Schizzami, papà
Capitolo 2 - Ho preso il cazzo

Mio padre continuava ad insistere che la sua vita sessuale era pienamente soddisfatta, che era felice di sua moglie; ma si sentiva anche che la mia figa lo attirava, da come la carezzava e la solleticava e la faceva urlare di piacere, da come la leccava bevendo fino in fondo i miei umori. Mancava solo l’occasione in cui potessi obbligarlo a infilarmi la sua mazza nella mia figa ormai bollente. Qualche volta, quando avevo qualche difficoltà nello studio, andavo a prendere lezione da un’amica dei miei genitori, che abitava dall’altro capo della città: in genere era mia madre che mi accompagnava e veniva poi a riprendermi. Quella volta però mamma proprio non poteva; l’unica soluzione sembrò che, al termine della lezione, andassi all’ufficio di mio padre - che risultava abbastanza vicino - e rientrassi a casa con lui: alla proposta, non feci salti di gioia, per non tradirmi: anzi, misi il broncio; ma, dentro di me, esultai come una pasqua: quella poteva essere l’occasione giusta; guardai con intenzione mio padre e lui abbassò gli occhi: aveva colto la mia intenzione e non cercava neppure di sottrarsi: sbuffando un poco per convenzione, accettò.
Il pomeriggio passò con una lentezza finanche esasperante, per la mia ansia; riuscii a trattenere la frenesia, ma non il prurito tra le gambe che mi tenne eccitata tutto il tempo finché riuscii, finalmente, a salutare la mia prof e mi diressi spedita all’ufficio, un piccolo appartamento in centro dove mio padre passava quasi l’intera giornata: un’anticamera per la segretaria, il suo studio ed un locale più nascosto, con bagno, divano e cucinino per le emergenze La segretaria era già andata via e mi venne ad aprire lui stesso; appena varcata la porta, gli chiesi con lo sguardo se era solo; la risposta fu un caldo abbraccio e la sua bocca che si avventava sulla mia e la penetrava con la lingua come il cazzo che volevo in figa: anche lui non aspettava che quel momento, esultai dentro di me. Mi sollevò quasi di peso e mi trasportò nel piccolo privè che, ad occhio e croce, era già pronto per ricevere una coppia di innamorati: le luci erano velate e il divano era coperto da un telo da spiaggia che lo copriva quasi per intero. Non staccò nemmeno per un momento la sua bocca dalla mia:continuando a muovere la lingua tra le mie labbra, la mia lingua e il palato, penetrando a più riprese quasi come se mi stesse chiavando in bocca, fece cadere dietro di me la giacca e sbottonò la camicetta: non portavo reggiseno e le mie tette gli esplosero davanti in tutta la loro bellezza.
Cercò di spostarsi per accedere meglio ai capezzoli; ma lo trattenni contro di me e spinsi quasi con furore il pube contro il suo per sentire meglio la mazza di carne che gli era cresciuta nei vestiti e che facevo strusciare sulla mia figa, muovendo il bacino in tondo. Mi aprì la cerniera della gonna e la fece scivolare sul pavimento; infilò le mani nei collant e negli slip e cominciò uno di quei suoi ditalini che mi mandavano in paradiso: il palmo della mano si distese nella fessura tra le natiche e le forzò facendomi sentire già aperta; un dito si piegò verso l’ano, lo percorse rapidamente e scese a separare le grandi labbra per sfiorare appena la vulva; cominciai a gemere come una cagna in calore ed ebbi il primo orgasmo. Ne approfittò per staccarsi dall’abbraccio e cominciare a spogliarsi; mi sembrò una faccenda eterna, dalla cravatta ai calzini; io mi liberai dei slip, calze e scarpe con la velocità di un razzo e mi andai a sdraiare supina sul divano accarezzandomi lascivamente la figa. Avevo visto fin troppe volte mio padre completamente nudo; ma in quell’ambiente così strano, così “arredato”, con la coscienza che tra poco il suo adorato cazzo mi sarebbe entrato dentro, provai un’emozione indicibile, mi eccitai quasi da sola, martoriai un poco il clitoride ed esplosi in un orgasmo così violento che lui si fermò per un attimo, interdetto.
