Ossessione
Capitolo 13 - Il lato oscuro di Giulia

Elga si affaccia nella saletta. Ci siamo solo io, Eva e Sasha. Tutti gli altri sono già da qualche cliente ad allietarlo. Giulia, soprattutto.
«Eva, tavolo 8, colazione e anale.»
«Eccomi.» La ragazza si alza, uscendo dalla saletta.
La barista si rivolge a me. «E tu, Marta, tavolo 9, colazione e vaginale.»
Annuisco e raggiungo il bancone.
Un vassoio con una tazza di brodo fumante con una palla di pane mi attende. Poi hanno pure il coraggio di lamentarsi che in Italia facciamo colazione con cappuccino e cornetto. Lo prendo con entrambe le mani.
Eva mi aspetta sostenendo il suo portavivande, tenendolo in equilibrio sul palmo. Mi sorride. «Andiamo insieme? I nostri clienti sono accanto.»
Vorrei mandarla all’inferno, ma mi trattengo. Meglio tenersela amica, o almeno fingere. «Ma certo.»
La seguo, le chiappe che si muovono al suo sculettare. Attraversiamo la sala, diversi posti sono occupati dai clienti: uno si sta menando il cazzo in faccia a Sabine, geme e lancia un grido, sborrando sul viso della ragazza; in un angolo, Andri è a novanta su un tavolo, un ragazzo dai capelli rossi lo sta inculando, un altro gli sta fottendo la bocca… Distolgo lo sguardo: lui deve soddisfare sia donne che uomini. E ha ancora voglia di fotterci quando finiamo il turno…
«Ehi…» Eva mi chiama a bassa voce. Con un gesto mi indica un angolo della sala.
Accanto ad un cliente baffuto e con un accenno di pancia pelosa, in piedi, c’è la cagna, Giulia, la nuova amichetta di Eva. Si abbassa davanti all’uomo, per fargli un pompino. Lui le dice qualcosa, sogghigna e si volta.
Cosa…
Giulia mette una mano tra le gambe del cliente, gli afferra il cazzo e mette la faccia tra le…
Mi fermo, spalancando gli occhi. «Ma che cazzo…»
Anche Eva si blocca, mi lancia un’occhiata stupefatta e torna a fissare la bionda. «Non starà davvero…»
Giulia infila il naso tra i glutei dell’uomo e appoggia le labbra sull’ano. Inizia a segare l’uccello e a leccare il buco del culo.
Il vassoio vacilla tra le mani, devo trattenermi da portarmene una alla bocca, che mi si è riempita di qualcosa di acido. «No… Puttana la miseria, no…» Devo fare forza su di me per togliermi l’espressione di disgusto che mi è comparsa in volto.
L’espressione di Eva non è tanto diversa dalla mia. «È il rusty trombone.» Un angolo della sua bocca si scuote in un accenno di indignazione. «Non posso credere che qualcuno lo chieda davvero…»
Rusty trombone… Nella lista dei servizi di Giulia sul suo profilo, ecco dove l’avevo letto! Mi ero chiesta cosa potesse essere e… non sapevo di essere felice quand’ero ignorante.
Il cliente di Giulia si appoggia con una mano al tavolo dove è stata appoggiata la sua colazione, geme e ride allo stesso tempo. La bionda si sta dando da fare con lingua e mano, con una naturalezza che dimostra che non è la prima volta che lo fa. Anzi, dev’essere l’unica in tutta “La Fritula” che fornisce una… una schifezza simile.
Nella scala del degrado, questa è al top. E spero non ci possa essere nulla di peggio.
Mi si stringe lo stomaco a vedere una scena simile. Mi rifiuterei di soddisfare una richiesta come questa…
Le gambe dell’uomo tremano, stringe le braccia al busto e urla “Ich werde abspritzen! Lutsch ihn!”. Giulia abbandona il culo del cliente, lo afferra per le anche e lo fa voltare. Prende il cazzo in mano e si mette in bocca la cappella. L’uomo si porta le mani sui fianchi, mette in fuori la pancia a palla e alza la testa, emettendo un ruggito: si sta svuotando nella gola della cagna.
