Ossessione

Capitolo 9 - La rivale di Marta

Giulia è seduta sulla panca davanti a me. Ha la gamba sinistra incrociata sopra la destra, ondeggia appena il piede sospeso. Ha gli occhi socchiusi, lo sguardo appoggiato a qualcosa che non è in questo mondo, oltre il pavimento, fuori dalla nostra stanzetta di attesa. Non l’ho ancora sentita pronunciare nulla che non siano monosillabi.

Eva e Sabine stanno discutendo sottovoce di un negozio di abbigliamento che ha aperto la settimana scorsa a St. Moritz, Andri è immerso nella lettura del “Der Zauberberg”, anche se continua a lanciare occhiate a Giulia. Occhiate che, per qualche motivo, non sono le stesse che usa con noi tre.

La ragazza con i capelli neri a caschetto è seduta accanto a me. È arrivata all’ultimo momento, quando noi altri avevamo già finito di cambiarci. Allunga una mano verso di me. «Alegra, mi chiamo Sasha.»

Gliela stringo. «Marta. Piacere. Sei straniera?» Parla piuttosto bene l’italiano.

«Sì…» sogghigna, «sono tua connazionale. Abito a Bianzone.» Mi fa l’occhiolino. «Sasha è il nome d’arte per non rischiare di essere scoperta: in realtà mi chiamo Giovanna.»

Perché non ci avevo pensato anch’io? «È da tanto che lavori qui?»

«Due anni, questa è l’ultima settimana.»

Io prevedo di restare qui due mesi… due anni a fare la prostituta in Svizzera dev’essere qualcosa di folle. Chissà quante nostre connazionali lo fanno nei bordelli e negli appartamenti appena oltre il confine elvetico…

Sasha ha un paio di seni appena più grandi dei miei, con i capezzoli piccoli. Deve aver fatto divertire parecchi clienti. Oltre ad Andri, ovviamente. «Quest’estate mi sposo e mi trasferisco in provincia di Belluno, in un paese che devi aver sentito nominare qualche anno fa, quindi meglio terminare il servizio un…»

Elga si affaccia al nostro angolo. Oggi indossa un intimo color pesca bello quanto striminzito, che lascia intravedere la cima dei capezzoli e una striscia di pelo nero sotto l’ombelico. «Giulia, sei attesa al tavolo otto: colazione e titsjob.»

La bionda si alza in piedi e, senza spiccare una parola, si avvia al bancone, scomparendo oltre il muro divisorio con la sala da pranzo.

Mi volto verso Sasha. «Tu la conosci?»

Lei scaglia fulmini dagli occhi contro il culo perfetto della bionda. «La Gardinelli? E chi non la conosce? È tipo la dea del fast food. Dovresti vedere le valutazioni sulla sua pagina. Mi meraviglio che non le facciano fare la pubblicità per il bordello.»

«Mi sembra molto…» Mi gratto la testa, cercando una perifrasi educata. «…sulle sue.»

«Ero nel suo turno, fino all’anno scorso. Ho chiesto di essere spostata in questo, ma non ho mai confessato che è per colpa sua.»

Mi raddrizzo con la schiena. «È davvero così antipatica?»

«Antipatica?» La moretta mi fissa come se avessi detto una stupidaggine. «Non più di quanto possa esserlo una pianta da appartamento. É…» Una smorfia le contorce le labbra rosse. Mi si accosta all’orecchio e abbassa la voce. «È come essere nella squadra di calcio dell’oratorio e avere Cristiano Ronaldo nella squadra. E non intendo che è il più fregno di tutti.»

Cosa…

Un fischio di approvazione riecheggia dalla sala. «Che pezzo di figa!»

«Ehi, bionda! Vuoi sposarmi?»

Sollevo le sopracciglia, il mio riflesso è negli occhi scuri di Sasha, che scuote la testa, le labbra chiuse in una minuscola “o”. Dietro di lei, Eva e Sabine interrompono la loro chiacchierata e si voltano verso il varco della sala. Andri non solleva la testa dal libro.

Una stretta al petto accoglie le grida dei clienti. «È molto apprezzata…» La mia voce è spezzata. Le lodi che io, Eva e Sabine abbiamo ricevuto non sono paragonabili a quelle che sta raccogliendo Giulia.

Giulia gioca in un altro girone, adesso capisco cosa intende Sasha. E ci farà fare una figura da inette.

