Ossessione

Capitolo 16 - Speranze infrante

«Vieni anche tu, Marta?»

La voce di Eva mi distoglie dai miei pensieri, ma non da quello stato di tensione che tende i miei muscoli. Un calore che brucia in ogni punto del mio corpo mi rende irritabile, ogni parola o gesto mi innervosisce. Il cuore batte come un pendolo al cui scoccare dell’ora qualcuno mi sfonderà il culo, si prenderà la verginità che per anni ho custodito…

Forse, il tecnico informatico non era ancora al lavoro e non ha fatto in tempo a modificare la lista delle mie prestazioni… Oggi pomeriggio, chiederò ad Hans di mettere tutte quelle schifezze che sono scritte nel foglio, ma non l’anale… Dovessi anche ritrovarmi a fare sesso con quel verme.

«Marta?»

«Cosa!» Parte della tensione mi sfugge nella voce, la scaglio contro Eva come se fosse un pugno.

La ragazza mi guarda come se un vero pugno si fosse fermato ad un centimetro dalla sua faccia. «Io… ti stavo chiedendo se vuoi venire anche tu, questo pomeriggio, con noi…»

A ritrovarmi con quella cagna di Giulia che mi insegna come si piscia in faccia ai clienti? Il desiderio di picchiare Eva si concretizza, devo trattenermi. L’espressione che ho sul viso sembra scolpita nella roccia, fatico a simulare un accenno di sorriso. «Devo andare a casa, non faccio in tempo.»

La ragazza annuisce, distoglie lo sguardo. «D’accordo…»

«Mi… mi racconterete se il vostro incontro è—»

«Marta?» Elga si affaccia nella saletta. «Scusa, ma ti aspetta il tavolo 5.»

Il cuore mi balza in gola: il tecnico avrà fatto in tempo a… No, impossibile. E poi, quanti potrebbero volere del sesso anale già alle otto di…

«Un anale e…» La barista tentenna, prende una boccata d’aria. «…e un irrumatio.»

Eva e Sabine si lanciano un’occhiata, confuse.

Sasha, che fino a quel momento era stata in silenzio in un angolo, solleva la testa da una rivista di fotografia. «Una pompa dopo un’inculata? Ma chi è lo stronzo?»

Le gambe mi cedono anche se sono seduta. In piedi, sembrano fatte di spaghetti cotti. Cosa cazzo ho fatto? La mente sembra incapace di immaginare cosa sta per succedermi, per quanto le due pratiche mi siano note a livello teorico.

I suoni sono attenuati, ho del cotone nelle orecchie. E nel cervello. Sono in un luogo alieno, muri che non riconosco e mobili che non ritrovo nella mia memoria si stringono su di me.

Più per abitudine arranco verso il bancone. Vuoto.

Il vassoio dov’è?

«Non ha ordinato una colazione.» Elga è accanto a me ma la sua voce sembra provenire dalla Luna. «Vuole solo te…»

Il cliente ha pagato solo la hostess e non ha voluto anche mangiare. Che onore. «Va bene, grazie, Elga.» È la prima volta che attraverso la sala de “La fritula” senza portare un vassoio.

Mi muovo tra i tavoli spinta da una volontà che non riconosco. È come se il pavimento fosse in discesa verso il tavolo e io stessi camminando solo per non cadere in avanti.

Potrei chiedere al cliente di non farlo, che… che è stato uno scherzo che mi hanno fatto gli altri. Che sono nuova, che mi trattano male, quei bastardi… che non…

Un uomo geme. È seminudo, sdraiato sul divanetto. Giulia lo sta cavalcando e si sta massaggiando il clitoride con una mano, l’altra se la passa tra i lunghi capelli biondi. È bellissima, sembra una dea che sta godendo, con i suoi grossi seni, la testa spinta all’indietro. Non sta lavorando, la cagna… sta godendo, sta godendo ancora più del suo cliente.

L’ottundimento della mente evapora, fuoriesce dalle orecchie che si stappano e tutto l’universo torna ad avere un senso… I colori sono più intensi, i suoni distinguibili uno dall’altro come se fossero su piani differenti, gli odori riconoscibili molecola per molecola, in quel caffè c’è zucchero bianco e in quell’altro di canna.

E, soprattutto, i commenti dei clienti e le loro valutazioni sulla pagina di Giulia non rispecchiano quanto la cagna faccia godere loro, ma quanto la cagna faccia credere che loro facciano godere lei!