Le parole di Eva mi distolgono da quello spettacolo raccapricciante. «Andiamo,» sussurra e si avvia verso i nostri clienti.
Il mio sguardo non si stacca da Giulia. Si pulisce la bocca con il dorso della mano e sorride all’uomo baffuto. Gli dice qualcosa alzandosi in piedi e lo bacia sulla bocca, con un occhiolino. Lui non si lascia scappare una strizzata alle angurie di Giulia.
Raggiungo il tavolo numero 9, il mio cliente è un ragazzo con gli occhi verdi e i capelli castani che indossa una camicia a scacchi da boscaiolo. Gli sorrido. Gli praticherei un rusty trombone, se me lo chiedesse? No, non lo farei nemmeno ad Andri…
I miei occhi schizzano per un istante al cliente di Giulia. Si è rivestito e seduto davanti alla sua colazione. Sta digitando qualcosa al cellulare, un sorriso sghembo pieno di soddisfazione sotto quei baffi da anni ‘70.
Starà scrivendo qualcosa in tedesco come: “Se cercate una cagna con le bocce grosse che vi sega e lecca il culo allo stesso tempo, e poi si beve la sborra, chiedete di Giulia. Cinque stelle solo perché non posso metterne cento.”
Sorrido all’hipster davanti a me. «Mi chiamo Marta, e sono la tua hostess.» Posso soddisfare ogni tua più lurida perversione sessuale: vuoi pisciarmi in bocca e poi prendermi a sberle in faccia con il tuo cazzo finché non sborri? Certo, basta che poi mi metti il massimo delle stelle nella mia pagina e dici ai tuoi amici del circolo delle parafilie che nessuna ti fa godere come me…
Sollevo gli angoli delle labbra per nascondere lo schifo che mi sta rivoltando lo stomaco.
****
Eva si volta verso la sua vicina di sedile. «Sabine, tu lo faresti?»
Nella saletta, siamo solo io, Eva, Sabine e Sasha. Andri si sta rifacendo su una moretta e Giulia… che vada a fare in culo, quella.
La ragazza mulatta solleva lo sguardo dalla rivista e guarda Eva a occhi socchiusi. Il ponte del naso è arricciato. Apre la bocca ma la richiude, come se quanto stava per uscirle dalle labbra era meglio non esprimerlo. Le riapre. «Un… rusty trombone? Io… ecco, al mio ragazzo, se proprio prima mi facesse cadere dal letto per un orgasmo, potrei anche pensarci ma… un cliente…» Le labbra superiori le si sollevano. «Non voglio passare per bigotta o simile, ma mi sembra molto...» La smorfia che arriccia le sue labbra è più esplicativa di ogni possibile parola.
Eva annuisce. È stata la prima a sostenere che si rifiuterebbe di fare qualcosa di simile a quello che fa Giulia.
Sasha scuote la testa, i capelli castani si muovono sulle sue spalle. «Io non lo farei per tutto l’oro al mondo.» L’espressione sul suo viso è la stessa di Eva.
La bionda sposta lo sguardo su di me. Sento il petto stringersi. Sta per domandarmelo… e io non so cosa rispondere.
Esiste un limite nel sesso oltre il quale non sono disposta ad andare, è sempre stata una mia convinzione, e in passato mi ha creato problemi. La mia… la mia paura verso l’anale, il dolore di essere sfondata… mi ha sempre fatta sentire inferiore rispetto alle mie amiche. Qui, poi, che pure Andri si fa inculare…
«E tu, Marta, lo faresti?»
Abbasso lo sguardo, mi mordo le labbra. «Io…»
Inspiro, l’odore di eccitazione delle ragazze attorno a me è una nota acida nell’aria della saletta d’attesa. Nessuna di loro accetterebbe di farlo, solo Giulia. Se un cliente vuole essere slinguazzato nel culo e segato allo stesso tempo, deve chiedere di quella cagna… Lei ha il monopolio della cosa, lei riceve tutti gli apprezzamenti… lei soddisfa perversioni che nessun altro si abbasserebbe ad accontentare…
Se lo facessi anch’io, potrei combattere con lei sul suo stesso terreno, guadagnare punti… provare a batterla.