Poi venne ai miei piedi e cominciò ad accarezzarmi dalle caviglie: a mano a mano che le sue mani scivolavano sulla mia pelle e avanzavano su verso il bacino, sentivo il ventre agitarsi e spremere umori che mi scorrevano fuori dalla figa tra le cosce; quando giunse ad accarezzarne l’interno, appoggiò la bocca e mi leccò devotamente dal ginocchio in su, assaporando golosamente gli umori che andava raccogliendo. Quando la sua lingua si aprì un varco tra i peli del pube, lanciai quasi un urlo di piacere: mi fece cenno di abbassare il tono e indicò in giro la situazione di casa abitata; mi rilassai, sorrisi e mi gustai la leccata, divaricando le cosce per agevolargli l’ingresso. La lingua entrò decisa nella vulva, raggiunse il clitoride e lo portò verso le labbra che lo strinsero intorno per succhiarlo: chiusi gli occhi, mi morsi un labbro e mi lasciai andare a un orgasmo stratosferico. Quando riaprii gli occhi, incontrai davanti a me il suo cazzo rigido, eretto in alto, prepotente e possente a pochi centimetri dalla mia bocca: lo ingoiai subito, resistendo ai conati che la penetrazione improvvisa mi aveva procurato; cominciai a leccarlo e a succhiarlo come sempre; poi mi fermai: lo volevo in figa e non gli avrei permesso di desistere, se per caso mi fosse venuto in bocca.
Spostandolo per un fianco, gli feci capire che lo volevo addosso, che lo volevo “dentro”; si spostò e venne a inginocchiarsi tra le mie cosce spalancate, mi afferrò le tette e le accarezzò a lungo; feci cenno di no con la testa: ero già tutta un lago di piacere, lo volevo in figa e solo là. Percorse con il palmo delle mani tutto il corpo fino a farle convergere sul triangolo del pube, insinuò un dito tra i peli e lo strofinò un poco, dall’alto in basso “ti prego …” implorai con gli occhi, senza parlare: non ce la facevo più; impugnò il cazzo che a me parve immenso, sublime; lo fece scorrere sui peli, lo accostò alle grandi labbra ed io caddi in un languore infinito; sentii la cappella che sfiorava l’esterno della vulva, che forzava delicatamente le labbra, che si insinuava sfiorando il clitoride. Allungai le mani sui suoi fianchi, lo tirai a me e sentii spalancarsi l’inferno … o il paradiso. Un dolore lieve, bruciante mentre il cazzo rompeva l’imene; poi il deliquio del piacere infinto dei tessuti teneri della figa che accoglievano finalmente qual cazzo meraviglioso; si adagiò su di me, mi baciò sulla bocca e stette immobile, col ventre premuto sul mio; sollevai istintivamente le gambe, per aderire meglio a lui, e gli circondai la vita.
Cominciò a muoversi dentro di me con delicatezza: ogni centimetro dell’asta che si muoveva, in avanti o indietro, mi provocava stimolazioni elettriche mai provate; sborravo in continuazione, gemevo dolcemente, arrivai a dirgli “ti amo” mentre mi penetrava. Probabilmente, si trattenne a lungo, perché assaporassi fino in fondo quella prima volta; e mi inondò di carezze, di sussurri, di dolci leccate dappertutto. Lo tenevo stretto perché non volevo che uscisse, desideravo morire in un estremo impeto di piacere con quel cazzo ormai “mio” tra le “mie” cosce, nella “mia” figa. Non poteva durare al’infinito: ero quasi spossata, tante erano le volte che avevo sborrato; e lui non poteva spingere più avanti il limite; sentii che si irrigidiva, stava per venire e cercò di ritrarsi per non sborrare in figa. Ma le mie gambe lo imprigionavano, avevo perfino incrociato i piedi, per tenermelo dentro; e sborravo senza fine, come una fontana rotta. Non riuscì ad evitarlo: esplose nella mia figa come un fiume in piena; ogni schizzo che mi sbatteva sul’utero mi mandava in estasi, ogni goccia che ricevevo mi faceva sborrare di nuovo: e ne ricevetti tanta.
