Ossessione

Capitolo 15 - «Non sei vergine di culo, vero, Marta?»

Le dita mi pinzano il ponte del naso per sostenere la testa perché non mi cada nella tazza di caffè. L’aroma, che di solito basta a svegliarmi, questa mattina ha lo stesso effetto soporifero del profumo vellutato della camomilla. Il sonno sembra accumularsi negli occhi come un peso, e questa sosta al ristorante in cima al Passo del Bernina per una tazza di carica liquida mi sembrava l’unico modo per non appisolarmi sulla moto mentre sarei scesa fino a Pontresina.

Inspiro e sbatto gli occhi. Forse, se ci gettassi il caffè invece di berlo mi sveglierebbe davvero. Afferro la tazza ma mi limito a sorbirlo come al solito. Spero che al lavoro, dopo qualche scopata, mi passi davvero il sonno…

Mi alzo, prendo la tazza vuota e il piattino pieno di briciole della pessima brioche al cioccolato e le poso sul bancone, accanto alla cassa. La ragazza, la Elga locale, mi sorride e ringrazia con lo sguardo. Tra colleghe ci capiamo, anche se tu lavori vestita.

La barista batte alla cassa, io cavo dalla tasca il portafogli. Dal borsellino spunta il foglio A4 che ho stampato questa mattina prima che i miei si svegliassero, il risultato delle mie ricerche con Grok sulle perversioni sessuali.

Prendo una banconota da dieci e una da cinque franchi e le allungo alla ragazza. I prezzi a “La fritula” sono folli, ma nemmeno nel resto della Svizzera la colazione te la tirano nella schiena… Lei sorride di nuovo e mi passa una moneta come resto.

La lascio cadere accanto al foglio di carta, così fine che si leggono quasi un paio delle pratiche sessuali che ho passato la notte a guardare sui siti porno per capire come siano davvero. Un angolo della bocca si abbassa e una morsa stringe il mio petto al ricordo di una donna costretta a farsi—

Un rettangolo bianco s’infila tra la donna a pecora e l’uomo con il pungolo elettrico, la voce della barista copre le grida di dolore che accompagnano l’arco blu sulle due punte del bastone. «Eccole lo scontrino.»

«Cosa…» Sbatto gli occhi, la camera delle torture del porno si dissolve, sostituita dalla ragazza che mi allunga il biglietto uscito dalla cassa. Lo prendo e accenno un sorriso. «Grazie.»

****

Lo spogliatoio è vuoto: sono la prima a presentarsi, questa mattina. L’orologio del cellulare segna che mancano ancora venti minuti all’inizio del turno, quindi ne ho almeno dieci prima che si presentino gli altri. Soprattutto Giulia.

Meglio, non voglio dover spiegare nulla a nessuno.

Attraverso lo spogliatoio e appoggio la mano sulla stessa porta che ieri mi ha portato a scoprire cosa succede davvero qui dentro. Il cuore aumenta il battito all’immagine di Giulia che si faceva leccare la figa e bere la sborra da un Hans adorante – “felching” è il termine corretto, giusto?

Prendo dalla tasca il foglio che ho stampato questa mattina, lo apro con una mano e scorro la lista: sì, “felching”, o almeno così sostiene Grok e i video porno che compaiono nel cercare la parola su internet mostrano scene simili a quanto accaduto nell’ufficio di Hans.

Prendo una boccata d’aria, rimetto il foglio in tasca e spingo la porta.

Il corridoio è ancora illuminato dai lampadari, e questa volta c’è la segretaria. La saluto.

«Alegra. C’è il signor Rigonalli? Vorrei parlargli.»

La donna mi guarda attraverso gli occhialetti tondi. Già da quando l’ho vista la prima volta, al colloquio di lavoro, mi ha ricordato la segretaria del cartone animato dei Ghostbusters, soprattutto per quel naso a punta. Chissà se le sarebbe piaciuto lavorare nel fast food, se avesse avuto una ventina di anni in meno… O se quando le chiedono dove lavora si inventa qualsiasi altra professione piuttosto che ammettere di lavorare in un bordello, anche se vestita e a un computer?

«Sei la nuova hostess, quella italiana, giusto?» Si spinge gli occhiali in cima al naso con la punta del medio. «Sì, il signor Rigonalli è in ufficio.» Mi fa segno di entrare senza avvisare: Hans non sembra guardare alle formalità. Soprattutto se scopa le sue hostess in ufficio.

«Sarà una cosa di cinque minuti.» Spero.

