Ossessione

Capitolo 22 - L'ultimo giorno di lavoro

Elga si affaccia nella saletta. «Marta, hai il tavolo 9: colazione e irrumatio.»

Annuisco e mi alzo in piedi. Sabine è in fondo alla panca di fronte alla mia, persa nella lettura di qualcosa, accanto a lei il volume consunto di “Der Zauberberg” con la carta da gioco usata come segnalibro prossima alla copertina di retro.

Raggiungo il bancone: un vassoio con un french toast ed un bicchierone di succo di frutta mi aspetta. Sono due mesi che lavoro in un fast food, e l’unica cosa che ho ingerito è solo sborra di gente che non conosco e non ho idea di come sia il cibo che esce dalla cucina.

Sul viso di Elga compare un sorriso mesto. Mi si avvicina abbastanza da sussurrare. «Marta, mi spiace che questo sia il tuo ultimo giorno con noi.»

L’emozione che tende le mie labbra è ancora più triste. «Mi mancherai, Elga.» Forse, solo tu tra tutti qui dentro. Hai voluto imparare da Giulia a squirtare, ma sei rimasta l’unica che continuasse a non trattarmi come un’appestata.

Sospiro, sollevo il vassoio all’altezza della testa e mi avvio nella sala da pranzo. Il venerdì è sempre pieno di gente, soprattutto a mezzogiorno, e non c’è quasi che il tempo per lavarsi tra un cliente e l’altro.

Cammino tra i tavoli, qualcuno si volta a guardarmi: un paio di commenti pesanti mi raggiungono, oramai la solita solfa su quanto sia figa o di quanto vorrebbero mettermi a novanta. Incredibile come, dopo due mesi sia passata dal cuore che batte per l’orgoglio al non farci quasi più caso. Devo ricordarmi di sorridere e annuire ai clienti arrapati, anche se so che i tre quarti di questi, se mi incontrassero all’esterno del bordello, abbasserebbero lo sguardo e passerebbero oltre, incapaci del minimo approccio.

Eva sta cavalcando un tipo dai capelli rossi e due baffoni a manubrio che si presenta spesso a “La fritula”: dopo averci passate quasi tutte, ha scelto lei come sua preferita e se la scopa almeno un paio di volte alla settimana. È l’unico che conosco qui dentro che ordina davvero delle fritule come pasto…

Sono su uno dei divanetti, lei ha le mani appoggiate sul petto dell’uomo e sobbalza sul suo cazzo. L’uomo è estasiato. Deve avere almeno il doppio degli anni di Eva. «Sprüh mir ins Gesicht, meine Göttin!»

La ragazza sposta una mano sulla sua passera e inizia a masturbarsi. Nelle ultime due settimane ha migliorato la tecnica, e lei e le altre hanno discusso tra di loro, tra una scopata e l’altra, se mettere nella lista delle prestazioni anche lo squirting.

Diverse teste accanto ai due si voltano per ammirare lo spruzzo di piacere di Eva. Io distolgo lo sguardo: è qualcosa di troppo doloroso.

La cagnetta a stelle e strisce è appoggiata ad un tavolo, un tipo allampanato la tiene per le anche e le scopa il culo. Lei geme sorridendo. Non ha mai dimostrato un minimo di tecnica, vederla scopare mi ricorda sempre un ciocco di legno tagliato con una scure, ma la cagnetta è apprezzata per il suo aspetto fisico da sportiva. E le tette finte. È l’unica con le tette finte, nel nostro turno.

Andri sta lavorando di lingua sulla figa di una biondina che deve avere vent’anni al massimo. L’hanno accompagnata un paio di amiche, che si aspetteranno di essere scopate anche loro dal ragazzo superdotato. La tipa ridacchia, lancia gridolini di piacere, prova a commentare quanto le sta piacendo ma singulti di godimento le interrompono le frasi. Una delle accompagnatrici non riesce a staccare gli occhi dal culo di Andri e continua a palparglielo…

Un lungo sospiro esce dalle mie narici. Mi auguro di riuscire a vedere per l’ultima volta Andri scopare e portare all’orgasmo qualcuna di loro.

