Il Vecchio Torchio
Capitolo 1 - Capitolo 1
«Buongiorno, sono Nadia».
Saluto la donna che è venuta ad aprire la porta quando ho suonato il campanello su cui un’etichetta annuncia essere l’ingresso del Vecchio Torchio, bed & breakfast con vista sul Lago di Garda.
La donna mi squadra per un istante, il mio sorriso che cerca di smorzare l’espressione di incomprensione che compare per qualche istante sul suo volto. Le ci vuole un attimo per ricordarsi di me, o per lo meno della mia prenotazione. «Oh, sì,» risponde infine, il suo viso che si illumina. «Sei la…» prova a dire, ma è facile notare l’imbarazzo nel non riuscire a pronunciare la mia professione.
Ormai ci ho fatto l’abitudine e la cosa ha smesso di infastidirmi quanto piuttosto sollazzarmi. «…travel blogger che l’ha contattata una settimana fa».
«Oh, sì,» ripete. Avrà forse cinquant’anni, ma, per qualche motivo, qualcosa in lei mi ricorda la Miss Marple che avevo visto tempo prima in un vecchio film. Si sposta dall’uscio e mi invita ad entrare in casa.
Mi accompagna nel salotto del B&B, un ambiente luminoso e pieno di mobili di legno di buona fattura e di un colore che mi ricorda il miele. Ci accomodiamo su un divano bianco davanti a delle larghe finestre da cui posso ammirare il lago a poche centinaia di metri di distanza.
«Nadia,» dice la donna, tornando dalla cucina con una teiera in terracotta marrone con cui riempie due tazze. Me ne porge una. «potresti spiegarmi come funziona, esattamente».
Bevo un sorso di the, come a permettermi di riordinare le idee, ma ho ripetuto il concetto tante di quelle volte che, ormai, potrei recitarlo come fosse una preghiera. Ormai, so anche regolare l’intonazione della voce e il movimento delle mani per sottolineare i concetti e bloccare le recriminazioni ancora prima che vengano espresse. Dopotutto, non mi va di far capire alla donna davanti a me che, in realtà, potrebbe non essere stata una grande idea per lei aver accettato: se avesse voluto della pubblicità davvero sicura e incisiva, avrebbe fatto meglio a chiamare, e pagare, un’agenzia apposita.
Le spiego come si svolgerà la cosa: io pernotterò nel suo bed & breakfast per tre notti, mentre durante il giorno visiterò le attrazioni nella zona per scattare foto e raccogliere informazioni, e soprattutto emozioni, per articoli per il mio blog e la mia pagina Instagram. La donna mi guarda, annuendo, almeno finché non ribadisco che sarò una sua ospite non pagante: a quel punto, mi è impossibile non notare che l’espressione del suo volto diventa più dura, meno conciliante, sebbene immagino sia una reazione inconscia. «Il mio blog ha più di duemila contatti ogni giorno…» l’assicuro, «a luglio e agosto arrivano anche a picchi di cinquemila. Su Instagram, poi, ho sessantamila follower». Allo sguardo bovino della donna a quelle parole, aggiungo, spiegando: «Sessantamila persone vedranno il suo bed & breakfast».
La donna annuisce, adesso, probabilmente pensando che tutte quelle sessantamila persone verranno qui a soggiornare, compresi i bot che cercano di convincerti ad iscriverti a qualche sito di incontri commentando ogni foto pubblicata e che non ho mai avuto il tempo o la voglia di bloccare. Dopotutto, non sono certo l’unica che ne approfitta per fare numero, al pari di persone famose ben più potenti di me.
In quel momento dei rumori in cucina attirano la nostra attenzione. Un ragazzo, probabilmente un ventenne come me o con un paio di anni in più, esce dalla porta da cui la donna aveva portato la teiera.