Poi si abbatté su di me, quasi svuotato, col cazzo ancora duro piantato nel mio corpo; sciolsi le gambe dall’abbraccio, lo accarezzai con dolcezza su tutta le schiena, lo baciai con amore e mi rilassai felice sotto di lui: una volta tanto, mi sentivo piccola e tenera di fronte a lui. Quando si staccò da me e si alzò, la prima cosa che notai fu il sangue sul pube; guardai il mio ventre e lo trovai altrettanto macchiato così come il telo (di cui finalmente capii il previdente significato) su cui, inoltre, stava scorrendo largamente la sborra che si riversava fuori dalla mia figa. “Sei stata una pazza … non dovevo venire dentro …” fu la prima cosa che disse “Mi hanno assicurato che la prima volta è quasi impossibile restarci” gli obiettai “Ma, se ti conosco, ora che hai cominciato sarà difficile fermarti; quindi, sarà bene che ti faccia prescrivere la pillola, se vuoi continuare a scopare …” “Certo che lo voglio! … soprattutto con te!” Un affettuoso scapaccione fu la solita conclusione. Ci lavammo alla meglio nel piccolo bagno e ci rivestimmo. Al momento di aprire la porta, lo fermai, lo guardai negli occhi “E’ stato meraviglioso … sono felice” gli dissi; mi diede un bacio leggero sulla bocca e uscimmo per tornare a casa.
La mia prima, vera scopata non determinò cambiamenti di rilievo nella mia vita, come invece avevo temuto. In casa, i ritmi rimasero sostanzialmente inalterati: l’unico “inciampo” si verificò quando annunciai a mia madre che mi sarei fatta prescrivere la pillola; contrariamente a quanto speravo, apparve molto turbata e dovetti usare tutta la mia capacità dialettica per glissare le domande su chi era stato il mio primo amante: alla fine, si rassegnò e mi accompagnò dal medico per la prescrizione. Con mio padre, le cose scivolarono anche meglio: si era abituato alle mie “invasioni” in bagno mentre si preparava; addirittura, mi lasciò spesso fare come volevo, mentre gli accarezzavo il cazzo o glielo succhiavo fino a farmi sborrare in bocca. In alcune occasioni, riuscii anche a costruirmi la possibilità di scopare con lui: tutte le volte che andavo a lezione, gli chiedevo se potevo passare da lui per ritornare a casa insieme; paradossalmente, la proponevo anche come scelta per evitare a mia madre di attraversare la città apposta per venirmi a recuperare, mentre lui stava già nei pressi. Inutile dire che la proposta fu accolta da tutti con piacere e che questo mi diede modo di passare alcune ore incantevoli col mio cazzo preferito.
Ma restava sempre sul gozzo la voglia di assaggiarlo nel culo. Me lo ero promesso e non ci rinunciavo. L’assunzione metodica della pillola e la libertà che mi concedeva favorirono anche un grosso balzo della mia vita sessuale: incontrai alcuni maschi, più anziani e più esperti di me, che mi offrirono ore di intenso piacere. L’attività sessuale (e forse la pillola) favorirono anche una crescita notevole del mio corpo: non crebbi nelle dimensioni, ma evidentemente il mio corpo cominciò a “sparare” ormoni che inevitabilmente colpivano i maschi che mi circolavano intorno; in breve, divenni la più desiderata e corteggiata dalle cerchia, con grande soddisfazione mia e gelosie infinite tra le amiche. Ma il mio obiettivo rimaneva la seconda verginità da offrire a “lui” che cercava in tutti i modi di sottrarsi, quando scopavamo, e si obbligava a infilarmelo in bocca o in figa: nel culo, introduceva al massimo un dito mentre mi stava pompando, per accentuare il piacere e accelerare l’orgasmo; ma era evidente anche a lui che il mio buchetto cedeva volentieri e, anzi, si proponeva con entusiasmo per una diversa penetrazione. Per qualche tempo, mi dovetti rassegnare a immaginarmi il suo cazzo che mi violentava l’intestino, mentre mi stava scopando con intensità nella figa e, intanto, mi faceva ruotare un dito medio nel buchetto che spasimava di piacere.
