Linda la nerd
Capitolo 30 - "So cosa avete fatto, tu e Francesca"
Tommaso guardava distratto le immagini sullo schermo ma non avrebbe saputo dire quale programma stessero trasmettendo. Finalmente quella dannata settimana era prossima a giungere al termine e l’ultimo turno notturno al lavoro prima del week end sarebbe iniziato da lì a qualche ora. Poi, nel fine settimana, avrebbe chiamato Linda per incontrarla, solo loro due, in qualche bar, e avrebbero parlato. Cioè, lui l’avrebbe fatta parlare e spiegare cosa le era passato nella testa per decidere di fare davvero quella gara idiota ma, a meno che non avesse fatto saltare fuori qualche discorso strano, lui le avrebbe chiesto di rimettersi insieme.
Il ragazzo prese il mestolo in legno e lo affondò nel sugo di pomodoro che aveva preparato per la cena. Rondelle di olive verdi e nere galleggiavano nel liquido rosso screziato da frammenti di spezie. Entro un paio di minuti vi avrebbe versato anche il contenuto di una scatoletta di tonno, preparando il sugo come piaceva a Tania.
Si sentiva in colpa per quanto era accaduto in casa negli ultimi giorni, e il comportamento della sua trombamica di quella mattina lo sentiva gravare sulla coscienza come un peso. Preparare la cena che la ragazza preferiva, forse, avrebbe almeno minimamente migliorato la loro situazione e, più tardi, fatto sesso come piaceva a lei, con tanto orale e coccole.
Voleva lasciarla per fidanzarsi con Linda, ma in quel momento Tania rimaneva l’unica sponda per non cadere di nuovo nel baratro della depressione dove era sprofondato un anno prima, dopo che aveva rotto con Sara. No, avrebbe cercato di tenere con sé Tania, almeno finchè non avrebbe chiarito con Linda, poi…
Colpì un paio di volte il bordo della pentola per far cadere nel sugo le gocce che erano rimaste sul cucchiaio.
«Oh, che profumo invitante!» esclamò la ragazza mentre apriva la porta d’ingresso.
Tommaso sbucò dalla porta. La salutò sorridendo. «Hai tanta fame? Quanta pasta butto?»
«Tom, non dovresti nemmeno chiedermelo,» rispose lei, togliendosi la giacca e agganciandola al portaabiti accanto alla porta d’ingresso. «Lo sai che quando prepari il sugo al tonno non posso resistere dal…»
Dalla tasca della giacca il telefonino fece sentire il suo richiamo. «Perdonami un attimo,» si scusò la ragazza, estraendolo.
Tommaso la osservò un istante sorridere alla lettura delle notifiche e i suoi occhi socchiudersi quando sbloccò l’apparecchio e qualcosa apparve sullo schermo. Avrebbe avuto piacere nello scoprire anche lui cosa rendesse felice la ragazza, ma volle rispettare la sua privacy e tornò in cucina. Prese da un armadietto una confezione di fusilli, strappò il tratto di cartone prendendolo per la linguetta e tirando con un colpo di mano allenato. Solitamente erano ottanta grammi di pasta per lui e sessanta per Tania, ma quella sera non diede molta importanza alla matematica e lasciò che la lancetta della bilancia raggiungesse e superasse i due etti: a lei piaceva quel piatto, e voleva fosse una parte del piano di quella sera per stringere di nuovo il rapporto della loro coppia, seguito da buon sesso prima di andare in fabbrica. Quanto avessero avanzato sarebbe stato consumato da lui, riscaldato, un giorno della settimana successiva, prima o dopo il lavoro in occasione dell’assenza di Tania perché dalla madre o al supermercato.
Grosse bolle d’aria calda raggiungevano la superficie dell’acqua nella pentola accanto a quella in cui cuoceva il sugo ed esplodevano borbottando: si acquietarono quando i fusilli si gettarono in mezzo a loro. Tommaso riafferrò il mestolo e lo tuffò nell’acqua calda, smuovendo la pasta perché non si attaccasse.