Cazzo! È così!

Ho capito, finalmente!

Lei non squirta per divertire il cliente, lei lo fa perché sta davvero godendo!

Raddrizzo la schiena, sollevo la testa. Sguardo deciso, sorriso da mangiatrice di uomini. Mi dirigo verso il mio cliente. Se lo fa lei, posso farlo anche… Il mio passo rallenta.

Il tavolo 5 è in fondo alla sala, un uomo magro con una canottiera bianca e pieno di tatuaggi mi guarda. Se non fossi già nuda, mi strapperebbe via di dosso i vestiti con lo sguardo. Ha il cazzo in mano, se lo sta menando per inturgidirlo in attesa del mio corpo da fottere. Sembra uno di quegli assassini assunti dai cartelli della droga per eliminare i poliziotti o i politici che non riescono a corrompere…

Il fiato mi passa tra i denti, le gambe sono cariche di un’energia pronta a esplodere in una fuga. Ma la cagna è là, che sta godendo per i suoi clienti, e questa notte, in sogno, mi ha umiliata. Nella realtà non farebbe diversamente. Questo pomeriggio, con Eva e Sabine, voglio che rida di me o che sia meravigliata?

In fondo, cosa può farmi di male questo stronzo? È il solito fallito che vuole farsi vedere un duro, ma come vede una donna che sa cosa vuole, si caga addosso.

Appoggio una mano sul tavolo 5, mi inclino appena in avanti così che il killer possa ammirare al meglio il mio seno e forzo il sorriso più sfrontato che riesca a simulare. «Ehi, ciao. Mi hanno detto che cercavi qualcuno con cui…»

«Non è questo il momento di aprire la bocca, puttana,» il suo sguardo mi fulmina, le sue labbra si arricciano in una smorfia. «Adesso è quello di aprirti il culo.»

Il cuore si ferma come il respiro, solo il bisogno di pisciare sembra ancora vivo nel mio corpo. Questo, e le mie gambe che sembrano urlare: “cretina, noi eravamo pronte a salvarti!” Le budella si sciolgono, un dolore nel ventre promette qualcosa di molto imbarazzante già in altre occasioni.

Oddio, e se gli cagassi addosso mentre mi sta inculando? Altroché quella che si è messa a urlare dal dolore…

Una voce strozzata alle mie spalle riempie il locale, rimbomba tra i muri. «Ti amo, Giulia!»

«Mi stai facendo impazzire, Claude!» La cagna geme ancora più forte dell’uomo, sembra isterica da come strilla. Adesso, sono certa, lava il suo cliente con lo squirto, gli fa la doccia come se avesse un idrante rotto al posto della figa…

Io non posso essere da meno di quella cagna!

Il killer si alza dalla sedia, mi indica il tavolo. «Cosa aspetti? Mettiti a novanta.»

Stringo le mani, i palmi sono bagnati. Sto per vomitare… Lancio un’ultima occhiata alla troia che sta godendo come una cagna in calore e sospiro. Chiudo gli occhi e mi appoggio al piano del tavolo con la pancia e le tette: è gelido, un blocco di ghiaccio.

Due mani mi afferrano i polsi, me li portano ai fianchi.

La cappella calda del killer si posiziona tra le chiappe aperte, devono apparire come un sorriso sghembo e invitante.

Non farà davvero male, essere sverginata di culo. Non sarà più di ricevere una dannata supposta, come quando ero piccola: basta restare calma, rilass—

Le mani che afferrano i polsi mi strattonano in dietro, l’inguine dell’uomo spinge in avanti. Il cazzo sprofonda nel buco del culo, lo apre, lo rompe, lo disintegra. Gli occhi mi si spalancano tanto che potrebbero cadermi dalle orbite, non so più come si respira. È un’esplosione di dolore, è come un pugno arroventato che mi colpisce nell’ano ed entra nel retto. Un treno carico di sofferenza acuta si schianta contro la mia coscienza, tutto diventa scuro, solo il mio culo è luminoso come un incendio, è il fungo nucleare nella notte dell’Apocalisse.

Stringo tra i denti un grido di strazio, lo mordo fino a spezzarlo in due lacrime che ardono nei miei occhi e colano lungo le mie gote. Il naso si colma di muco, lo stomaco vuole svuotarsi.

«Ah, un bel culo chiuso!» Il killer mi solleva ancora più dal tavolo, le mie tette si staccano dal legno levigato. «È una cosa praticamente impossibile da trovare in voi puttane.»