L’assenza di Giulia si sente. Il mormorio della clientela riempie la sala, e non è sovrastato dalle grida della cagna che gode e fa godere il suo cliente. Almeno, l’ultimo giorno di lavoro, ho il piacere di non vedere lei, le sue bocce mostruose e gli spruzzi di squirto che lavano la gente.

Appoggio il vassoio sul tavolo 9: un ragazzo con i capelli a porcospino e una catena di acciaio al collo sorride nel vedere il mio corpo nudo. Lui è l’ultimo cliente.

Pensa se fosse stato qualcuno che conosco… dopo averne soddisfatti mezzo migliaio in due mesi, immagina se l’ultimo è un mio amico o, peggio un parente, che si ferma a mangiare qui e, vedendo le hostess, decide di ordinarmi perché vede la mia foto e scopre che vorrebbe scoparsene una simile a quella bella fighetta di Marta, che mi arrapa sempre ma non me la sono mai fatta…

Sorrido. Oramai quasi non si distingue più il sorriso vero da quello PanAm. «Buongiorno, sono…» Le parole mi escono di bocca come la registrazione di un robot. Chissà se mi ritroverò a dirle per sbaglio in futuro, magari mentre sono sovrappensiero…

Non mi sono nemmeno accorta se lui ha risposto. Meglio tornare a concentrarmi sul mio lavoro.

Mi inginocchio davanti al cliente e appoggio le mani sulle mie ginocchia, la posizione standard per un irrumatio, qui dentro, e aspetto.

Lui si alza in piedi e tira fuori un cazzo di tutto rispetto dai jeans. Si avvicina e si ferma con il cazzo a pochi centimetri dalle mie labbra.

Trattengo un sorriso. Mai avrei pensato che qualcosa che consideravo degradante quanto farmi fottere la gola mi sarebbe mancato, eppure… un po’ mi dispiace che questo sarà l’ultimo a farlo. A meno che Dario non voglia accettare di farlo, quando saremo tornati insieme, ma dovrò capire come proporglielo senza fargli capire che ho passato l’estate a farmi fottere in un McDonald’s nudista da chiunque…

Chissà se lui se l’è spassata con qualcuna, in questi due mesi?

Il tipo mi guarda dall’alto. «Apri la bocca… eh…»

È l’ultimo… perché non trattarlo bene? Gli faccio un occhiolino. «Mi piaci, lo sai? E se ti facessi un trattamento speciale?»

Lui solleva le sopracciglia. «Cioè?»

Gli prendo il cazzo con la mano, lo scappello e lo sollevo. Passo il polpastrello del dito sulla cappella, spargendo per tutto il glande la goccia trasparente uscita dal meato. Lui apre la bocca quasi quanto spalanca gli occhi, un profondo respiro gli riempie il petto. Ruoto la testa sotto il suo sesso e prendo in bocca una palla, la succhio, sotto la lingua il nocciolo fa resistenza.

«Porca…» Il tipo ansima, le sue parole sono interrotte da boccheggi. «Porca puttana… sì…»

Sì, mi mancherà questa soddisfazione.

Metto la mano libera tra le sue cosce. Trattengo a stento la tentazione di infilargli un dito in culo, ma è una pratica che solo un paio di volte mi è stata chiesta, e non vorrei rovinare la mia ultima performance spingendomi troppo oltre. Premo un paio di dita nel perineo, che non è poi tanto differente per quanto meno “invasivo”.

Sego appena il cazzo che si è fatto ancora più duro e lucido i coglioni del tipo, uno dopo l’altro. Sono caldi, si stanno riempiendo di sborra: lo farò esplodere nella mia bocca come un candelotto di dinamite liquida.

Lui ansima come se fosse in iperventilazione. Sono brava, sono la migliore, anche se non piscio squirto in faccia ai miei clienti.

Mi afferra per i capelli ma non mi tira indietro. «Non… non farmi venire… ancora…»

Un paio di tavoli più in là, la cliente di Andri urla di piacere sotto il ragazzo che la sta scopando, le sue due amiche sogghignano a quello spettacolo come se fosse comico, ma sono certa che stanno morendo dentro.

Lascio cadere sul mio viso il cazzo e mi spingo indietro dal suo inguine. La palla esce dalla mia bocca, lasciandola gocciolante e lucida di saliva, e l’uccello mi scivola su un occhio: mi fermo quando mi arriva sulle labbra con la punta.