In quel momento anche il suo telefonino emise un richiamo: un messaggio era giunto anche a lui, e il ragazzo si augurò non fosse il lavoro con qualche rogna. Diede un’ultima girata alla pasta, sbattè il grosso cucchiaio in legno sul bordo della pentola e lo rimise al suo posto.
Aveva lasciato il cellulare sul tavolo della cucina, così da non tenerle in tasca e non distrarsi continuando a controllare social network e posta elettronica. In quel caso, però, decise di dare uno strappo alle regole che si era autoimposto e lo afferrò, sbloccandolo con il volto: la notifica che comparve sullo schermo indicava una serie di foto su WhatsApp da un contatto che non era sicuro di aver mai conosciuto.
Più intenzionato di informare il mittente di aver probabilmente sbagliato numero di telefono che scoprire cosa avesse inviato, premette la notifica per aprire la chat. Quasi gli sfuggì il telefono dalla mano quando il piccolo monitor venne riempito dalle immagini mentre il fiato gli si bloccò nei polmoni.
Miniature di foto mostravano una ragazza bionda, sdraiata con il busto su un tavolo in pessime condizioni, i pantaloni e le mutandine abbassate sulle scarpe, diversi maschi dietro di lei, i cui membri scomparivano tra le sue chiappe, la sodomizzavano. Nessuno di loro sembrava avere il minimo rispetto di lei, soprattutto quello che sembrava il più bello dei tre.
«Linda!» esclamò Tommaso, riconoscendo la ragazza ritratta. Sentì il suo cuore stringersi nel vederla dare il suo ano a quei tre, quando lei e lui si erano ripromessi che il suo “dolce culetto”, come lo aveva chiamato lei mentre erano nel suo letto, dopo un pomeriggio di amore, avrebbe avuto il suo primo rapporto sessuale dopo che il ragazzo lo avesse preparato per bene perché non dovesse soffrire quando lui l’avrebbe finalmente preso.
Una profonda sensazione di delusione e sconcerto lo avvolse, di essere stato nuovamente ingannato da Linda. Prima aveva partecipato a quella stupida gara, facendo del sesso orale davanti a tutti, e poi aveva dato il suo culo a quei tre stronzi. E uno era il brutto muso che aveva spompinato nel video che aveva visionato. Uno dei giudici, gli era stato possibile comprendere. Che Linda fosse pure disonesta, corrompendo i giudici per essere sicura di vincere? Tra l’altro, dando loro il proprio culo?
E chi diavolo era che continuava a mandargli quei messaggi? Non era stato lo stesso numero di telefono nelle due occasioni, quindi era un gruppo di persone? Per un attimo si chiese se ce l’avessero con lui, se ci fosse dietro qualcuno che cercava di allontanarlo da Linda e…
«Cosa succede, tesoro?» domandò Tania, comparendo sulla porta della cucina. Aveva tolto l’abito che aveva indossato quel giorno per andare al lavoro privilegiandone uno più leggero e meno casto, stretto quanto piaceva a lei per dimostrare a tutti quanto fosse ben messa nei punti giusti.
«Nulla…» disse Tommaso, lanciando un ultimo sguardo al sedere di Linda parzialmente coperto da uno ben meno piacevole alla vista mentre spegneva lo schermo e s’infilava il telefono in tasca. Cercò di mostrare il sorriso meno falso che potesse trovare in quell’istante. «Sono felice di vederti, Tania».
Lei si avvicinò a lui, affiancandosi al punto tale che un suo grosso seno si appoggiò al suo petto, passò una mano sul suo viso e guardò soddisfatta i fornelli sporchi di sugo rosso su cui cuoceva la cena. Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi con il sorriso che si allargava. Un verso di piacere si sollevò dalla sua gola. «Mhmm… Bravo Tom: è stata una giornata pesante, oggi, e il mio piatto preferito è proprio il modo migliore per iniziare la serata,» commentò soddisfatta. Poi la mano si abbassò dalla faccia del ragazzo al suo cavallo e stringendo con delicatezza. «E il modo migliore per finirla è con il mio cazzo preferito,» aggiunse, sorridendo al suo amante.