«Mamma, ho fatto la…» sta dicendo, quando si blocca, notandomi. Così come lo noto io: è alto un metro e ottanta, forse qualcosa di più, gli occhi scuri e i capelli castani, tagliati corti. Ha un fisico possente, spalle larghe e gambe che sembrano stare a malapena nei pantaloni. Ha qualcosa nel suo muoversi che è… non lo so, strafottente. Il suo modo di guardarmi mi turba: mi fissa come se volesse possedermi sul divano, aprirmi le gambe, sollevarmele e mettermelo dentro fino in fondo, e non so se solo davanti o anche dietro, spingendo con rabbia, con violenza mentre io sto…
«Oh, sì,» interrompe la mia fantasia quella stronza, con la sua vocina da zitella ficcanaso. «Nadia, ti presento mio figlio Luca» dice, facendolo avvicinare, e facendomi avvampare. Mi rendo conto da sola che sono arrossita in volto e un senso di umido diventa percepibile nelle mie mutandine. La donna spiega che, dopo che è rimasta vedova l’anno prima, mentre stavano convertendo casa loro in una struttura ricettiva, Luca ha deciso di lasciare il lavoro per aiutarla nella gestione del B&B, così come la sorella Sara che, in quel momento, sta sistemando le camere. «Sono due così cari ragazzi: sono davvero fortunata».
Quelle parole sembrano non intaccare il desiderio ferino che scintilla negli occhi di Luca che si avvicina a me allungando la mano per stringere la mia. Mi sento svuotare da ogni pudore, devo lottare contro di me dall’aprire le gambe e dal mettere meglio in mostra il mio seno mentre lo guardo e sento l’odore della sua pelle carico di feromoni. Il suo erotismo aggressivo mi sta sopraffacendo…
Ma quando è a pochi passi da me, il suo violento erotismo scompare, sostituito da uno sguardo di disprezzo che non riesce a nascondere quando la stronza spiega chi sono. Alle parole “travel influencer” l’atteggiamento del ragazzo cambia completamente. La mano che stringe ma mia sembra stia toccando quella di un’appestata. «Piacere,» dice con il tono di voce di qualcuno che è oppresso dall’odore di una porcilaia.
Se un attimo prima sembrava volesse scoparmi fino a sfinirmi, ora pare voglia fuggire per la sicurezza di tutti in cucina: non aggiunge altro, se non avvisare la madre che ha fatto la spesa e deve andare subito a metterla nei frigoriferi prima che si disgeli, nemmeno sia agosto in piena Sicilia.
Raggiungo la camera pochi minuti dopo, accompagnata dalla madre. Poiché il figlio è sparito poco dopo essere scomparso in cucina, si è offerta di portare i miei bagagli, ma ho cortesemente rifiutato: ho solo uno zainetto con un cambio, il tablet per scrivere i testi degli articoli, la borsa con la fotocamera ed un cellulare per creare una connessione ad Internet, visto che spesso quello fornito nel bed & breakfast fa paura. Giunti a metà del corridoio, però, il telefono della donna squilla e, rispondendo, scopre che è l’autista del camion che porta il metano per il bombolone che permette di scaldare l’acqua e rifornisce la cucina e che sta arrivando a portare in anticipo l’ordine.
«Mi spiace,» dice la donna, contrita. «Devo andare ad aprire il cancello».
Rispondo che non deve preoccuparsi, che non fatico a riconoscere un numero su una porta, e mi faccio indicare la mia stanza: è la quattro. Mentre mi riavvio, penso che la donna mi faccia un po’ compassione, trovandosi di colpo a gestire un piccolo albergo, la cui costruzione ha probabilmente assorbito i risparmi di una vita, un progetto suo e del marito, ma quando quest’ultimo è mancato lei si è trovata con tutte le responsabilità e non solo la metà. In più, per essere piena stagione, non c’è nessuno in tutto il B&B a parte me e, a quanto pare, lei e i suoi due figli.
