High Utility
Capitolo 74 - Episodio 73

Jago si sollevò dal corpo di Giada, la sborra che colava sulle grosse tette e il volto della ragazza. La scavalcò e si diresse ad una sedia bianca da giardino impolverata che si trovava lì vicino e vi si lasciò cadere sopra. «Basta…» ammise, sconfitto. «È figa finché volete, ma io non ce la faccio più».
Nessuno degli altri replicò, anche loro ormai privi di forze e con evidenti rossori per l’eccessivo uso del loro sesso, seduti sulla colonna caduta o per terra, intenti a controllare qualcosa sul telefonino o con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Avevano tirato avanti per più di un’ora, possedendo la ragazza in ogni modo e posizione, in gruppo o da soli, ma sempre con il massimo della rudezza; adesso guardavano Giada, sdraiata sul telone, quasi priva di sensi, coperta di sborra già secca e ancora liquida, mischiata a polvere e ragnatele, le braccia aperte e una gamba piegata da un lato: sembrava prossima ad essere sacrificata, ma era più probabile che nessuno dei quattro, quel giorno, le avrebbe messo più un dito addosso, sebbene tutti, era evidente, speravano di riaverla con loro in futuro.
«Allora tocca a me,» disse una voce femminile, che da tempo non era risuonata nel capannone. I quattro sollevarono lo sguardo su Flavia, che si era spogliata completamente. Qualcuno la confrontò mentalmente con la ragazza distrutta ai loro piedi, e il risultato che ne scaturì, almeno fisicamente, fu impietoso per la rossa, ma ebbero tutti l’educazione di non commentare. Il vederla avvicinare a Giada risvegliò l’interesse dei presenti, che si drizzarono, con la schiena e, in qualche modo, anche con il cazzo, sebbene non al massimo del loro splendore. Flavia si mise tra le gambe di Giada, le aprì, suscitando un assonnato gemito di protesta della bionda procace, e si inginocchiò, sistemandosi meglio. Quando le labbra delle fighe delle due ragazze si baciarono, ormai tutta l’attenzione dei quattro uomini era concentrata su di loro.
Flavia afferrò le grosse tette di Giada, colanti liquido seminale, con una soddisfazione che nemmeno quelle di sua madre le avevano mai dato; cominciò a manipolarle con un grande divertimento, sentendo l’eccitazione che quel gesto le faceva crescere nel basso ventre. Con un movimento ormai naturale, anche grazie alla sborra che sgorgava dalla fica di Giada e che svolgeva la funzione di lubrificante, la rossa cominciò a fottere la sua rivale in amore.
Un brusio di commenti si sollevò dai quattro, ma Flavia non vi diede importanza, o proprio non lo sentì, tutta la sua attenzione diretta solo alla sensazione che le infondeva il movimento della sua figa contro quella di Giada, amplificata nella sua mente dalla soddisfazione di potersi vendicare. Un sospiro di piacere le sfuggì dalle narici mentre una scossa di godimento le correva lungo la schiena simile ad un caldo brivido.
Si sporse più avanti, abbandonando una tetta con la mano sinistra che mise in faccia alla bionda, bloccandole la testa contro il pavimento, per quanto non sembrasse in grado di reagire, sottomettendola come meritava. «Questa stronza mi ha spinta ad abbandonare il ragazzo che amavo più di chiunque altro…» iniziò a spiegare Flavia, gli occhi chiusi e il volto che, al posto della rabbia, lasciava trasparire solo il piacere dell’atto sessuale. I ragazzi tacquero, sorpresi. «E lo ha fatto solo perché voleva mettersi con lui, dopo che era stata con il suo migliore amico».
Nessuno disse nulla in risposta a quelle parole, ma, sebbene Flavia non guardasse i quattro e fosse concentrata solo sul proprio piacere, registrò ugualmente un cambio di elettricità nell’aria, come se le emozioni che i ragazzi fossero cambiate in qualcosa che si poteva ascrivere ad un nuovo atteggiamento negativo nei confronti della bionda, come se avesse commesso un crimine mostruoso.
«Poteva anche andare bene, è stata colpa mia lasciare Luca…» continuava la rossa, con una voce trasognante. L’altra emetteva gemiti di qualcuno che stava cercando di dormire ma non riusciva a raggiungere la completa incoscienza. «Avrei dovuto impegnarmi maggiormente, riconoscere che non era suo compito badare a me ogni istante della giornata, farmi felice fuori dal letto allo stesso modo in cui mi rendeva tale quand’ero nuda e con lui dentro di me.