Tommaso rispose con un accenno di complicità sul volto, sebbene dentro si sentisse morire. Per un istante si chiese se la ragazza si fosse accorta, nonostante la sua sensuale tetta contro il suo pettorale e le due carezze, il suo cazzo non si era affatto gonfiato.
***
Francesca osservava Linda con… in realtà nemmeno lei avrebbe saputo dire quale emozione facesse affiorare in lei la vista della bionda che camminava con difficoltà mentre prelevava dal suo armadietto i libri per le lezioni.
Acquattata dietro un angolo del corridoio della scuola, con gli altri studenti che le lanciavano occhiate incuriosite, studiava la bionda senza essere vista dalla sua vittima, osservando le sue smorfie di dolore quando eseguiva certi movimenti. Quasi tutti i movimenti, in effetti, ammise la ragazza. “Beh,” si disse la ragazza, “immagino sia quello che succede quando ci si fa sfondare il culo da tre tipi arrapati quando ce lo si ritrova ancora vergine.”
Se fosse arrivata quella mattina senza sapere cos’aveva fatto Linda il pomeriggio precedente, Francesca, vedendola in quelle condizioni, l’avrebbe presa in giro chiedendole se qualcuno non avesse apprezzato un suo pompino e le avesse sfondato il culo per vendetta, ma… cazzo, conoscendo come si erano svolte in realtà i fatti non ne avrebbe avuto il coraggio. E, in effetti, non aveva nemmeno la faccia di farsi vedere da Linda. Doveva ammettere che lei non avrebbe avuto il coraggio che la bionda aveva dimostrato per tornare nella gara…
Il tutto lo aveva scoperto la sera precedente, mentre era a casa, nella sua camera da letto, pensando a quanto le era piaciuto fare di nuovo sesso con il bel Daniele, come aveva amato il suo cazzo dentro di sé, della sua bocca avida dei suoi capezzoli e le sue tette quanto le sue mani lo erano state delle sue chiappe. Nuda nel suo letto, il pensiero del ragazzo l’aveva eccitata al punto tale da sentire il bisogno di darsi piacere da sola.
Si vedeva di nuovo Daniele sopra di lei, le sue labbra appoggiarsi alle sue, le sue mani stringere i suoi seni, il profumo della sua pelle e quello del suo fiato. Sentiva ancora il suo uccello dentro il suo corpo, la sua cappella che scivolava tra le pareti della sua fica. A quei pensieri sentì il suo sesso scaldarsi, una gran quantità di bava scivolarle fuori e colarle tra le gambe, accarezzarle e bagnarle l’ano. Infilò una mano sotto le coperte e si passò un paio di dita tra le labbra del sesso, dividendole, percependole sensibili. Giunta alla sommità, cominciò a muovere i polpastrelli in circolo attorno alla tana della lumachina, ancora celata sotto il suo cappuccio. Si afferrò un seno, stringendolo, sollevandolo fino a portarsi il capezzolo alle labbra della bocca e succhiandolo. Se un istante prima era eccitata, in quel momento impazzì dal desiderio, aumentando la velocità e la pressione delle dita sulla sua fica.
Il ragazzo nella sua mente sprofondava con il suo cazzo dentro di lei, possedendola con forza, dicendole che era bellissima, che lo arrapava come una bestia, che era una troia in calore.
Una scossa di piacere la colpì nella mente, facendole scattare la testa all’indietro, sprofondandola nel cuscino del letto. Il seno sembrò balzare al suo posto, dandole un altro colpo di godimento. Si morse un labbro, piantandosi i denti bianchi nella carne, cominciando ad ansimare.
La mano sul sesso scivolò e i polpastrelli abbandonarono il loro lavoro, sostituiti dall’intero palmo della mano, calcando e malmenando la lumachina che aveva finalmente allungato la sua testa. La ragazza, ormai, respirava profondamente, ed ogni volta che il maestoso seno si abbassava e l’aria abbandonava i suoi polmoni la stanza si riempiva del nome del ragazzo. Le gambe cominciarono a vibrare, a muoversi spasmodicamente, la figa infiammata a pregare di fare con più calma, di rallentare, ma Francesca, come posseduta, come se ne fosse andata della sua vita, mosse il palmo ancora con più violenza.