Hans solleva lo sguardo da un foglio stampato e sorride nel riconoscermi. Forse avrebbe preferito vedermi con l’uniforme che con la tuta integrale da motociclista. «Marta, che piacere! Posso fare qualcosa per te?»

Le mie labbra si muovono a simulare quello che compare sulla bocca del mio capo. Devo distogliere lo sguardo per smettere di controllare se c’è ancora dello sperma sul volto dell’uomo. Mi passo una mano sotto il naso, il bisogno di correre in bagno a liberare la vescica mi assale con un formicolio insistente all’uretra. «B-buongiorno, signor Rigonalli, io…» infilo una mano in tasca, il foglio di carta è un oggetto alieno proveniente da un universo parallelo, dove un’altra Marta, probabilmente pazza, ha deciso di fare qualcosa di assurdo.

Inspiro, nell’aria dell’ufficio non c’è odore della scopata di ieri… se si può definire tale, quello che hanno fatto lui e… e la cagna bionda.

 Hans mi guarda attraverso i suoi occhialini, sotto il ridicolo riporto da uomo che non accetta il fatto che sta invecchiando. Invecchiando male. È lo stesso stronzo che mi ha assicurato che sono stata la migliore candidata al ruolo di hostess che avesse mai scopato, e sostenuto che nessuna aveva mai raggiunto il mio livello di gradimento già il primo giorno di lavoro… e poi detto a Giulia, mentre le ripuliva la figa dalle sborrate dei clienti, che è la più desiderata nel fast food…

È solo un omuncolo, uno che è dove si trova perché è il figlio del padrone del bordello. Uno che non merita la mia, di figa.

La carta fruscia contro i denti della zip nell’estrazione dalla tasca. Allungo il foglio allo stronzo, lui lo prende sollevando le sopracciglia.

«Ho pensato che potrei aumentare le mie… I servizi che posso offrire.»

Hans annuisce e apre il foglio. «Sono felice che tu voglia aggiungere l…» Si ferma e si concentra nella lettura. Le sopracciglia si abbassano, delle rughe si formano in mezzo.

«È una lista molto… interessante.» La rilegge di nuovo. Solleva lo sguardo verso di me. «Marta, non sei obbligata a… voglio dire: sono d’accordo per l’anale, il creampie e il titsjob, ma… irrumatio, sei sicura?»

I video degli uomini che fottono le gole alle donne, il suono viscido che usciva dagli auricolari mi stringono lo stomaco. Deglutisco. «Sì…»

Lui mi fissa come se analizzasse la mia anima per scoprire se sto mentendo per qualche secondo, abbassa lo sguardo e prende una penna. Segna una serie di spunte accanto ad alcune voci della lista. «Allora: anale, irrumatio… rusty trombone…»

Non dice “la specialità della nostra dea che tutti adorano”?

«…spagnoletta… ok…» Solleva gli occhi dalla pagina e mi guarda sconcertato. «Pisciata?»

Mi passo una mano sulla nuca che prude. «Sì, nel senso che il… il cliente mi…»

La riga che Hans tira sulla parola mi toglie dall’imbarazzo di continuare a balbettare.

Lui sospira. «Mi spiace, Marta, ma questo no.»

Mi mordo le labbra. Dovrei essere delusa, ma non riesco nemmeno a fingerlo.

«…buttjob… buttjob?»

«È… sì… in pratica una spagnoletta fatta con le chiappe invece che con le tette…» Ma che cazzo sto dicendo? Se Dario mi proponesse una pratica simile gli appoggerei una mano sulla fronte per controllare se non scottasse al punto tale da delirare.

Hans sorride all’idea. «Bello, mi piace!»

Giulia non lo fa, eh?

«Felching…» Il sorriso gli si allarga, gli occhi gli brillano. «Pitjob… footjob… Interc— Intercruale?»

Sono felice non ci sia mia madre in questa stanza. «È farsi fottere le cosce…»

Hans mi lancia un’occhiata sopra il foglio. «Ho il doppio dei tuoi anni e conosco la metà delle pratiche sessuali scritte qui.»

Il mio sorriso deve apparire falso quanto una moneta da tre euro. «Gliel’avevo detto che voglio diventare una scrittrice di narrativa erotica?»

«Di certo non rischi di scrivere scene di sesso tutte uguali…» Torna al foglio. «Spitting?» Fa una smorfia e scuote la testa come un pendolo sottosopra. «Mhm… meglio di no. E nemmeno schiaffi, mi spiace.»

Spero che il sorriso gli faccia credere che sto nascondendo la delusione di non poter essere presa a sputi.