Il cazzo è come una lima cosparsa di sale che gratta su una ferita, ad ogni colpo corrisponde una sferzata di agonia che attraversa la mia spina dorsale, squassa i miei intestini e capovolge il mio stomaco. La brioche e il caffè di questa mattina sono prossimi a spargersi mezzi digeriti sul tavolo…

Il figlio di puttana spinge fino in fondo, il suo inguine finisce contro le mie chiappe quasi anestetizzate dal dolore e suoi coglioni colpiscono la figa come due palle da demolizione, estrae quasi del tutto e poi mi tira di nuovo indietro e si tuffa lui avanti. Non riesco a gemere, non sono in grado di simulare del piacere, tutto quello che esce dalla mia gola sono strilli di dolore a stento trattenuti. Nelle orecchie risuonano le grida di piacere della cagna che, nella nebbia liquida che copre i miei occhi, sta avendo un orgasmo.

Vaffanculo, Giulia, vaffanculo!

«Adesso in bocca!» Il killer sfila il cazzo dal mio intestino, ed è come una barra di metallo arroventata e piena di spine che viene estratta dal mio culo. Mi prende per i capelli, mi alza dal tavolo e mi getta a terra.

Sono in ginocchio, appoggiata al pavimento con una mano per non crollare di lato. Boccheggio con la bocca, nel naso hanno fatto una gettata di cemento. Cosa cazzo vuole ades— L’irrumatio… aveva ordinato un irrumatio! Merda!

Il bastardo infila i pollici sugli angoli delle mie labbra, le tende e, senza aggiungere una parola, mi infila la sua nerchia in bocca, bloccandomi il respiro. Mette le mani dietro la mia testa e me la spinge in avanti fino a farmi trovare la cappella in gola.

Sgrano gli occhi, mi sento soffocare e lo stimolo al vomito diventa ancora più potente. Il sapore sulla mia lingua è disgustoso, è… mi si stringe il petto: il cazzo è appena stato nel mio intestino! È scivolato su mucose lerce e puzzolenti, inculcandosi in recessi di cui ho un disgusto completo al solo pensiero, è stato la causa del dolore lancinante che proviene dal mio inguine…

Il killer mi blocca la testa con le mani sulle tempie, inizia a fottermi la bocca con la stessa passione con cui mi ha rotto il culo, spingendo il cazzo fino in gola e poi quasi estraendolo. Spinge dentro e una saliva lurida che mi allaga la bocca scende in gola, mi finisce nel buco del fiato e devo trattenere la tosse, tira fuori e la bava esce dalle labbra e cola sulle tette e sull’inguine. Ad ogni movimento della nerchia dalla mia bocca si solleva un suono viscido, disgustoso. È il suono che fa un cesso otturato, quando usi lo sturalavandini… Blocco a stento un conato di vomito.

Lo stronzo mi penetra fino in fondo alla gola, si ferma e mi blocca con la faccia contro i peli ispidi del suo inguine. Inizia a gridare, a gemere. Uno spruzzo caldo e colloso finisce nella mia gola, un secondo ancora più copioso, e un terzo. Lui sembra perdere vigore, la forza con cui mi trattiene cala, mi lascia. Cado su un fianco stordita, solo il gesto automatico di allungare una mano mi impedisce di finire distesa sul pavimento. Il movimento è un’esplosione di dolore tra le mie chiappe.

Il cazzo scintilla ed è tirato a lucido come se non fosse mai stato nel mio buco del culo.

Ansimo, mi manca il fiato e mi gira la testa. Sono sconvolta come mai prima di ora, nemmeno sulle montagne russe di Gardaland sono stata così male… Vorrei mettermi a piangere, ma non posso farlo. Che figura farei davanti a tutti? Che figura farei di fronte alle squirtate di quella cagna di Giulia?

Devo sollevarmi in piedi. Devo appoggiarmi al tavolo per fare un po’ di forza perché le gambe sembrano prive di qualsiasi energia. Le stesse, cariche e pronte, che volevano farmi fuggire…

Una nuova esplosione di dolore deflagra dal mio buco del culo, gli occhi mi si sollevano, le palpebre sfarfallano e per un istante mi si deve vedere solo il bianco. È come essere colpita da una badilata alla nuca.