Lo farei davvero? «Io…» Leccherei il buco del culo di un estraneo, passerei la punta della mia lingua sull’ano di una persona che non conosco? Anche per dimostrare di essere la migliore?
Sollevo lo sguardo. «…non lo so…»
Le sopracciglia di Eva sono sollevate alle mie parole. L’espressione del volto di Sabine non è da meno.
«Stai scherzando, vero?» Sasha mi guarda come se avessi detto una stupidaggine.
Mi massaggio il collo. «Beh, dovremmo soddisfare i clienti, farli felici. Se hanno richieste strane… E poi, quanti potrebbero essere quelli che vogliono un… coso trombone?» Mi sfugge una risatina che sembra far vibrare la punta del naso aggredita dalle formiche rosse.
Sasha mi fissa senza dire una parola. Mi sta passando l’anima ai raggi X, mi sento nuda. Ancora più nuda di quanto sia in realtà.
Fa una smorfia. «Hai un bel coraggio, Marta.» Sono certa che sta pensando che, nel gruppo, sono quella con la lista delle prestazioni disponibili più corta, e le sono grata di non farselo uscire dalla bocca.
Eva mi sorride, Sabine mi lancia un’occhiata allibita e torna a leggere la sua rivista.
Mi appoggio con la schiena al muro. È freddo, aggredisce il calore della mia schiena.
Sì, sono quella con la lista di prestazioni più corta del gruppo. Quella di Giulia è lunga più del doppio, e alcune delle voci non so nemmeno cosa siano, come il trombone che ho visto pochi minuti fa per la prima volta.
Sospiro e alzo gli occhi al soffitto. L’orologio segna pochi minuti alla fine del nostro turno.
Devo abbandonare i miei ritegni e aggiungere qualcosa?
Mi ritrovo a scuotere la testa in gesti appena percettibili. Non posso competere con Giulia, finché lei avrà nella sua faretra frecce che io non voglio nemmeno sfiorare…
****
Mi sfilo la fettuccia dalla vita, la seconda che indosso questa mattina dopo che la prima si è macchiata di sborra, e la appendo alla barra accanto alle altre. Prendo le mutandine dalla pila ordinata nell’armadietto e ci infilo un piede.
«Devo prenderlo per un “no”, Marta?» Andri ha uno sguardo da gattino a cui hanno appena portato via la ciotola del latte. È ancora nudo, il cazzo in tiro a metà delle sue dimensioni.
Sbatto gli occhi. «Cosa…» Mi si mozza il fiato: gli avevo promesso che oggi, al termine del turno, avremmo fatto finalmente la doccia insieme! Cazzo!
Ho in mano le mutandine infilate in un foro fino a metà coscia. «Mi… mi spiace, Andri… Io stavo pensando ad una cosa e mi è sfuggito di mente.»
Lui annuisce ma non riesce a nascondere del tutto la sua delusione. «Non importa, Marta. Ho notato che eri un po’ con la testa tra le nuvole, oggi.» La sua voce perde il tono ironico. «Va tutto bene?»
Annuisco. Spero di saper governare il mio linguaggio del corpo meglio di lui.
Andri abbassa la voce. Siamo solo io e lui ancora nello spogliatoio, Eva, Sabine e Sasha sono sotto i getti delle docce e non possono sentirci. «Non è il lavoro, vero?»
Scuoto la testa e mi mordo le labbra. «No, non preoccuparti.»
«Se ci sono problemi, non fartene tu a parlarmi.» Ha completamente perso il suo atteggiamento da stronzo che rimorchia qualsiasi donna che gli capiti a tiro, ma se avessi un fratello maggiore direi che è così che vorrei che si comportasse se mi vedesse preoccupata.