Non riuscivo a decidere se parlargliene apertamente (col rischio che opponesse un deciso rifiuto) o tentare di farmi inculare prima che se ne rendesse conto. Cercai di accennare al coito anale - in maniera astratta e teoretica - ma avvertii un certo disagio: mia madre, confessò, glielo aveva negato a lungo e ancora stentava a praticarlo; gli dissi chiaramente che io sarei stata meno restia e che, anzi, sentirmi stimolata nell’ano mi dava un intenso piacere; ma capii dall’espressione che la cosa era difficile da digerire, per lui. Decisi allora che sarei stata io a violentarlo, alla prima occasione favorevole: ero certa che, una volta assaggiato il buchetto, non avrebbe più saputo farne a meno. Quel pomeriggio ero veramente decisa: uscii un poco prima dalla lezione e mi precipitai allo studio; la segretaria era stata spedita via per delle commissioni e sarebbe tornata l’indomani; la saletta era pronta a ricevere il nostro incesto ed io ero decisa a raggiungere il culmine più alto del piacere. Mi spogliai mentre ancora lui sbrigava le ultime cose; e lo ricevetti nuda sul divano opportunamente protetto; quando entrò, allargai le braccia a riceverlo e, mentre mi risucchiava in bocca la lingua in un particolare pompino che mi mandava in brodo di giuggiole, lo spogliai di tutti i vestiti e dei ruoli.
Quando fu nudo davanti a me, mi alzai in piedi, lo abbracciai e lo baciai con intensità, feci ruotare la lingua nella sua bocca e catturai la sua nella mia bocca per succhiargliela come un cazzo; intanto, strusciavo quasi ferocemente il mio inguine sul suo e mi facevo titillare la figa dal suo cazzo che si era eretto potente tra le mie cosce; presi la sua mano e l’accompagnai sul mio culo, mi feci carezzare le natiche, la portai nella fessura e spinsi un dito sull’ano. Favorendo la mia richiesta, cominciò a penetrarmi col dito nel culo spingendolo con forza, fino in fondo: mi sciolsi in un mare di orgasmi e gemetti di piacere. Si rese conto di quello che volevo e tirò indietro il dito. Pensai che non sarebbe stato facile, ma era nel culo che volevo il suo cazzo. Si chinò a leccarmi le tette e io mi abbandonai al piacere della lingua che percorreva le mammelle stimolandole al limite dell’orgasmo; prese in bocca un capezzolo e lo succhiò a lungo, passò all’altro e lo strizzò coi denti provocandomi ondate di piacere; gli spinsi la testa in basso e lo invitai a leccarmi la figa.
Mi spinse verso il divano per avere più facile accesso; ma io, repentinamente, mi girai e mi ci appoggiai carponi, col culo bene in alto verso di lui; si accostò con la testa da dietro e prese a leccarmi la figa: sentivo il suo naso spingere sul forellino e provai un intenso piacere; infilai una mano tra il culo e il viso e spinsi sul mento per spostare la lingua sull’ano: si adeguò e sentii la sua lingua percorrere tutte le grinze del buchetto scatenandomi tempeste di ormoni; poi si infilò dentro, con decisione e dolcezza: sentii la stanza ruotarmi e quasi urlai di piacere. A quel punto, decisamente, lui accostò un dito all’ano e cominciò a spingerlo dentro: mi agitai per il piacere e spinsi i fianchi contro il dito per ottenere il massimo della penetrazione: volevo essere violentata. Quasi cedendo al mio desiderio, infilò un secondo dito, al fianco al primo, e l’urlo stavolta fu autentico e di assoluto piacere: sentir violare i tessuti intatti dall’intestino mi provocò un orgasmo violentissimo. Credo che anche lui fosse al limite della resistenza: è difficile negarsi ad una così evidente voglia; ma ancora una volta resistette e ritirò dita e bocca. Mi sedetti sul divano e presi il cazzo in bocca; lo leccai dolcemente, lentamente, senza nessuna voglia di portarlo all’orgasmo; gli accarezzai il culo e, brutalmente, gli infilai un dito nell’ano: reagì spingendomi il cazzo in gola fino a soffocarmi; poi, sopraffatto ancora dalle riserve mentali, si ritrasse del tutto.