Gli faccio di nuovo l’occhiolino e gli sorrido. «Non venire subito, mi raccomando: fammi divertire un po’ con il tuo bel cazzone in bocca.» È rosso in volto, lo sguardo che usa per fissarmi è pure devozione. Apro la bocca e glielo faccio infilare dentro la mia cavità orale.

Lui ansima, mette le mani sulle mie tempie e mi blocca la testa. Si solleva un po’, mi fa scivolare il cazzo per tutta la lunghezza in bocca e lascio solo uno spirale aperto tra le labbra. La cappella mi arriva oltre le tonsille.

Inizia a fottermi, il suo uccello è in un bagno di saliva che spinge nella mia gola o fa scivolare fuori dalle mie labbra. Ricordo ancora la prima volta che mi hanno scopato la bocca, a momenti mi strozzavo; oramai, sono talmente abituata alla cosa che non mi dà più nessun problema.

Detestavo quel gluc-gluc-gluc che produce la mia bocca mentre mi scopano, era il simbolo del degrado, ma adesso devo trattenermi dal toccarmi a quel suono tanto mi eccita.

Sì, devo chiedere a Dario di scoparmi la gola, lo adoro troppo…

Il cliente muove la testa all’indietro, emette un verso come se stesse facendo uno sforzo. Mi sa che l’ho stimolato troppo con la leccata di palle… Viene già. Mi sborrerà in gola o…

Spinge l’inguine all’indietro e afferra il cazzo bagnato. Un paio di cucchiaiate di saliva straborda dalle mie labbra, scende sul mento e cola sulle mie tette. Chiudo gli occhi e sorrido. Un sorriso vero, non uno di servizio.

L’uomo accompagna ogni spruzzo con un “ah!”. Il primo mi prende in volto sulla sinistra, gli altri tre sono più centrali e colpiscono il naso e le labbra; qualche goccia mi finisce sul seno e sulle spalle.

L’odore di sborra calda mi riempie le narici. Il pizzicore tra le piccole labbra cresce fino a diventare fastidioso. Dopo che il mio viso è stato il bersaglio di scariche di sperma cinque o sei volte al giorno per otto settimane, Dario dovrà faticare per soddisfare le mie nuove perversioni…

Mi sollevo in piedi e mi tolgo la sborra dalle palpebre con le dita. Sorrido al cliente. Il volto dell’uomo è rilassato, soddisfatto. Ma mai quanto me.

Gli brillano gli occhi, contempla il suo piacere che cola sul mio viso. Lo so, caro: una donna bella, con una sborrata sul viso, diventa ancora più meravigliosa. «Grazie, sei stata fantastica.» Prende il cellulare dal tavolo. «Voglio lasciarti una buona recensione e cinque stelle!»

Appoggio una mano sulla sua che sta toccando lo schermo. Sorprendono me per prima le parole che escono dalle mie labbra. «Non importa, non preoccuparti.»

Lui mi guarda confuso.

Sorrido. «Ciò che mi importa è che tu ti sia divertito quanto hai fatto divertire me. Adesso, goditi il pranzo prima che si raffreddi, e, magari, segati un paio di volte pensando a me.»

Il suo sguardo passa sul mio corpo come la luce dello scanner quando sta registrando un documento. Annuisce. «Puoi contarci,» sussurra. «Ma un cinque stelline te lo meriti lo stesso.»

Gli soffio un bacio, mi volto e mi allontano.

Passo la punta della lingua sulla goccia di sborra che mi prude su un labbro. Ormai, la mia valutazione di quasi 5 è crollata a un 3,2 stelle, ma… Sospiro. Che importa? Io ce l’ho messa tutta per quasi due mesi per diventare la migliore qui dentro, mi sono sforzata, ho abbandonato ogni ritegno e ogni remora nel sesso. Mi sono fatta sfondare il culo e mettere in bocca il cazzo appena estratto dal mio stesso intestino, mi sono ritrovata con perversioni che nemmeno credevo potessero esistere e per cosa?

Su un divanetto, Sabine si scuote e squirta in viso al suo cliente, che si mette ad urlare estasiato, con il pubblico attorno che applaude.