Devo anche pulire il cazzo del cliente, di questo figlio di puttana… Non sono nemmeno sicura di aver portato la salvietta umidificata… Porca puttana, mi toccherà camminare fino al bancone, prenderne uno e tornare qui, con ogni passo che sarà un’agonia e…

Il killer, il bastardo che mi ha rotto il culo, non dice una parola. Si mette l’uccello nelle mutande, tira su la zip e senza salutare si dirige verso l’uscita del fast food.

Vacillo sulle gambe malferme. Vaffanculo, stronzo.

Arranco attraverso la sala da pranzo, tutti gli occhi devono essere puntati su di me, la cretina che si è fatta sfondare il buco del culo e poi mettere in bocca il cazzo lercio – vi prego, non guardatemi, vi scongiuro…

Non ho il coraggio di alzare lo sguardo dal pavimento in legno, non voglio vedere l’espressione di Elga, o quella di Eva e delle altre. Raggiungo la porta dei bagni usando solo la memoria ed entro.

Il getto di una doccia sta scrosciando, l’aria è già umida per essere le otto e mezza di mattina.

Mi appoggio al primo lavandino con una mano, tutto ondeggia come su una nave in balia ad una tempesta. Il senso di malessere cresce ad ogni scossa, il buco del culo emette un grido di dolore ad ogni battito del mio cuore. I muscoli perdono forza come dopo una corsa, come dopo essere fuggita ad un predatore e l’adrenalina termina il suo effetto.

Ma non era una tigre che voleva mangiarmi, era un figlio di troia che mi ha… cazzo… me l’ha infilato in culo e poi in bocca… il sapore del mio intestino è ancora sulla mia lin—

Mi lancio contro la fila di gabinetti, spalanco una porta e crollo sulla tazza. La stringo a me e la sborra, la colazione, la mia anima e la mia dignità esplodono dalla mia bocca con un ruggito, si rovesciano nell’acqua con tonfi liquidi e schizzano ovunque sulla ceramica e sul mio volto.

Ansimo a bocca aperta, il tanfo del vomito mi assale anche il naso otturato. Una lacrima prude lungo il naso e arriva sulla punta, dove rimane a pendere. Voglio morire… com’è possibile che succeda qualcosa di simile?

Inspiro, l’aria passa a stento nella mia gola contratta e dolorante. La testa mi gira, e nella bocca ho un sapore che è pure peggiore di quello del mio intestino… La disperazione fa ancora più schifo della merda…

Qualcuno bussa alla porta del gabinetto, la voce è quella di Andri, non di Giulia, per fortuna. «Ehi, stai bene, Marta? Cos’è successo?»

Mi schiarisco la voce, deglutisco qualcosa che non voglio sapere cos’è. «Tu… tutto bene, Andri.» La voce è rotta dal pianto che sto trattenendo. «Ho… solo preso freddo questa mattina, in moto.»

Per due respiri il ragazzo non parla. «Sei sicura?» La sua voce è bassa, appena udibile.

Stringo una mano, sposto il peso sull’altro piede e una scudisciata di dolore strazia il mio culo. «Sì, sono sicura! Credi che non sappia riconoscere cosa mi fa stare male?» Cosa cazzo vuoi? Dirmi che sono stupida, che non so cosa sto facendo? Che Giulia può essere migliore di me? Per te è facile, stronzo! Sei un uomo: qui dentro scopi tutte le donne con il tuo cazzone di 20 centimetri e ti adorano perché le fai godere. Io sono una donna, devo faticare per far godere un uomo, devo umiliarmi per soddisfarlo!

«Va bene.»

Il suono dei suoi passi sulle piastrelle cala di volume, i cardini della porta d’ingresso del bagno sibilano, il suono della musica e delle chiacchiere nella sala del fast food riempiono il bagno e si attenuano al chiudersi della porta. L’aria filtra tra i miei denti. Quel bastardo se n’è andato così, senza assicurarsi che stessi bene davvero? Non è rimasto ad aiutarmi a superare questo momento?

Che lurido bastardo! Vuole solo scoparmi in una doccia e nient’altro… Andri non è meglio di Giulia! Sono tutti dei bastardi, che non apprezzano i miei sforzi, non riconoscono i miei sacrifici nel migliorarmi!

Il gabinetto è un casino di vomito, pezzetti di brioche scivolano in colate gialle lungo l’imbuto della tazza, grumi di qualcosa galleggiano nell’acqua lercia. Ecco cosa ricavi dal voler migliorare la qualità del tuo posto di lavoro, e nessuno che ti tiene la fronte mentre scarichi lo stress dell’impegno…


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