Hans solleva il foglio e me lo mostra. Buona parte delle pratiche sono state accettate, quelle che possono lasciare il segno sulla pelle o sporcare troppo no; non è un problema: presentarmi a casa con un’ecchimosi con cinque dita avrebbe comportato la spiegazione ai miei come avevo fatto a procurarmela in un bar di Poschiavo, mentre servivo tranquilli anziani elvetici con la passione per il bianchino quando il sole è ancora appoggiato alle cime delle montagne...

«Va bene, sa meglio di me cosa volete offrire ai clienti.»

Il capo prende il natel e scatta una foto alla lista. «La mando al tecnico: se è già davanti al computer glieli faccio inserire nel tuo profilo. Se no, saranno attivi domani.» Solleva lo sguardo verso di me dallo schermo del telefonino. «Sei sicura? No, te lo domando perché al colloquio, ricordo, non volevi accettare l’anale mentre adesso…»

Scopro di avere il buco del culo contratto, come se trattenessi qualcosa. Devo lasciar fluire anche il fiato che mi si è bloccato nei polmoni. «Sì, signor Rigonalli. I clienti…»

Lui annuisce e preme qualcosa sul natel e lo appoggia sulla scrivania. «Ammiro la tua devozione al lavoro, Marta. Sei la migliore: te l’ho detto e te lo ripeto.»

Il disagio si dissolve in una vampa che mi infiamma il petto e i muscoli al ricordo di quanto stava dicendo ieri a Giulia, mentre le leccava la figa piena di sborra. E le parole e la passione che ha usato con lei erano ben superiori di uno spassionato “Sei la migliore”.

Devo togliermi la tuta da motociclista che mi sembra di essere in una sauna; e togliermi dalla vista questo bastardo. «La ringrazio, signore…» Trattengo a stento un grido di rabbia. «Ora vorrei andare a cambiarmi…»

L’uomo annuisce. «Buon lavoro, Marta, e grazie per essere dei nostri.»

****

Andri si gira verso di me al suono della porta che si apre. Indossa solo le mutande: più vestito di quanto sia abituata a vederlo. «Marta! Alegra! Pensavo non venissi al lavoro, oggi: non ti ho vista nel parcheggio.»

Eva e Sabine sono poco più in là, mezze nude. Si voltano a salutarmi.

Prendo la chiave dalla tasca della tuta da motociclista e apro l’armadietto. «Sono arrivata prima.» Abbasso la zip e inizio a sfilarmi le maniche. È sempre un casino togliersele. «Sono andata dal capo.»

«Aspetta.» Andri si mette dietro di me e afferra i polsini. Tira verso il basso e mi sfila le maniche. «Ecco fatto.»

Mi giro e gli do un bacio su un angolo della bocca. La mano mi cade sulle mutande, sfioro per caso il suo cazzo e glielo stringo. È eretto in parte, ma è già più grosso di quello di Dario. Anche sotto le mie mutandine inizia a farsi sentire qualcosa di piacevole.

Andri accosta le sue labbra al mio orecchio. «Se mi ringrazi così, ti aiuto a spogliarti tutte le mattine.»

«Scemo.» Mi stacco da lui. Apro le dita e lascio anche il suo cazzo. Il calore della sua eccitazione sfugge dalla mia presa, il palmo si raffredda.

«Come mai sei andata da Hans?» Andri si afferra l’elastico delle mutande e le abbassa. L’eccitazione che ne fuoriesce è al massimo della sua estensione. «Ehm… Marta?»

«Cosa… scusa.» Vedo il suo cazzo per sei ore al giorno ma non riesco a smettere di fissarlo. «Ho… ho pensato di rimpolpare la lista delle mie prestazioni.»

Lui mi guarda, ha le mutande in mano ma sembra essersene scordato. «Cosa intendi? Pensavo… pensavo non volessi…» Abbassa lo sguardo sul mio sedere ancora nelle mutandine.

Sabine si allaccia la fettuccia che ha fatto passare tra le tette. «Pensa che io credevo fossi…» Resta con le mani ferme a metà del fiocco sulla spalla e mi fissa. «Non sei vergine di culo, vero, Marta?»

Eva mi scruta a sua volta, con in mano il reggiseno. «Non lo sei, giusto?» Ha la stessa espressione allibita che avrebbe mia madre se mi trovasse in camera un pacchetto di sigarette.

Deglutisco. Il cuore batte come un martello pneumatico in gola. «No, cosa state pensando… io… io lo tenevo solo per il mio ragazzo. Il culo, intendo.» E do via la figa, certo, idiota… «A… a lui piace tanto.»