Distolgo lo sguardo. Eva e Sabine erano mie amiche, due ragazze fantastiche… ancora non so se ridere o piangere per quella volta che ci hanno scopate tutte e tre insieme durante una festa privata qui a “La fritula”. Adesso non mi rivolgono più la parola per come ho cercato di smascherare i magheggi di Giulia per apparire la migliore.

Ma Giulia è la migliore, non c’era nessun magheggio…

Lurida cagna…

***

Il mio riflesso mi fissa dallo specchio, il viso sporco di scariche di sborra che lo attraversano come ferite di guerra. Qualche goccia è anche sui capelli. Il cliente si è dato da fare… o io l’ho davvero eccitato.

Non trattengo un sorriso. Sarà l’ultima volta che mi specchierò dopo che un uomo ha svuotato le sue palle sulla mia faccia? Dario sarà favorevole a fare qualcosa di simile, quanto torneremo a fare sesso insieme?

Una punta di delusione oscura la gioia nel mio petto al pensiero di come scopa, di quanto sia scarso come amante… Dovrei fare qualcosa per po—

«Marta…» Una voce maschile alle mie spalle mi fa sussultare.

Mi volto, per qualche motivo sono pronta a trovarmi davanti proprio il mio fidanzato, stupito – inorridito – nel vedermi in questa condizione. Invece, a pochi passi da me c’è Andri.

Lui scopa bene. Molto bene. Molto più di Dario.

Ma lo so per sentito dire e per averlo visto, non per averlo sperimentato di persona.

La gioia nel mio petto passa da grigiolina a prossima al buio più pesto.

È l’ultima volta che lo vedrò…

«Andri…» Quasi nemmeno io sento la mia stessa voce tanto è flebile.

Un angolo della sua bocca si solleva, mi guarda con uno sguardo che non è il libidinoso che usava quando c’eravamo appena conosciuti, e nemmeno quello evitante che aveva assunto in seguito. È lo sguardo di un caro amico.

Un leggero bruciore sorge nei miei occhi.

Lui non si avvicina. «Marta, sono dispiaciuto che questo sia l’ultimo giorno che lavoreremo insieme.»  Abbassa lo sguardo, ma non per guardare il mio corpo nudo. Sospira. «Io… io pensavo che tra di noi avrebbe potuto esserci qualcosa di più di un semplice rapporto di lavoro, un paio di mesi fa.»

Non sta parlando di solo sesso… Il respiro passa con fatica nel naso, devo scostare le labbra. Deglutisco per aprire la gola. «Andri… Per… per un periodo l’ho pensato anch’io…» Dio, quanto ti volevo dentro di me, volevo essere la tua puttana… Invidiavo Eva e Sabine per essere state le tue fidanzate, e anche Sasha per quella volta che te la sei scopata sotto la doccia come regalo di nozze… E di tutte le clienti che hanno avuto dentro di te il tuo cazzo! «…ma… ma ho un ragazzo che amo.»

Andri mi guarda in volto, il volto sporco della bega pisciata da uno a cui ho leccato le palle e mi ha scopato la bocca… «È un ragazzo fortunato.»

Il buio nel mio petto mi afferra il cuore, lo strizza. «Lo è anche Briana…» Il sorriso più falso di tutta l’estate lo sto davvero usando con il ragazzo che avrei voluto mi scopasse in una doccia fino a tramortirmi? Davvero, Marta? Davvero?

Andri discosta un istante il suo sguardo sui lavandini, il suo petto si gonfia e si sgonfia, torna a guardarmi. «Ieri pomeriggio stavamo parlando a casa mia…»

Nudi, bellissimi, bagnati di fluidi sessuali, in un turbinio di lenzuola stanche e fradice. Scaccio quel pensiero.

«…e abbiamo deciso di andare insieme in America.»

«Quando?» Questa volta nemmeno io sento la mia voce.

Lui deve aver letto il mio labiale. «Non abbiamo ancora deciso: lei vuole fare ancora un po’ di pratica… nel campo… prima di provare con l’industria del porno.»

«E tu?»

Andri si morde le labbra. «Sto pensando di tentare anch’io.»

Un sorriso si forma sulla mia bocca. Un sorriso mesto, che non prova nemmeno a illuminare il mio viso. Accenno al suo cazzo. «Con quello, ti prenderanno senza problemi.»

«Tu cosa farai? Hai già dei programmi, una volta tornata nel mondo normale?»