Al pensiero, non posso evitare alla mia mente di pensare a film thriller o horror con pessime trame con un soggetto simile, e, come in questi, ecco che, mentre mi avvicino alla mia stanza, la porta si apre all’improvviso e ne fuoriesce una ragazza.
Mi fermo, stupita. Dev’essere la sorella di Luca e, per la miseria, non gli assomiglia minimamente. E, nonostante questo, è bellissima, non posso negarlo. Si ferma anche lei, guardandomi e le sue labbra si arcuano in un sorriso e i suoi occhi azzurri risplendono.
Dovrei guardarla in viso per una questione di educazione, ma, come il più arrapato degli uomini, non posso distogliere lo sguardo dal suo seno gonfio, maestoso. Dev’essere una quarta che sembra stare a stento nella maglietta da pochi soldi che indossa.
Sara, mi pare mi abbiano detto si chiami così, dovrebbe offendersi per il mio atteggiamento maleducato, ma invece sembra eccitarsi ancora più di me. «Ti piacciono?» mi domanda a bassa voce, con un tono che definirei di complicità.
Non posso evitare di annuire.
Lei mette a terra il secchio che stava portando, con l’acqua sporca all’interno che sciaborda un paio di volte, poi si avvicina a me. Prende una mia mano e l’appoggia su una sua tetta. Sento il suo cuore battere appena troppo velocemente. Profuma, nonostante abbia appena finito di pulire la mia stanza, di erotismo come suo fratello.
Sto per dire qualcosa, qualche sciocchezza di circostanza, ma lei me lo impedisce: annulla i pochi centimetri che ci separano e le sue labbra si appoggiano sulle mie. Trasecolo, ma non mi allontano. Non è un bacio passionale, è quasi più un saluto, molto intimo, ma nulla di più. Nonostante questo, sento che quanto non mi ha fatto bagnare Luca ci è riuscita lei: un sentore di eccitazione che ben conosco si solleva tra di noi.
Il nostro contatto dura solo qualche, interminabile, secondo. La ragazza si stacca da me, succhiandosi il labbro inferiore come a gustare il mio sapore, poi si volta, i suoi capelli color carota che si sollevano dalle spalle per un attimo nel movimento, riprende il suo secchio e se ne va.
Io sono stordita, l’unica cosa che posso fare è fissare il suo sedere e la sua figura burrosa allontanarsi nel corridoio. Non provo nemmeno a parlare.
Mi rintano letteralmente nella mia camera, troppo confusa per riconoscere che è un caldo ambiente con i muri ricoperti da assi di legno levigate, dello stesso colore chiaro del mobilio del salotto comune. Dalla finestra non si vede il lago, come speravo, ma un giardino con un grosso albero, una quercia, credo, e circondato da alte siepi. L’abbaiare di un cagnolino si leva dall’esterno. Sullo sfondo, contro la montagna, compare l’abitato di Brenzone sul Garda.
Un leggero odore chimico di limone aleggia nell’aria, probabilmente lasciato dal recente lavoro di pulizia della ragazza… Il suo pensiero mi sta riempiendo la mente fino a impedirmi di concentrarmi su altro.
Abbandono lo zaino sul letto, poi mi dirigo in bagno. Apro la doccia e, mentre l’acqua prende a scrosciare riempiendo l’ambiente di vapore, inizio a spogliarmi. Sento il bisogno di lavarmi dopo il viaggio in treno e in pullman fino al B&B, ma… mi sento strana, come se abbia paura di spogliarmi e ritrovarmi nuda. Mi serve uno sforzo per levarmi gli abiti quasi tema di trovarmi il corpo mutato da qualcosa, nemmeno questo stato di eccitazione che i due fratelli mi hanno indotto sia, in realtà, qualche modifica del mio organismo.
