa mattina Dario. Ecco il portacarte. Lo estraggo.

«Certo che Lucia è diventata asfissiante…» Premo il tasto, le carte escono per un terzo: la Postepay è quella sopra la pila. «Sembra il tipo che alle superiori mi correva sempre dietro e non riuscivo a…» Mi blocco, sbatto le palpebre. Scuoto la testa. «No, che sciocchezza. Lucia non ci sta provando con me. E per cosa, perché leggendo i miei racconti si è ditalinata un paio di volte e l’ho fatta godere più di quanto ci riesca il suo fidanzato? Che cazzata…»


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