«Quelle cose che si fanno vestiti: tornare all’università e vedere se questi due mesi hanno insegnato qualcosa anche a me per scrivere scene di sesso migliori di quelle che buttavo giù prima.»

Lui allunga la mano verso di me. «In bocca al lupo.» Sorride. «Spero di leggere presto un tuo romanzo erotico.»

Gliela stringo e mi lancio contro di lui. Lo abbraccio. Dopo sessanta giorni, scopro com’è avere il suo cazzo contro la mia figa. Mi sento morire, al posto della mia passera sono i miei occhi che si stanno riempiendo di liquidi. La gola mi si stringe, il dolore mi sta strozzando. «Scopale tut…»

Lo lascio, inghiotto il grido di dolore che scuote il mio petto e mi lancio in un box doccia. Tiro la tendina, apro l’acqua al massimo – calda o fredda, non importa – e mi accascio a terra.

Porto le mani agli occhi e scoppio a piangere.

È tutta colpa di Giulia, è lei che mi ha impedito di abbandonarmi tra le braccia del ragazzo più bello che abbia mai conosciuto… lei e i suoi stupidi squirti!

***

Il profumo di torta che colma la casa mi riempie la bocca di acquolina: mamma aveva promesso di prepararmene una per il mio ultimo giorno di lavoro, e quella in forno è alla pesca.

Lei si sporge oltre la porta della cucina. Voci maschili e femminili recitano pessime battute. Dev’essere ancora qualche soap opera turca. «Sei in ritardo: hanno organizzato una qualche festa al bar per salutarti?»

Trattengo un sorriso. Se sapesse che sono stata due mesi in un bordello, mi avrebbe chiesto se mi avessero organizzato un’orgia o una gang bang? I muscoli che celano il mio divertimento si trovano a sforzarsi a vuoto: non c’è stata nessuna orgia, o gang bang, o anche solo una bevuta alla mia salute. A parte Andri che mi ha comunicato la sua decisione di andarsene in America con la cagnetta a stelle e strisce, e Hans che mi ha fatto l’imbocca al lupo per l’università e assicurato che anche l’estate prossima avrò un posto garantito nel suo porno fast food, nessun’altra mi ha rivolto la parola.

Sospiro. «Eh, qualche abbraccio e qualche lacrima…» Appoggio sul tavolo del salotto il casco e il computer portatile che ho comprato all’Unieuro pochi minuti prima con i soldi della paga. Dopo anni di ristrettezze, potrò usare per scrivere qualcosa di meglio della tastiera a schermo di un tablet da 200 euro. Era Umberto Eco che sosteneva che cambia lo stile di scrittura a seconda di che strumento si usa?

Chissà se, dopo questi due mesi, saprò esprimere meglio le mie emozioni nelle scene erotiche?

Mi affaccio alla cucina. Il tavolo è un caos di piatti e posate sporchi, il mattarello è di traverso su un paio di asciugamani bagnati e un barattolo di confettura gialla è vuoto per metà. Il profumo è ancora più intenso, e l’umidità è quella di una serra. Mamma è seduta a guardare la tv.

Mi sorride. «Ti mancherà il bar, Marta?»

Chissà se un giorno, per sbaglio, la correggerò dicendole che era un bordello, o quando sarò vecchia e svampita racconterò ai miei nipoti che la nonna, da giovane, si scopava i clienti che ordinavano la colazione. Mi prenderanno per rincoglionita totale. «Beh, sì.» Nel bene e nel male, sì, e più di quanto tu possa immaginare.

Si volta a guardare la torta nel forno. Il timer è tra il 20 e il 25. «Ci vorrà ancora un po’.»

«Non preoccuparti, al momento non ho fame…» È inutile che me lo nasconda, è da quando ho avuto il mio ultimo scambio di battute con Andri nel locale docce che mi si è chiuso lo stomaco e non ho più mangiato nulla dalla colazione. «Vado a cambiarmi.»

Senza la tuta da motociclista – la userò ancora, quest’anno? – torno in salotto e mi lascio cadere sul divano. I cuscini mi avvolgono il sedere e sprofondo appena. Afferro il telecomando dal tavolino e lo punto verso il televisore: mi mancano un paio di puntate per completare la stagione di “Fiamma e…

Il pollice si ferma sul tasto di accensione senza premerlo, il telecomando mi pende dalla mano. Abbasso il braccio e mi volto verso il tavolo: la scatola del portatile è ben visibile. Sembra chiedersi perché non lo sto usando.