Ma quando mi osservo allo specchio del bagno, che sta cominciando ad appannarsi nell’atmosfera calda e umida emanata dalla doccia, sono sempre io, uguale a come sono sempre stata: un metro e settanta abbondante dai miei piedi ai miei capelli biondi lasciati lunghi, gli occhi azzurri ed un seno non troppo grande. Rassicurata che non mi stia trasformando in qualche mostro, mi infilo sotto il getto di acqua calda, mi cospargo di bagnoschiuma e inizio a passarmi le mani sul corpo.
Ho finito di lavarmi e mi sono asciugata con un panno un po’ troppo ruvido. Non posso negare che il bed & breakfast stia mostrando tutta una serie di aspetti positivi e, contemporaneamente, altri negativi, cui una gestione minimamente oculata sopperirebbe in un attimo. Il tablet è sul tavolino della mia camera, l’unica fonte di luce a parte quella della Luna che filtra tra le tendine della finestra che dà sul cortile: ho aperto un file dove buttare giù le prime impressioni dell’alberghetto, ma sono incerta su cosa scrivere.
Il mio sito di viaggi ha una certa popolarità, e molte persone lo consultano quando sono intente a preparare le loro vacanze e cercano itinerari che valgano il loro tempo e denaro; si fidano del mio giudizio, i commenti che lasciano nel mio feed lo confermano, sostenendo che hanno trovato le strutture ricettive come le ho descritte io: mi sembrerebbe di tradire i miei lettori se nell’articolo dedicato al B&B dicessi che è ottimo, ma al tempo stesso… non lo so, mi sembra che se ne parlassi male, lo affosserei completamente, facendolo fallire ancora prima che abbia cominciato a generare profitti per la famiglia che mi sta ospitando gratuitamente.
È stata una giornata calda e faticosa, e nella stanza, anche a causa della doccia che mi sono fatta prima, mi sembra di soffocare. Mi avvicino alla finestra e la apro appena per lasciar passare un po’ di aria fresca ora che il sole è sceso sotto l’orizzonte e anche le cime delle montagne hanno smesso di bruciare nelle ultime luci del tramonto.
Noto un movimento nel giardino: è Sara, la splendida cameriera dai capelli rossi e dal corpo mozzafiato, che sembra di ritorno da una passeggiata con il cane, un piccolo pinscher dalle dimensioni di un gatto, che tiene per il guinzaglio. Mi scosto un po’ dalla finestra, incapace di smettere di osservare la ragazza, che credo abbia… quanto? Ventidue, ventitré anni? Qualcuno in più di me, ma solo una manciata. Non posso evitare di ammettere che è bellissima e, nonostante io sia etero, sento una forte attrazione sessuale nei suoi confronti. Ha un corpo… ma soprattutto un seno meraviglioso. Rimango a fissarla, mentre la mia fantasia la spoglia completamente e mi sembra di sentire tra le mie dita la morbidezza delle sue tette, il calore della sua pelle e il profumo del suo sesso bagnato di desiderio.
Mi mordo il labbro inferiore mentre una mia mano scende inconsciamente sul mio, di sesso, accarezzandolo attraverso il tessuto dei pantaloncini e delle mutandine appena cambiate. Inalo profondamente mentre osservo Sara muoversi lungo il prato e scomparire oltre un muro, probabilmente il canile dove soggiorna lungo il giorno il pinscher.
Il momento di idillio emotivo dura solo qualche altro secondo, durante i quali sto pensando di prendere da una tasca segreta del mio zaino il vibratore che porto sempre con me, quando le voci che provengono dal piano di sotto, e che fino a quel momento non avevo quasi notato, cominciano ad aumentare di volume, il tono di una dominata dalla rabbia.
«Non posso credere che tu abbia davvero chiamato quella lì per farci pubblicità!» sbraita Luca, probabilmente alla madre.
La donna risponde qualcosa, ma non riesco a comprendere. La voce, al contrario di quella del ragazzo, si è fatta più lieve.
«Ma chi se ne frega!» ribatte il ragazzo, furioso, «Ti ho detto che ci avrebbe pensato un mio compagno di scuola a farci pubblicità. Non è un cazzo di influencer, è un pubblicitario e si intende di internet. Avrebbe anche migliorato la pagina che usiamo su Facebook. É ovvio che dovremmo pagarlo, ma ne varrebbe la pena!»