L’orgasmo l’assalì come un colpo inferto direttamente al suo cervello, la schiena che si inarcava un paio di volte, facendola sobbalzare nel letto, la rete che cigolava come se Daniele la stesse fottendo davvero in quel momento in un impeto di desiderio. Si ritrovò con le labbra spalancate e l’impossibilità di respirare, poi crollò sfinita, provando in ogni muscolo una stanchezza infinita e nel cuore un amore indicibile verso il suo amante immaginario.
Rimase per dieci o quindici minuti stordita dal piacere nelle lenzuola bagnate dal sudore parossistico del suo orgasmo, accoccolata nel pensiero di Daniele che la stringeva tra le sue braccia, che la baciava, che la cullava, troppo persa nell’amore per rendersi conto che l’orgasmo che si era data da sola in dieci minuti con una mano era stato di gran lunga più soddisfacente di quanto era stato in grado di donarle il vero Daniele, il pomeriggio precedente.
Quando il torpore si dissolse, il desiderio del ragazzo non solo era rimasto, ma era anche cresciuto: Francesca si accorse di desiderarlo ancora più dentro di lei, un bisogno maggiore di quando era rimasta per due giorni senza una sigaretta. Le regole della gara di pompini non permettevano di avere rapporti, anche solo sociali, tra le partecipanti e i giudici ma, ‘fanculo, se lo era già scopato il giorno prima insieme agli altri tre, e comunque Daniele non sarebbe stato il suo arbitro durante la finale, quindi non trovava nessun problema.
E poi lui la desiderava, lo aveva capito il giorno prima, glielo aveva detto e glielo aveva dimostrato per come l’aveva posseduta. Daniele avrebbe accettato senz’altro e con gioia.
Ovviamente non avrebbe potuto farlo entrare nella loro villa, e nemmeno lei sarebbe andata a casa sua, o farsi vedere in giro per Caregan, per strada o in qualche locale, o sarebbe scoppiato qualche scandalo e anche lei, al pari di Linda, si sarebbe trovata buttata fuori dalla gara e addio possibilità di migliorare il proprio futuro. No, Daniele aveva un’automobile e lei gli avrebbe spiegato dove parcheggiare nelle vicinanze e chiesto di aspettare che lei lo raggiungesse dopo essere uscita di nascosto di casa. Li avrebbero fatto sesso per tutta la notte e poi sarebbe rientrata prima dell’alba e cercato di dormire un paio di ore, soddisfatta. Sì, per lui avrebbe accettato di farlo in una macchina. O magari avrebbe potuto chiedergli di portare un plaid e fare sesso in un prato, sotto le stelle che brillavano solo per loro due e l’amore che li univa.
Rianimò il telefono addormentato sul caricabatterie wireless e gli sussurrò di chiamare “Daniele il figo”, come lo aveva salvato nella rubrica. Un istante dopo una voce la avvisò che lo stava contattando.
Francesca fece appena in tempo a chiedersi di nuovo che senso avesse sentire il telefonino emettere degli squilli come un telefono fisso quando, probabilmente, il ricevente della chiamata aveva impostato come suoneria una canzone rock o il canto degli uccelli quando il ragazzo rispose.
Il suono della sua voce fece sentire alla mora una vampata di calore e di desiderio. «Ciao Daniele,» lo salutò. Se avesse avuto in mano un telefono fisso il cavo a spirale della cornetta si sarebbe ingarbugliato attorno alle sue dita tanto si scoprì nervosa in quel momento. «Senti, stavo pensando che potremmo… uhm… vederci e, magari… beh, voglio fare sesso con te, Dani».
«Ah… Oh…» rispose l’altro, quasi più imbarazzato che eccitato. «Sì, mi piacerebbe anche a me, certo. Ma oggi abbiamo sfondato il culo a Linda e, sai… sarei un po’ stanco».