Inspiro a fondo. Mi sento una merda a mentirgli. «Non è nulla.» Gli appoggio una mano sul braccio e tento il sorriso meno falso che riesca a trovare. «Mi spiace, scusa…»
Andri appoggia una mano sulla mia. È calda, non sta accarezzando la mia pelle ma la mia anima. Il suo sorriso è più sincero del mio, ma è pieno di malinconia. «Non preoccuparti. L’importante è che tu stia bene.»
Se non avessi il cuore pieno di qualcosa di nero e catramoso, mi inginocchierei davanti a lui e gli farei il mio miglior pompino di tutta la mia vita. Ma invece della figa sono gli occhi a prudermi.
Il ragazzo ha l’educazione di guardare il suo armadietto e prende un docciaschiuma con scritte in tedesco. «Vado a lavarmi…» Non è un invito, è un saluto.
Il suo culo muscoloso si allontana verso le docce. In un’altra occasione lo contemplerei, forse mi infilerei anche un paio di dita in figa e mi darei piacere pensando ad Andri che mi possiede… ma adesso provo solo rammarico.
Sospiro e riprendo a vestirmi.
Da dietro l’angolo giunge la voce di Sasha. «Andri, sono molto delusa da te: mi aspettavo un regalo di matrimonio.»
«Oh… sì, stavo pensando a cosa prenderti, ma sono indeciso.»
«Non preoccuparti, puoi darmi i tuoi venti centimetri di cazzo. E non ci voglio nemmeno il fiocco.»
Un paio di risate femminili accompagnano le parole della mia connazionale.
Mi infilo i pantaloni della tuta da motociclista e allaccio le scarpe.
Giulia non si è più vista da quando abbiamo finito il turno e siamo andati nello spogliatoio. Che stia ancora soddisfacendo qualche perversione in sala?
Riceverà un altro commento entusiasta e cinque stelle da qualche degenerato, mentre io no.
Deglutisco. Non posso restare con le mani in mano, devo reagire. Devo dire ad Hans che voglio aggiungere nuove prestazioni alla mia lista.
Chiudo l’armadietto e, nel suono delle docce e di gemiti di piacere, attraverso lo spogliatoio e apro la porta da cui è entrato Hans ieri mattina. Quando è venuto a dire che sono la migliore hostess che abbia mai lavorato qui…
Il corridoio degli uffici è piccolo, i muri sono coperti da legno scuro e dei vasi di ficus benjamin abbelliscono un paio di angoli. Un quadro mostra una donna vestita di azzurro in un ambiente alpino con un paio di pecore; è tutto un insieme di trattini colorati, fa un effetto strano ma piacevole.
La scrivania della segretaria è vuota, dev’essere a pranzo – mangerà a “La fritula” o andrà a casa?
Mi fermo davanti alla scrivania, appoggio una mano guantata sul piano. Cosa devo fare? Passo un altro momento, o busso? Non sono sicura che troverò ancora il coraggio di proporre una modifica alla mia lista di prestazioni e me ne pentirò mentre quella cagna bionda continuerà a sembrare migliore di me…
No, non mi fermerò per questo.
La porta dell’ufficio è accostata, uno spiraglio di luce s’insinua tra il battente e il telaio. Mi avvicino e allungo la mano sull’an— Una voce femminile appena udibile proviene dalla stanza di Hans: mi blocco a pochi centimetri dalla porta.
Gemiti sostituiscono la voce. Sgrano gli occhi: la segretaria non è andata a mangiare ma sta facendo sesso con il mio capo? Davvero? Come può una donna voler scopare con uno come lui?
La segretaria parla di nuovo, le sue parole appena udibili. Il cuore mi balza in gola. Non è la segretaria! Inspiro a fondo, stringo i denti: è la cagna! Giulia fa sesso con Hans! È…
L’immagine di Hans appare nella mia mente, con i suoi occhiali rotondi, il riporto, quell’accenno di pappagorgia… Giulia, che con il corpo che si ritrova potrebbe avere qualsiasi uomo ai suoi piedi, si va a scopare Hans?
