High Utility
Capitolo 76 - Episodio 75

Giada riprese coscienza lentamente, percependo per prima cosa quel piacere che provava quando sentiva la propria pelle pulita e profumata dopo una doccia, quindi il fastidio di quelle scomode liste di legno che formavano la panca da palestra che premevano contro la sua schiena. L’aria leggermente fredda che accarezzava la sua pelle nuda si aggiunse all’equazione e, una volta raggiunto un livello di consapevolezza sufficiente, riuscì a ricordare cosa ci facesse lì. Dopo essere stata scopata in ogni posizione possibile, in qualsiasi orifizio del suo corpo abbastanza capiente da contenere un cazzo, ed essere riempita e coperta di sborra fino a quasi annegarne, e poi essere scopata e spruzzata in faccia dalla stronza dai capelli rossi, ancora semi incosciente, era stata portata e abbandonata in bagno, accanto alla bacinella dei suoi vestiti, dai quattro che avevano usato il suo splendido corpo per soddisfare i loro bisogni più animaleschi. Quando si era svegliata, ormai sola, aveva barcollato alla doccia più vicino, si era lavata fino quasi a togliersi la pelle con l’acqua più calda che aveva fornito l’impianto e usato fino all’ultima goccia di sapone liquido. Uscita dal box, si era asciugata completamente con un paio di phon, cosa che si era rivelata meravigliosamente piacevole e che l’aveva gettata in uno stato di sonnolenza, portandola a chiudere gli occhi un secondo dopo essersi sdraiata sulla scomoda panca in mezzo al bagno.
Da quanto era diminuita la temperatura e l’umidità, doveva aver dormito almeno…
Qualcosa la scosse su una spalla, e Giada si rese conto che la stessa cosa aveva provocato, qualche secondo prima, l’inizio del suo risveglio. Aprì gli occhi, spaventata, improvvisamente consapevole di essere nuda in un capannone dove cinque l’avevano scopata e che potevano non essere gli unici a usarlo per motivi simili.
Il volto di due bionde comparve nel suo campo visivo, entrambe di pochi anni più di lei, una decisamente poco felice di vederla e l’altra dall’aria meno sveglia di lei stessa.
«Oh, buon giorno principessa!» esclamò la prima, ironica. «Un caffè con brioche?»
«Ma è troppo tardi per la colazione…» ribatté l’altra.
La prima le lanciò uno sguardo che dimostrava più sprezzante compassione che altro, sebbene le labbra mormorarono mute un’imprecazione che l’altra non colse.
Giada sentì il suo cuore rallentare il suo battito impaurito. «Voi chi siete?»
La bionda la guardò con una dose di disprezzo ben minore rispetto a prima. «Questo dovremmo chiederlo noi a te, ma siamo già a conoscenza della tua identità, Giada. Ci hanno informato di cosa ha organizzato Flavia,» spiegò, incapace di trattenere, in un angolo delle sue labbra carnose, quello che sembrava un accenno di scherno nei confronti della ragazza nuova. O forse di rispetto verso quella che se n’era andata. Quindi Alena spiegò chi era, poi presentò Natalia.
«Ciao, sono Natalia,» fece eco l’altra, salutando con la mano.
«È la… la mascotte del gruppo, se capisci cosa intendo,» spiegò a mezza voce Alena, ma parve piuttosto stesse insultando l’amica. Giada, comunque, credette di comprendere.
Le guardò meglio, notando che, nonostante fossero vestite con tute da ginnastica colorate, potevano vantare dei corpi perfetti quanto il suo. In effetti, non c’erano molte differenze tra di loro, e quella che balzava maggiormente era il colore delle iridi. E l’intelligenza, pregò silenziosamente, almeno in confronto a una delle due “veterane”.
Fece per mettersi seduta sulla panca, ma la mano di Alena si appoggiò sulla spalla nuda di Giada, sospingendola gentilmente all’indietro perché tornasse sdraiata. «Ma…»
Alena, che doveva essere la capa delle ragazze dell’orgia, non la fece continuare: «I ragazzi hanno detto che, adesso che Flavia se n’è andata,» e lo stesso angolo delle labbra mostrò questa volta una buona delusione, «ci serve una terza troia, e abbiamo deciso che lo sarai tu,» spiegò, con una certa soddisfazione. Soddisfazione che un istante dopo lasciò il posto ad un’espressione più cordiale: «Se sei interessata, ovviamente, Giada. Non è che abbiamo intenzione di averti come schiava sessuale, legata ad una colonna, sia inteso».
Natalia intervenne: «A me mi piace essere legata, ma a un letto. A Vittorio piace scoparmi legata quando siamo a casa sua».
«Ammiro la sua pazienza nel non imbavagliarti…» si lasciò scappare sottovoce Alena, per poi riprendere la sua normale compostezza. «Cosa ne pensi, Giada?»