«Meno male,» Eva infila il reggiseno nell’armadietto, «è una cosa poco piacevole, essere sverginata lì dietro. Il mio ex l’avrei preso a pugni per come mi ha sfondata.»

Andri si indica con un dito e lo muove a pendolo. «Non parla di me,» sussurra.

«Oddio,» Sabine termina il fiocco e si controlla nello specchio sull’anta dell’armadietto. «mi viene in mente quella rincoglionita del Canton Ticino, che si era fatta sfondare da un cliente… credo abbia perso la voce dalle grida che ha tirato fuori.»

Andri fa una smorfia. «Non l’hanno buttata fuori dal bordello a pedate nel culo solo perché avrebbe urlato ancora più forte. Non si è più fatta vedere.»

Eva abbassa le mutandine. «Ci mancherebbe soltanto… Penso sia tornata a casa strisciando come i militari quando passano sotto il filo spinato: di certo non si è seduta sulla sua auto.»

La mascella è serrata al punto tale che mi fanno male i denti, il fiato è bloccato nei polmoni. Cosa cazzo ho fatto? Io… Se corro da Hans riesco ancora a fermarlo e non fargli aggiungere almeno l’anale alla lista delle mie prestazioni! Non voglio perdere la faccia davanti ai miei ami—

«Alegra, Giulia!» La dolce voce di Eva è come una scudisciata nell’aria.

La cagna bionda esce dal corridoio, solleva lo sguardo e ci degna appena di un’occhiata con una smorfia sulle labbra appena accennata. «Ciao…»

Sabine volta il capo verso Eva, indica la bionda con un cenno e chiede consiglio con un altro. L’altra le fa un gesto con una mano, incoraggiandola.

«Alegra, Giulia.» La mulatta è più incerta. «Come va?»

La stronza non alza nemmeno lo sguardo dal pavimento. «Bene.» La voce è un sibilo, non sembra nemmeno quella della stessa tizia che ieri mattina gridava mentre spruzzava di squirto un cliente… Ci considera meno di loro? «E… e voi?»

Eva scavalca la panca e si siede davanti alla cagna. «Giulia, volevamo chiederti se…» La ragazza si passa una mano sulla nuca e abbassa lo sguardo. «Beh, ieri e il giorno prima hai fatto delle cose che…»

Sabine le assesta un colpo con la mano sulla spalla per interromperla. «Ci insegni a squirtare, Giulia?»

Sgrano gli occhi. Cosa stanno facendo quelle due? Perché fingono di essere imbarazzate davanti alla cagna?

Perché le parlano?

Un’ondata di calore mi sale fino alla testa. Perché Eva e Sabine stanno cercando di fare amicizia con Giulia?

La stronza è confusa quanto me. Apre le labbra, le chiude e sbatte gli occhi, come se il suo cervello limitato non fosse in grado di comprendere cosa stia accadendo. «Io…»

«Sei stata fantastica, ieri!» Eva solleva le mani, sembra Dario quando parla di qualche gol della sua squadra del cuore. «Hai letteralmente lavato quel tipo con i baffi! È stato qualcosa di incredibile!»

Le labbra di Giulia si stringono. «Grazie, ma è… è un po’ complicato da spiegare, ragazze...»

«Non lo mettiamo in dubbio,» Sabine appoggia una mano sulla spalla di Giulia. «Ma che ne dici se questo pomeriggio ci vedessimo al… eh…» La mulatta lancia un’occhiata a Eva.

Eva si alza in piedi. «…al Bar Heidi alle tre?»

Giulia scosta lo sguardo dalla mano sulla spalla e lo indirizza su Eva. Sorride. Le brillano gli occhi. «Ne sarei felice…»

«Grazie.» Sabine abbraccia la cagna. Lei si irrigidisce. È impossibile sia la stessa che vedo nella sala de “La fritula” e fa urlare di piacere i clienti…

Eva scavalca la panca e si gira nuovamente verso Giulia. «Ovviamente, puoi non spiegarci come squirtare. Passeremo un momento a chiacchierare.»

La cagna torna a fissare il pavimento e si scosta una ciocca di capelli dall’orecchio. «Mi farebbe piacere insegnarvelo. È… è molto divertente spruzzare.» Gli occhi brillano e un largo sorriso appare sul suo volto.

Il respiro filtra tra i miei denti, la mano destra è stretta fino a farmi male. Cosa cazzo…

«Sarà bello vederle tutte e tre che squirtano!» ridacchia bassa voce Andri.

Lo fulmino con lo sguardo. Vaffanculo anche a te, stronzo!


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