“Ma il problema di Giada è che non rispetta nessuno e niente, non ha rispettato Luca, non ha rispettato Alessio, non ha rispettato l’amicizia che li univa… Io non ho mai vissuto una vera amicizia, non ho mai nemmeno sognato di poter avere un amico come loro potevano vantare. Io amavo stare con Luca, ma mi sentivo ancora più viva quando lui era insieme ad Alessio… Era qualcosa di magico… Mi sentivo amata e accettata in un gruppo, mi sentivo protetta e considerata… E questa troia ha distrutto la loro amicizia».
L’eccitazione che aveva provocato vedere Flavia possedere Giada era scomparsa come se non fosse mai accaduta: l’unico argomento tra i quattro era diventata l’immorale distruzione di un’amicizia tra due uomini per volontà di una donna. Gli animi si scaldarono.
«Ora sto con Alessio, stupida stronza…» disse Flavia, aprendo gli occhi. Si sollevò dalla figa di Giada bagnata della sua stessa eccitazione e si mise sulle caviglie all’altezza del seno della bionda. Le afferrò i capelli, sollevandole la testa e posizionandole la faccia sporca di sborra tra le gambe aperte. Si introdusse due dita nella fica e iniziò a masturbarsi con una ferocia indicibile. «È dolcissimo, simpatico, pieno di spirito… ma non è più lui dopo che la sua amicizia con Luca è finita…»
Il silenzio cadde nel capannone mentre i quattro fissavano la loro amante ditalinarsi in faccia a Giada, confusi. Poi videro la rossa irrigidirsi, emettere un paio di gemiti gutturali che non avevano mai sentito, e, tolta velocemente la mano dall’inguine, uno spruzzo di liquido scaturì dalla sua fica infrangendosi contro il volto della bionda, che parve svegliarsi sussultando e boccheggiando, mentre gocce di squirto e sborra diventata di nuovo liquida le colavano tra le gote, il naso e le labbra.
«Ehi, Flavia sa spruzzare!» esclamò qualcuno.
«Non gliel’avevo mai visto fare!» ribatté qualcun altro, non meno stupito.
Il fiato mozzo e con la testa che le vorticava, Flavia si rimise in piedi, sebbene dovette muovere un paio di volte un piede per non cadere. «Non hai idea di quanti danni hai fatto, idiota che non sei altro, solo per il tuo cazzo di ego… Adesso torna da Luca e fallo felice di scoparti come vuole lui».
Si voltò, prese i suoi abiti e si diresse alla porta d’ingresso ma, fatti alcuni passi, si girò di nuovo verso i quattro, che stavano parlottando tra di loro. «E oggi do davvero l’addio al gruppo».
I quattro si erano girati a guardarla, ma nessuno di loro disse nulla.
Flavia si rese conto che la drammatica scena di abbandonare il capannone in quel modo aveva il suo perché a livello teatrale, ma trovarsi nuda, con i vestiti sotto un braccio, all’esterno, faceva perdere molto pathos alla cosa. Soprattutto lavarsi l’inguine ad una canna dell’acqua vicino a quella che doveva essere stata un’aiuola, che i ragazzi usavano di tanto in tanto per dare una sciacquata alle auto o alle moto prima di ripartire dopo le orge, fu un’esperienza piuttosto particolare che, si promise, avrebbe evitato più che volentieri di ripetere in futuro.
In ogni caso, una volta pulita da liquidi sessuali propri, di quella stronza o dei quattro pervertiti, si asciugò con un fazzoletto e si rivestì, cercando di non sporcare gli abiti con il lerciume che c’era a terra. Abbastanza coperta da non essere imputabile di atti osceni in luogo pubblico e nemmeno passare per una senzatetto, prese il telefono di tasca e lo riaccese, per chiedere ad Alessio se nel pomeriggio fosse libero.
Si accorse che, mentre era nel capannone, lui stesso le aveva mandato un messaggio ma, troppo concentrata a godersi lo spettacolo di quella troia bionda che veniva finalmente scopata in una lurida orgia, non l’aveva sentito arrivare.
Alessio
Ho una bella sorpresa da farti, oltre ad una mangiata di gelato. Ci vediamo al parco degli olmi?
E sotto compariva un collegamento a Google Maps per raggiungere il luogo dell’incontro.
Flavia sorrise all’idea di vederlo subito. Si domandò cosa avesse in riserbo per lei e, dopo avergli risposto di non muoversi e che sarebbe arrivata subito, si mise in cammino a passo spedito lungo il sentiero che avrebbe percorso per l’ultima volta, finendo di vestirsi.
Generi
Argomenti