Lo stato di eccitazione che mi ha dominata fino ad un istante fa è diventato qualcosa di alieno, simile ad un veleno che la mia mente sembra voler far uscire dal mio corpo attraverso il vomito. Sento i miei occhi iniziare a bruciare mentre un senso di inadeguatezza mi invade a quelle parole. Davvero Luca prova tutto questo disprezzo nei miei confronti?
Solo in quel momento mi accorgo che Sara è ricomparsa nel giardino e sta fissando la finestra o la porta che si trova sotto a dove sono io, palesemente confusa. Rimane un attimo ferma, indecisa, mentre la litigata furiosa tra Luca e la madre continua con diversi scambi di battute, poi si interrompe con lui che, più che sconfitto, sembra deciso a non dare troppo contro la donna, pone fine all’animata discussione. La ragazza nel giardino pare riprendere contatto con la realtà, scuotendosi leggermente, poi, con il movimento da gatta che ho apprezzato durante il nostro primo contatto, va a nascondersi dietro la pianta.
Un attimo dopo, Luca compare nel giardino dal lato inferiore della finestra. Anche se la luce è poca, è impossibile non notare che è decisamente furioso mentre avanza nel prato scalciando l’erba. Oltre il tronco della pianta fa capolino la testa di Sara, che sembra controllare che non ci sia nessuno in giro oltre al fratello e, una volta assicurata di ciò, esce allo scoperto, richiamandolo con un sibilo e il gesto di un paio di dita.
Non sembra affatto dello stesso umore del ragazzo.
Luca alza lo sguardo da terra, le spalle muscolose che passano dal mostrare rabbia e frustrazione a… non lo so… Cioè, sì, riconosco inconsciamente cosa significa quel cambio di posizione, ma in quel momento mi sembra… beh, fuori luogo, davanti alla propria sorella.
Sara, però, non dimostra avere la mia stessa opinione, e apre e allunga le braccia verso il fratello, il quale si getta su di lei. Si abbracciano… no, non si abbracciano semplicemente, si stanno coccolando, si…
«Cosa cazzo…» sibilo involontariamente, ormai catturata da quella scena così inaspettata. Non voglio crederci, ma proprio davanti ai miei occhi i due hanno iniziato a baciarsi sulla bocca… si stanno limonando, capisco, mentre il mio fiato sembra mozzarsi e i miei occhi si sgranano. «Cazzo…»
Mi appoggio dietro al muro, nascondendomi alla loro vista, ma mi è impossibile smettere di guardare. Luca ha spinto la sorella contro l’albero, le sta sbottonando i pantaloni e così lei fa con quelli del fratello. Smettono di baciarsi per guardare verso il basso, tra di loro, sorridendo. Sara ha letteralmente in mano l’uccello di suo fratello mentre i propri pantaloni sono a metà delle sue cosce. Lei ha l’inguine depilato.
Sono stupita dalle dimensioni del cazzo di Luca, è incredibilmente grosso: mi è possibile capirlo anche da qui, con la sola luce della Luna. Percepisco, nonostante abbia compreso cosa stanno per fare, un improvviso prurito tra le labbra della mia passera e un piacevole senso di eccitazione nella mia vagina a quella vista.
Sara sorride, sussurrando qualcosa al fratello; lui risponde, ma il suo ghigno è molto più animalesco. La mano destra spinge la testa della sorella contro il tronco dell’albero, bloccandola, la guancia destra contro la corteccia della pianta. Lei lascia andare l’uccello, ponendosi le mani dietro la schiena. Luca le solleva la maglietta e poi abbassa il reggipetto, mettendole in mostra i grossi seni che inizia a stringere con fervore. Incredibilmente, il cazzo sembra diventare ancora più turgido, grosso, ma non ne posso essere certa: un attimo dopo, con un movimento del bacino, lo stesso scompare tra le gambe della sorella.