Già… voglio essere una scrittrice, non una telespettatrice.

Abbandono il telecomando sul divano, prendo la scatola e la apro. Ne estraggo il portatile e getto cartoncini e polistirolo nella scatola. Finirà sugli spazzacà anche questa, insieme a quella della tv e del tablet.

Appoggio il portatile sulle gambe e lo accarezzo. La superficie del coperchio è liscia e grigia, con una texture che simula qualcosa che mi ricorda le assi di legno finte sui muri de “La fritula”. Sorrido: io e te scriveremo delle grandi avventure dove i protagonisti impugnano pistolini invece di pistole…

Sollevo lo schermo e accendo il computer. Immetto il mio profilo e avvio Word.

Intreccio le dita e spingo le mani oltre il monitor. «Vediamo se mi ricordo ancora come si fa a scrivere…»

Le dita si muovono ad una lentezza spaventosa sui tasti, righe rosse compaiono sotto troppe parole. I due mesi di inattività si fanno sentire, ma il bisogno di scrivere è troppo forte.

Una campanella trilla, la sedia in cucina striscia sul pavimento, le cerniere dello sportello del forno cigolano. «La torta è cotta,» grida mamma dalla cucina.

Piombo fuori dallo stato di concentrazione in stavo scrivendo. Sospiro. «Va bene!»

«Adesso deve raffreddare, però.»

Lo so, grazie. Sullo schermo c’è quasi una pagina scritta, e stavo andando davvero bene dopo aver perso la ruggine dalle dita. Faccio una smorfia: dovrebbero vietare per legge di disturbare chi è concentrato su qualcosa. Anche quella dannata televisione sempre accesa… Scema io a non aver comprato un paio di cuffie per ascoltare musica mentre scrivo per alienarmi dal resto del mondo…

Scuoto la testa. Domani torno al supermercato e ne prendo un paio.

Mi appoggio allo schienale del divano e rileggo.

"Le foglie si muovevano al soffio del vento che sollevava appena i capelli bianchi dello Strigo. Il cavallo avanzava lentamente nel bosco lungo un largo sentiero segnato da profonde tracce di carri piene della pioggia caduta nella notte appena trascorsa.

Geralt tirò con delicatezza le redini e fermò il cavallo quando furono oltre la foresta. La strada svoltava a destra, scendendo con le spire di un serpente seguendo il movimento del declivio che calava fino alla città di—"

Interrompo la lettura. Una smorfia di delusione compare sulla mia bocca: davvero voglio scrivere un’altra fanfiction erotica su The Witcher? Ne ho già fatte cinque: ognuna sembrava peggiore dell’altra e nessun appassionato di quella serie l’ha mai considerata, e la editor della Wade Imaginarium ha detto che non possono pubblicarle per problemi con i diritti d’autore.

Mi stringo le labbra. Mi serve qualcosa di originale, qualcosa che… qualcosa che gira nella mia mente da mesi. Da quando ho avuto la disgrazia di conoscere Giulia.

Gli angoli delle mie labbra si sollevano. Premo Control, A e faccio sparire tutto con Canc. Sulla pagina di nuovo bianca riprendo a scrivere. Non so ancora cosa… ma so già che sarà fantastico, altro che raccontare di Geralt che si fotte Yennefer e Ciri.


✒️ Lascia il tuo pensiero! Condividi nei commenti cosa ti ha fatto vibrare in questo capitolo. La tua voce rende la storia ancora più viva!

💖 Fai battere il cuore! Premi il cuore se questa parte ti ha emozionato. Un piccolo gesto che accende la passione!

⭐ Valuta con 5 stelle! Regalami 5 stelle se il racconto ti ha catturato. La tua valutazione illumina il mio percorso!

📧 Scrivimi in privato! Mandami un’e-mail a william.kasanova@hotmail.com per condividere fantasie o suggerimenti. Ti aspetto!

📱 Raggiungimi su Telegram! Contattami su Telegram @WilliamKasanova per un dialogo intimo e diretto. Non essere timido!