Una mano si posa sulla mia coscia. È Andri. Mi sorride, i suoi occhi mi assicurano che non devo preoccuparmi, per lui vado bene come sono.

Appoggio la mano sulla sua. «Grazie,» sussurro.

Il suo sorriso si apre ancora più e torna al suo libro. Toglie la mano, e con essa la sensazione di piacere ed eccitazione che stava infondendo.

Sono tentata di prendergliela e rimetterla sulla gamba, magari qualche dito più in alto. Da quando è comparsa Giulia, è stata la cosa più piacevole che abbia vissuto.

Sasha sussurra ancora nel mio orecchio, ma non credo stia parlando con me. «Non è solo questo…»

La interrogo con lo sguardo, ma lei si è allungata verso il tavolino, ha preso una rivista e inizia a sfogliarla. Immagini di montagne e ciclisti frusciano sopra le sue gambe, fino a quando non trova un articolo su Segantini e si immerge nella lettura.

Eva e Sabine hanno smesso di chiacchierare, guardano il pavimento senza vederlo.

Ma che…

«Marta…» Elga compare oltre l’angolo. «Hai il tavolo sette. Colazione e vaginal.»

Annuisco. «Grazie, Elga.»

Mi alzo e raggiungo il bancone: un vassoio con una tazza di caffè e un toast mi aspetta. Lo prendo con tutte e due le mani.

Elga è accanto a me. Profuma di pesca. «Non preoccuparti, sei bravissima anche tu.»

Le sorrido. «Eh, ma ho ancora paura di ribaltare tutto, non mi fido a portare con una mano sola…»

Il suo, di sorriso, è più triste. Mi sa che non ho capito a cosa si riferisse. In ogni caso, userò comunque due mani…

Nella sala ci sono solo una manciata di clienti, che hanno smesso di acclamare ad alta voce Giulia. Cammino tra i tavoli. A differenza di ieri, nessuno degna il mio corpo nudo di attenzione, tutti hanno la testa voltata nella medesima direzione. Nella direzione dove si trova Giulia.

Al pari degli avventori, stento a distogliere lo sguardo dalla bionda. È inginocchiata davanti ad un uomo che indossa una maglietta scollata bianca e ha diversi tatuaggi neri sul collo muscoloso. Le chiappe della ragazza sono aperte, si scorge il buco del culo.

Appoggio il vassoio sul tavolo numero sette. Il tizio dai capelli bianchi e la camicia azzurra che ci è seduto sta fissando il lavoro di lingua di Giulia sulla cappella e non si accorge nemmeno della mia presenza. Il piano nasconde il suo inguine, ma sono sicura che la mano che scompare sotto il tavolo si sta massaggiando il pacco, se non si sta proprio segando.

Mi schiarisco la voce. «Ehm, signore, la sua… consumazione.»

Il mio cliente sembra svegliarsi da un’ipnosi. «Cosa…» Mi guarda, ha lo sguardo di chi ha appena visto rombare davanti a lui una Ferrari mentre sta salendo su una Ka. «Ah, sì.» Lancia ancora un’occhiata a Giulia.

La ragazza impugna il cazzo con una mano, l’altra sta giocando con le palle del suo cliente. Lo fissa negli occhi, la bocca aperta e punta della lingua scivola attorno alla cappella. L’uomo è scosso da brividi, come se fosse nudo in pieno inverno, ha le braccia strette contro i fianchi e dal respiro sembra soffrire più che godere.

«Ti piace, Enrico?» Giulia ha una voce calda, che avvolge l’anima di chi la sente. È l’esatto contrario della donna che ho visto nello spogliatoio o sulla panca. «A me piace tanto, il tuo cazzo…»

Enrico chiude gli occhi, si lascia sfuggire un ruggito. Solleva una mano, il braccio trema per il piacere che la lingua della bionda gli sta infliggendo. «Giulia, ti… ti prego… passa alle tette… mi stai per far… venire…»

Lei solleva la testa dal cazzo, la punta della lingua che si accarezza il labbro superiore. Afferra i grossi seni con entrambe le mani, comprimendole. «Ti piacciono le mie tette, Enrico?» Le solleva verso l’uomo. Non so se io o lui abbiamo gli occhi più sbarrati a quella vista. «Toccale, Enrico. Vanno bene?»

Le parole del mio cliente mi catapultano nella realtà. «Ehi, cavalcami.» Si è abbassato i pantaloni e le mutande e ha in mano l’uccello.