Sussulto a quella vista: sono sconvolta, sapevo che sarebbe successo, ma mi era impossibile crederci. E, invece, Luca si struscia contro la sorella, sembra prendere la rincorsa piegando le ginocchia e poi si innalza, sprofondando nel sesso di Sara con una irruenza che mi lascia senza parole… mi sento male per lei di fronte a quella violenza.
Ma il viso della ragazza mostra tutto tranne che dolore o disprezzo: anzi, i suoi occhi luccicano e la sua bocca è aperta in un’espressione di piacere, di coinvolgimento che stride con quanto sta accadendo. Luca le si avvicina con la bocca all’orecchio sinistro e le sussurra qualcosa che, dal corrucciamento delle sopracciglia, non è certo d’amore.
La ragazza sembra ascoltare con intensità, come se si sforzi di rendere quelle parole ancora più forti, poi annuisce felice e soddisfatta, sussurrando qualcosa a sua volta. Luca, ulteriormente eccitato, la penetra con ancora maggiore vigore, sbattendola con una tale forza che mi aspetterei di sentire il suono attraverso il vetro della finestra.
Il mio fiato ha iniziato a frammentarsi, come se stia piangendo, uscendo al ritmo dei colpi del fratello nel sesso della sorella. Il desiderio che mi ha invaso sta montando fino a diventare insostenibile, un dolore fisico, l’equivalente di un’acquolina davanti ad un dolce in un momento di fame. La mia mano, che fino ad adesso si è accontentata di accarezzare i pantaloncini, scivola sotto gli elastici degli stessi e delle mutandine, trovando la mia fica bagnata e bollente, che implora di poter esplodere in un potente orgasmo.
Vorrei allontanarmi un istante per prendere il mio vibratore, ma ho paura che, come distolga lo sguardo, la scena incestuosa scompaia nel nulla al pari di una bolla di sapone. Non posso permettere che succeda, impazzirei se non mi darò piacere guardando Luca possedere con violenza la sorella tettona.
Non ho tempo di penetrarmi, non riesco: devo attaccare il mio clitoride, maltrattarlo, colpirlo, fotterlo come il ragazzo sta fottendo la figa di Sara. No, maledizione, il suo pensiero mi travolge, il suo cazzo deve scoparmi con forza, possedermi come se sia la sua sgualdrina, trovare piacere nella mia passera…
Tre dita irrompono dentro la mia femminilità rigurgitante desiderio liquido, sprofondando nel fuoco che sta consumando la mia anima. Mi sembra di infilarle in un forno, mi sembra di conficcarmele direttamente nella mente, mi sento mancare, mi manca l’equilibrio. Mi appoggio ad una spalla contro il muro e mi fotto con violenza, un suono viscido fuoriesce dalla mia fica schizzando gocce sul pavimento.
«Scopami, Luca…» lo imploro mentre un senso di nausea avvolge il mio petto.
Non posso staccare lo sguardo dai due nel giardino, dal fratello che sta scaricando nella sorella tutta la rabbia che esplode nella sua anima fottendola senza riguardo, continuando a bloccarla contro la pianta, devastandone la passera e malmenandone una grossa tetta; e la sorella, che più che eccitata o appassionata, sembra entusiasta di quanto le sta accadendo: una mano si è posata sulla propria bocca, ma quel poco del suo viso che riesco ancora a vedere, specialmente gli occhi, non può celare la felicità che la sta travolgendo. Sembra quasi onorata di essere scopata dal fratello.
Una parte di me, non posso negarlo, la invidia, mentre le mie dita continuano a possedermi, in un ruscellare di umori che colano lungo le mie gambe e riempiono l’aria della stanza di eccitazione e suoni liquidi. Pochi minuti dopo, un gemito di piacere sfugge dalle mie labbra, mentre un’ondata di calore attraversa il mio corpo, bruciando ogni mia energia e lasciando nelle mie fibre solo una sensazione di soddisfatta stanchezza.