Quel “cosa ne pensi” sembrò far scomparire ogni pensiero che stava girando nella mente della ragazza. Se fino a quel momento aveva l’idea di essere stata ingannata (ingannata come un pollo, doveva ammetterlo con sé stessa) da Flavia in quel modo, con la scusa che poi avrebbe potuto fare sesso senza remore come piaceva a Luca, di essere stata abusata da quattro stronzi che avevano approfittato di lei, di essere stata trattata come una troia, proprio come aveva sempre cercato di evitare anche con il ragazzo che amava e che l’aveva allontanata da lui proprio per questo, improvvisamente qualcosa che non si aspettava iniziò a prendere forma nella sua testa; qualcosa, però, che non era comparso in quel momento, ma che da tempo aleggiava ai confini della sua coscienza, quasi pronto a comparire al pari di una nuvola temporalesca nel suo cielo mentale quando era distratta, pronto a oscurare appena un po’ il celeste della sua vita perfetta. In realtà, mentre quei due bastardi la tenevano per le caviglie e i polsi, uno intento ad usare il suo culo e l’altro la sua bocca, lei sospesa da terra ma emotivamente sprofondata in un magma di sensazioni che non riusciva a controllare e che la stavano soffocando, e così anche in altri momenti altrettanto folli e squallidi, aveva provato qualcosa che non aveva mai sperimentato in tutta la sua vita o… forse, quella era la “vita” …
Improvvisamente, quasi si fosse scoperta una cocainomane in astinenza, provò un dolore che non seppe se descrivere fisico o solo emotivo, come se qualcosa le avesse azzannato un fianco, il pensiero di trovarsi di nuovo scopata in quel modo, priva di dignità e senza il minimo rispetto verso la sua persona, le fece battere il cuore sempre più forte.
Altroché farsi piantare la faccia nel cuscino da Luca e inculare a pecora… che cosa da mezzeseghe…
«Sai, gestire quattro ragazzi in due non è un’impresa molto semplice,» stava raccontando Alena, nel frattempo, nel tentativo di convincerla. «Non è una di quelle cose che puoi scrivere sul giornale: “cerchiamo una terza per orge in un capannone abbandonato”, immagino capirai. Bisogna cogliere l’occasione quando si pres—»
«Sì, sì, sì, ci sto!» tagliò corto Giada. «Dove devo firmare?»
Questa volta, lo sguardo che Alena lanciò a Natalia non aveva nemmeno l’ombra del disprezzo di prima. L’altra sembrò rallegrarsi più del solito, e Giada comprese che la causa non era stato il cambio di atteggiamento dell’amica, quanto le sue stesse parole. Senza spiccare una parola, la ragazza afferrò il cursore della zip della sua maglia e l’abbassò. L’apertura dell’indumento lasciò scorgere solo pelle nuda e, raggiunta una certa posizione della cerniera, la pressione dei grossi seni che si indovinavano sotto il tessuto fece sollevare il bordo inferiore della maglia.
Nel frattempo, anche Alena aveva cominciato a spogliarsi, e dopo essersi tolta le scarpe da ginnastica da quattro soldi di una sottomarca della Decathlon usando solo le punte dei piedi, si abbassò i pantaloni della stessa azienda, dimostrando che nemmeno lei portava l’intimo.
«Perché sporcare le mutandine con quella polvere, là fuori?» spiegò anche se non era stata posta la domanda, «E poi, a volte, quando sono eccitati te li strappano di dosso, e ti tocca scopartene uno “in privato” per fartene comprare un paio in sostituzione».
«Figa o faccia?» domandò Natalia, togliendosi i pantaloni anche lei.
Alena accarezzò il volto di Giada con dolcezza. «Faccia, tanto poi facciamo cambio,» rispose, rivolta a Natalia, «voglio vedere se sa leccare bene come la nostra ex compagna di scopate…» Poi tornò alla sua nuova amica, continuando a passare le dita sulle sue gote. «Sapessi com’è brava nel sesso lesbo. Tu hai esperienza?»
Giada ebbe bisogno di fare violenza su sé stessa per distogliere lo sguardo dalle labbra della figa di Alena, da cui stava cominciando a colare una goccia di desiderio. Si scoprì, al contempo, disgustata e attratta come poche volte nella vita da qualcosa. «No,» ammise, non considerando nemmeno quanto le aveva fatto Flavia.
Mentre Giada abbassava lo sguardo tra i suoi stessi seni, osservando Natalia che le sollevava una gamba e prendeva posizione con il suo inguine, la ragazza scomparve quando il suo campo visivo venne completamente occupato dal sesso di Alena, che rimase a pochi centimetri dalla sua bocca. Un’altra goccia di desiderio colò sulle sue labbra, e la ragazza si scoprì incapace di trattenere la lingua dal catturarla e apprezzarne il sapore delicato, mentre, per la seconda quel giorno e nella sua vita, una figa entrava in contatto con la sua, dandole l’impressione di due ventose bagnate e calde che si baciavano.
«Non preoccuparti, oggi farai molta pratica, te lo assicuro,» disse Alena, con la voce calda di una donna che sa che sta per godere. Pose una mano dietro la nuca di Giada e le sollevò il volto verso la sua fica. Il profumo che accolse il volto della ragazza fu simile al sapore che era colato sulle sue labbra, sebbene meno intenso. «Qualche domanda prima di cominciare?»
Giada protese la lingua e passò la punta sul bordo delle piccole labbra di Alena: sembravano delicate, come i petali di un’orchidea. Un senso di elettrico benessere aveva cominciato, nel frattempo, a infondersi dal suo inguine. «Sì,» sussurrò, quasi senza accorgersene, «una di voi sta già con Diego, o è libero?»
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