Francesca si ritrovò a fissare il buio della sua stanza, sbattendo gli occhi come se questo potesse accendere una parte del cervello che era rimasta sopita e che le avrebbe permesso di comprendere il reale significato di quelle parole. Sì, un paio di sensi li trovò anche, ma sembravano davvero… beh, insensati.
«Ma non “abbiamo sfondato il culo a Linda” ieri,» domandò, confusa «quando sono venuta a casa di Adriano e abbiamo deciso di escluderla dalla gara?»
«Ah, sì… no…» balbettò l’altro. Francesca pensò all’inizio che l’aveva appena svegliato, ma sentì in sottofondo il suono di musica e grida di divertimento. «Cioè… tu intendi per modo di dire, ieri. Ma oggi hanno telefonato ad Adriano, che ci ha detto che stava arrivando Linda perché aveva scoperto di essere stata squalificata e che dovevamo sfondarle il culo. Enrico ha detto perché dovevamo fare una cosa così ad una ragazza come Linda, e Adriano ha detto che si faceva così. Ah, tra l’altro Enrico si è perfino rifiutato di incularla, e se n’è andato. Mi sa che buttiamo fuori lui dal gruppo invece di Linda,» blaterò, poi iniziò a ridacchiare come se fosse stata una battuta incredibilmente divertente.
Francesca aveva gli occhi sbarrati. Se nella sua mente ci fosse stato un imbuto nel quale le frasi si gettassero per raggiungere la voce, in quel momento almeno cinque o sei esclamazioni, domande ed una dozzina di imprecazioni si sarebbero prese a spinte e strattoni, tirati i capelli e fatto lo sgambetto per avere la precedenza sulle altre, bloccandosi nel collo. Avrebbe voluto urlare, maledirlo per averla tradita, chiedere se avevano ripreso Linda nella gara e se lei avesse accettato senza problemi, ma alla fine si risolse con quella che, probabilmente, era la domanda più stupida possibile: «Ti è piaciuto?»
La risata di Daniele sfumò lentamente. «Eh… sì,» rispose, poi, come se si fosse ricordato con chi stava telefonando: «Ma tu sei più figa e…»
«E l’avete riaccettata nella gara?» chiese, quando fu la domanda corretta a guadagnare il suo posto nell’imbuto.
«Cosa… Oh, sì, certo. Beh, ci ha dato il culo. Mi sembra giusto».
Nella villa risuonò il grido di rabbia di Francesca, svegliando i genitori ed i fratelli. Quando accorsero a scoprire cosa fosse accaduto, lei dovette rispondere che era stato un incubo, ma non aggiunse che era uno che non sarebbe terminato quella notte ma proseguito per tutto il fine settimana.
La mattina dopo l’incubo aveva assunto la forma della nerda che zoppicava lungo il corridoio dolorante. Per l’ennesima volta, quel giorno, si chiese se anche lei, al posto di Linda, avrebbe avuto il coraggio di farsi sfondare il culo per continuare la sua gara, e ogni volta giungeva alla conclusione che la finale l’avrebbe passata nel pubblico, a guardare le altre tre a contendersi la gloria a colpi di lingua e sborra in bocca.
***
Appoggiata al muro degli armadietti, Linda chiuse gli occhi, cercando di non piangere sia per il dolore fisico sia per il disgusto che provava verso sé stessa. Il culo… quanto diavolo le faceva male? Non riusciva a credere che ci fossero davvero delle donne che apprezzassero qualcosa di simile.
E qualsiasi movimento facesse provocava una stilettata dolorosissima dal sedere: ogni passo era uno strazio, sedere era una tortura, stare in piedi faceva malissimo… quella mattina, seduta sul bagno… le era parso di avere deposto del magma nel gabinetto, le lacrime che le solcavano le gote, i singhiozzi si alternavano ai movimenti dei muscoli addominali.