Dovrei andarmene, non immischiarmi, cancellare tutto dalla mia mente… è solo un incubo a occhi aperti, qualcosa che non ha senso nell’universo. Ma…
Appoggio la mano e discosto un altro po’ la porta, apro di qualche centimetro il varco. Mi sposto di mezzo passo di lato e tra il battente e il telaio compaiono i due.
Lei è ancora nuda, disgustosa nella sua perfezione, i grossi seni, i capelli biondi, Hans inginocchiato davanti a lei. Le sta leccando la figa, sembra grugnire come un maiale che ha trovato un tartufo mentre passa la lingua sulle sue grandi e piccole labbra… Labbra ancora sudice di sborra dell’ultimo cliente che l’ha fottuta, che le è venuto dentro?
Giulia accarezza i radi capelli di Hans. «Bravo, bastardo,» sussurra, «puliscimi per bene.»
L’uomo si stacca dall’inguine della cagna, la guarda, la contempla, la venera. Poco ci manca che si metta a piangere annichilito da tanta bellezza. Ha due dita nella figa della bionda, brodo femminile lercio di sperma in parte liquido e in parte solidificato è colato fino al polso. «Grazie per permettermi di bere la sborra dal tuo tulipano, mia dea…»
La cagna spinge la testa del nostro capo contro il suo sesso. «Non fermarti, cane. Lecca, fammi godere, e potrei farti giocare con le mie tette.»
Lui alza la testa a pochi pollici dalla figa, ha la faccia che brilla di quello che ha leccato dalla fregna della cagna. «Sei la migliore, Giulia… ti amo.»
Un sorriso si apre sulle labbra della bionda, gli occhi le si socchiudono, il volto le si illumina. Non l’ho mai vista così soddisfatta, nemmeno quando squirta addosso ai clienti. «Dillo ancora, cane…»
Hans toglie le labbra dalla figa. Gocce trasparenti gli colano dalle labbra. «Nessuna è al tuo livello, mia dea: ho creato tutto questo solo per vederti scopare, ammirarti mentre godi. Potrei mandare via tutte le altre puttane, e tu saresti…»
Faccio un passo indietro. Gli occhi mi ardono come se fossero pieni di fumo e la gola stringe fino a dolermi. Figlio di puttana… Mi ha ingannato tutto questo tempo, mi ha presa per il culo dal primo giorno che sono stata qui! Spergiurava che fossi la migliore che avesse scopato, che i clienti mi amassero più di chiunque altra troia qui dentro… e non è vero!
La mano vicino alla porta trema, si chiude come gli artigli dell’aquila, pronta ad entrare lì dentro e fare… Distendo le dita, le apro con una fatica che sembrano fatte di metallo. No, non voglio entrare lì dentro…
Deglutisco, la saliva è come lava che scende su una ferita nella mia gola. Vaffanculo! Vaffanculo! È tutto un inganno: la soddisfazione dei clienti, le valutazioni, i commenti servono solo a costringerci a farci il culo per nulla, a impegnarci ma non guadagnare nessun piacere.
Attraverso il corridoio di corsa e torno nello spogliatoio. Le docce sono ancora in funzione, una voce femminile geme. Loro lo sanno che si stanno facendo fottere da sconosciuti quando nessuno di loro è al livello di quella puttana con le tette grosse? Sono qui per la loro stessa soddisfazione o per i soldi dello stipendio.
Mi lancio verso l’ingresso dei camerieri e lo spalanco. La luce che inonda il parcheggio mi trafigge gli occhi, la mia moto si delinea tra una Audi nera e una BMV blu.
Strappo il casco dal manubrio e lo indosso. Mi tremano le mani, devo fare due tentativi per chiudere la fibbia a sgancio sotto il mento. Inforco la moto e la avvio, do gas e il rumore echeggia nel parcheggio, rimbalza sulle montagne attorno a Pontresina.
Se tornerò anche domani, sarà solo per lo stipendio e per non ritrovarmi senza lavoro quest’estate, nient’altro. Non parlerò più con quel bastardo di Hans, e Giulia e la sua troiaggine non avranno più una sola briciola dei miei pensieri.
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