Chiudo gli occhi, lasciandomi sostenere dal muro, mentre permetto al mio cuore di rallentare il suo battito impazzito. Mi sento quasi male all’idea di essermi ditalinata pensando ad un ragazzo che ha litigato con sua madre per colpa mia, e non certo prendendo le mie difese, e che per scaricare la propria furia ha scopato la propria sorella. Ma, al contempo, non posso che desiderarlo dentro di me, mentre usa il mio corpo per spegnere il furore che gli provoco.
La cosa mi confonde, mi stranisce… preferisco non pensarci. Riapro gli occhi e sbircio fuori dalla finestra: mi aspetto che abbiano finito, ma non è così. Ora Sara è inginocchiata davanti a Luca, e lui sta usando la bocca della ragazza per trovare piacere: le tiene ferma la testa, le dita tra le ciocche rosse e la pancia piatta e cesellata che sbatte contro il viso della sorella; lei stringe le chiappe di Luca, manipolandole come nemmeno lui ha fatto con le grosse tette della ragazza. Non posso evitare di pensare a lei che infila un dito nel buco del culo del fratello per aumentarne il piacere, frugandogli il retto alla cerca della prostata da accarezzare per farlo spruzzare come un idrante.
«Quella ragazza è innamorata di Luca…» mi rendo conto, e allo stesso tempo mi torna alla mente la mia mano che ha posato su un suo seno e il bacio che mi ha dato forse un’ora prima. Quel pensiero, l’emozione che quel gesto improvviso mi ha infuso torna ad infiammarmi l’anima, sconvolgendomi ancora più. Inconsciamente, mi mordo il labbro inferiore mentre mi rendo conto che vorrei essere in mezzo a loro due, con Luca che mi fotte violentemente e Sara che mi lecca in mezzo alle chiappe… O anche voltata dall’altra parte.
L’immagine di Luca che viene mi strappa dai miei pensieri. La mia attenzione viene completamente calamitata dal ragazzo che solleva la testa alle stelle, gli occhi chiusi e le labbra spalancate, i denti serrati come in un ringhio. Spinge il bacino contro il volto della sorella, lo ritrae lentamente, lo spinge di nuovo verso di lei, il lungo cazzo bagnato, che luccica di trasudo vaginale e saliva nella luce della Luna, che scompare completamente tra le labbra di Sara. Lo sguardo della ragazza è di pura devozione, fisso sul volto del ragazzo, palesemente adorante, come se farsi fottere dal fratello sia un privilegio.
Luca, infine, smette di muoversi, resta immobile dentro le fauci della sorella, sebbene sia scosso da brividi in ogni muscolo visibile. Soffoca un gemito roco, rilassandosi visibilmente dopo qualche secondo, chiudendo gli occhi e la bocca. L’unico gesto di amore che gli vedo fare e accarezzare i capelli di Sara mentre sfodera il cazzo dalle sue labbra, ora privo della sua virilità che avevo ammirato prima, portandosi appresso un fiume di saliva e sborra collosa e piena di bolle d’aria che, sconfitto dal proprio peso, si spezza e cade sulla maglietta di Sara e sul suo maestoso seno scoperto.
Il volto della rossa è radioso mentre contempla suo fratello mettere via il suo grosso cazzo nei pantaloni con una certa difficoltà, inghiottendo quanto ha in bocca sollevando la testa e deglutendo. Lui non le riserva più un solo sorriso, uno sguardo: riposto il suo strumento di piacere e chiuso il bottone dei jeans, se ne va come se non fosse successo nulla, come se non si fosse appena scopato sua sorella.