Presentarsi a casa, la sera precedente, era stata una tragedia: per sua fortuna, nel momento in cui era entrata, sua madre era a fare la spesa e, dopo aver inghiottito qualcosa senza nemmeno percepirne il sapore, aveva preso un antidolorifico e si era messa a letto nonostante fossero solo le sei di sera. Quando la donna era tornata a casa e l’aveva trovata sotto le coperte, Linda aveva sostenuto di non stare troppo bene ed essere andata a dormire, cercando di sviare le domande che le erano state poste. Per un momento aveva temuto che il genitore potesse capire cosa le era accaduto, soprattutto considerando che era stata per tutto il tempo sdraiata sulla pancia e che non era riuscita a celare il malessere che sembrava aver preso domicilio sui suoi lineamenti.
Linda era certa che, nonostante i suoi sforzi, sua madre fosse stata preoccupata per lei: dopo aver compreso che si era lasciata con il ragazzo che sembrava renderla così felice, cosa poteva essere accaduto a sua figlia perché stesse male anche fisicamente?
Per quale motivo, si domandò, non aveva pensato anche a questo, prima di accettare di dare via il culo per quella fottuta gara. Tra l’altro, era quasi certa che, come avevano girato un video con quella troia di Francesca che si faceva scopare da Daniele, quegli stronzi avevano scattato delle foto durante il loro sverginamento anale. Sperò ardentemente che quelle immagini restassero solo a loro, per zangolarsi pensando a quando avevano sfondato il culo di quella oca bionda, e non sparse sugli smartphone e i computer degli altri studenti della scuola, perché quello sarebbe stato troppo. Davvero troppo.
Ma di certo, sapeva, non sarebbe stato possibile nascondere a nessuno che qualcosa le era successo, e per quanto lo avrebbe negato, si sarebbe comunque sparsa la voce che si era fatta sfondare il culo. Avrebbe dovuto vergognarsi o andare orgogliosa del suo coraggio di fare…
«Ah, eccoti qui, puttana!» esclamò una voce conosciuta nella quale non c’era traccia di comprensione e nella quale, in realtà, Linda non ne avrebbe cercata affatto.
Aprendo gli occhi, la ragazza si trovò di fronte Marianna, che la fissava con uno sguardo pieno di odio.
«So cosa avete fatto, tu e Francesca,» disse con ribrezzo la compagna di classe. «Una mia amica abita davanti alla casa di Adriano e le ho chiesto di controllare chi si presentasse a casa sua, e mi ha mandato le foto tue e di quella cagna con più tette che cervello alla porta del ragazzo, una un giorno e tu quello dopo».
Linda non sapeva cosa rispondere. Non si aspettava che qualcuno venisse a scoprire che lei e l’altra fossero andate a trovare e scopare i quattro e facesse scoppiare uno scandalo. «Ehm… io…»
Marianna non volle ascoltarla. «Era una bella gara, e ho fatto di tutto per vincerla, ma voi due troie sapevate di non potercela fare e avete voluto corrompere i giudici!» Abbassò lo sguardo verso il bacino di Linda, ma la ragazza sapeva che le stava fissando il culo quando Marianna fece un movimento con la testa come se volesse indicare qualcosa con il mento. «Spero tu ti sia divertita, perché non sarà servito a nulla. E nemmeno a quella tettona idiota». Fece per andarsene disgustata, ma poi si fermò e aggiunse, più diretta a sé stessa che a Linda nonostante si fosse voltata in parte verso di lei: «Mi auguro che anche Vincenza, oggi pomeriggio, vada a farsi fottere da quei quattro bastardi, perché anche lei sarà vittima dalla mia vendetta».
Detto questo, la bionda si girò di nuovo e se ne andò lungo il corridoio, seguita dallo sguardo di Linda, allibita, ma al contempo felice di avere la certezza di non essere la più strana in quell’istituto scolastico.
La cosa non la consolò a lungo, quando si staccò dal muro di armadietti e si avviò a sua volta verso la sua classe, digrignando i denti, lo zaino che sembrava schiaffeggiarle malignamente il culo infiammato.
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