«Sì.» Mi serve uno sforzo per smetterla di guardare… contemplare quella troia che prende tra le sue grosse bocce il cazzo di Enrico e si mette a muoverle su e giù. Mi sistemo sopra le gambe del mio uomo, prendo il suo uccello e me lo punto contro l’imbocco della figa. Mi impalo, la cappella entra nel mio sesso bagnato… bagnato dall’esibizione di Giulia…

Il mio cliente non mi guarda nemmeno, lo spettacolo offerto dalla bionda calamita la sua attenzione, come quella di chiunque qui dentro. Anche Elga la sta fissando con in mano una tazza fumante davanti ad un vassoio che sta preparando.

Sto facendo il mio lavoro ma nessuno mi considera, nemmeno quello che ha il suo cazzo nella mia figa… Il panico mi sfiora l’anima, lo stomaco mi si stringe. No…

La mia mano si muove con la velocità con cui assesterei una sberla ma accarezza la guancia del mio cliente. «Come ti chiami?»

«Eh?» La sua bocca si muove appena, è più una risposta automatica, come un bot quando mandi una e-mail e ti informa che la tua richiesta è stata messa nella lista di quelle da controllare. Si volta verso di me, almeno ha la decenza di non stupirsi di avere una mora che lo sta fottendo. «Ah…»

Mi prende per le anche e inizia ad accompagnare il mio movimento di gambe. Fissa per un istante la mia seconda, la studia, decide che la quinta di Giulia è meglio e torna ad appassionarsi alle sue bocce.

Il petto mi si stringe, trattengo a stenti un’espressione di rabbia. Lurido figlio di puttana…

L’occhiata verso Giulia, però, non riesco ad arrestarla, è troppo forte. È come essere attratti da una scena horror in un film: so che mi tormenterà e che me la sognerò di notte, ma devo vedere.

L’immagine del tizio sbudellato dal mostro nel film splatter scelto da Dario il mese scorso è stata meno dirompente per la mia anima di Enrico che ha la stessa faccia di chi sta per essere accolto in paradiso, il suo cazzo scomparso tra le tette della puttana bionda. L’uomo ha la testa reclinata all’indietro, una mano sul capo di Giulia.

Le parole dell’uomo sono appena distinguibili dal suo ansimare. «Sto per… per venire…»

Giulia abbassa il capo, discosta le tette quanto basta per lasciar emergere la cappella rosso fuoco. «Solo perché sei tu, Enrico, e per il tuo splendido cazzone…»

L’uomo sembra avere un attacco epilettico o attraversato dalla scossa, geme e ansima come se soffrisse. Liquido bianco schizza sul viso di Giulia, che esprime la sua soddisfazione con una risata argentina.

Eccitato più dallo spettacolo che da me, il mio uomo emette un gemito, sul suo volto si dipinge l’espressione di chi sta forzando per scoreggiare, e si svuota dentro la mia figa.

Che merda…

Accenno un sorriso e mi alzo in piedi. Il cazzo scivola fuori dalla mia vagina bagnato dei nostri umori e si accascia tra le gambe del mio cliente. Strisce bianchicce lo imbrattano nella parte più esterna dell’asta, una goccia cola dal meato.

Prendo dal vassoio il pacchetto giallo, lo strappo e ne sfilo la salvietta. La avvolgo attorno al cazzo sporco e lo pulisco, il tizio che ci è attaccato non mi degna di uno sguardo: continua a guardare Giulia che sta dando un bacio sulla guancia del suo cliente.

Lui sorride, uno sbafo di sborra gli resta su una guancia. La bionda emette una risatina a quella vista, passa la sua salvietta e pulisce il volto dell’uomo. Lui le restituisce il bacio su una tetta.

«Sei sempre la migliore, Giulia…»

Lei gli sussurra qualcosa in un orecchio, Enrico annuisce e da una tasca prende il telefono. Scatta una foto alla ragazza nuda, imbrattata in viso e sul seno del suo seme, e inizia a premere sullo schermo.

Inalo a fondo, il petto è stretto in una morsa. Quella puttana bionda non può essere la stessa tipa semicatatonica che ho visto questa mattina. Stringo in mano la salvietta sporca, la soluzione umettante e la sborra si spandono nella morsa del mio palmo.

A stento mi ricordo che devo salutare il mio cliente… lo stronzo che ha passato il tempo a fissare le bocce di Giulia mentre gli scopavo il cazzo…