Lo spinsi sul divano e lo feci sdraiare supino; gli montai con la figa sul viso e mi impadronii del cazzo che ripresi a succhiare con foga; allargò le mie natiche e infilò la lingua direttamente nel buchetto: mi contorcevo su di lui e strofinavo la figa sul mento, mentre la lingua mi perforava non solo il culo ma, soprattutto, la mente e la voglia di cazzo. Mi staccai con decisione e mi alzai in piedi sul divano, sopra di lui; andai a posizionarmi in ginocchio sul suo ventre e cominciai ad abbassarmi verso il cazzo. Non sapevo come avrebbe potuto reagire il mio sfintere alla penetrazione di una mazza così grossa e non avevo potuto lubrificarlo; ma speravo che la sua leccata lo avesse preparato abbastanza. Guidai la punta dell’asta verso l’ano e lui non oppose resistenza; mi abbassai lentamente assaporando con gioia la mole che entrava, quasi a millimetri, nel forellino stretto; credo che a quel punto si arrese e decise di cogliere il frutto; mi strinse le mani sulle anche e fece pressione perché mi abbassassi. Quando la cappella spinse contro lo sfintere, provai prima un senso di pressione forte poi qualche fitta, poi un dolore lancinante, ma strinsi i denti; lui mi suggerì di spingere come per andare di corpo; lo feci e, di colpo, affondai su di lui fino al ventre, mentre il cazzo mi apriva letteralmente la pancia in due: urlai di dolore e lui mi tenne ferma, mi accarezzò con dolcezza e prese tra due dita il mio clitoride masturbandomi.
Lentamente, il piacere che si irradiava dalla figa annullò il dolore delle viscere straziate, cominciai a sentire il cazzo solo come un corpo che riempiva il mio ventre e mi mossi delicatamente: ondate di piacere si scatenarono dall’utero e inondarono il ventre; cominciai a godere come una pazza e il cazzo, saldamente inastato nel mio culo, divenne meraviglioso, immenso, infinito. Mi mossi con decisione, dall’alto in basso, facendo scivolare l’ano lungo l’asta e assorbendo il piacere che i tessuti molli del ventre portavano alla figa e al cervello; lo pregai di resistere il più a lungo possibile; mi accarezzò il viso e riportò di nuovo la mano sulla mia figa, per masturbarmi. Se ne stette quasi immobile tutto il tempo che io impiegai a cavalcare la sua mazza; e un paio di volte mi strinse sui fianchi invitandomi a fermarmi per non sborrare. Lentamente, dolcemente ma decisamente, sfilò il cazzo dal culo: mi sentii quasi svuotata, quando rimase vuoto ed ebbi una smorfia di rammarico. Mi fece spostare, si alzò e sistemò sul divano alcuni cuscini; mi fece sdraiare supina, badando che i cuscini si adagiassero sotto le mie reni; si inginocchiò tra le mie cosce, mi sollevò il bacino con una mano e con l’altra guidò la punta del cazzo, stavolta verso il buco del culo. Mi penetrò dolcemente: ormai la via era aperta; quando il cazzo fu tutto dentro e il suo pube strusciava il mio, si sdraiò tutto su di me e mi baciò con intensità.
Poi cominciò a pomparmi nel culo; ed io sentii ancora la stanza ruotarmi intorno, il ventre che esplodeva nel piacere e l’orgasmo che montava imperioso; venni un paio di volte, mentre lui sembrava assaporare con gioia il passaggio lento del cazzo nella strettoia dello sfintere e nella morbidezza dell’intestino. Un paio di volte si fermò, quando il cazzo si ergeva nel culo alla massima potenza e sentivo che avrebbe potuto esplodere. Poi mi guardò con aria interrogativa: non resisteva oltre. “Vieni” gli dissi. Si avviò una cavalcata squassante che mi agitava il corpo fuori e dentro, che mi dava vertigini a ripetizione, che mi mandava in estasi. Finché lo sentii grugnire come un animale feroce ed avvertii gli schizzi di sborra che venivano sparati con furia nel mio ventre; lo abbracciai con forza, lo amai senza limiti. Quando si fu svuotato, si abbandonò sul mio corpo e sentii i palpiti impazziti del suo cuore che si andavano lentamente assestando; lo accarezzai con dolcezza, quasi per ringraziarlo del piacere che mi aveva dato. Poi si sollevò, col cazzo leggermente afflosciato a ancora ben saldo nel mio culo. Con circospezione, cominciò a ritrarlo finché, con uno strappo, lo trasse fuori facendomi lanciare un forte gemito di dolore. “E’ stata una pazzia” disse, quando si fu ripreso “e spero che non sia l’inizio di una pazzia maggiore”. “E’ stato meraviglioso” ribattei “e ti dico serenamente che spero si ripeta ancora”.
Generi
Argomenti