Lo osservo con un misto di desiderio, eccitazione e disprezzo. Ma il disprezzo che provo nei suoi confronti, mi rendo conto costernata, quell’idea che lui usi il mio corpo per il suo piacere, che mi fotta senza che abbia il minimo rispetto verso le mie emozioni, quel suo grosso e lungo cazzo che sprofonda nella mia fica grondante e nella mia bocca famelica per svuotare la sua rabbia dentro di me, non fa che rendermi ancora più desiderosa ed eccitata. Stringo le mie cosce, comprimendo le grandi labbra come se stia per defluirne la mia anima…
Luca scompare oltre il bordo inferiore della finestra, un rettangolo giallo si allarga sull’erba del prato disegnando una figura umana, poi si restringe, facendola scomparire. Sollevo lo sguardo su Sara, rimasta in giardino, accanto all’albero che ha fatto da sfondo a quell’incesto: si è rimessa in piedi, e, fissandosi il seno, passa un dito sullo sperma che vi è caduto sopra. Lo raccoglie con il polpastrello, quindi se lo succhia come se fosse goloso gelato alla vaniglia che, sbadatamente, ha fatto cadere dal cono che stava degustando con piacere. Non posso distogliere la mia attenzione dalla sua ricerca di ogni goccia del seme di suo fratello in mezzo ai grossi seni, sui capezzoli, sulla maglietta sollevata al collo.
Scaccio con fatica, e inutilmente, l’immagine di me intenta ad aiutarla, stringendole le bocce, passando la lingua sulla pelle e poi porgendole in bocca la sborra con un bacio, il seme che si scioglie nelle nostre salive, le labbra che si…
La mia mano destra è scivolata, mi rendo conto solo adesso, di nuovo nel mio sesso, le dita accarezzano il mio clitoride che, tanto sono eccitata, sembra grosso quanto il cazzo di Luca, sensibile quanto una ferita aperta. Mi fa male toccarlo, ogni sfioramento è doloroso quanto una bastonata, ma non posso smettere. Devo godere di nuovo, devo liberarmi di questo desiderio oppressivo che mi sta costringendo le membra, che mi sta opprimendo la mente come una droga. Quella zoccola di Sara, che si fa fottere da suo fratello, che si riduce ad un pezzo di carne dove il ragazzo può sfogare la sua libido, mi ha eccitato oltre ogni mia immaginazione. Inginocchiata, sottomessa e…
Non posso impedirmi di sporgermi e sbirciare fuori dalla finestra, cercare la ragazza dai capelli di fuoco e il seno prosperoso, usare la sua vista mentre si pulisce dai fluidi di suo fratello, suggendoli come se fossero una leccornia di cui è golosa per eccitarmi fino al piacere. È ancora in mezzo al prato, in piedi, il seno scoperto, la maglietta sollevata sotto il collo, e…
L’eccitazione che, fino ad un istante prima stava assediando la mia anima e la mia mente, scompare, evapora come umidità su un metallo arroventato dal terrore quando i miei occhi incontrano quelli di Sara. La ragazza mi fissa, sorride leggermente, un sorriso al tempo stesso beffardo e complice. Solleva una mano all’altezza del suo volto, e il movimento delle dita in segno di saluto è come se stessero rovistando nelle mie viscere che si stanno liquefacendo.
Resta un attimo a guardarmi, nemmeno mi stia leggendo nella mente, nemmeno sia intenta a controllare attraverso la finestra quanto ho goduto guardandoli chiavare come degli animali, poi, soddisfatta, si avvia lungo il prato e anche la sua siluetta si profila sull’erba per un istante, prima di essere inghiottita dalla casa e scomparire dalla notte che si sta facendo sempre più fitta.
Sento le mie gambe cedere all’improvviso, mi accorgo di non aver respirato per diversi secondi. Faccio un paio di passi all’indietro e, nell’unica illuminazione dello schermo del tablet, cado seduta sul copriletto.
«Porca puttana…» gemo, sconvolta, gli occhi strabuzzanti ed un freddo che invade le mie membra abbandonate dal fuoco dell’eccitazione.
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